Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 11 nr. 91
aprile 1981


Rivista Anarchica Online

Da pretesse a vamp?
di Fausta Bizzozzero

Non sono una accanita lettrice della stampa femminista. Tutt'altro. Ma la sera del 5 marzo alla presentazione dell'autobiografia di Emma Goldman, alla libreria Utopia, partecipa tra il pubblico anche una redattrice di Quotidiano Donna e prima di andarsene mi lascia due numeri del giornale. Mentre aspetto che tutti siano usciti li sfoglio distrattamente. Alcune foto mi colpiscono brutalmente, sono addirittura allibita, incredula. Si tratta (come potete vedere dato che le abbiamo riprodotte) di classiche foto da "Play Boy" anni cinquanta con tutti gli ingredienti necessari: il vestito di lamè con lo spacco per mostrare la coscia, l'atteggiamento e lo sguardo malizioso e ammiccante accentuato dalla pettinatura tipica vampeggiante con l'onda che copre mezzo viso, la spallina abbassata per mostrare e non mostrare, la calzamaglia di rete trasparente, i tacchi a spillo, ecc.. Insomma, ci sono proprio tutti gli elementi della pruderie di stampo tipicamente maschile anni '50.
Oltremodo incuriosita mi butto nella lettura dell'articolo che, scopro, è scritto dalla fotomodella che ha posato per le foto. Cito testualmente: (...) le immagini che vedete nascono semplicemente dal desiderio di Klara di farmi delle foto e mio di essere fotografata da lei. Nessuna di noi ha pensato di fare delle foto commerciabili o pubblicabili, sono foto nate dalla nostra libidine e per la nostra libidine. Dal produttore al consumatore insomma noi, siamo state produttrici e consumatrici (nel senso che abbiamo goduto dei nostri prodotti in quanto ci sono piaciuti), di immagini da cui volevamo far uscire la nostra voglia di rappresentare atteggiamenti vagamente "troieschi" ovvero ammiccanti ovvero provocanti, da troppo tempo repressi dal bigottismo anche femminista in cui eravamo sprofondate. Troieggiare è fisiologico, a mio parere, e non bisogna vergognarsene.

A questo punto lo stupore ha lasciato il posto a una rabbia feroce contro tanta idiozia, tanta ottusità concentrate. Ma come, dopo tanti anni di battaglie, dopo tante cose pensate, dette, scritte con tanta fatica nella ricerca di una identità nuova per una donna qualitativamente diversa, per una donna che non fosse più l'immagine speculare dei desideri e dei valori maschili, la signorina Elettra (così si chiama) mi/ci ripropone di riappropriarci di atteggiamenti troieschi e sostiene addirittura che troieggiare è fisiologico! È veramente troppo, cara Elettra. Troieggiare non solo non è affatto fisiologico, è profondamente culturale e, per amore di esattezza, è parte integrante della cultura dominante, cioè quella maschile, e se vuoi averne una conferma empirica prova a mostrare queste foto a degli uomini (anche compagni - si intende - perché l'immaginario erotico maschile è, a mio avviso, interclassista, ed è comune sia al commendatore con pancetta che si fa la segretaria carina, sia al "rivoluzionario" con la differenza che la seconda categoria se ne vergogna e, forse, cerca di metterlo in discussione pur senza eccessivi risultati); io l'ho fatto ed ho avuto la conferma di quanto pensavo: se teoricamente mi dicevano "non è possibile che le donne ripropongano questi modelli", poi però aggiungevano "certo che se va bene a loro, a me va benissimo" con lo sguardo lucido lucido e sotto sotto pensavano: vuoi vedere che 'ste donne hanno finito di rompere le scatole e rientrano piano piano nei ranghi, nei ruoli tanto rassicuranti (mogli/madri/amanti/troie), vuoi vedere che mi posso continuare a tenere le mie fantasie erotiche in cui la donna è proprio come questa delle fotografie e senza dovermene vergognare?
Certo, ancora più preoccupante è il fatto che le foto siano state fatte da donne per donne, perché questo significa che ormai i fondamenti dell'erotismo maschile sono stati interiorizzati e fatti propri, per cui per "troieggiare" non è più nemmeno necessaria la presenza del referente-maschio. Infatti Elettra prosegue: Per esempio: nessuna di voi, magari davanti allo specchio del bagno, prima o dopo una doccia, si è mai messa a recitare la parte della donna fatale? Dell'irresistibile vamp? Ebbene, perché non accettare anche questa parte di noi? Ebbene no. No perché "questa parte di noi" non è roba nostra, non lo è mai stata, al contrario ci è sempre stata imposta ed io, ma mi auguro anche altre, non ho nessuna intenzione di adeguarmici. Il fatto è che un immaginario erotico femminile non esiste che lo si voglia o no, e continuerà a non esistere finché le donne non saranno riuscite a costruirsi una identità propria, una reale autonomia di pensiero e di azione in un processo continuo di confronto/scontro quotidiano con la realtà che le circonda.
Preoccupante è anche il fatto che questo articolo sia stato ospitato su un giornale femminista senza alcun commento redazionale. Si vede che la brezza di restaurazione che si respira in questo periodo diviene vento impetuoso nelle situazioni più fragili, come nel caso del movimento femminista. Un movimento che ha disperso una enorme potenzialità rivoluzionaria per la mancanza di un progetto globale di trasformazione sociale, la scarsa o nulla chiarezza delle strategie di intervento, per l'ambiguità di fondo che lo ha sempre caratterizzato: l'essere un movimento interclassista. E allora, forse, non dobbiamo stupirci più di tanto se pensiamo alle "pretesse del femminismo" di alcuni anni fa con le loro gonne a fiori e i loro zoccoloni, che detestavano visceralmente gli appartenenti all'altro sesso tutte prese dalla scoperta della "sorellanza" (una sorellanza che doveva unire anche le ricche borghesi mantenute dal marito e le loro donne di servizio), se pensiamo agli slogan e alle parole d'ordine di allora ("dito dito orgasmo garantito"), ecc. se pensiamo all'imbecillità di allora e a quella di ora.
In questa ottica non ci si dovrebbe stupire neanche quando, nello stesso giornale, si legge in una intervista a una delle madri storiche del femminismo americano, Phillis Chesler, su come vede le prospettive di lotta femminista: L'immagine che ho è che dobbiamo prevenire e controllare i mezzi di produzione e di riproduzione almeno in metà del mondo, perché siamo metà del mondo. Ciò significa che dobbiamo avere un esercito, una flotta, una aviazione, dobbiamo avere i nostri ministeri di istruzione, sanità, assistenza, ecc.. Dobbiamo avere i mezzi per difenderci, per lottare contro. C'è bisogno di commento? Non credo. Per la signora C. per risolvere i problemi del mondo intero basta questo: un bello stato dominato e gestito dalle donne, anche se in tutto e per tutto simile agli stati di sempre. Amen.
O quando la redazione di Quotidiano Donna in una intervista alla biologa Levi di Montalcino fa proprie le sue tesi sulla minore intelligenza delle donne dovuta al fatto di avere un cervello più piccolo di quello degli uomini. O quando su Effe la signora Dacia Maraini, superfemminista, sostiene che le donne devono avere più potere, ma non si capisce bene quali donne, probabilmente quelle come lei, visto che è stata fotografata in Africa mentre sorridente si fa lavare i piedi da una donna negra. O quando intervengono su Quotidiano Donna molte femministe che si lamentano di non poter avere accesso ai posti dirigenziali nel lavoro, nelle organizzazioni sindacali, nei partiti, come se realizzarsi significasse avere più potere.
Basta. Mi fermo perché non sono più stupita, però mi è venuta la nausea. E allora ve la lascio tutta la vostra sorellanza. Come donna che cerca individualmente e faticosamente di diventare "persona" e come anarchica che altrettanto faticosamente cerca di distruggere ogni forma di potere dentro e fuori di noi, e quindi anche il potere delle donne, vi dico che la vostra sorellanza è falsa, profondamente e irrimediabilmente falsa, perché, se non lo avete ancora capito, non basta essere biologicamente uguali per volere le stesse cose, e vi dico anche che, soprattutto, la sorellanza non serve a cambiare né voi né il mondo intorno a voi.