Rivista Anarchica Online
Da pretesse a vamp?
di Fausta Bizzozzero
Non sono una accanita lettrice della stampa femminista. Tutt'altro. Ma la sera del 5 marzo alla
presentazione dell'autobiografia di Emma Goldman, alla libreria Utopia, partecipa tra il pubblico
anche una redattrice di Quotidiano Donna e prima di andarsene mi lascia due numeri del
giornale. Mentre aspetto che tutti siano usciti li sfoglio distrattamente. Alcune foto mi colpiscono
brutalmente, sono addirittura allibita, incredula. Si tratta (come potete vedere dato che le
abbiamo riprodotte) di classiche foto da "Play Boy" anni cinquanta con tutti gli ingredienti
necessari: il vestito di lamè con lo spacco per mostrare la coscia, l'atteggiamento e lo sguardo
malizioso e ammiccante accentuato dalla pettinatura tipica vampeggiante con l'onda che copre
mezzo viso, la spallina abbassata per mostrare e non mostrare, la calzamaglia di rete trasparente,
i tacchi a spillo, ecc.. Insomma, ci sono proprio tutti gli elementi della pruderie di stampo
tipicamente maschile anni '50. Oltremodo incuriosita mi butto nella lettura dell'articolo che, scopro, è
scritto dalla fotomodella
che ha posato per le foto. Cito testualmente: (...) le immagini che vedete nascono semplicemente
dal desiderio di Klara di farmi delle foto e mio di essere fotografata da lei. Nessuna di noi ha
pensato di fare delle foto commerciabili o pubblicabili, sono foto nate dalla nostra libidine e per
la nostra libidine. Dal produttore al consumatore insomma noi, siamo state produttrici e
consumatrici (nel senso che abbiamo goduto dei nostri prodotti in quanto ci sono piaciuti), di
immagini da cui volevamo far uscire la nostra voglia di rappresentare atteggiamenti vagamente
"troieschi" ovvero ammiccanti ovvero provocanti, da troppo tempo repressi dal bigottismo anche
femminista in cui eravamo sprofondate. Troieggiare è fisiologico, a mio parere, e non bisogna
vergognarsene.
A questo punto lo stupore ha lasciato il posto a una rabbia feroce contro tanta idiozia, tanta
ottusità concentrate. Ma come, dopo tanti anni di battaglie, dopo tante cose pensate, dette, scritte
con tanta fatica nella ricerca di una identità nuova per una donna qualitativamente diversa, per
una donna che non fosse più l'immagine speculare dei desideri e dei valori maschili, la signorina
Elettra (così si chiama) mi/ci ripropone di riappropriarci di atteggiamenti troieschi e sostiene
addirittura che troieggiare è fisiologico! È veramente troppo, cara Elettra. Troieggiare non solo
non è affatto fisiologico, è profondamente culturale e, per amore di esattezza, è parte
integrante
della cultura dominante, cioè quella maschile, e se vuoi averne una conferma empirica prova a
mostrare queste foto a degli uomini (anche compagni - si intende - perché l'immaginario erotico
maschile è, a mio avviso, interclassista, ed è comune sia al commendatore con pancetta che si fa
la segretaria carina, sia al "rivoluzionario" con la differenza che la seconda categoria se ne
vergogna e, forse, cerca di metterlo in discussione pur senza eccessivi risultati); io l'ho fatto ed
ho avuto la conferma di quanto pensavo: se teoricamente mi dicevano "non è possibile che le
donne ripropongano questi modelli", poi però aggiungevano "certo che se va bene a loro, a me va
benissimo" con lo sguardo lucido lucido e sotto sotto pensavano: vuoi vedere che 'ste donne
hanno finito di rompere le scatole e rientrano piano piano nei ranghi, nei ruoli tanto rassicuranti
(mogli/madri/amanti/troie), vuoi vedere che mi posso continuare a tenere le mie fantasie erotiche
in cui la donna è proprio come questa delle fotografie e senza dovermene vergognare? Certo, ancora
più preoccupante è il fatto che le foto siano state fatte da donne per donne, perché
questo significa che ormai i fondamenti dell'erotismo maschile sono stati interiorizzati e fatti
propri, per cui per "troieggiare" non è più nemmeno necessaria la presenza del referente-maschio.
Infatti Elettra prosegue: Per esempio: nessuna di voi, magari davanti allo specchio del bagno,
prima o dopo una doccia, si è mai messa a recitare la parte della donna fatale? Dell'irresistibile
vamp? Ebbene, perché non accettare anche questa parte di noi? Ebbene no. No
perché "questa
parte di noi" non è roba nostra, non lo è mai stata, al contrario ci è sempre stata imposta ed
io, ma
mi auguro anche altre, non ho nessuna intenzione di adeguarmici. Il fatto è che un immaginario
erotico femminile non esiste che lo si voglia o no, e continuerà a non esistere finché le donne non
saranno riuscite a costruirsi una identità propria, una reale autonomia di pensiero e di azione in
un processo continuo di confronto/scontro quotidiano con la realtà che le circonda. Preoccupante
è anche il fatto che questo articolo sia stato ospitato su un giornale femminista
senza alcun commento redazionale. Si vede che la brezza di restaurazione che si respira in questo
periodo diviene vento impetuoso nelle situazioni più fragili, come nel caso del movimento
femminista. Un movimento che ha disperso una enorme potenzialità rivoluzionaria per la
mancanza di un progetto globale di trasformazione sociale, la scarsa o nulla chiarezza delle
strategie di intervento, per l'ambiguità di fondo che lo ha sempre caratterizzato: l'essere un
movimento interclassista. E allora, forse, non dobbiamo stupirci più di tanto se pensiamo alle
"pretesse del femminismo" di alcuni anni fa con le loro gonne a fiori e i loro zoccoloni, che
detestavano visceralmente gli appartenenti all'altro sesso tutte prese dalla scoperta della
"sorellanza" (una sorellanza che doveva unire anche le ricche borghesi mantenute dal marito e le
loro donne di servizio), se pensiamo agli slogan e alle parole d'ordine di allora ("dito dito
orgasmo garantito"), ecc. se pensiamo all'imbecillità di allora e a quella di ora. In questa ottica non ci
si dovrebbe stupire neanche quando, nello stesso giornale, si legge in una
intervista a una delle madri storiche del femminismo americano, Phillis Chesler, su come vede le
prospettive di lotta femminista: L'immagine che ho è che dobbiamo prevenire e controllare i
mezzi di produzione e di riproduzione almeno in metà del mondo, perché siamo metà del
mondo.
Ciò significa che dobbiamo avere un esercito, una flotta, una aviazione, dobbiamo avere i nostri
ministeri di istruzione, sanità, assistenza, ecc.. Dobbiamo avere i mezzi per difenderci, per
lottare contro. C'è bisogno di commento? Non credo. Per la signora C. per risolvere i problemi
del mondo intero basta questo: un bello stato dominato e gestito dalle donne, anche se in tutto e
per tutto simile agli stati di sempre. Amen. O quando la redazione di Quotidiano Donna in una
intervista alla biologa Levi di Montalcino fa
proprie le sue tesi sulla minore intelligenza delle donne dovuta al fatto di avere un cervello più
piccolo di quello degli uomini. O quando su Effe la signora Dacia Maraini, superfemminista,
sostiene che le donne devono avere più potere, ma non si capisce bene quali donne,
probabilmente quelle come lei, visto che è stata fotografata in Africa mentre sorridente si fa
lavare i piedi da una donna negra. O quando intervengono su Quotidiano Donna molte
femministe che si lamentano di non poter avere accesso ai posti dirigenziali nel lavoro, nelle
organizzazioni sindacali, nei partiti, come se realizzarsi significasse avere più potere. Basta. Mi fermo
perché non sono più stupita, però mi è venuta la nausea. E allora ve la lascio
tutta la vostra sorellanza. Come donna che cerca individualmente e faticosamente di diventare
"persona" e come anarchica che altrettanto faticosamente cerca di distruggere ogni forma di
potere dentro e fuori di noi, e quindi anche il potere delle donne, vi dico che la vostra sorellanza
è falsa, profondamente e irrimediabilmente falsa, perché, se non lo avete ancora capito, non basta
essere biologicamente uguali per volere le stesse cose, e vi dico anche che, soprattutto, la
sorellanza non serve a cambiare né voi né il mondo intorno a voi.
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