Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 9 nr. 78
novembre 1979


Rivista Anarchica Online

Cina - Ridateci la nostra gioventù
di Lee Yu See

Nel febbraio di quest'anno si sono svolte a Shanghai marce, dimostrazioni e manifestazioni di protesta di vario genere, organizzate da giovani studenti e intellettuali che negli ultimi dieci anni erano stati mandati a viva forza a lavorare nelle campagne e che dalle varie località erano rientrati a Shanghai in occasione del Capodanno cinese.
In realtà alcuni di loro avevano incominciato ad organizzare manifestazioni di protesta nella Piazza del Popolo di Shanghai già nell'autunno dell'anno scorso.
I giovani si sono organizzati spontaneamente e le dimostrazioni si sono protratte per diversi giorni: i manifestanti si sono radunati davanti agli uffici del comitato rivoluzionario e hanno interrotto le linee elettriche della rete tramviaria; hanno fermato i treni e bloccato il traffico; hanno dato l'assalto agli edifici governativi e aggredito funzionari di partito.
Quello che segue è il resoconto di un testimone oculare che assistette ad alcune delle manifestazioni del 1 febbraio.
Era una giornata di sole, a Shanghai, e la neve sui tetti e per le strade cominciava a sciogliersi. Come sempre, la via Nanking era piena di gente e anche nella Piazza del Popolo molti si fermavano a leggere i manifesti vergati a grandi caratteri. Ma si sentiva nell'aria come un senso d'attesa, qualcosa di grosso, di eccitante, che stava per accadere. I muri degli edifici intorno alla piazza erano coperti di manifesti: quelli più recenti incollati sopra i più vecchi. Alcuni erano più lunghi degli altri, e redatti in modo più serio: dissertavano su: "la democrazia e il valore delle leggi", "i diritti dell'uomo", "le fondamenta sociali del burocratismo", e così via. Oltre che di manifesti, i muri erano tappezzati di pagine ciclostilate di giornali e riviste, come "La voce del Popolo" e il "Passero di Primavera". Decifrarle richiedeva non poca fatica, ma la maggior parte degli astanti se le leggeva con pazienza ad una ad una, da cima a fondo.
Alle undici sui muri delle case che fiancheggiavano la via Tibet iniziò a comparire qualche bandiera. Poi vennero affissi dei cartelli con i nomi delle varie province (ad esempio Yunan, Kwangtung, Heilungkaing), sotto i quali si dovevano dare convegno i vari gruppi. La gente cominciò a formare capannelli e a discutere il problema dei giovani studenti e intellettuali che erano stati mandati a lavorare nelle campagne. Erano perlopiù giovani, quelli che discutevano, e ben presto se ne radunò circa un migliaio. Poi uno di loro si arrampicò sul tetto di una casa e a gran voce annunciò che la manifestazione stava per avere inizio. Un pezzo di carta arrotolato a cono gli faceva da megafono. Spiegò lo scopo della manifestazione: disse che i giovani studenti e intellettuali erano stati mandati giovanissimi a lavorare nelle campagne, ma ora erano cresciuti, volevano lottare per i loro diritti, tornare a lavorare in città e vivere con le loro famiglie. Disse che anche in altre città i giovani studenti ed intellettuali si erano mobilitati per gli stessi motivi. Poi lesse a voce alta una "lettera aperta ai compatrioti di Shanghai", nella quale si chiedeva la solidarietà della cittadinanza. Infine, mise in guardia i manifestanti da eventuali provocazioni ad opera di elementi estranei. Si era ormai radunata una folla di circa duemila persone.
Finalmente il corteo si mosse. Gli organizzatori reggevano gli striscioni e il servizio d'ordine portava bracciali di riconoscimento. Tutti i passanti vennero invitati ad unirsi al corteo. Sulle prime alcuni esitarono, ma un gruppo di giovani donne diede l'esempio e a poco a poco tutti si aggregarono ai manifestanti. Dopo avere attraversato la piazza e percorsa la via Canton, passando davanti alla biblioteca municipale, il corteo svoltò nella via Nanking. Questa, che era già piuttosto animata ed affollata, si paralizzò completamente. I passanti, che non erano nuovi a manifestazioni politiche del genere, non si scomposero eccessivamente: alcuni si limitarono a guardare il corteo che sfilava, altri si accodarono. Uno dopo l'altro, i dimostranti scandivano i loro slogan: "Ridateci la nostra giovinezza, i nostri diritti di uomini, il nostro diritto di residenza!", "La politica del Comitato Centrale non dev'essere lasciata a metà: bisogna correggere tutti gli errori commessi!". Il corteo riempiva tutta la via e i tram erano costretti a muoversi a passo d'uomo, pochi metri alla volta. I passeggeri, spazientiti, volevano scendere. Finalmente, i manifestanti giunsero dinnanzi alla sede del Comitato Rivoluzionario Municipale di Shanghai. Erano ormai più di cinquemila.
La folla si assiepò dinanzi all'ingresso del palazzo. Gli organizzatori scandivano slogan e il corteo intonò a gran voce "l'Internazionale" e "l'unione fa la forza". Il numero dei dimostranti cresceva sempre più rapidamente. C'erano giovani adolescenti, ma anche quarantenni e cinquantenni, operai ed intellettuali. La stragrande maggioranza, tuttavia, erano giovani, uomini e donne, e queste ultime non meno entusiaste e scatenate dei primi.
Il portone del palazzo era sbarrato e sorvegliato da due militari dell'esercito popolare di liberazione, ritti ed immobili come statue in mezzo alla folla. Da dietro i vetri, alle finestre del primo piano, alcuni funzionari del partito stavano evidentemente osservando, in silenzio, le mosse dei manifestanti. Sbirciando dall'esterno attraverso le finestre del piano terra si potevano vedere altri funzionari che sedevano insieme, intenti alla lettura del giornale. Probabilmente erano funzionari di basso grado, che attendevano direttive dall'alto.
La folla, che ormai doveva contare sette-otto mila persone, ondeggiava, premeva, perché chi era ai margini dell'assembramento cercava di muoversi verso il centro. Gli organizzatori pregarono i manifestanti di sedersi per terra: circa un migliaio di persone aderirono all'invito. Si scandivano slogan, si intonavano canti e a un certo punto la gente cominciò a chiedere che Peng Chung, un dirigente del Comitato Municipale, uscisse a parlare con i dimostranti. La richiesta si fece sempre più insistente. Poi qualcuno si affacciò al balcone del primo piano, e la folla fu scossa da un brivido di emozione, credendo si trattasse di Peng. Invece era solo un funzionario, che scomparve rapidamente, con grande disappunto di tutti. Verso le tre del pomeriggio corse voce che Peng era uscito alla chetichella da una porta secondaria, dove l'attendeva un'automobile. Immediatamente, l'auto fu circondata e solo con grande fatica e lunghe spiegazioni l'autista potè finalmente ottenere via libera e andarsene per la sua strada. Un gruppetto di dimostranti restò tuttavia a sorvegliare l'uscita secondaria.
Verso le 3.30 da una traversa della via Nanking sbucò un secondo corteo di quattro o cinquecento persone che, inalberando striscioni e scandendo slogan, si diresse alla volta del palazzo del Comitato Rivoluzionario Municipale. Il corteo era formato da studenti delle scuole intermedie speciali di formazione diplomati nel '68-'69. Ufficialmente, avrebbero dovuto essere impiegati nelle fabbriche di Shanghai, ma subito dopo aver conseguito il diploma erano stati inviati nelle campagne e non erano ancora stati assegnati alle loro unità originarie. Le richieste che avanzavano erano del tutto simili a quelle degli altri manifestanti, cosicché, arrivati davanti al palazzo del Comitato Rivoluzionario Municipale, non fecero che mescolarsi alla folla che già vi si trovava. Verso le quattro la via Nanking fu bloccata per la terza volta da un gruppo di sei o settecento soldati riabilitati, che sfilavano compatti in uniforme verso il palazzo municipale. Anche costoro, che attrassero in modo particolare l'attenzione dei passanti, chiedevano che il governo garantisse loro condizioni di lavoro adeguate. Perciò, si unirono al sit-in generale.
Alle sei il sole, come sempre d'inverno, tramontò, e quando nelle strade iniziarono ad accendersi i lampioni la manifestazione si sciolse, non senza altri slogans e altri canti e la gente tornò per le vie da dove era venuta. Durante tutta la giornata, non uno dei funzionari o dei dirigenti del Comitato Rivoluzionario Municipale aveva concesso udienza ai dimostranti, o era uscito a parlare con loro.
Nel dicembre del 1978 circa 50.000 giovani studenti e intellettuali di Shanghai inviati a lavorare nelle aziende agricole statali dello Yunan organizzarono scioperi di protesta e fondarono organismi autonomi in contrapposizione con quelli del partito. Alcuni di questi scioperi erano ancora in corso alla fine di gennaio del 1979. Gli scioperanti chiedevano, tra le altre cose, una forma di assicurazione lavorativa, il miglioramento delle condizioni di vita, la revoca di alcuni funzionari e la libertà per i compagni arrestati.

Le origini del problema dei giovani studenti e intellettuali

Mao Tse-tung diede inizio alla grande Rivoluzione Culturale proletaria nel 1966. Era una lotta tra le due fazioni esistenti all'interno della classe burocratica dominante, ma anche un tentativo di plasmare il popolo cinese secondo il pensiero dello stesso Mao. Mao voleva usare le masse per riacquistare il controllo del potere, e le masse risposero con entusiasmo all'appello rivoluzionario. I giovani si organizzarono nei nuclei armati delle Guardie Rosse e sferrarono l'attacco alle strutture del partito e alla burocrazia governativa, ambedue nelle mani degli avversari di Mao. Tuttavia, le masse popolari e le Guardie Rosse finirono per scontrarsi non solo con i nemici di Mao, ma con l'intera classe burocratica del paese. Il popolo si era sollevato, ma per prendere direttamente in mano le redini del proprio destino. Nel 1968 Mao aveva definitivamente riacquistato il controllo del potere e si trovò costretto a reprimere la rivolta popolare e il movimento delle Guardie Rosse. Con l'ausilio dell'esercito, schiacciò ogni e qualsiasi forma di resistenza rivoluzionaria e il controllo di tutte le università e le scuole superiori del paese fu assunto dalle squadre operaie di propaganda, spalleggiate dai militari. Mao allora lanciò la sua famosa direttiva: "è bene che gli studenti e gli intellettuali vadano a lavorare nelle campagne, a farsi rieducare dai poveri contadini". La macchina propagandistica del regime usò ogni mezzo per convincere la gente che questa politica era finalizzata a promuovere lo sviluppo dell'agricoltura, oltreché a consentire la rieducazione dei giovani studenti e intellettuali ad opera dei contadini. Acquisendo una nuova mentalità, i giovani studenti avrebbero potuto portare avanti degnamente, in futuro, l'opera rivoluzionaria. In realtà, Mao aveva trovato semplicemente un buon pretesto per disperdere i giovani rivoluzionari, e più erano rivoluzionari, più li mandava lontano dalle città e dalla capitale. Inoltre, per un certo periodo (perlomeno una decina d'anni) la Cina potè liberarsi della forza lavoro eccedente, costituita dai giovani diplomati e non assorbiti dall'industria urbana, scaricandola verso le campagne.
Così, in ossequio alle direttive di Mao, nel giro di pochi mesi migliaia di giovani studenti e intellettuali vennero mandati a lavorare nelle campagne. In seguito, i diplomati delle scuole superiori non poterono accedere all'università se non dopo un periodo di lavoro in campagna. È stato calcolato approssimativamente che nell'arco dei dieci anni precedenti il 1978 questa sorte sia toccata ad almeno 17 milioni di giovani, il che significa aver condannato non solo loro, ma anche le rispettive famiglie e gli stessi contadini delle campagne a un lunghissimo periodo di agonia, di sofferenze e di profondo scontento.

Le sofferenze dei giovani e dei contadini

Con le rare eccezioni di qualche zona particolarmente fertile e ricca, la vita dei 700 milioni di contadini delle campagne cinesi non è certo da invidiare. La maggior parte di loro è costretta a lavorare 15 o 16 ore al giorno, e ciononostante il cibo, i vestiti e i generi di prima necessità per la vita di tutti i giorni non sono mai sufficienti. Considerando dunque le condizioni di vita delle campagne cinesi, i giovani studenti che vengono inviati nelle aziende agricole statali (che sono, comunque, una minoranza) si possono considerare relativamente fortunati. In qualità di dipendenti statali, infatti, viene loro corrisposto un salario mensile medio di 30 yuan (con il quale in Cina si possono acquistare circa 100 pacchetti di sigarette di media qualità). Tuttavia, la vita nelle aziende agricole statali è spesso organizzata in forme gerarchiche di tipo militare. I giovani devono studiare quotidianamente il pensiero di Mao Tse-tung e sono isolati dal resto della società - le visite alla famiglia sono limitate a 15 giorni ogni due anni. Anche il cibo è spesso insufficiente e inadeguato - due pasti giornalieri a base di riso (non sempre salato) per undici ore di lavoro al giorno.
Quelli che non hanno la fortuna di essere assegnati a un'azienda agricola statale vengono inviati a gruppi di tre, cinque, dieci o venti in una comune rurale, dove convivono con la squadra di produzione locale. Per il primo anno di permanenza, lo Stato assegna una somma di 200 yuan per ogni studente: una parte deve servire a costruire la casa e ad acquistare gli attrezzi da lavoro e il rimanente (circa 90 yuan) a coprire le spese di sostentamento del giovane per tutti i dodici mesi. Negli anni successivi al primo, il giovane riceve un compenso calcolato in rapporto al punteggio maturato in base al lavoro svolto in seno alla squadra di produzione. Nelle campagne cinesi, dove la meccanizzazione del lavoro è tuttora assai scarsa, vige la legge della diminuzione del profitto e i contadini hanno sperimentato che il dividere "il cibo, la terra e i campi" con gli studenti non è certo tornato a loro vantaggio, anzi.
Da un lato i giovani studenti, inesperti del lavoro dei campi, si vedono attribuire un punteggio lavorativo più basso di quello degli altri contadini; dall'altro sono gli stessi contadini, in parte per l'innata ostilità nei confronti degli intrusi e in parte perché credono che gli studenti possano contare sul sostegno finanziario della famiglia, a chiedere che venga riconosciuto ai giovani un punteggio più basso. Di conseguenza, gli studenti guadagnano poco più della metà dei contadini, e ciò vale sia per il salario in denaro, sia per la quantità di alimenti che viene loro assegnata. Così, anche dopo un anno di duro lavoro, il giovane o la ragazza non sono in grado di garantirsi il sostentamento e devono ricorrere all'aiuto dei genitori, che spediscono loro del denaro dalla città. Anche le famiglie, perciò, vengono ad essere coinvolte (nel complesso, dunque, circa 100 milioni di persone) e i figli diventano un peso per il bilancio familiare.
Come se non bastasse, i giovani, non abituati alle condizioni di vita delle campagne e in conseguenza della grave carenza di assistenza medica, spesso si ammalano. Solo raramente possono avere voce in capitolo per ciò che concerne l'attività della squadra di produzione. Non è loro concesso di associarsi alle cooperative mediche, né di entrare nella milizia. A volte sono costretti a lavorare anche nei giorni festivi, senza compenso alcuno. Le ragazze devono spesso sottostare ai desideri sessuali dei funzionari di partito, che fanno il bello e il cattivo tempo nelle province, e non di rado vengono addirittura violentate. Capita anche che i giovani studenti si ribellino apertamente alla discriminazione operata nei loro confronti, e ciò è causa di ostilità ancora maggiori. In alcuni casi scoppiano risse tra studenti e contadini, e quasi sempre sono i primi ad avere la peggio.

Le conseguenze

Per evitare ai figli di essere mandati a lavorare in campagna i genitori li iscrivono a scuole artistiche, dove imparano a suonare il violino, il pianoforte, o a dipingere. Non tutti, però, possono permetterselo. I figli dei funzionari governativi e di partito, e in particolare dei funzionari ad alto livello, hanno anche altri modi per evitare il lavoro coatto nelle campagne. Alcuni riescono a trovarsi un buon lavoro nelle città. Altri si arruolano nell'esercito e altri ancora se la cavano con un breve periodo di praticantato agricolo e poi possono iscriversi all'università. Moltissimi genitori passano una buona parte del loro tempo a tentare "manovre sottobanco" - sfruttando l'appoggio di amici o parenti influenti o cercando di corrompere, in un modo o nell'altro, i dirigenti del partito o i funzionari governativi per evitare che i loro figli siano mandati in campagna. Altri ancora pagano le spese delle vacanze in città ai funzionari di partito delle comuni agricole a cui i figli sono stati assegnati, per far sì che possano godere di un trattamento migliore. A volte basta anche un piccolo funzionario, che assegni alla comune dei rifornimenti, del macchinario o del materiale elettrico in sovrappiù, per ottenere che il figlio assegnato a quella stessa comune se la passi un po' meno peggio degli altri.
Se il giovane rifiuta di andare a lavorare in campagna, o se la famiglia è riluttante a mandarvelo, l'ufficio responsabile del trasferimento cerca di convincerli obbligando sia il giovane che i familiari a seguire dei corsi di "studio del pensiero di Mao Tse-tung". Oppure sospende il salario alla famiglia finché il ragazzo non accetta di partire. Nei primi tempi, tutti i giovani diplomati delle scuole secondarie venivano mandati in campagna, ma poi è subentrata una politica meno rigida, dal momento che ad uno dei figli è concesso di restare presso la famiglia, per accudire ai genitori anziani o in caso di particolare bisogno. Anche così, però, il destino di molti giovani studenti è segnato fin dall'infanzia, perché se il fratello o la sorella restano in città, loro non possono più sottrarsi alla partenza. Di conseguenza, molti hanno deciso che non era il caso di studiare e hanno perso qualsiasi interesse per l'istruzione scolastica e la cultura.
Parecchi genitori sono pronti a spendere denaro per corrompere i funzionari di partito nelle campagne (i responsabili delle squadre di produzione, delle brigate di produzione, delle comuni e delle contee), nelle città (i funzionari della polizia, il vigili, i funzionari dell'ufficio di sicurezza regionale, ecc.), oppure i funzionari addetti ai servizi medici, alla distribuzione del lavoro e così via per far ottenere ai figli il permesso di tornare in città. A questo scopo sono disposti a pagare diverse centinaia di yuan se non addirittura un migliaio. Per un lavoratore medio, che percepisce un salario oscillante tra i 30 e i 60 yuan al mese, è una cifra astronomica. Tuttavia, l'amplissima diffusione di queste pratiche ha trasformato la Cina in una nazione di funzionari corrotti.
Infine, anche coloro che non possono pagare rientrano illegalmente in città. Senza permesso di soggiorno e di lavoro, sono costretti a un ozio forzato. Tuttavia, molti genitori preferiscono così, piuttosto che essere costretti a inviare regolarmente denaro, cibarie o altro presso i villaggi. Si è calcolato che nel 1972 circa settecentomila, trecentomila e oltre centomila giovani erano tornati, rispettivamente, a Shanghai, a Pechino e a Canton dalle campagne. Naturalmente, col tempo la cifra complessiva è molto cresciuta. Con tutta questa gente costretta all'ozio, privata dei mezzi di sostentamento e ufficialmente privata di ogni identità e di ogni diritto (compreso quello di residenza) è persino sorprendente che in molte città il problema della criminalità non sia divenuto di giorno in giorno più serio. A Canton, a Nanchino, a Shanghai e in altre grandi città la prostituzione (praticata dalle ragazze rientrate dalle campagne) è notevolmente aumentata. Anche i suicidi sono frequenti - e spesso collettivi, a gruppi di due, tre o più giovani.

Un caso particolare la fuga a Hong Kong

Se nel 1972 più di centomila giovani studenti esiliati nelle campagne avevano fatto ritorno a Canton, molti erano ancora nelle comuni e molti altri ancora erano tornati nelle varie cittadine della provincia di Kwangtung. La provincia di Kwangtung confina con Hong Kong e con Macao, l'una colonia britannica, l'altra colonia portoghese. L'esodo dei giovani studenti esiliati nella provincia di Kwangtung verso Hong Kong e Macao è una conseguenza della disperazione generata dalle loro condizioni di vita nelle campagne. Il numero di coloro che hanno tentato la fuga verso queste colonie è altissimo e praticamente tutte le famiglie della provincia sono state toccate dal fenomeno. L'esodo in massa è continuato fino ai giorni nostri.
I fuggiaschi abbandonavano la Cina passando dalle contee costiere, sia che fossero originari di quelle zone, sia che le usassero semplicemente come 'anticamera' della libertà. Nel 1973 è stato calcolato che circa l'80% dei giovani studenti e intellettuali delle contee di Pao An, Tung Koon e Wei Yang avevano tentato la fuga verso Hong Kong e Macao. In molte comuni rurali di queste contee, quasi tutti i giovani avevano preso il volo. E alla fine anche i giovani operai, gli studenti e gli insegnanti di Canton, oltre a un buon numero di contadini, si unirono alla marea dei fuggiaschi. Secondo le statistiche del governo o di Hong Kong, dal 1968 al novembre del 1974 la polizia locale ha tratto in arresto più di 28.000 immigrati cinesi clandestini. Sempre secondo il governo di Hong Kong, gli arrestati sono solo un quarto di coloro che effettivamente hanno passato il confine. Da ciò si deduce che l'esodo ha interessato, in realtà, oltre 112.000 cinesi. Infine, se accettiamo la testimonianza di un funzionario delle prigioni cinesi della contea di Tung Koon, secondo la quale solo uno su 50 cinesi che hanno tentato la fuga è riuscito nell'intento, la cifra complessiva di coloro che hanno intrapreso la via dell'esilio clandestinamente si aggirerebbe intorno ai 5-6 milioni nell'arco di soli sette anni!
E ancora non è finita. Le autorità di Hong Kong affermano che gli immigrati clandestini tratti in arresto nel corso di quest'anno sono stati 1.800 in gennaio, 2.500 in febbraio e addirittura 6.400 in marzo. In aprile si è toccato il record: 8.300 arresti! Sempre basandoci sulla valutazione di uno a quattro effettuata dal governo di Hong Kong, possiamo presumere che nei primi quattro mesi del 1979 circa 80.000 persone abbiano abbandonato la Cina per mezzo dell'emigrazione clandestina alla volta della colonia britannica. Nei mesi estivi si pensa che l'affluenza sia stata ancora più massiccia.
Ma perché tutta questa gente scappa? Perlopiù si tratta di giovani nati e cresciuti dopo il 1949, e che perciò non dovrebbero coltivare eccessive illusioni circa il vecchio sistema capitalistico di Hong Kong. Tuttavia, hanno sperimentato a fondo il regime del partito comunista cinese e l'hanno rifiutato al punto da essere disposti a correre il rischio di farsi sparare dalle guardie, azzannare dai cani o divorare dai pescecani pur di cercare un'alternativa.

I giovani studenti e intellettuali e l'azione rivoluzionaria

Per molti dei giovani fuggiti dalla provincia di Kwangtung, Hong Kong rappresenta la possibilità di iniziare una nuova vita. Quando finalmente vi giungono, in cerca di un'alternativa, imboccano strade diverse. Alcuni si integrano perfettamente nel sistema capitalista - e i loro obiettivi principali diventano il denaro e il piacere. Per la maggior parte cercano di farlo legalmente, superando enormi difficoltà. Alcuni, invece, scelgono l'illegalità: forti dell'esperienza militaresca maturata durante le azioni effettuate nel corso della Rivoluzione Culturale, si costituiscono in bande, alcune delle quali sono riuscite a mettere a segno sensazionali rapine e addirittura a rappresentare una temibile concorrenza e una minaccia per i racket locali della droga, della prostituzione. Alcuni aderiscono al Kuomintang. Altri cercano di entrare come profughi negli Stati Uniti. Ma c'è anche chi non dimentica la Cina, e continua a preoccuparsi per il suo futuro e per le sue possibilità di sviluppo. Tra questi è il gruppo Huang Hé. Questo gruppo, insieme a scrittori come Wu Man e Yu Shuet, ha fatto molto per far conoscere e far comprendere al mondo esterno la realtà della Cina. Inoltre ha contribuito allo sviluppo di un'analisi della Cina moderna nell'ambito del movimento libertario di Hong Kong. Tutta questa gente, unita sotto la bandiera dei diritti dell'uomo, spera in una trasformazione della Cina e lavora per essa. Alcuni di loro sono riformisti, altri rivoluzionari. Molti si trovano a dover affrontare esperienze, a dover valutare idee del tutto nuove e sconosciute. Devono maturare ancora, ed è importante e fondamentale che si confrontino con gli ideali rivoluzionari e libertari.
Lo stesso si può dire dei milioni di giovani studenti e intellettuali scontenti che vivono in Cina. Bisogna riconoscere loro il ruolo di importante forza di opposizione all'attuale regime. Presi tutti insieme, sono come una polveriera, la qui esplosione potrebbe stravolgere completamente la Cina, e forse la miccia è già stata accesa.