Rivista Anarchica Online
Nove pareri sulla pubblicità
La pubblicazione, sullo scorso numero, della prima mezza colonna di pubblicità nella storia anarchica
di lingua italiana (se si eccettua, circa un secolo fa, il giornale libertario La Plebe) non è passata
inosservata. Abbiamo ricevuto varie lettere in proposito, di cui pubblichiamo - per ragioni di spazio -
solo qualche stralcio.
Secondo Paolo A. (Pistoia) non potete illudervi di controllare a vostro piacimento un simile strumento
e sarebbe estremamente pericoloso se anche altri compagni si facessero di queste illusioni (...)
Insomma, cari compagni, avete venduto un pezzetto di rivista e in quel pezzetto non parlate: parla il
padrone e ripropone il suo modello di mercificazione delle cose e dei valori.
Dopo aver espresso il suo giudizio positivo sulla qualità della rivista, il compagno osserva non senza
arguzia che è inutile fare una buona minestra con tutti i componenti calibrati, con gli aromi dosati e
senza un chicco in più di sale, quando poi, alla fine, ci si butta dentro uno stronzo: passa la voglia di
mangiarla, se permettete.
Elisa M. (Portici) ci ha scritto invece di essere favorevole per il modo in cui è stata impostata: se la
pubblicità sarà impostata sempre così, penso che la cosa si possa fare in quanto è anche un modo di
informazione, purché non rubi molto spazio alle rubriche. Che la pubblicità possa essere considerata,
a volte, un veicolo d'informazione è respinto da Claudio B. (Torino) che anzi ironizza proprio sulla
possibilità di distinguere tra pubblicità e pubblicità. Dopo aver affermato che comunque sia la pubblicità
puzza (di un odore bestiale, come di capitale, di padroni, di bombardamento psicologico, di
dipendenza, di squallore), afferma che discutendo con la pubblicità ci siamo accorti di una cosa
singolare e molto interessante. Ogni tanto, quando aprivamo il naso per respirare e una zaffata ci
entrava nelle narici, ci accorgevamo che certi miasmi ci trasmettevano un'informazione. Era infatti
un puzzo informatore. Ci dava, cioè, delle informazioni; e mentre analizzavamo le informazioni -
interessantissime: libri, riviste, convegni, radio alternative - dimenticavamo che puzzavano.
Contrari alla pubblicità sono pure Rosanna B. (Sarsina), che afferma di comprendere i nostri problemi
economici, ma di credere che si possano risolvere in un altro modo, senza ricorrere alla pubblicità da
me tanto odiata, e Luigi S. (Pordenone) che, dopo aver criticato l'aumento del prezzo di copertina ed
il modo intellettualistico con cui vengono scritti alcuni articoli, invita a non dare eccessiva importanza
alla grafica, alla ricchezza della copertina, alla raffinata impaginazione e alla carta che si usa: se no
va a finire che ti tocca mettere la pubblicità per Rizzoli.
Per quanto riguarda la pubblicazione della pubblicità su "A" - scrive invece Alessandro B. (Cameri) -
io sono perfettamente d'accordo con voi, perché anche se sarebbe meglio non farla apparire per logici
motivi di coerenza politica, mandare avanti un giornale costa molto caro, specialmente se i compagni
(purtroppo) non pagano subito le copie. Concorde è anche Augusto M. (Milano): l'essere che sta per
affogare - scrive - cerca di aggrapparsi a qualunque cosa gli capiti fra le mani; tanto meglio, poi, se
"questa cosa" non gli sia dannosa alle sue mani (...) Io penso, a tal proposito che troppo tardi si sono
decisi i cari e simpaticissimi redattori della rivista "A" a iniziare la pubblicazione di qualche reclame,
naturalmente attentamente scelta.
Da ultimo, due pareri contrari. Io credo - scrive Mimmo P. (Lione) - che non si possa accettare il
principio di pubblicare regolarmente della pubblicità, sia pure "rivoluzionaria". Non c'è giustificazione
economica che tenga. Il problema che dobbiamo porci è semmai quello del perché le migliaia di lettori
di "A" non inviino due o tre volte l'anno mille lire ciascuno come sottoscrizione. Se ciò non avviene,
probabilmente ci saranno dei motivi di contenuto e di forma. Subito dopo aver ricevuto critiche da
parte di compagni di "Lotta Continua" ed altri, Leonardo I. (Vallo della Lucania) ci ha scritto per
esprimere il suo dissenso. Un problema del genere si poteva e si può risolvere con successo, con una
sottoscrizione aperta a tutti i compagni: "Lotta Continua" l'ha fatto ed ha raggiunto il suo scopo.
Vorrei poi appellarmi ai compagni diffusori: compagni vi sembra questo il modo di comportarsi?! Se
avete diffuso "A" per lucro personale è un conto, ma se lo avete fatto per dare un contributo alla
rivista, per il movimento, come mai questo ritardo? (...) È assurdo pensare che un anarchico faccia
queste cose oltrettutto poco responsabili: eppure la responsabilità è la base solida su cui giacciono
e si reggono i nostri principi, e un irresponsabile, secondo me, non può assolutamente definirsi
anarchico. (...) Quindi all'opera, compagni, bando alla pubblicità, che i compagni diffusori versino
i soldi nelle casse di "A", iniziamo una colletta tra i compagni a livello nazionale: dobbiamo far fronte
alle crisi in modo costruttivo e responsabile: faremo così vedere il nostro "essere anarchici".
Noi della redazione invitiamo tutti i lettori a scriverci la loro opinione: sul prossimo numero daremo
nuovo spazio alle loro lettere e, magari, diremo anche la nostra.
La Redazione
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