Rivista Anarchica Online
Spie sì, ma per il PCI
di L. L.
"Il terrorismo si deve prevenire. Quel rimasuglio sgangherato ed inquinato che sono oggi i nostri
servizi segreti è del tutto impotente. Se non sai le cose in anticipo, arrivare dopo l'attentato non serve
a niente. Ci vuole un servizio di informazione efficiente, che sappia fare bene il suo mestiere: e nessuno
pretende che agisca in modo perfettamente legale. Il primo ferro del mestiere è per esempio il
documento falso, e la legge proibisce i documenti falsi: esigere che un agente segreto si muova nel
rispetto formale delle leggi e alla luce del sole è contraddittorio, ridicolo. In questo caso le necessarie
garanzie contro gli abusi, deviazioni e collusioni simili a quelli del passato vengono dal quadro
democratico e dal controllo politico" ammonisce il senatore Ugo Pecchioli, responsabile della Sezione
Problemi dello Stato della direzione del PCI. Il ministro degli Interni del governo-ombra non ha dubbi:
i servizi segreti vanno riorganizzati, potenziati, e deve essere loro assicurata l'immunità per tutte le loro
azioni illegali. L'illegalità è d'altronde la condizione essenziale per i servizi segreti. Forse Pecchioli si è
dimenticato la vasta campagna politica che il suo partito ha portato avanti alcuni anni fa per la
democratizzazione dei servizi di sicurezza. Allora, però, si trattava di ridimensionare l'influenza della DC
e di sottrarle spazio all'interno della polizia segreta; oggi questo scopo è parzialmente raggiunto e il
nipotino italiano di Beria "giustamente" si preoccupa di salvaguardare un servizio così indispensabile alla
sopravvivenza dello Stato.
I lavoratori italiani, comunque, possono dormire sogni tranquilli: l'illegalità sarà gestita anche dal PCI.
Questo è il marchio di garanzia. Per di più i cittadini, secondo Pecchioli & C., dovranno compiere il loro
dovere denunciando tutti gli elementi sospetti perché "la difesa dello Stato democratico è ormai oggi
un compito anche loro, non è più delegabile soltanto alla polizia e alla magistratura" e un particolare
impegno verrà richiesto ai militanti comunisti che "facendo il proprio dovere civico devono aiutare le
forze di polizia a fare il loro dovere".
Che uomo eccezionale questo Pecchioli! Quando sarà il ministro degli Interni trasformerà l'Italia in uno
stato di polizia: potenziando ed estendendo quella ufficiale, dando l'impunità a quella segreta, istituendo
un enorme apparato parapoliziesco formato dagli attivisti del suo partito che dovranno fungere da spie
e delatori, in attesa di essere mobilitati per vaste azioni di repressione in qualità di vigilantes. Questa è
la società comunista secondo Pecchioli e i dirigenti del PCI.
E poi ci vengono a dire che i Gulag sono delle distorsioni di un sistema fondamentalmente sano. Facce
di bronzo! Per nostra fortuna i progetti di Pecchioli sono ancora tali, ma da come si sviluppa la
situazione non è detto che la loro realizzazione tardi a venire. Soprattutto la capacità di mobilitazione
del PCI è fortissima e anche se in questi ultimi tempi qualcosa si è mosso ed alcune verità sono divenute
chiare ciò non toglie che il "partito dei lavoratori" riesce ancora a coinvolgere milioni e milioni di
persone. Anzi, proprio dalla contestazione che ha subito, il PCI ha saputo trovare quegli elementi per
un suo rinnovato slancio. La durezza del partito nei confronti delle forze rivoluzionarie indica il tipo di
repressione che queste dovranno aspettarsi il giorno in cui i comunisti saranno saldamente installati al
potere. Non sarà ammesso alcun dissenso da sinistra; tutti gli oppositori dell'egemonia Berlingueriana
saranno perseguiti come "nemici del popolo" ricalcando il già collaudato cliché di Lenin e Stalin.
Il drammatico sta nel fatto che la strategia comunista dello stato di polizia incontra sempre più consensi,
l'utilizzazione massiccia dei mass-media è indirizzata proprio in questo senso e su questo terreno si
accelerano i tempi del compromesso storico; non a caso Cossiga chiama Pecchioli come "il mio
equivalente".
Vero è che esistono anche episodi di clamoroso dissenso quale, ad esempio, il fallito sciopero indetto
a Torino dopo gli attentati delle B.R. a metà novembre, ma restano pur sempre fatti marginali che
denotando una non ancora completa assuefazione dei lavoratori rivelano anche un progetto cogestionale,
non solo economico ma anche emozionale, di vaste proporzioni.
Tutto questo serve a farci capire che il tentativo di criminalizzare la sinistra rivoluzionaria, nonostante
le resistenze ancora esistenti in non esigui strati di lavoratori, sta muovendo passi sempre più decisi.
Accettare o accelerare questa situazione può portare all'incomunicabilità tra rivoluzionari e sfruttati. Il
compiacimento che traspare, seppure velatamente, in sempre più numerosi compagni che con estrema
leggerezza interiorizzano la "strategia della criminalizzazione" non è prova di rigoroso impegno
rivoluzionario, ma di accettazione della logica del potere che vuole ghettizzare, per poi annullare senza
problemi, il movimento.
Inibirsi la possibilità di comunicazione con i nostri interlocutori è segno di miopia politica. L'unico vero
criminale è il potere, non il movimento e non ci faremo criminalizzare.
|