Rivista Anarchica Online
... e a me no
Bisogna cercare di uscire dall'equivoco dato dalle recensioni di films, che sono, a mio avviso,
un'operazione meramente intellettuale, di nessuna o scarsa incidenza sulla nostra vita quotidiana, se
non quella di indurci a preferire un film ad un'altro per la recensione di qualcuno, che improvvisa una
discussione sterile sui pregi artistici o formali di un film di autore, o il tentativo di capire ciò che un
regista, turbato e angosciato da problemi individuali non risolti, cerca di comunicarci.
Ritengo che il lavoro di un critico cinematografico sia in questo caso estremamente limitato e non
riconosca al cinema l'importanza e la funzione che esso riveste. Occorre dapprima presentare al
pubblico un'analisi delle influenze che le particolari caratteristiche del mezzo cinema hanno sul
contenuto dei messaggi trasmessi, analisi per ora senz'altro limitata dal fatto che non ho il tempo di
metterla interamente per iscritto, ma che può essere ripresa e completata in sede di dibattito.
Nel campo cinematografico non esiste un rapporto diretto tra autore e pubblico. In tale rapporto si
inserisce infatti la mediazione dell'intero apparato di produzione, distribuzione ed esercizi
cinematografici, senza cui non sarebbe possibile all'autore realizzare le sue opere e al pubblico venirne
a contatto. Questo apparato ha il carattere di una grande industria, basti dire che in Italia assorbe
circa 12.000 operai specializzati nella produzione e imprese tecniche, 45.000 dipendenti del noleggio
e dell'esercizio e 4.000 tecnici.
A Roma, ad esempio, il cinema, dopo i ministeri e gli enti pubblici, è la maggior fonte di occupazione
e di reddito degli abitanti. La prima conseguenza di questo stato di cose è l'esistenza di costanti
interessi tra produttore e autore: da una parte la logica del profitto, vuole un prodotto vendibile,
dall'altra sta la necessità di godere della libertà nella realizzazione dell'opera. È chiaro che predomina
l'interesse (sempre e comunque) del produttore. Bisogna tenere presente che mentre uno scrittore può
scrivere un libro senza avere la certezza che un editore lo pubblichi e un pittore dipingere un quadro
senza la sicurezza di venderlo, un regista non può girare un film se non esiste la disponibilità della
produzione (organizzativa ed economica). Il condizionamento di natura economica è in atto ancor
prima che abbia inizio la realizzazione di un'opera. Anche ammesso che esista un ente statale (Luce)
che produce opere interessanti, poco condizionate, esso si trova davanti l'ostacolo della circolazione
dell'opera visto che l'esercizio in Italia conta 11.600 sale circa, tutte private eccetto 13, delle quali
3.850 sono proprietà di enti cattolici.
A questo punto ti rivolgo la mia critica, vista l'importanza del fattore economico e la sua influenza
sulla produzione-distribuzione, è evidente che esso va tenuto presente nella valutazione di ogni film.
Cosa che tu non accenni mai. Dico anzi che un giudizio limitato al ristretto ambito del risultato
artistico dell'opera, come finora hai sempre fatto, è da considerarsi in completo e, in buona parte
falso. Vedi dunque di esaminare le diverse operazioni di carattere industriale che presiedono la
realizzazione e la circolazione di un film, per tentare una obiettiva analisi dei meccanismi di
condizionamento presenti in questo ambiente-sistema. Ti allego una piccola bibliografia
sull'argomento. Ciao.
Sergio (Rho)
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