Rivista Anarchica Online
Verso l'istruzione integrale
di Mirko Roberti
I capisaldi del progetto pedagogico dell'anarchismo: educazione integrale, istruzione razionale e
scientifica,
coeducazione dei sessi, rapporto libertario ed egualitario fra docente ed allievo, trasmissione universale
e sociale
del sapere - Il ruolo fondamentale dell'integrazione del lavoro - L'interessante esperimento eseguito
dall'anarchico
francese Paul Robin all'orfanotrofio di Cempuis (1880-1894)
In questi ultimi tempi da più parti si è espressa frequente
l'esigenza di una conoscenza delle proposte "classiche"
della pedagogia libertaria. Al fine di dare una prima risposta a questa domanda, l'esposizione che segue
mette in
luce brevemente le linee generali del progetto pedagogico dell'anarchismo, così com'è
stato formulato da alcuni
dei suoi maggiori teorici. La concezione inerente a queste proposte si basa su alcuni punti fra loro
strettamente
conseguenziali ed uniti. Essi si possono riassumere: 1°) in una educazione integrale,
cioè tendente ad uno
sviluppo armonioso di tutte le facoltà fisiche, intellettuali e morali del fanciullo, educazione che
comporta a
livello sociale l'abolizione della divisione verticale del lavoro fra manuale e intellettuale; 2°) in
un'istruzione
razionale e scientifica basata sulla ragione e sul rifiuto di ogni dogma
metafisico, religioso e politico; 3°) in un
insegnamento contemplante la libera coeducazione dei sessi e l'abolizione di ogni
discriminante fra essi,
uguaglianza che prefigura una società dove la famiglia sarà sostituita da una libera
unione; 4°) in un rapporto
libertario ed egualitario fra docente ed allievo, relazione che sostituisce il sistema gerarchico delle
classificazioni e valutazioni, come premi, castighi ed esami, un'intesa fondata sulla massima
sincerità, sulla
solidarietà e il mutuo appoggio; 5°) in una trasmissione universale e sociale
del sapere, cioè tesa a portare
indistintamente tutti ai massimi gradi della scienza e della cultura, e allo sviluppo di un insegnamento
permanente
e reciproco (visione che deriva dalla concezione pedagogica radicalmente "ambientalista" degli anarchici,
poggiante sulla convinzione che la stragrande maggioranza degli uomini possiede un'intelligenza
potenzialmente
equivalente) (1). Un punto ci sembra importante delineare ai fini di una valutazione della concezione
pedagogica dell'anarchismo.
Ci riferiamo alla funzione specifica della scienza all'interno del processo educativo, funzione che ha il
compito
di eliminare, già nel periodo di apprendimento, una possibile futura divisione verticale del lavoro.
Dal momento
che nella società anarchica le classi sociali scompaiono proprio in virtù della abolizione
della divisione verticale
del lavoro fra manuale e intellettuale, il compito di una istruzione libertaria consiste evidentemente nel
mettere
in atto, già nel processo educativo, dei mezzi adeguati a questo fine. L'educazione integrale,
già accennata sopra,
viene così a costituire l'obiettivo più importante della prassi pedagogica dell'anarchismo.
Essa si presenta, cioè,
come il mezzo scientifico ed etico più coerente proprio perché dedotto dal fine
perseguito: l'integrazione del
lavoro. Il rapporto fra questa e l'istruzione integrale, cioè il rapporto tra fini e mezzi, diventa
quindi il perno centrale della
concezione pedagogica dell'anarchismo e del modo in cui questa intende la funzione della scienza
all'interno
dell'educazione. La conoscenza umana viene pertanto intesa come un processo ininterrotto di esperienza
e
giudizio, di trasformazione e interpretazione, di lavoro e studio, di pratica e teoria. Sviluppo scientifico
e sviluppo
educativo libertario ed egualitario convergono così su un unico piano sociale ed umano, teso
all'emancipazione
di ognuno attraverso quella di tutti. È questa la problematica di fondo presente negli
esperimenti di "scuole libertarie" che gli anarchici fondarono
e gestirono con alterna fortuna. L'influenza positivista che condiziona l'atteggiamento "scientista" di
alcuni
organizzatori ci sembra secondaria rispetto all'originalità delle intuizioni di fondo. Precorritrici
di alcuni temi
libertari della pedagogia contemporanea, queste "scuole" possono considerarsi veri esperimenti
pionieristici in
questa educazione rivoluzionaria. Le direttive generali di esse si possono rintracciare, dal 1880 al 1914,
in tre
proposte operative concrete. Esse riguardano l'esperimento eseguito da Paul Robin all'orfanotrofio di
Cempuis
(1880-'94); la "Scuola Moderna" fondata e diretta a Barcellona da Francisco Ferrer (1901-1906) (2);
la comunità
educativa di Sebastian Faure "La Ruche", che visse dal 1905 al 1914 (3). Questi tre anarchici, come
è stato detto
recentemente (4), più che veri pedagogisti furono educatori "militanti" e instancabili
organizzatori. I programmi
pedagogici inerenti a queste esperienze (soprattutto quelle di Robin e di Faure) fanno esplicito
riferimento alla
istruzione integrale, di cui si tenta di attuare concretamente i presupposti fondamentali.
Robin
Il progetto educativo di Robin "comprende tre definizioni: fisico, intellettuale e morale, e indica le
continue
relazioni fra di esse". Il suo scopo non è far apprendere forzatamente all'allievo un numero
infinito di nozioni su
tutte le cose, ma di favorire "la cultura, lo sviluppo armonico di tutte le facoltà dell'essere umano:
salute, vigore,
bellezza, intelligenza, bontà" (5). Nello sviluppo equilibrato, in ogni allievo, della teoria e della
pratica, si prepara
dunque "l'uomo completo", capace di svolgere, allo stesso tempo, l'attività manuale e
l'attività intellettuale. L'esigenza egualitaria nasce da una duplice analisi dell'uomo. Egli
è visto prima "come essere isolato, indipendente
e completo per sé stesso" (6), poi, come essere sociale. Sotto il primo aspetto egli ha diritto allo
sviluppo di tutte
le sue facoltà, sotto il secondo, come membro della collettività, "egli deve portare la sua
parte di lavoro
necessario". Le due esigenze si conciliano e si completano proprio attraverso lo sviluppo armonico
dell'attività
intellettuale e dell'attività manuale. Ecco perché l'istruzione integrale si può
riassumere anche "in due parole: il
sapere, il fare, la scienza e l'arte" (7). La crescita educativa deve dunque essere una crescita globale
capace di
investire tutte le facoltà umane. Questo preliminare sviluppo è anche
l'unico modo per favorire in seguito le
particolari attitudini di ogni individuo, per fargli cioè verificare, in concreto, le sue reali
possibilità. Robin ci dice subito, però, che il programma educativo dell'istruzione
integrale non è codificabile in nessun
manuale. Due soli sono i punti irriducibili presenti in questo "programma" di spontaneità: 1°) che
le nozioni siano
legate fra loro da una logica d'insieme; 2°) che ogni insegnamento sia basato su fatti concreti e non su
fantasie
metafisiche. Inoltre, che esso abbia sempre presente il suo scopo ultimo che è quello di abolire
le classi fondate
"sulla divisione del lavoro fra manuale e intellettuale", fondate cioè "tra quelli che lavorano e
quelli che godono,
fra quelli che ubbidiscono e quelli che comandano". Per ritornare ai modi dell'istruzione integrale
va subito detto che essa deve seguire, nella prima fase, lo
svolgimento naturale che presiede all'apprendimento dell'età evolutiva e sarà pertanto
"spontaneo"; mentre nella
seconda, tale svolgimento, razionalizzandosi, comporterà una sua maggiore sistemazione. La
serie di esperienze
"naturali" che dovrà fare il bambino nella prima fase saranno però, in un certo senso,
"dirette" secondo uno
schema che ricorda, anche se Robin non lo dice, il metodo rousseauiano. L'insegnamento libero si
baserà
solamente su esercizi e lavori che, sviluppando le facoltà intellettuali, serviranno poi a preparare
l'individuo al
lavoro sociale. L'interesse e la curiosità che emergono da questo apprendimento dovranno
però essere sempre
ricondotte alle sue possibilità effettive, e finalizzati al lavoro collettivo. Nella seconda fase
"razionalizzante" il
sapere sarà diretto alla comprensione del rapporto esistente tra scienze astratte e scienze concrete,
rapporto che
dovrà prefigurare quell'unità dello studio-lavoro che sta alla base dell'istruzione
integrale. In questo periodo l'allievo, dopo una conoscenza generale delle scienze, dovrà
scegliere, fra di esse, quelle
attinenti ad un certo numero di professioni sulle quali far pratica e una in particolare che sarà la
sua. Sia nella
prima che nella seconda fase ciò che rimane fondamentale è la costituzione spontanea
e critica del giudizio, con
l'uso libero e personale, senza imposizioni dall'esterno, senza schemi prefissati. Anche qui, riecheggiando
Rousseau, tale giudizio si forma attraverso un rapporto diretto con la natura, fonte inesauribile di
insegnamenti
che, riconosciuti e valutati, formeranno "la facoltà cerebrale che si chiama giudizio" (8). Solo
così il desiderio di
conoscere si farà autentico, perché continuamente creato e ricreato. Lasciato libero
di scoprire la natura con le sue bellezze (ispiratrici di arte) e le sue insufficienze (base per la
scienza, riparatrice di queste mancanze), l'allievo, con l'istruzione integrale, si educherà all'uso
sociale della
scienza, perché "le scienze che non tendono alla felicità di tutti quelli che vivono e
sentono, saranno vane e
nocive". Da qui emerge il "sentimento di giustizia" in nome del quale Robin non può che
applaudire al salutare
stimolo che "la cultura intellettuale darà al lavoro manuale". L'istruzione integrale, raggiunto lo
scopo
dell'abolizione delle classi abolirà con esse anche le grandi disuguaglianze intellettuali e culturali
fra gli uomini
che impediscono una intesa sociale. In questo senso essa costituisce il presupposto allo sviluppo della
morale
individuale e collettiva, che è sempre, "come la ragione, un risultato, (...) un insieme" (9). Un
risultato e un
insieme nel senso della creazione di condizioni sociali convergenti. Esse, favorendo lo sviluppo
interdipendente
delle facoltà fisiche e intellettuali, costituiscono, in analogia all'istruzione integrale,
quell'educazione pluralistica
dei bisogni umani che si compongono all'interno di una formazione umana equilibrata ed
armonica. Nel caso specifico della formazione "morale", l'istruzione integrale si precisa come pratica
alla solidarietà sociale
e alla responsabilità. Ne consegue l'integrazione effettiva della scuola nella vita comunitaria, come
sbocco
naturale alla gestione sociale dell'educazione (10), come esercizio alla responsabilità, da parte
di tutti, attraverso
l'uso della continuazione scolastica sotto i suoi aspetti didattici e amministrativi (11), come creazione di
"écoles-atelier" funzionali alle strutture socio-economiche collettiviste, come costruzione, infine,
di quell'integrazione
più vasta fra istruzione, lavoro e società che presiede alla concezione pedagogica
libertaria e che ora viene
riconfermata sia da Ferrer che da Faure.
Mirko Roberti
(1-continua)
1) Questi, in sintesi, i punti principali di due manifesti internazionali, rispettivamente del 1893 e del
1898,
riguardanti la "libertà di insegnamento" e "l'istruzione integrale". Famoso il secondo
perché sottoscritto da alcuni
dei più noti teorici e militanti anarchici dell'epoca come P. Kropotkin, J. Grave, C. Malato, L.
Michel, e L.
Tolstoj. - Cfr. "La Révolte", Paris, Septième année, n.8, 4-11 Novembre 1893
e "Les Temps Nouveaux", Paris,
Troisième année, n.51, 16-22 Aprile, 1898.
2) Su Ferrer si veda SOL FERRER, Le veritable Francisco Ferrer, Paris, Spartacus,
1948; Id, La vie e l'oeuvre
de Francisco Ferrer, Paris, Fischbacher, 1962; AA.VV., Francisco Ferrer Y
Guardia, Roma, Casa Editrice
Libertaria; L. SIMARRO, El proceso Ferrer y la opinion europea, Madrid, 1910; L.
MOLINARI, Vita e opera
di Francisco Ferrer, Milano, Università Popolare, s.d.
3) Su la "Ruche" cfr.FEDERATION ANARCHISTE, Sebastia Faure et la Ruche,
Marseulle, Libraire Publico,
1969.
4) T. TOMASI, Ideologie libertarie e formazione umana, Firenze, La Nuova Italia,
1973, p.208.
5) P. ROBIN, L'éducation intégrale, in L'Education
Libertaire, Paris, Premièr année, N. I., Novembre 1901, p.
1. Si veda anche Jeanne Humbert, Une grande figure, Paul Robin, Paris La Ruche
ouvrière, 1967, p.25.
6) P. ROBIN, L'Enseignement intégrale, in L'Ecole
rénovée, Bruxelles, Ie année, n. 2, 15 Mai 1908, p. 45.
7) Ibid., p. 46. Si veda anche: L'éducation intégrale, in
L'Education Libertaire. cit.
8) P. ROBIN, Vers l'éducation intégrale, in L'Education
Libertaire, Paris, Deuxièm année, N. 3., Décembre
1901, p. 49.
9) P. ROBIN, L'éducation intégrale, in L'Education
Libertaire, Paris, Premièr année, N. I., cit., p. 2.
10) Scrive Robin "condizione indispensabile (al funzionamento della scuola) la presenza dei genitori
alle
assemblee generali". Cfr. P. ROBIN, L'Enseignement intégrale, in "L'Ecole
rénovée", Bruxelles, Premièr année,
N. 4, 15 Julliet, 1908, p. 108.
11) P. ROBIN, L'Enseignement intégrale, in L'Ecole
rénovée, Bruxelles, Première année, n. 5, 15 Août 1908,
p. 142 passim.
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