Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 5 nr. 42
ottobre 1975


Rivista Anarchica Online

Il materialismo dialettico è davvero alle corde?

Cari compagni,
ho letto con interesse l'articolo di Mirko Roberti sul "Materialismo dialettico" e sull'intervista politico-filosofica di Lucio Coletti. Mi pare necessario proseguire ed approfondire l'analisi teoretica sul materialismo e sulla metodologia della conoscenza in quanto è uno dei campi che più spesso si presentano alla confusione ed alla canonizzazione in dogma, in ogni aspetto del pensiero socialista, sia quello marxista sia quella anarchico.
Su quanto ha detto il compagno Roberti, vorrei fare alcune annotazioni che ritengo doverose per una maggiore comprensione del problema metodologico materialista. Innanzitutto è doveroso distinguere la paternità di certe affermazioni teoretiche, in quanto una vera e propria teorizzazione della dialettica nel campo sociale economico e naturale fu propria più che di Marx, di Engels. Non ritengo giusto, per una questione di coerenza, coinvolgere nelle teorizzazione engelsiane, posteriori alla morte di Marx, lo stesso Marx che, a riguardo fu molto più cauto ed assai meno determinista del collega Engels. Il nucleo centrale del materialismo marxiano è infatti la teorizzazione della lotta tra le classi e dello sviluppo della storia come prodotto di tali lotte. Si potrà discutere sull'idealismo di tipo hegeliano che Marx conservò nell'attribuire alla storia una meta definita (il trionfo del proletariato), ma non sì può certo negare la validità di un metodo analitico quale quello materialista storico, che parte sempre nelle sue analisi dal punto di vista dei rapporti tra le classi. Ogni altro metodo, a me pare sconfini nell'idealismo e manchi di una solida base. Né è un tipico esempio in campo anarchico Kropotkin, materialista naturalista che faceva parte di quella schiera di scienziati (Büchner , Vogt) che ritenevano che dall'analisi fisica, naturale, della realtà fosse possibile ricavare regole, leggi naturali, sulla base delle quali fosse poi possibile avere una visione del divenire naturale, inteso appunto come rapporto meccanico dei fenomeni. Tutto questo portò ad un meccanicismo che Malatesta definì "assai più paralizzante di quello dei marxisti". Il metodo kropotkiniano, come d'altra parte anche quello di Rudolf Rocker che vedeva la volontà di potenza come motore della storia, fu tipico proprio di una crisi della dialettica rivoluzionaria, arenatasi dopo la Prima Internazionale. Il problema posto da Bakunin e Marx sulla prospettiva della lotta tra le classi e sul ruolo dello stato era scomparso ed erano al contrario apparse consistenti tracce di evoluzionismo sia in campo libertario con Kropotkin sia in campo marxista con la seconda Internazionale dei Kautsky e dei Bernstein. Per questo complesso di motivi sono ben lungi dal condividere la difesa che Roberti fa del metodo analitico kropotkiniano che a me pare un ritorno allo scientificismo borghese, frutto di una crisi del pensiero rivoluzionario. Ciò che nell'articolo di Roberti mi pare forzato è il tentativo di dimostrare la superiorità di un metodo su un altro quando invece entrambi hanno mostrato i loro limiti. Si sfonda una porta aperta quando si dice che il marxismo è in crisi; lo è nella misura in cui è in crisi il pensiero rivoluzionario, quello libertario compreso. Sarebbe storicismo il voler considerare il passato come un qualcosa di omogeneo e valido, la realtà attuale come dimostrazione della bontà di un metodo. È abbastanza assurdo proporre un metodo come quello di Kropotkin che si adatti all'analisi di una comunità di formiche, e contemporaneamente ad una società di uomini. L'uomo è pensante perché crea i mezzi per soddisfare i propri bisogni; è assurdo voler dimostrare che esiste il mutuo appoggio tra le formiche come tra gli uomini se non si parte dal presupposto che nella società umana esiste la lotta di classe. Questa è la tipica scienza borghese che vede l'uomo cosmologico, nei confronti della natura, e non l'uomo materiale, calato nei rapporti di produzione. Esiste una scienza borghese ed è proprio quella che vuole dimenticare che esistono le contraddizioni di classe: questa scienza va combattuta non perché ce ne sia una proletaria più buona ma perché è la scienza che parte da interessi materiali, concreti, di classe e vuole dimostrare che tali interessi non esistono. La teoria del comunismo anarchico deve orientarsi nel senso di distruggere questa convinzione, partendo da un presupposto classista perché è partendo dal punto di vista delle contraddizioni di classe che si può comprendere totalmente una società capitalista e tecnoburocratica. In questa misura la critica al materialismo dialettico è valida perché riprende il filo del pensiero rivoluzionario, un pensiero che è multiforme, articolato e complesso e che ha bisogno del contributo di tutte le forze proletarie e rivoluzionarie.
Per gli anarchici è doveroso riprendere, secondo me, le mosse della Prima Internazionale, dal grande e fecondo dibattito teorico che ne scaturì in modo tale da riprendere nelle nostre mani il patrimonio teorico del materialismo rivoluzionario che ebbe in Bakunin uno dei più lucidi assertori, come è doveroso ricongiungersi in un dibattito più stretto ed incalzante a tutte quelle forze che sono anti-dogmatiche e libertarie, non escluse quelle marxiane. Mi auguro che su questo problema, qui da me sommariamente accennato, la rivista torni più spesso con il contributo di tutti i compagni.
Saluti fraterni.

Daniele M. (Milano)

Risponde Mirko Roberti

I testi fondamentali dove Engels espone per intero la concezione del materialismo dialettico, cui faceva riferimento Coletti e quindi indirettamente anch'io, sono: la Dialettica della Natura incominciato nel 1873 (1) e l'Antidüring pubblicato nel 1878. Entrambi sono anteriori alla morte di Marx (1883) rispettivamente di dieci e cinque anni. Inoltre non solo l'Antidüring fu letto da Engels per intero a Marx prima della pubblicazione (come sempre, del resto), ma il capitolo riguardante l'economia politica fu scritto da Marx stesso. Non capisco dunque con quali ragioni si possa sostenere che Engels teorizzò il materialismo dialettico posteriormente alla morte di Marx: questo è falso. Comunque a parte queste piccole ma necessarie precisazioni storiche, rimane pur sempre il fatto che se anche Engels avesse effettivamente scritto queste cose posteriormente alla morte di Marx la mia opinione non cambierebbe. A mio avviso infatti (ma è l'opinione dei massimi studiosi marxisti e del marxismo, a cominciare da Lenin) il materialismo dialettico è implicito nel materialismo storico, perché entrambi hanno a fondamento un'identità logica, cioè la logica dialettica. Entrambi i soci fondatori del socialismo "scientifico" ne fecero un gran uso: il Capitale, come tutti sanno, è per intero costruito con la logica hegeliana, non solo perché lo conferma uno dei massimi conoscitori di esso (2), ma Marx stesso (3).
Non mi sembra di aver fatto la difesa del metodo analitico kropotkiniano, ma semplicemente di essermi limitato a mettere in luce le anticipazioni e le critiche di Kropotkin, oggi ritenute come ultime scoperte teoriche da alcuni marxisti eterodossi. Quindi nessun tentativo di voler mostrare la superiorità di un metodo su un altro, ma più semplicemente constatare che uno è scientifico, l'altro metafisico. Non condivido pertanto la definizione di scientificismo borghese data dal compagno Daniele M., definizione che a mio avviso non vuol dire assolutamente nulla. Infatti, o con questa definizione si mette in dubbio le "verità" scientifiche considerate comunemente tali ("verità" sempre parziali e rivedibili che sono state raggiunte tramite questo metodo), oppure questa definizione sta a indicare una valutazione ideologica di carattere emotivo che esula, tanto per dire, dal secondo principio della termodinamica o dalla teoria della relatività. In altri termini non mi sembra che Daniele M. abbia confutato seriamente la tesi malatestiana della neutralità in sé della scienza disponibile ad ogni uso ideologico (neutralità che non va confusa con la sua autonomia).
Non condivido inoltre l'opinione, implicita nella sua lettera, che la teoria di Bakunin sia una teoria dialettica. Ci mancherebbe altro! Bakunin si liberò progressivamente di questo metodo sin dal 1866 (l'anno in cui, non a caso, comincia a delinearsi praticamente il suo anarchismo) e l'equilibrio teorico raggiunto dal suo pensiero fra storicismo e naturalismo o, meglio, fra l'importanza data alle scienze sociali e a quelle naturali lo testimonia ampiamente. (questo equilibrio, come è noto, fu rotto poi dalle due quasi opposte tendenze teoriche impersonate, da una parte, dall'esasperato naturalismo di Kropotkin e, dall'altra, dal soggettivismo della prassi di Malatesta).
Su un unico punto concordo invece con il compagno D.M. ed è quello relativo al "determinismo" kropotkiniano, determinismo che anch'io ho messo in rilievo a più riprese su questa rivista. Ma questo dovrebbe ancora una volta dimostrare l'assoluta superiorità dell'anarchismo sul marxismo. La concezione kropotkiniana, che non deriva dal metodo scientifico, ma semplicemente da una particolare concezione filosofica della natura, sebbene espressa da un simile esponente, non coinvolge tutto l'anarchismo come tale, che anzi è irriducibile a questa come ad altre definitive interpretazioni o tendenze. Il suo valore ideologico supremo, cioè la libertà, è qui infatti anche metodo teorico supremo, continuamente aperto e rivedibile (come quello scientifico). Ecco perché - e qui vengo al succo della lettera di D.M. - non si potrà conciliare (mai) marxismo e anarchismo: nessuna possibilità teorica si dà per le intenzioni ideologiche dei marxisti libertari.

Mirko Roberti

1) Cfr. la prefazione e l'avvertenza di Lucio Lombardo Radice a F. ENGELS, Dialettica della natura, Roma, Editori Riuniti, 1971, pp. 5-30.

2) Cfr., per esempio, quanto scrive R. ROSDOLSKY, Genesi e struttura del "Capitale" di Marx, Bari, Laterza, 1975, vol. I, pp.6-7. Un giudizio sostanzialmente identico esprime anche G. Lukacs, il quale scrive che tutto il complesso di categorie logiche decisive dell'opera di Marx deriva "direttamente dalla logica hegeliana": cfr. G.LUKACS, Storia e coscienza di classe, Milano, Mondadori, 1973, p. LXVII.

3) "Del resto, faccio dei bei passi avanti; per esempio, tutta la teoria del profitto, com'era finora, l'ho buttata all'aria. Nel metodo di lavoro, mi ha reso un grande servizio il fatto che i by mere accident (per puro caso) mi ero risfogliato la "Logica" di Hegel". Lettera di Marx ad Engels, datata 14 gennaio 1858: cfr. MARX-ENGELS, Carteggio, Roma, Editori Riuniti, 1972, vol .III, pp.154-155. Cfr. anche il "Poscritto" di Marx alla 2a edizione del suo Capitale, dove egli afferma esplicitamente di aver usato il metodo dialettico: cfr., a questo proposito, P. VRANICKI, Storia del marxismo, vol. I, Roma, Editori Riuniti, 1973, p.173.