Rivista Anarchica Online
Con la coda tra le gambe
di L. L.
La fotografia, apparsa su molti quotidiani, dell'ambasciatore americano
in Cambogia John Gunther Dean che
scappa da Phnom Penh con la bandiera americana sotto il braccio, è forse una delle immagini
più eloquenti della
disfatta americana in Indocina. Raccattate le loro cose, dopo anni di stragi, di bombardamenti, di torture,
gli
americani se ne vanno e i burocrati di Washington si preparano a chiudere la "pratica Indocina" nella
colonna
delle perdite. Gli americani hanno dovuto piegare la testa e andarsene nonostante le loro
immense possibilità
belliche e nonostante i loro dollari. Nelle intenzioni del pentagono e della C.I.A., la Cambogia non
doveva più servire da rifugio per i vietcong, poiché
i famosi "santuari" in territorio cambogiano erano una spina nel fianco dell'esercito U.S.A.. Così
nel 1970 un
colpo di Stato depose il principe Sihanuk ed il potere veniva assunto da un fedele servitore della C.I.A.,
il
generale Lon Nol. Dopo anni di strapotere in Indocina il governo americano prova oggi l'amaro
sapore della sconfitta e questo non
può ovviamente che farci piacere. La sconfitta nel Vietnam deve essere per loro ancora
più bruciante di quella
in Cambogia poiché nel conflitto vietnamita gli americani avevano giovato anche molta della loro
credibilità e
il loro goffo tentativo di "vietnamizzare" la guerra si è risolto con un fiasco completo. Infatti il
regime di Van
Thieu, senza l'esercito americano e nonostante i rifornimenti di una quantità enorme di armi e
la collaborazione
dei servizi segreti U.S.A., si è dimostrato inconsistente tanto quanto il suo esercito mercenario,
che si sta
sfaldando sotto i colpi dei guerriglieri comunisti. La vittoria dei comunisti nel Vietnam del Sud, non
comporterà, prevedibilmente, una immediata riunificazione
con il Nord; la prima tappa sarà, con tutta probabilità, la costituzione di un governo di
coalizione fra alcune
frange dell'attuale cricca al potere ed i rappresentanti del Governo Rivoluzionario Provvisorio. Solo
l'ostinazione
di Van Thieu nel non voler mollare il suo scranno rende più difficile questa operazione, peraltro
inevitabile.
Quello che stupisce è che il pretendente alla successione sia il generale Cao Ky, un nazista,
l'elemento più a
destra di un governo reazionario.. Come sarà possibile l'intesa tra quest'ultimo e i rappresentanti
dei vietcong è
per noi un mistero, ma le capacità di mediazione dei politici sono infinite e certamente sapranno
risolvere anche
questo problema apparentemente insolubile. La riunificazione tra Nord e Sud è ormai solo
questione di tempo e le pressioni esterne contribuiranno in forte
misura a determinare le modalità e i tempi di attuazione. Per il Vietnam del Sud si apre un
periodo nuovo, ma
francamente non crediamo si possano verificare condizioni favorevoli alla rivoluzione sociale, come
invece molti
amano credere. La propaganda di sinistra, ufficiale e soprattutto extra-parlamentare, sta infatti mitizzando
quanto
avviene nel Sud-Est asiatico. Vediamo quali sono le forze in campo. Da un lato abbiamo il regime
corrotto e
fascista di Saigon, privo di un qualsiasi seguito nel Paese e che si sostiene unicamente grazie all'appoggio
di
Washington. Dall'altro vi sono i vietcong e i Nord-vietnamiti. I primi non sono (o lo sono forse alcune
frange
minoritarie) dei rivoluzionari; essi possono, in una certa misura, essere paragonati ai partigiani italiani:
un
coacervo di forze sociali e politiche diverse fra loro, dai comunisti ai moderati, dai cattolici ai buddisti,
dai
rivoluzionari ai dissidenti del regime scopertamente fascista di Thieu. Un fronte popolare unito da un
obiettivo
comune: la lotta contro gli americani e i loro collaborazionisti. Un movimento antifascista di liberazione,
ma non
per questo rivoluzionario. E nemmeno i dirigenti Nord-vietnamiti possono essere definiti rivoluzionari;
essi sono
i rappresentanti di uno Stato in guerra contro il neocolonialismo americano per ottenere l'indipendenza
nazionale.
Inoltre non dobbiamo dimenticare che questi dirigenti hanno annullato nel sangue tutte le opposizioni
di sinistra
nel Nord-Vietnam e si preparano a comportarsi nello stesso modo nel Sud-Vietnam "liberato". Forse
la nostra posizione potrà sembrare strana a qualche lettore: tutti questi anni di guerra contro gli
invasori
americani hanno distorto l'obiettività di giudizio; come era logico, sentimentalmente le simpatie
e il sostegno sono
andate (giustamente) a chi si opponeva, armi alla mano, ad una palese e brutale ingiustizia; ma bisogna
precisare
che esercito di liberazione non è sinonimo di movimento rivoluzionario. Lo riscontriamo nella
storia e nei fatti
attuali: tutti i movimenti di liberazione e di indipendenza nazionale hanno dimostrato di essere il nucleo
di una
nuova classe dirigente che vuole abbattere il colonialismo per instaurare il proprio potere. I dirigenti
vietcong non
fanno eccezione a questa regola. Molti, fra qualche tempo, resteranno delusi per gli sviluppi politici
che si avranno in Vietnam q penseranno che
la rivoluzione ancora una volta è stata tradita. Purtroppo non ci sarà stato alcun
tradimento ma si tratterà del
logico sviluppo di un processo di cui già oggi sono identificabili i tratti dominanti. La guerra di
liberazione, se
da un lato ha mostrato al popolo la sua forza e le sue capacità, dall'altro ha ritardato
inevitabilmente la sua presa
di coscienza dei suoi reali interessi. La lotta contro il "grande nemico esterno" ha impedito ai contadini
ed operai
di individuare i loro nemici vietnamiti, i nemici della loro classe sociale, cioè i dirigenti che si
sostituiranno a
quelli attuali. Sono parole che suonano male nel clima di euforia generata dalle vittorie dei Khmer
rossi e dei vietcong, ma è
una verità che non ci dobbiamo nascondere. Rimane la potenzialità rivoluzionaria di un
popolo che ha
combattuto per cacciare i neocolonialisti americani, come diversi anni fa ha cacciato i colonialisti francesi.
Quando questo popolo si accorgerà che i suoi generosi sforzi sono serviti solo per sostituire ad
un padrone bianco
un padrone con il suo stesso colore di pelle, forse riprenderà la lotta.
L. L.
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