Rivista Anarchica Online
No all'antifascismo legalitario
di A. B.
Campagna MSI-Fuorilegge. Dietro la tanto strombazzata "legalità antifascista" non vi
è altro che la solita legalità statale, cioè dei padroni -
La campagna per la messa fuori-legge dei missini è errata e controproducente, perché
ridà credibilità al
Parlamento ed indebolisce l'antifascismo militante - La chiara posizione degli anarchici contro ogni patto
interclassista.
L'ultimo crimine fascista in ordine di tempo (l'uccisione a Milano di un
giovanissimo militante del movimento
studentesco) darà certo un impulso ulteriore alla campagna per l'"MSI -
fuorilegge". Così come, altrettanto
certamente, darà fiato ai tromboni dell'antifascismo di regime. Di questo "antifascismo" da
compromesso storico,
s'è già occupata la rivista, anche nello scorso numero, con l'editoriale "Trent'anni dopo".
Riteniamo ora utile
occuparci un poco dell'antifascismo extra-parlamentare e di quella che il quotidiano di Avanguardia
Operaia ha
definito "la più importante campagna politica della sinistra rivoluzionaria". Si tratta,
com'è noto, di una raccolta di firme per presentare al Parlamento una proposta di legge
"d'iniziativa
popolare" sullo scioglimento dell'M.S.I.-D.N.. L'iniziativa, a dire il vero, più che dal popolo
è stata promossa da
un gruppo di magistrati "democratici". Già questo è significativo (dovrebbe esserlo non
solo per gli anarchici, ma
anche per gli altri movimenti che sono o che quantomeno si ritengono rivoluzionari). A questa iniziativa
hanno
dato e danno un ampio e partecipato ("militante") appoggio i tre principali movimenti della sinistra
extra-parlamentare (fino a quando ancora extra?) e quasi tutti i gruppi minori. Sembra che l'idea raccolga
le simpatie
di frange "di sinistra" del PCI e del PSI, soprattutto a livello di quadri "periferici" e militanti di
base. Tra il movimenti della sinistra extra-istituzionale, solo gli anarchici ed i radicali si sono
dichiarati esplicitamente
contrari all'iniziativa. I radicali l'hanno fatto con una coraggiosa e coerente presa di posizione sul loro
organo
"Notizie Radicali". Gli anarchici hanno già espresso nettamente la loro opinione, con sfumature
diverse, sul
settimanale "Umanità Nova" e sul quindicinale "L'Internazionale".
Ci accingiamo a farlo anche noi, brevemente,
dacché la questione è relativamente semplice da un punto di vista
anarchico. Innanzitutto, il solo fatto di voler mettere qualcuno (chiunque) "fuori-legge" è
per noi inaccettabile, perché
significa identificare come ambito positivo la "legge" (cioè lo Stato e la sua classe dominante)
da cui emarginare
i cattivi (i fascisti, in questo caso). Viceversa la "legge" è chiaramente proprio l'opposto, per noi
anarchici e per
qualunque sincero e coerente rivoluzionario. Essa è quella "legalità del sistema", quelle
ingiustizie e violenze
istituzionali contro cui si levano gli anarchici, con soggettiva consapevolezza, e gli sfruttati tutti,
oggettivamente
e con coscienza maggiore o minore da luogo a luogo e da situazione a situazione. Tant'è vero
che gli anarchici,
i rivoluzionari, le lotte più avanzate e radicali si pongono e sono posti fuori-legge. A rigore di
codice, ci si può
obbiettare, anche i neofascisti (ancor più, forse, dei "fuori-legge" della rivoluzione) infrangono
la legge,
commettono azioni (violenze, assassinii, attentati, congiure golpiste, ecc.) che sono crimini non solo per
la
coscienza popolare ma anche per il diritto borghese. È vero, come è vero che padroni,
poliziotti, magistrati,
burocrati continuamente infrangono le leggi. Non per questo essi escono dalla legalità,
perché essi sono la
legalità. Non è un'esercitazione linguistica quella che stiamo facendo. È
sbagliato lo slogan (da un punto di vista
rivoluzionario) non perché filologicamente discutibile, ma per quanto di sostanzialmente
diseducativo comporta
la sua accettazione e diffusione, prima tra i militanti ed i simpatizzanti, poi per gli sfruttati, per quel tanto
o poco
che vi arriva. Perché esso psicologicamente implica, come si diceva, l'accettazione di una
"legalità antifascista a
cui ci si appella, e perché di fatto esso implica il trasferimento della lotta nell'ambito parlamentare
e giuridico,
cioè nell'ambito istituzionale. Esso implica, di fatto, la negazione della azione diretta. Lottare per
l'"MSI fuori-legge" significa, infine, dare ai neo-fascisti un'immeritata patente d'anti-sistema. Che i
promotori lo vogliano o no
(probabilmente no), questa iniziativa si inserisce nella logica dell'antifascismo di regime. Come? Non
certo perché la proposta di legge abbia molte possibilità di essere approvata. In un regime
formalmente democratico è estremamente improbabile che si possa mettere fuori-legge un partito
che raccoglie
quasi tre milioni di suffragi elettorali. Ma proprio per la sua improbabilità, la proposta di legge
si riduce ad una
campagna propagandistica anti-missina, cioè ad un coro autonomo ma non dissonante con il
concerto dei
tromboni antifascisti di regime. L'anti-missismo, l'abbiamo già detto altre volte, è una
tematica deviante che rischia
di uccidere quei germogli di lotte e di coscienza popolare anti-capitalistica, anti-statale, anti-burocratica
che si
sono sviluppati negli ultimi anni. La principale funzione attuale del neo-fascismo nel sistema è
una funzione para-poliziesca di intimidazione e di provocazione. Sopravvalutare il "pericolo fascista" e
dare carattere di priorità alla
lotta allo MSI significa fare il gioco del governo o al più, del compromesso storico (un
compromesso siglato
all'insegna dell'"antifascismo"). La risposta data ai fascisti all'indomani dell'assassinio del giovane Varalli
(ieri,
rispetto al momento in cui vengono scritte queste righe) è un esempio di valida azione
antifascista. Non nel senso
che la violenza antifascista sia da generalizzarsi, in opposizione all'antifascismo imbelle e
legalitario, ma nel
senso che quello che ai fascisti deve essere dato, ogni tanto, è qualche solenne chiara energica
lezione, soprattutto
in immediata risposta ai loro crimini ed alle loro violenze più odiose a danno di compagni,
perché questo è il
modo corretto (per dei rivoluzionari) di fare dell'antifascismo senza perdere in esso le proprie energie
migliori e
la propria coerenza. Chieder leggi repressive "antifasciste" significa tutto sommato inserirsi nel filone
della "difesa
dell'ordine pubblico" delle "trame eversive", significa, che lo si voglia o no, spingere nella stessa direzione
di chi
sta apprestando il "confino" politico (che sarà all'inizio "antifascista", ma utilizzabile, se
necessario, contro la
sinistra rivoluzionaria). Ma torniamo alla proposta di legge. Per completarne l'esame, immaginiamo
le conseguenze di una sua
improbabilissima approvazione. Si prospettano due possibilità. Potrebbe riformarsi un partito di
destra meno
scopertamente fascista (come quello sognato da Birindelli) che raccoglierebbe i finanziamenti del MSI
ed i suoi
voti (e magari anche di più, dandosi una patina di perbenistica moderazione). Oppure i voti
missini si
travaserebbero su altri partiti, probabilmente sulla DC, condizionandola ancor più pesantemente
a destra di
quanto non la condizioni il ricatto della concorrenza MSI, e sul PSDI, trasformandolo definitivamente
in un
partito reazionario (ma formalmente di "centro-sinistra"). Quei voti di destra, cioè, che oggi
hanno un'influenza
solo indiretta e secondaria sulla politica italiana, "congelati" come sono nel MSI-DN, diventerebbero
strumento
diretto di condizionamento delle scelte governative. Con il risultato che presumibilmente l'asse della
politica
italiana si sposterebbe a destra. Per questo "buon" motivo, il PCI si guarderebbe bene dall'approvare una
legge
del genere. Tutto questo, come anarchici ci interessa fino ad un certo punto, ma abbiamo voluto
analizzare questo aspetto
della proposta di legge per mostrare come essa sia sbagliata non solo da un punto di vista rivoluzionario
ma anche
da un punto di vista progressista-riformista. Perché allora gli extra-parlamentari si sono
buttati con tanto impegno in questa campagna? Non li sottovalutiamo
al punto di ritenere che essi non abbiano fatto le nostre stesse considerazioni. La spiegazione del loro
comportamento è probabilmente duplice. Da un lato questa campagna per l'MSI-fuori-legge si
inserisce nel
quadro più vasto della sopravvalutazione propagandistica del "pericolo fascista", nella "scoperta"
della larga presa
emozionale che l'antifascismo ha ancora (giustamente e per fortuna) nella massa degli sfruttati e quindi
nella
facilità di acquisire simpatie proletarie facendo i campioni dell'antifascismo. Dall'altro lato questa
campagna è un
chiaro esempio di quella involuzione (o logica evoluzione?) che ha portato i tre principali movimenti
extra-parlamentari ad abbandonare, di fatto se non a parole, una posizione di alternativa
rivoluzionaria al PCI ed a
sviluppare una funzione di minoranza "di sinistra" esterna ad esso (ed interna ai sindacati), una funzione
di
fiancheggiamento-disturbo-stimolo. "Fare politica" attraverso il PCI. Nel caso specifico lo scopo
abbastanza
trasparente della campagna MSI-fuorilegge è la speranza di mettere in difficoltà il PCI
di fronte ad una parte della
sua base ("mettendone alla prova l'antifascismo") e di spingerlo per questa via a scontrarsi con la DC.
Perché il
grosso impegno di questi "rivoluzionari" sembra quello di "costringere" il PCI a rinunciare al
compromesso storico
e apprendere il potere con qualche formula di fronte popolare.
A. B.
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