Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 5 nr. 38
aprile 1975


Rivista Anarchica Online

No all'antifascismo legalitario
di A. B.

Campagna MSI-Fuorilegge.
Dietro la tanto strombazzata "legalità antifascista" non vi è altro che la solita legalità statale, cioè dei padroni - La campagna per la messa fuori-legge dei missini è errata e controproducente, perché ridà credibilità al Parlamento ed indebolisce l'antifascismo militante - La chiara posizione degli anarchici contro ogni patto interclassista.

L'ultimo crimine fascista in ordine di tempo (l'uccisione a Milano di un giovanissimo militante del movimento studentesco) darà certo un impulso ulteriore alla campagna per l'"MSI - fuorilegge". Così come, altrettanto certamente, darà fiato ai tromboni dell'antifascismo di regime. Di questo "antifascismo" da compromesso storico, s'è già occupata la rivista, anche nello scorso numero, con l'editoriale "Trent'anni dopo". Riteniamo ora utile occuparci un poco dell'antifascismo extra-parlamentare e di quella che il quotidiano di Avanguardia Operaia ha definito "la più importante campagna politica della sinistra rivoluzionaria".
Si tratta, com'è noto, di una raccolta di firme per presentare al Parlamento una proposta di legge "d'iniziativa popolare" sullo scioglimento dell'M.S.I.-D.N.. L'iniziativa, a dire il vero, più che dal popolo è stata promossa da un gruppo di magistrati "democratici". Già questo è significativo (dovrebbe esserlo non solo per gli anarchici, ma anche per gli altri movimenti che sono o che quantomeno si ritengono rivoluzionari). A questa iniziativa hanno dato e danno un ampio e partecipato ("militante") appoggio i tre principali movimenti della sinistra extra-parlamentare (fino a quando ancora extra?) e quasi tutti i gruppi minori. Sembra che l'idea raccolga le simpatie di frange "di sinistra" del PCI e del PSI, soprattutto a livello di quadri "periferici" e militanti di base.
Tra il movimenti della sinistra extra-istituzionale, solo gli anarchici ed i radicali si sono dichiarati esplicitamente contrari all'iniziativa. I radicali l'hanno fatto con una coraggiosa e coerente presa di posizione sul loro organo "Notizie Radicali". Gli anarchici hanno già espresso nettamente la loro opinione, con sfumature diverse, sul settimanale "Umanità Nova" e sul quindicinale "L'Internazionale". Ci accingiamo a farlo anche noi, brevemente, dacché la questione è relativamente semplice da un punto di vista anarchico.
Innanzitutto, il solo fatto di voler mettere qualcuno (chiunque) "fuori-legge" è per noi inaccettabile, perché significa identificare come ambito positivo la "legge" (cioè lo Stato e la sua classe dominante) da cui emarginare i cattivi (i fascisti, in questo caso). Viceversa la "legge" è chiaramente proprio l'opposto, per noi anarchici e per qualunque sincero e coerente rivoluzionario. Essa è quella "legalità del sistema", quelle ingiustizie e violenze istituzionali contro cui si levano gli anarchici, con soggettiva consapevolezza, e gli sfruttati tutti, oggettivamente e con coscienza maggiore o minore da luogo a luogo e da situazione a situazione. Tant'è vero che gli anarchici, i rivoluzionari, le lotte più avanzate e radicali si pongono e sono posti fuori-legge. A rigore di codice, ci si può obbiettare, anche i neofascisti (ancor più, forse, dei "fuori-legge" della rivoluzione) infrangono la legge, commettono azioni (violenze, assassinii, attentati, congiure golpiste, ecc.) che sono crimini non solo per la coscienza popolare ma anche per il diritto borghese. È vero, come è vero che padroni, poliziotti, magistrati, burocrati continuamente infrangono le leggi. Non per questo essi escono dalla legalità, perché essi sono la legalità.
Non è un'esercitazione linguistica quella che stiamo facendo. È sbagliato lo slogan (da un punto di vista rivoluzionario) non perché filologicamente discutibile, ma per quanto di sostanzialmente diseducativo comporta la sua accettazione e diffusione, prima tra i militanti ed i simpatizzanti, poi per gli sfruttati, per quel tanto o poco che vi arriva. Perché esso psicologicamente implica, come si diceva, l'accettazione di una "legalità antifascista a cui ci si appella, e perché di fatto esso implica il trasferimento della lotta nell'ambito parlamentare e giuridico, cioè nell'ambito istituzionale. Esso implica, di fatto, la negazione della azione diretta. Lottare per l'"MSI fuori-legge" significa, infine, dare ai neo-fascisti un'immeritata patente d'anti-sistema. Che i promotori lo vogliano o no (probabilmente no), questa iniziativa si inserisce nella logica dell'antifascismo di regime.
Come? Non certo perché la proposta di legge abbia molte possibilità di essere approvata. In un regime formalmente democratico è estremamente improbabile che si possa mettere fuori-legge un partito che raccoglie quasi tre milioni di suffragi elettorali. Ma proprio per la sua improbabilità, la proposta di legge si riduce ad una campagna propagandistica anti-missina, cioè ad un coro autonomo ma non dissonante con il concerto dei tromboni antifascisti di regime. L'anti-missismo, l'abbiamo già detto altre volte, è una tematica deviante che rischia di uccidere quei germogli di lotte e di coscienza popolare anti-capitalistica, anti-statale, anti-burocratica che si sono sviluppati negli ultimi anni. La principale funzione attuale del neo-fascismo nel sistema è una funzione para-poliziesca di intimidazione e di provocazione. Sopravvalutare il "pericolo fascista" e dare carattere di priorità alla lotta allo MSI significa fare il gioco del governo o al più, del compromesso storico (un compromesso siglato all'insegna dell'"antifascismo"). La risposta data ai fascisti all'indomani dell'assassinio del giovane Varalli (ieri, rispetto al momento in cui vengono scritte queste righe) è un esempio di valida azione antifascista. Non nel senso che la violenza antifascista sia da generalizzarsi, in opposizione all'antifascismo imbelle e legalitario, ma nel senso che quello che ai fascisti deve essere dato, ogni tanto, è qualche solenne chiara energica lezione, soprattutto in immediata risposta ai loro crimini ed alle loro violenze più odiose a danno di compagni, perché questo è il modo corretto (per dei rivoluzionari) di fare dell'antifascismo senza perdere in esso le proprie energie migliori e la propria coerenza. Chieder leggi repressive "antifasciste" significa tutto sommato inserirsi nel filone della "difesa dell'ordine pubblico" delle "trame eversive", significa, che lo si voglia o no, spingere nella stessa direzione di chi sta apprestando il "confino" politico (che sarà all'inizio "antifascista", ma utilizzabile, se necessario, contro la sinistra rivoluzionaria).
Ma torniamo alla proposta di legge. Per completarne l'esame, immaginiamo le conseguenze di una sua improbabilissima approvazione. Si prospettano due possibilità. Potrebbe riformarsi un partito di destra meno scopertamente fascista (come quello sognato da Birindelli) che raccoglierebbe i finanziamenti del MSI ed i suoi voti (e magari anche di più, dandosi una patina di perbenistica moderazione). Oppure i voti missini si travaserebbero su altri partiti, probabilmente sulla DC, condizionandola ancor più pesantemente a destra di quanto non la condizioni il ricatto della concorrenza MSI, e sul PSDI, trasformandolo definitivamente in un partito reazionario (ma formalmente di "centro-sinistra"). Quei voti di destra, cioè, che oggi hanno un'influenza solo indiretta e secondaria sulla politica italiana, "congelati" come sono nel MSI-DN, diventerebbero strumento diretto di condizionamento delle scelte governative. Con il risultato che presumibilmente l'asse della politica italiana si sposterebbe a destra. Per questo "buon" motivo, il PCI si guarderebbe bene dall'approvare una legge del genere.
Tutto questo, come anarchici ci interessa fino ad un certo punto, ma abbiamo voluto analizzare questo aspetto della proposta di legge per mostrare come essa sia sbagliata non solo da un punto di vista rivoluzionario ma anche da un punto di vista progressista-riformista.
Perché allora gli extra-parlamentari si sono buttati con tanto impegno in questa campagna? Non li sottovalutiamo al punto di ritenere che essi non abbiano fatto le nostre stesse considerazioni. La spiegazione del loro comportamento è probabilmente duplice. Da un lato questa campagna per l'MSI-fuori-legge si inserisce nel quadro più vasto della sopravvalutazione propagandistica del "pericolo fascista", nella "scoperta" della larga presa emozionale che l'antifascismo ha ancora (giustamente e per fortuna) nella massa degli sfruttati e quindi nella facilità di acquisire simpatie proletarie facendo i campioni dell'antifascismo. Dall'altro lato questa campagna è un chiaro esempio di quella involuzione (o logica evoluzione?) che ha portato i tre principali movimenti extra-parlamentari ad abbandonare, di fatto se non a parole, una posizione di alternativa rivoluzionaria al PCI ed a sviluppare una funzione di minoranza "di sinistra" esterna ad esso (ed interna ai sindacati), una funzione di fiancheggiamento-disturbo-stimolo. "Fare politica" attraverso il PCI. Nel caso specifico lo scopo abbastanza trasparente della campagna MSI-fuorilegge è la speranza di mettere in difficoltà il PCI di fronte ad una parte della sua base ("mettendone alla prova l'antifascismo") e di spingerlo per questa via a scontrarsi con la DC. Perché il grosso impegno di questi "rivoluzionari" sembra quello di "costringere" il PCI a rinunciare al compromesso storico e apprendere il potere con qualche formula di fronte popolare.

A. B.