Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 4 nr. 32
ottobre 1974


Rivista Anarchica Online

Decreti delegati e scolarizzazione di massa
di R. Brosio

A quanto si dice, gli studenti italiani, inferiori e superiori, a ottobre si troveranno a che fare con una scuola profondamente diversa da quella degli anni scorsi. Sono entrati in vigore infatti, dopo un po' di suspense dovuta alle liti tra ministero e Corte dei Conti, i famosi "decreti delegati", cioè quei decreti legislativi che il Parlamento, a suo tempo, aveva incaricato il Governo di emanare in materia di pubblica istruzione (legge 30.7.1973). Essi, accanto alle norme sullo stato giuridico degli insegnanti e del personale non docente, nel cui merito non è il caso di entrare in questa sede, contengono diverse importanti innovazioni che riguardano gli organismi preposti al funzionamento delle strutture scolastiche, i cosiddetti Organi Collegiali. Tali innovazioni, così come sono delineate nel testo approvato, rivestono notevole interesse, in quanto sembrano destinate, se applicate e sviluppate, non solo a modificare l'aspetto esteriore della scuola, ma anche a sancire una sua diversa funzione nell'ambito della società. Inoltre, anche nel caso che gli effetti di cui saranno capaci nel futuro siano diversi dagli scopi che si prefiggono (il che è sempre possibile, almeno in linea di principio), prendere in esame può servire oggi per comprendere le intenzioni con cui la nostra classe politica sta affrontando il problema del rinnovamento della scuola.
Secondo il decreto sugli Organi Collegiali, in ogni scuola dei vari ordini e gradi, ad eccezione delle Università, (quindi in ogni scuola materna, elementare, media inferiore o superiore) vengono istituiti Consigli di Classe, un Consiglio di Istituto, una Giunta Esecutiva ed un Consiglio di Disciplina, in sostituzione delle vecchie strutture decisionali e con una diversa ripartizione delle attribuzioni e delle competenze. La vera novità, però, consiste soprattutto nella loro composizione: in ciascuno di essi vengono accettati i rappresentanti degli studenti, con funzione non semplicemente consultiva, ma deliberatamente in un buon numero di casi. Per ovvi motivi la cosa riguarda soltanto la scuola media superiore, anche perché il Decreto fissa in 16 anni l'età minima ammissibile per l'accesso agli Organi Collegiali. Ma se pensiamo al numero, sempre crescente di alunni che, terminata la terza media, proseguono gli studi almeno fino ad uno dei vari diplomi conseguibili, appare chiaro che la portata del provvedimento non è da sottovalutare. Per moltissimi giovani, le medie inferiori hanno ormai perduto il carattere di "ultimo stadio dell'istruzione" che avevano in passato e stanno diventando, sempre più, funzionalmente collegate alle superiori, che ne costituiscono un po' il logico completamento. E' quello che i sociologi concordano nel definire "scolarizzazione di massa", cioè il prolungamento della vita scolastica dei giovani di ogni condizione sociale fino a livelli tali da far scomparire le soluzioni di continuità fra i vari gradi di istruzione. Nella fattispecie, questo fenomeno fa si che i provvedimenti che riguardano le medie superiori non possano essere considerati come qualcosa a sè stante, ma diventino emblematici di tutta la nuova problematica della scuola.
Quale significato ha, dunque, l'ammissione delle rappresentanze studentesche negli Organi Collegiali, visto che un numero sempre crescente di alunni è destinato a subirne gli effetti in futuro? Per rispondere, è necessario capire come sono congegnati questi organismi e quali sono le loro funzioni.
Diciamo subito che sembrano concepiti prendendo a modello la piramide delle democrazie burocratiche della peggior specie.
I Consigli di Classe sono istituzioni periferiche, con attribuzioni vaghe e comunque abbastanza limitate, sopra cui sta il Consiglio di Istituto, a partecipazione assai più ristretta, e, per contro, con una sfera di competenze più ampia e definita con cura. Al di sopra del Consiglio di Istituto, poi, si trovano la Giunta Esecutiva ed il Consiglio di Disciplina, ancora più ristretti e pressochè paritetici come livello, separati solo per le funzioni che svolgono: tecniche la prima, disciplinari, appunto, il secondo. (Da notare che, seguendo la tradizione della miglior demagogia democratica, viene definito "esecutivo" uno degli organismi al vertice della piramide).
I membri delle varie istituzioni sono effettivi, ma in numero fisso, come fissi sono i rapporti di proporzionalità tra le varie categorie rappresentate (gli studenti sono sempre in minoranza). Sono quindi organi amministrativi, non politici. In essi non si celebra alcuna dialettica fra le forze interessate, ma una "collaborazione" tra esse, sulla base di rapporti di potere ben definiti e a norma di regolamento.
Contro le decisioni prese da ogni organismo è ammesso il "ricorso agli organi competenti" (Provveditorato, Ministero, ecc.) ma non esiste, nella singola scuola, un meccanismo per l'approvazione o il rifiuto, in via preventiva, di questo o quel provvedimento. E' il trionfo della delega burocratica di potere, cioè della gerarchia.
Che senso ha coinvolgere gli studenti in questa struttura, se non quello di abituarli fin da giovani ad accettare il tipo di società che li aspetta fuori dalla scuola? Alle esigenze di democrazia diretta, di gestione assembleare, di controllo e responsabilizzazione studentesca, nate dalla contestazione, si risponde invitando gli allievi a scegliersi dei capi, additando la "scalata al potere" come unico mezzo per far sentire la propria voce, sollecitando l'ambizione di quanti vorranno incominciare fin nella scuola quella "carriera politica" che ben altre soddisfazioni potrà dare da adulti.
Ci sia concessa una breve deviazione dal tema centrale che stiamo trattando. Una delle caratteristiche più positive (in mezzo a tante negative) della contestazione giovanile fu la scoperta che si poteva "far politica" dal basso, senza compromessi e porcherie, senza arrivismi, rimanendo puliti. I figli mettevano sotto accusa i padri, per questo, denunciandone la fame di soldi e di potere, il cinismo e la rassegnazione. Ora la scuola, nel rispetto della sua alta funzione di educatrice, sta ricomponendo il dissidio, insegnando ai ragazzi a giocare con la stessa merda che ha insozzato i loro genitori.
L'importanza condizionatrice dei nuovi Organi Collegiali nei confronti dei giovani e la loro capacità di influenzare notevolmente la vita scolastica, non deve essere sottovalutata. Anche se il numero degli studenti in ogni Organo è forzatamente limitato, non bisogna dimenticare che l'accesso ad essi dovrà avvenire tramite le elezioni. Il decreto stabilisce (Cap. V, Art.19-29) norme molto minuziose sul loro svolgimento, sulla composizione e presentazione delle liste, sugli scrutini, sui seggi, dando la sensazione di attribuire grande valore all'espletamento di queste formalità. D'altra parte, dall'esame degli articoli in questione, si può facilmente verificare che il tempo necessario al compimento di tutte queste operazioni sarà tale da assorbire una buona fetta dell'attenzione degli alunni, sì da trasformare la gestione degli Organi Collegiali in una delle attività più importanti della scuola. A questo punto, crediamo, il carattere di "esercitazione" in piccolo di quello che aspetta gli studenti una volta divenuta adulti, non può essere negato. Né può essere negata la volontà di dare alle strutture scolastiche una funzione di manipolazione psicologica, atta a provocare l'assuefazione e il consenso ai rituali ed ai principi con cui il sistema perpetua la sua esistenza.
Se queste, come si diceva all'inizio, sono le "intenzioni" dei legislatori, può riuscire difficile a qualcuno comprenderne i motivi, specialmente a chi continua a considerare la scuola secondo gli schemi di trent'anni fa. Il fatto è che la scuola italiana (parallelamente a quelle degli altri Paesi industriali) si è modificata parecchio, dal dopoguerra ad oggi, non solo nell'aspetto esteriore, ma anche nella funzione che le è stata attribuita dalla società, cioè dallo stato. La scuola "vecchio stile" aveva due caratteristiche fondamentali: era selettiva e nozionistica. La selettività era un mezzo per perpetuare la stratificazione sociale: ogni livello di istruzione corrispondeva (grosso modo) ad un livello di privilegio (o di sfruttamento) a cui dovevano "sistemarsi" gli studenti uscenti, e questi dovevano diminuire (per mantenere l'equilibrio del sistema) man mano che raggiungevano livelli superiori. La scuola media superiore, in particolare, era la "fabbrica" dei quadri dirigenti, intermedi quelli che si fermavano ad essa, superiori quelli che proseguivano fino all'Università. Il nozionismo costituiva un complemento logico a questa situazione: la scuola (sempre almeno nelle intenzioni) doveva preparare a svolgere un certo lavoro, una certa mansione, subordinata o direttiva che fosse, e quindi forniva agli alunni di ciascun livello quella certa quantità di nozioni adatta allo scopo prefisso. E' evidente l'importanza delle "nozioni", specialmente per gli studenti destinati a lavori intellettuali.
Questo tipo di scuola è oggi praticamente scomparso. La causa prima di ciò, verosimilmente, è da ricercarsi nella "corsa all'istruzione" iniziata dalle classi lavoratrici fin dagli anni cinquanta. Sotto la spinta del maggior benessere oltre che dalla naturale tendenza all'emancipazione, i lavoratori hanno preso, sempre più frequentemente, a far proseguire gli studi ai propri figli, oltre i traguardi classisti delle elementari e delle medie. Il fenomeno, anche se veniva salutato con ipocrita entusiasmo dai responsabili dell'educazione pubblica era pericoloso per la stabilità del sistema venendo ad incrinare, per evidenti ragioni, il carattere di selettività delle strutture scolastiche. Né d'altro canto, la democrazia italiana poteva fare la figura di impedire, platealmente, l'accesso alla scuola ai figli degli operai e dei contadini. La soluzione fu trovata nella progressiva abolizione di ogni carattere nozionistico degli insegnamenti impartiti.
erto non fu una soluzione "ragionata", un disegno a lunga scadenza coscientemente realizzato dai vari ministri interessati. Fu piuttosto il risultato di una serie di adeguamenti parziali, di provvedimenti singoli, di cedimenti involontari e successive correzioni, attuate non senza resistenza e in modo spesso disorganico. Fu comunque il modo con cui il sistema, nei fatti, rispose all'ansia di evoluzione sociale delle classi inferiori. Togliendo all'istruzione ogni caratteristica tecnica, applicativa, ogni collegamento con mansioni concrete da svolgere, si è tolta ogni pericolosità alla sua estensione, senza fare la figura dei biechi oscurantisti. La riforma della media inferiore è dell'inizio degli anni sessanta: essa abolisce i vari tipi di scuole di avviamento, abolisce l'esame di ammissione, riforma i programmi massimizzandone l'aspetto formativo-educativo e superficialmente culturale. E' l'inizio vero e proprio della scolarizzazione di massa. Da allora in poi, i provvedimenti volti a togliere ogni carattere di selettività alle scuole superiori si susseguono rapidamente, perché una volta stabilito che gli allievi non impareranno nulla (o quasi) le discriminazioni non hanno più ragion d'essere. Negli anni sessanta la "corsa all'istruzione" diventa frenetica, e altrettanto frenetico diventa il decadimento dei livelli di conoscenza nei licei e negli istituti. Nel '69 l'esame di abilitazione degli istituti tecnici viene riformato in esame di "maturità" perdendo praticamente (nonostante le assicurazioni in senso contrario del ministero della Pubblica Istruzione) ogni valore legale ai fini dell'attività professionale. Contemporaneamente, una serie di circolari e provvedimenti di vario genere toglie ai programmi ogni carattere veramente informativo, con l'introduzione di principi come la sperimentazione didattica, la libertà di scelta tra i vari argomenti, ecc., trasformando le materie di studio in mere esercitazioni accademiche, senza rapporto con l'attività concreta.
All'inizio degli anni settanta la linea di tendenza secondo cui si sviluppa l'Istituto scolastico in Italia è ormai definita. La scuola media superiore ha perso ogni connotazione classista, o la sta perdendo rapidamente. Al suo interno si ritrova oggi la riproduzione, sempre più fedele col passare del tempo, della composizione sociale dell'ambiente circostante, così come succede per la media inferiore e per le elementari. La differenziazione tra i vari tipi di diploma sbiadisce nel generale scadimento del loro valore ai fini dell'impiego: il possesso del titolo di studio non garantisce più, come tale, l'accesso ad incarichi direttivi, i quali continuano ad essere riservati a pochi eletti ma seguendo altri meccanismi di selezione. Gli studenti cessano di essere dei privilegiati, perché sono tanti: in prospettiva la totalità dei giovani. La scuola è diventata "scuola di massa".
La sua funzione specifica non consiste più nella trasmissione delle nozioni. Il sistema non può mettere a disposizione di tutti il sapere tecnico-scientifico senza pericolo per la sua stabilità. La scuola diventa un centro di "cultura". Cultura di regime, ovviamente, altrimenti detta "educazione": pseudo sapienza sociale irrilevante, male insegnata e male appresa. In altri termini l'importanza non è quello che si impara, le materie di studio non sono che una scusa. Lo scopo reale è, sempre più, la comunicazione di un modello di comportamento individuale che sia funzionale al sistema. A scuola si impara soprattutto a "diventare buoni cittadini". Lo stato moderno è troppo complesso, troppo articolato, troppo grande per poter funzionare, come un tempo, col solo aiuto della disciplina e della repressione. Ha bisogno di consenso delle masse, perché l'ordine venga mantenuto, dell'accettazione volontaria da parte di tutti delle regole stabilite. La vera funzione della scuola è ormai quella di creare i presupposti psicologici e "culturali" di questo consenso. Ed ecco, puntuali, i Decreti Delegati con l'istituzione degli Organi Collegiali.
La nuova funzione della scuola comincia ad avere la sua sanzione giuridica. Paradossalmente, la "corsa all'istruzione" delle classi inferiori, che originariamente era un pericolo per il sistema, si è trasformata in un fattore di stabilità sociale.
Un'ultima considerazione si rende necessaria perché il discorso sia completo. La radicalizzazione della tendenza "educatrice" dell'Istituto Scolastico, accanto all'effetto principale di servire al mantenimento dell'equilibrio reazionario del nostro paese, ha anche prodotto, però, effetti collaterali che si stanno rivelando negativi. Primo tra tutti, la difficoltà di formare, e istruire convenientemente, i futuri quadri dirigenti, intermedi e superiori. In altri termini la vecchia funzione della media superiore non è più assolta da nessuna istituzione organica, oggi, e questo rischia di creare, a breve termine, seri problemi di efficienza dirigenziale.
Al momento, è ancora presto per individuare con certezza la direzione che prenderà il sistema per risolverli. Da un lato sembrano assumere importanza, sotto questo aspetto, i corsi aziendali dei grossi monopoli industriali, dall'alto le ipotesi di ritorno al "numero chiuso" nelle Università paiono indicare la volontà statale di limitare l'estensione della scuola di massa alla scuola media superiore. In alcuni paesi europei (Inghilterra) il problema è già stato risolto con l'istituzione di scuole private d'élite. In altri (Germania) con l'esclusione di alcune facoltà universitarie, considerate basilari per l'esercizio del potere, dal processo di massificazione. In altri ancora con l'istituzione di livelli superiori di istruzione. Quel che è certo è che il monopolio del sapere tecnico-scientifico-organizzativo e la sua trasmissione ad un numero ristretto di privilegiati è fondamentale per la sopravvivenza dei moderni stati industriali, altrettanto quanto la manipolazione del consenso delle masse. Il che significa che assentiremo, quanto prima, al sorgere di nuove scuole, i cui studenti non avranno nulla in comune coi loro simili attuali: non proverranno dalle classi inferiori, non faticheranno a trovare lavoro all'uscita, non giocheranno con lezioni buro-democratiche. In barba alla demagogia delle circolari ministeriali, le nuove scole saranno selettive e nozionistiche. E insegneranno a comandare.

R. Brosio