Rivista Anarchica Online
LETTURE
a cura della Redazione
BEFREIUNG DER GESELLASCHAFT VOM STAAT,
di E. Mühsam, Karin Kramer Verlag, Berlino 1973, pp.107, DM.5/-.
Erich Mühsam, autore di questo saggio "Liberazione della società dallo stato",
è stata una delle figure più
significative del movimento anarchico di lingua tedesca. Fu redattore di giornali anarchici, attivista
antimilitarista
durante la prima guerra mondiale, protagonista con Gustav Landauer nel movimento dei consigli in
Baviera
(1919). Più volte perseguitato ed incarcerato, Mühsam (che era di famiglia israelita)
subì l'ultimo arresto nel '33
quando le camice brune naziste lo presero, lo bastonarono e lo relegarono in uno dei primi campi di
concentramento. Selvaggiamente maltrattato, Mühsam vi morì l'anno successivo. Su
di lui, ed in particolare sulle crudeltà naziste nei suoi confronti, esiste nella nostra lingua solo
l'opuscolo "Il
calvario di Erich Mühsam", scritto da Gustav Landauer (Editrice R.L., Napoli 1957).
Completamente sconosciuta
ai lettori di lingua italiana è sempre rimasta l'attività propagandistica di Mühsam,
che invece ha lasciato un suo
segno nell'anarchismo tedesco. Cogliamo pertanto l'occasione di parlarne, recensendo brevemente questo
saggio
"Liberazione della società dallo stato" che è stato pubblicato, in buona veste tipografica
e ad un prezzo
accessibile, dalla giovane casa editrice tedesca Karin Kramer (che ha in catalogo molti ed interessanti
titoli
anarchici). Il saggio di Mühsam apparve per la prima volta sul periodico Die
Internationale (anno 1932, n.6),
organo del sindacato libertario F.A.U.D. ("Unione dei lavoratori liberi di Germania"); è diviso
in due parti,
ciascuna delle quali a sua volta suddivisa in vari capitoletti. Nella prima parte (La visione anarchica
del mondo)
viene svolta una serrata critica dello stato e delle sue principali componenti autoritarie (famiglia, religione,
sfruttamento, ecc.); nella seconda (La via dell'anarchismo) Mühsam espone la
concezione anarchica della lotta
di classe e dell'organizzazione, con particolare attenzione all'esperienza storica dei consigli operai (di cui
il
Mühsam aveva diretta esperienza). In appendice al saggio "Liberazione della società dallo
stato" vi è un articolo
di H.J. Viesel "Sull'attualità della concezione anarchica dello stato", in polemica con le varie
concezioni
autoritarie del socialismo marxista.
MARXISMO E ANARCHISMO NELLA RIVOLUZIONE RUSSA, di A. Lehning,
edizioni de L'Antistato, Cesena 1973, pp.167, lire 1.200.
Così come l'altro libro qui recensito, anche questo fu pubblicato per la prima volta, a puntate,
sul mensile
anarcosindacalista tedesco Die Internationale (nel 1929). Solo 44 anni dopo la sua apparizione è
stato tradotto
nella nostra lingua, preceduto da una buona introduzione dello stesso Lehning. Il libro è
interessante sotto molti
aspetti. Innanzitutto va sottolineata la personalità dell'autore, che è un profondo
conoscitore della storia del movimento
anarchico, del quale lui stesso è stato ed è militante. Arthur Lehning lavora presso
l'istituto Internazionale di
Storia Sociale di Amsterdam, che possiede una speciale ricca sezione dedicata all'anarchismo, ed
è il curatore
della pubblicazione degli "Archivi Bakunin". Con profonda conoscenza sia dell'anarchismo sia delle
altre correnti di pensiero socialista (in particolare, di
quella marxista), l'autore analizza con acume e chiarezza il problema dello stato, alla luce delle
enunciazioni
teoriche e soprattutto delle realizzazioni pratiche conseguite dalle varie tendenze rivoluzionarie presenti
nella
rivoluzione russa del '17. I quattro capitoli in cui si divide il volume (Gli antecedenti storici prima del
1917;
Lenin ed il bakunismo; La rivoluzione d'ottobre; Lo stato bolscevico ed i soviet) sono più che
sufficienti a
Lehning per confutare alcuni gravi errori e falsità nei quali è ancora spesso e volentieri
la storiografia "ufficiale"
della rivoluzione russa - sia di parte marxista, sia di parte "borghese". Molto centrata, per esempio,
è la critica
che muove ad un presunto "bakuninismo" presente nel pensiero di Lenin, tale da avvicinare
significativamente
il dittatore bolscevico a Michele Bakunin. Si tratta di un accostamento assurdo, sostiene Arthur Lehning;
"Se la
rivoluzione russa ha presentato delle forti componenti anarchiche, queste si manifestarono proprio
malgrado
i bolscevichi, il cui partito non può identificarsi con questa rivoluzione. E se questo partito ha
adottato delle
soluzioni anarchiche ciò fu solamente per arrivare più sicuramente al potere, sostenuto
dall'ondata
rivoluzionaria, e per instaurare così il suo socialismo di stato. Lo sviluppo della rivoluzione russa
ha anche
mostrato che le sue tendenze anarchiche andavano affievolendosi a mano a amano che si consolidava
il potere
del partito bolscevico: in conclusione, come è risaputo, i bakuninisti furono imprigionati,
assassinati ed
esiliati dalla loro patria rivoluzionaria, non fu più tollerata alcuna propaganda anarchica e le
organizzazioni anarchiche vennero disciolte". (pag.43). Queste affermazioni dell'autore, tese
a chiarire l'invalicabile contrasto tra socialismo libertario ed autoritario,
sono la conclusione dell'attenta analisi degli scritti di Marx, Engels, Lenin, Bakunin, Rocker, Trotsky,
Bernstein,
Kamenev, ecc. I fatti del '17 in Russia, dunque, vengono esaminati da Lehning non solo in sé
e per sé, ma anche
alla luce delle diverse soluzioni dagli anti-bolscevichi. La gestione consiliare delle fabbriche, nel quadro
di una
struttura federativa della società basata sull'autonomia delle comuni: questa la soluzione proposta
allora dagli
anarchici come l'unica alternativa rivoluzionaria al ferreo centralismo bolscevico. "Non è
mai stato dimostrato -
scrive Lehning al termine della sua introduzione (pag. 20) - che uno sviluppo in questa direzione
dopo la
rivoluzione in Russia sarebbe stato impossibile. Certo è che questo sviluppo è stato reso
impossibile dalla
dittatura terroristica del comunismo di stato bolscevico".
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