rivista anarchica
anno 48 n. 427
estate 2018




Provos, beatniks e a cerchiate

“...Ecco l'era del consumismo: se non riuscivi a trovare la pace con la mente, forse potevi farlo con una Cadillac. Se la vita aveva perso il suo significato, forse una lavatrice modello super lusso poteva restituirglielo. (...) Anche se la maggioranza è sempre felice di farsi trascinare dalla corrente dominante, ci sono sempre quelli che vi si oppongono, così gli anni Cinquanta che videro la nascita del consumismo portarono anche altri due fenomeni: il movimento pacifista ed il rock'n'roll. Entrambi costituivano una reazione contro un mondo dominato sempre più dai grigi signori della guerra e dalle loro idee grigie, entrambi rifiutavano il luccicare inutile del consumismo, entrambi rappresentavano una rivoluzione contro i valori della società “normale”. (...) Le autorità, pertanto, si trovarono di fronte a un problema nuovo: come impedire alla gente di divertirsi? La soluzione fu la stessa di sempre, cioè calpestarla...”

Penny Rimbaud, da “The last of the hippies”

Le biciclette bianche, Amsterdam 1966

Ecco un altro libro di quelli che suonano - questo però oltre che suonare anche urla, protesta e soprattutto cerca di difendersi. Dentro ci sono (adesso copio dall'introduzione) “quei ragazzi e ragazze che nella metà degli anni Sessanta hanno desiderato la libertà totale al posto dell'ipocrisia e la dignità umana al posto dell'arrivismo”. Quelli che hanno anticipato le grandi rivolte del Sessantotto, quelli che “hanno trovato l'anarchia sulla loro strada, spesso senza saperlo, spesso senza alcun filo diretto con quel movimento, pur parlando la stessa lingua senza che alcuno l'abbia insegnata”.
Franco Schirone, che senz'altro conoscerete per quel volume “Il canto anarchico in Italia” (scritto con Santo Catanuto, ed. Zero in condotta, 2001) divenuto un testo fondamentale per chi vuole davvero sapere le cose, ha elaborato in questo “I provos, i beatniks e l'anarchia” (ed. Bruno Alpini con stella*nera ed altri, 2018) alcuni suoi interventi e commenti sui rapporti tra il movimento della contestazione globale e i giovani anarchici apparsi tempo prima sulla Rivista Storica dell'Anarchismo, su Collegamenti Wobbly ed altrove.
È una storia che ci riguarda da vicino, dico anche a voi ragazzi che adesso avete venti trent'anni: qui dentro ci sono le radici degli hippies e del punk, c'è dentro quel delinquente rancoroso di vostro padre che si agita e si commuove ascoltando Franti e Raw Power, ci sono dentro tutti i bei sogni finiti in frantumi di vostra madre, sì perché anche loro hanno avuto vent'anni e per sé desideri diversi da com'è poi andata.

Contestazione alla questura di Milano, 12 marzo 1967

Tra la prima e l'ultima di copertina è racchiuso un pacco di pagine con dentro cataste di discorsi di ragionamenti di dischi e di libri vecchi ma sorprendentemente senza polvere addosso, quella polvere del tempo che non ha intaccato neanche i volantini ciclostilati con le prime a cerchiate, neanche gli appelli all'obiezione di coscienza al servizio militare che allora era obbligatorio - adesso non si usa più, ma lo sapete bene tutti che certe ferite non si rimarginano.

Corriere della sera, 6 marzo 1967

Qui dentro trovate le contestazioni, i primi no detti dove prima non si poteva per la strada a scuola in caserma, le manifestazioni non autorizzate e le botte in piazza ai ragazzi colpevoli soltanto di non farsi tagliare i capelli, derisi per un disco strano o un libro fuori linea nella borsa, picchiati a sangue per non indossare l'uniforme, per avere addosso una collana di perline o una maglia non abbastanza grigia. Qui dentro si sente l'eco dei gruppi beat, quel loro rock appena nato e acerbo, quelle cosiddette canzoni di protesta che erano invece canzoni di disperazione e insieme anche di speranza, quelle prime poesie che andavano fuori tempo e soprattutto fuori dal pentagramma, a rincorrere i colori, a volare alto incontro ai sogni. Il racconto di Franco restituisce affetto e solidarietà a quella che al tempo era considerata solo merda sociale, la schiuma, la feccia, gli indesiderati da tutti, gli allontanati con i fogli di via come appestati. Fosse stato per i benpensanti, mica importa se di destra o di centro o di sinistra, li avrebbero chiusi tutti in galera o in manicomio e buttata via la chiave, condannati ai lavori forzati in miniera o giù nelle fogne.
Il grosso del libro sono un centinaio di riproduzioni dei ciclostilati dell'epoca, che mescolano improvvisazione e testardaggine e innocenza e spontaneità in una critica gioiosa al sistema: un arcobaleno in bianco e nero, acceso in cielo prima che le fotocopie venissero inventate. Soffermarsi su queste pagine, così ricche di provocazione e determinazione quando le facce sui muri e dentro le televisioni sono quelle che sono, a me commuove, scatena nel cuore una certa agitazione e mette addosso un certo nervosismo.

Contatti e richieste: le edizioni Bruno Alpini le beccate su facebook oppure scrivendo a bruno.alpini@libero.it. Il libro è anche nel catalogo di stella*nera (l'indirizzo e-mail è a fine pagina) e di Dethector (dethector.wordpress.com).

Due giorni con l'a cerchiata

Non ero mai stato prima a Savona, se si escludono quelle volte che ho letto in corsa i cartelli dell'uscita in autostrada all'andata e al ritorno dal MIMI Festival in Francia, cose del millennio scorso ormai. Verso fine maggio sono stato invitato a partecipare ad una duegiorni messa in piedi dal gruppo FAI “Pietro Gori”, dal circolo “Umberto Marzocchi” e da giri più giovani tipo Fuori Controllo e Burning Bungalow nonché da lupi solitari e varie pecorenere sparse. Quando ci sono occasioni così mi piace andare a vedere cosa succede, mi piace incontrare le conoscenze vecchie e mi piace stringere amicizie e solidarietà nuove. Mi veniva da ridere nell'accorgermi di averci messo un po' più del mio solito ad orientarmi fra i banchetti e le persone: forse sarà stata la stanchezza per le tante ore di viaggio e le altrettante ore di chiacchiere notturne, oppure una reazione al caldo dell'estate arrivata all'improvviso col suo carico di sole. Oppure è semplicemente solo perché sto invecchiando, mi canzonano quei due o tre ragazzini stronzi così poco rispettosi... mi prendono in giro, ma so che mi vogliono bene. E magari hanno pure ragione, mi sono accorto da solo che col tempo si fa più fatica a prendere le misure con il mondo intorno.  Queste distanze anagrafiche sono state per me un po' l'argomento ricorrente in questi giorni savonesi, un discorso che mi sono ritrovato ad affrontare spesso ma con una certa allegria addosso: la distanza è consistente ma certo non la vivo come una sventura. Per quanto mi riguarda questa manifestazione è stata proprio un bell'incontro tra generazioni, un incontro che è stato insieme rivelazione, confronto ed abbraccio.
E poi l'ho sempre pensato e detto - per me il banchetto dei libri e dei dischi è una scusa, un pretesto: certo è senz'altro auspicabile riuscire a rastrellare almeno i soldi per il biglietto del treno, ma il tipo di ricchezza con cui mi sono ritrovato a che fare anche stavolta è di tutt'altro genere, spessore e consistenza. Gli incontri, innanzitutto: in quante e in quanti siete venuti al banchetto di stella*nera a vedere, a curiosare, a salutare, ad incontrare. E io lì a parlare parlare parlare e parlare ancora, ogni tanto a vanvera e ogni tanto perdendo il filo e un po' me stesso, incurante del mal di gola a inghiottire il fumo delle vostre sigarette e la vostra spavalderia. Devo cercare di emozionarmi di meno quando venite, voi ragazze e ragazzi più giovani, a chiedermi com'erano le cose quando i vostri vent'anni li avevo io. È stato bello vedervi tutti indaffarati e preoccupati fra scatoloni di fanzine e bambini piccoli, è stato bello ascoltare il suono dei vostri sorrisi fra una discussione animalista e una scoperta su vinile, è stato bello guardare i vostri sguardi attenti di fronte a Pippo Gurrieri che ha spiegato con tutto l'affetto del mondo l'anarchia a sua figlia e a ciascuno dei presenti senza neanche lontanamente far caso ai vostri vent'anni e ai sessant'anni miei e di qualche altro.

Gabriele Lugaro a.k.a. Neive

Da Savona me ne torno a casa con molte cose ingombranti nel cuore: sono le canzoni di Gabriele Lugaro a.k.a. Neive, che mi sono rimaste dentro in testa con quegli spigoli duri e quell'aria chiara da mattino presto che assomiglia inspiegabilmente a quella che ho respirato le prime volte che ascoltavo i Kina. Lui e le sue canzoni, tutto insieme: non riesco a separare il suo cantare e il suo muoversi, a fare distinzione fra quel suo modo di scrivere canzoni e quel suo modo di fare.
Di Gabriele avete già letto qui dentro un paio di interventi illuminanti (“A”395 e “A”404), che possono senz'altro spiegare meglio tutta la materia di cui sono fatte le sue canzoni. Non le conoscevo prima e le ho sentite solo lì a Savona, e mi sono piaciute subito perché mi mostrano così come io sono: quel sentirsi spostati - gli altri che ridono e bevono, tu che te ne stai lì in disparte a rimuginare con sempre addosso un po' di grigio, di nebbia, di voglia di andare via.
Il Neive lo trovate in rete su facebook (come neiveSavona) e su bandcamp al link neive.bandcamp.com, sia da solo (due cd autoprodotti nel 2015 e nel 2016, il terzo in lavorazione) che in gruppo con gli Altri e con 5MDR.
Per soddisfare ed alimentare la curiosità e fare degli eventuali acquisti, oltre al contatto diretto suggerisco un giro dalle parti di Lanterna Pirata al link lanternapiratarecords.blogspot.com, con sempre stretto in testa quello che ha cantato il nostro compagno poeta: “dai diamanti non nasce niente, dal letame nascono i fiori”.

Marco Pandin
stella_nera@tin.it