rivista anarchica
anno 48 n. 427
estate 2018





Ma io credo di non credere

Fra le mie attività di volontariato per la Comunità Papa Giovanni XXIII, spesso aiuto gli studenti universitari nelle loro tesi e mi sono convinto che le loro domande sono più interessanti delle mie risposte. Mi ricordo che per tirare su di morale una studentessa ansiosa al suo ultimo esame, a cui ho dato una mano per la stesura della sua tesi, le ho scritto: “Gli esami sono una prova terribile anche per i meglio preparati perché l'uomo più sciocco può sempre fare una domanda a cui l'uomo più saggio non sa rispondere.”
Ho pensato in questo numero di dare spazio alle domande di una studentessa con le mie risposte.

Carmelo, mi può raccontare quando ha preso coscienza della gravità delle azioni che ha compiuto tanto tempo fa?
Posso dire che per me è molto più “doloroso” e rieducativo adesso fare il volontario in una struttura della Comunità Papa Giovanni XXIII (fondata da Don Oreste Benzi) che gli anni passati murato vivo in isolamento totale durante il regime di tortura del 41bis. Trattato in quel modo dalle Istituzioni, mi sentivo innocente del male fatto; ora, invece, che sono trattato con umanità, mi sento più colpevole delle scelte sbagliate che ho fatto nella mia vita. E penso che questo potrebbe accadere anche alla maggioranza dei prigionieri che sono ancora detenuti in quel girone infernale. Sono convinto che anche il peggiore criminale, mafioso o terrorista potrebbe cambiare con una pena più umana e con un fine pena certo.

 
Da sinistra: Carmelo Musumeci a 15 anni e oggi

Carmelo, lei in un'intervista si è definito “ragazzo delinquente”: vuole mandare un messaggio ai ragazzi di oggi?
Potrei giustificarmi che sono diventato un criminale perché mentre molte persone perbene sono nate fra pasticcini e biscotti io sono nato in una casa dove non c'era nulla, tanto meno libri (probabilmente perché non erano buoni da mangiare). Potrei giustificarmi che sono stato quello che sono potuto essere e non quello che avrei voluto essere. Potrei dare la colpa delle mie scelte criminali, alla mia infanzia infelice o alle botte che ho preso prima in collegio dalle suore e dai preti e subito dopo nelle carceri minorili (a soli quindici anni sono stato legato al letto di contenzione per sette giorni). Io però preferisco non darmi nessuna attenuante perché come dico spesso “sono nato già colpevole, poi io ci ho messo del mio a diventarlo”.

Carmelo, il tuo percorso di risocializzazione è stato riconosciuto dal tribunale di sorveglianza, ma indipendentemente da questo “riconoscimento”, chi è oggi Carmelo Musumeci? Descriviti come semplicemente Carmelo.
Penso che il carcere ti cambi. Io, però, in ventisei anni di carcere, ho cercato di cambiare più lui che me, ma penso di non esserci riuscito e di non averlo smosso di un millimetro. Ma spero, adesso, di continuare a farlo da ergastolano semilibero. Molte persone si adattano al carcere e in questo modo finiscono per diventare prigionieri di se stessi. Per fortuna o per sfortuna, a seconda dei punti di vista, io mi sono sempre sentito un estraneo al carcere e non sono mai riuscito ad adattarmi. Non è stato per nulla facile, perché penso che in carcere la sofferenza divori l'anima come la muffa mangia i muri. Oggi cerco di essere semplicemente la persona che non sono mai riuscito a essere prima.

Lei ha presentato personalmente l'istanza di richiesta per la semilibertà, sappiamo che non è nelle capacità della maggior parte dei detenuti. Che significato ha avuto per lei?
Leggendo un libro su Don Milani mi aveva colpito questa frase: “Siete proprio come vi vogliono i padroni, servi, chiusi e sottomessi. Se il padrone conosce 1000 parole e tu ne conosci solo 100 sei destinato ad essere sempre servo”. E ho iniziato a leggere a studiare e non ho smesso più. Sono entrato in carcere con la licenza elementare; quando ero all'Asinara in regime di 41bis ho ripreso gli studi e da autodidatta ho terminato le scuole superiori. Mi sono laureato tre volte, quella in giurisprudenza l'ho presa soprattutto per difendere me stesso e i miei compagni.

Lei è credente? Un passaggio della bibbia dice: “il miglior giudizio che si può dare su una persona è di guardare ai fatti che ha compiuto.” Cosa ne pensa, quando poi sente in televisione che in alcuni processi non è stato proprio così? Pensi al caso Tortora, dove dopo un decennio dalla conclusione della vicenda processuale, il principale accusatore ha ammesso di avere detto il falso, ma non ha subito nessuna conseguenza, poiché aveva reso le sue dichiarazioni senza nessun obbligo di verità penalmente rilevante.
Credo di non credere (e forse per questo sono uno dei pochi credenti), perché credo e ho più fiducia nell'uomo che in Dio. C'è sempre tanta differenza fra la verità processuale e la verità vera, ma si può essere anche innocenti di essere colpevoli.

Oggi, quale è il suo prossimo obiettivo da raggiungere? A quale progetto sta lavorando?
Tornare a essere un uomo libero. Intanto cerco, con la scrittura e la mia testimonianza, di sensibilizzare l'opinione pubblica e cercare di far capire che maledire e condannare una persona ad essere cattivo e colpevole per sempre è un grande errore. Credo che il perdono ti faccia amare il mondo e che la vendetta, invece, te lo faccia odiare. Giustizia dovrebbe significare verità e non vendetta. Se ad alcuni ergastolani venisse data una possibilità, una sola, di rifarsi una vita penso che smetterebbero di essere criminali.

I reati sessuali rientrano tra i reati ostativi, disciplinati dall'art. 4-bis o.p. Cosa ne pensa?
Penso che il carcere non sia la medicina, ma sia piuttosto la malattia.

I libri ti hanno aiutato a superare i momenti più difficili?
In questi anni di carcere ho letto moltissimo, ho sempre avuto un libro in mano, senza libri non ce l'avrei potuta fare. Credo che noi siamo anche quello che leggiamo e soprattutto quello che non leggiamo. Nei libri ho vissuto la vita che non ho potuto vivere, ho sofferto, ho pianto, ho amato, sono stato amato, sono cresciuto, sono stato felice ed infelice e sono vissuto e morto tante volte.

Quale libro è il suo preferito? Quale personaggio di un libro-canzone-poesia, sente di rappresentare?
Mi è difficile risponderti, i libri sono un po' come i figli, si amano tutti perché tutti ti danno qualcosa, comunque ci provo: “Il Signore degli anelli” (i prigionieri sono come i bambini, per vivere meglio vivono in mezzo a boschi e palazzi incantati, fra meraviglie o incantesimi). “Il rosso e il nero” di Stendhal che mi ha insegnato che l'amore è fatto di amore o non ha voce, è fatto di sbagli o non è fatto di niente. “Delitto e castigo” di Fedor Michailovic Dostoevskij che mi ha insegnato come si sconta la propria pena e che la vita è fatta di errori se no non sarebbe vita. Poi molti libri di Herman Hesse fra cui “Siddharta” e “Il Lupo della steppa” che mi hanno insegnato che quello che penso io lo pensano anche gli altri. Mi fermo qui ed in tutti i casi il libro più bello è quello che sto leggendo: il libro della vita.

Esprimere i propri sentimenti non è facile, perché vuol dire dare voce alle proprie emozioni, a quello che si prova. Lei ha un sito, dove scrive un diario giornaliero, dove racconta della sua vita, delle sue speranze, delle sue lotte. Come è riuscito a superare le difficoltà di aprirsi al mondo che lo circonda?
Quando ho perso la libertà ho deciso di essere libero e di essere me stesso. Credo che il miglior metodo per lottare e sopravvivere lo abbia trovato scrivendo per far conoscere la vita e i sogni di un ergastolano e anche per far conoscere quanta umanità si può trovare in carcere e quanta cattiveria fuori. La cosa incredibile è che in questi ventisette anni di carcere in molti mi hanno chiesto di “farmi la galera” e di smettere di scrivere e di ululare alla luna. E me lo hanno chiesto sia le persone perbene, sia molti uomini di Stato e anche alcuni mafiosi di spessore, facendomi sospettare che la pena dell'ergastolo serva anche a loro per non fare uscire dalle loro organizzazioni, fisicamente e culturalmente, i giovani ergastolani (perché lo dovrebbero fare se non hanno più nessun futuro?).

Se potessi essere un'altra persona per un giorno...
Non ho mai desiderato essere un'altra persona, desidero solo di essere una persona migliore.

Carmelo Musumeci