| Torino 
 Quella scuola laica e libertaria 
 di Paolo Papini 
 
 La Scuola Moderna “Francisco Ferrer” di Torino (1911-1922) ha costituito un'importante esperienza di mutua educazione tra lavoratori. Con una flebile ripresa nel secondo dopoguerra. Nel primo decennio del Novecento, 
                  con l'affermarsi della manifattura pesante metallurgica e automobilistica 
                  che cambia profondamente il volto e la composizione sociale 
                  della città di Torino, il movimento anarchico si radica 
                  nel nuovo proletariato di fabbrica come significativa minoranza 
                  rivoluzionaria. L'agglomerato urbano, sotto la spinta del rapido 
                  sviluppo produttivo che vede stabilirsi in città nuove 
                  masse attirate dalla forte richiesta di manodopera, si espande 
                  nelle nuove periferie. Le “barriere”, quartieri 
                  industriali e popolari periferici che sorgono a ridosso dei 
                  principali varchi della cinta daziaria, si affermano subito 
                  come incubatoi della conflittualità sociale. È 
                  il caso, su tutti, della Barriera di Milano, a Nord-Est della 
                  città.
 
                   
                    |  |   
                    | Pietro Ferrero, primo segretario delCircolo e della Scuola 
                  e massimo
 dirigente della Fiom torinese
 durante il Biennio Rosso
 |  
 La Barriera rossa. Nasce la Scuola Moderna Qui, in Corso Palermo 97, ha sede il Gruppo anarchico “Vindice”, 
                  presto forte di una cinquantina di militanti. Nel 1905 alcuni 
                  di essi costituiscono insieme ai giovani socialisti del quartiere 
                  il Circolo di studi sociali della Barriera di Milano, anche 
                  noto come “Circolo di coltura”. Interrotta questa 
                  prima breve esperienza condivisa a causa di contrasti sorti 
                  con la dirigenza locale del Psi, nel 1907 ne è già 
                  avviata la ripresa per iniziativa di un apposito Comitato di 
                  ricostituzione.Sul finire dell'estate del 1909 il movimento libertario è 
                  alla testa delle forti proteste che, come nel resto d'Europa, 
                  prendono corpo anche in Italia, specie a Torino, in Toscana 
                  e nelle Marche, contro la condanna a morte in Catalogna del 
                  pedagogista libertario Francisco Ferrer y Guardia, iniziatore 
                  dell'educazione integrale razionalista, nuova teoria e pratica 
                  formativa radicale e rivoluzionaria, antiautoritaria, antistatale 
                  e anticlericale, basata sulla libertà dell'individuo 
                  e sulla laicità e autonomia del pensiero quali strumenti 
                  di emancipazione sociale delle classi subalterne. Ferrer è 
                  ingiustamente accusato di avere ispirato la rivolta antimilitarista 
                  e anticolonialista della “Settimana tragica” barcellonese, 
                  subito soffocata nel sangue dalla monarchia spagnola, e arrestato 
                  a fine agosto.
 Il popolo della Barriera di Milano e di Borgo San Paolo, altro 
                  recente insediamento industriale e operaio sorto a Ovest del 
                  centro cittadino, si fa protagonista di forti tumulti e il proletariato 
                  torinese, ispirato dagli anarchici, dai socialisti e dai repubblicani, 
                  invoca lo sciopero generale di protesta sotto la Camera del 
                  lavoro di Corso Siccardi.
 Nonostante la imponente mobilitazione internazionale e l'intervento 
                  di alcuni dei più influenti intellettuali europei dell'epoca 
                  il maestro autodidatta catalano viene fucilato il 13 ottobre 
                  nel carcere di Montjuich. Presto lo ricorderanno numerose targhe 
                  e monumenti inaugurati negli anni successivi dai lavoratori 
                  soprattutto in località del Centro Italia, visibili ancora 
                  oggi dove non rimossi durante la dittatura fascista.
 Proprio nel corso di quelle agitazioni di piazza del settembre 
                  e ottobre 1909 diversi giovani proletari e socialisti si erano 
                  avvicinati al movimento libertario, cui il maestro Ferrer apparteneva, 
                  e al Gruppo anarchico di Barriera di Milano, per poi aderirvi. 
                  Tra questi il modellatore meccanico diciassettenne Maurizio 
                  Garino, ben presto figura di spicco dell'anarchismo e del sindacalismo 
                  cittadino, con il fratello minore Antonio, tornitore, il diciannovenne 
                  Pietro Ferrero, piastrellista e poi operaio metallurgico, che 
                  ritroveremo nel Biennio rosso a capo della Fiom torinese, e 
                  i fratelli Anselmo ed Edoardo Acutis, rispettivamente operaio 
                  tipografo e smaltatore sui trenta e i vent'anni, tutti giovani 
                  e giovanissimi abitanti del quartiere. Come la gran parte del 
                  movimento specifico cittadino essi si ispirano da subito ad 
                  un anarchismo sociale, comunista e organizzatore incline all'impegno 
                  sindacale e all'alleanza con la base della sinistra socialista 
                  rivoluzionaria. Anche grazie alla raccolta di fondi organizzata 
                  tra i compagni dal muratore Cesare Sobrito il Circolo di studi 
                  sociali viene dunque ricostituito nel 1910 con una trentina 
                  di soci, aperto a tutti i lavoratori ma animato in primo luogo 
                  dagli anarchici, e intitolato proprio a Francisco Ferrer.
 Sull'onda dell'emozione e della mobilitazione in favore del 
                  pedagogista di Barcellona sorgono in Europa, come a Losanna, 
                  e in Italia esperienze che si richiamano al suo insegnamento 
                  e alla sua pratica educativa. «Tentativi fallimentari 
                  di istituire “Scuole Moderne”», scrive Giulietti 
                  nel suo recente Storia degli anarchici italiani in età 
                  giolittiana, «si registrano a Milano, Torino, Bologna, 
                  Roma, Firenze, Rimini, Avezzano, Pisa e L'Aquila. (...) Per 
                  il vasto interesse suscitato e la fitta rete di collaboratori 
                  coinvolti, il progetto pedagogico di maggior rilievo è 
                  sicuramente quello della fondazione di una “Scuola Moderna” 
                  a Milano, promosso, intorno al 1910, da Luigi Molinari. Dopo 
                  gli entusiasmi iniziali, tuttavia, anche questo tentativo si 
                  esaurisce in un sostanziale insuccesso». «L'unica 
                  concreta realizzazione dell'ideale educazionista libertario», 
                  conclude Giulietti, «è rappresentata dalla “Scuola 
                  Moderna Razionalista” di Clivio», asilo d'infanzia 
                  inaugurato alla fine del 1909 presso Viggiù, nella provincia 
                  di Varese, nel quale della pedagogia di Ferrer appaiono privilegiati 
                  gli aspetti della pratica educativa antiautoritaria piuttosto 
                  che i temi del razionalismo scientifico, adatti ad allievi più 
                  grandi.
 Il Circolo torinese promuove invece a partire dal 1911 la costituzione 
                  di una propria Scuola Moderna che si caratterizza da subito 
                  come presidio educativo e culturale autogestionario rivolto 
                  prevalentemente a giovani e adulti, lavoratori e lavoratrici, 
                  le quali costituiranno presto circa un quarto dei soci, ispirato 
                  alla pedagogia razionalista di Ferrer e alle Università 
                  popolari propugnate in Lombardia dall'anarchico Luigi Molinari. 
                  Pietro Ferrero ne è il primo segretario, in seguito più 
                  volte rieletto dall'assemblea dei soci alla guida della Commissione 
                  esecutiva.
 Sistemata in un ex magazzino in Corso Vercelli 62, nel cuore 
                  della Barriera operaia, la Scuola Moderna “Francisco Ferrer” 
                  promuove cultura e socialità tra i proletari e forma 
                  i militanti. Tra gli attivisti più impegnati e stimati, 
                  in prevalenza operai dell'industria metallurgica con pochi anni 
                  di istruzione primaria alle spalle, figurano, oltre ai già 
                  citati Ferrero, Garino, Sobrito e Acutis, anche Nonio De Bartolomeis, 
                  rarissimo studente superiore, e i più anziani Alfredo 
                  Cocchi, fonditore anarchico proveniente da Terni, e Pietro Berra, 
                  falegname immigrato dal vercellese.
 
                   
                    |  |   
                    | Maurizio 
                        Garino, fondatore e animatore del Circolo di studi sociali, 
                        della ScuolaModerna “Francisco Ferrer” e 
                        dirigente libertario della Fiom cittadina
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 Sapere e socialità. Dai lavoratori per i lavoratori È Garino a riassumere le finalità del Circolo 
                  “Ferrer” in «tre punti essenziali: l'attività 
                  sindacale, per maturare nell'operaio la coscienza dei suoi interessi 
                  e metterlo in condizione di rivendicarli; la parte politica, 
                  ognuno nel proprio partito, nei singoli gruppi, per dare una 
                  coscienza politica a questi giovani; poi la parte culturale, 
                  per dare una cultura, sia pure un'infarinatura generale, di 
                  quello che c'è di meglio nella scienza e nel sapere».Vale la pena di riportare alcuni passi del programma della Scuola, 
                  presentato dalla Commissione esecutiva e approvato dai soci 
                  nel 1916, ripreso anch'esso da Barroero e Imperato nel loro 
                  preziosissimo Il sogno nelle mani: «Ora noi non 
                  seguiamo esattamente, anche perché ci mancherebbero i 
                  mezzi, morali e materiali, la pratica di Francisco Ferrer inquantoché 
                  egli dedicava la massima cura ai bambini, ma dedichiamo modestamente 
                  le nostre attenzioni ai giovani i quali hanno abbandonato da 
                  poco le scuole ufficiali per l'officina. (...) Assicurata la 
                  vita materiale del nostro Circolo, le nostre maggiori attività 
                  saranno volte all'opera principale: fare degli uomini. (...) 
                  Cercheremo modestamente nei limiti del possibile di iniziare 
                  i corsi di istruzione i quali andranno dall'insegnamento pratico 
                  ed elementare dei maggiori problemi della vita, alle conferenze 
                  che rivestono un carattere scientifico. (...) Indiremo le conferenze 
                  scientifiche, nel modo più elementare possibile, per 
                  renderle accessibili a tutti. Cercheremo di renderle più 
                  pratiche mediante la constatazione diretta delle verità 
                  affermate, promuovendo visite ai musei. Invitiamo i soci all'allenamento 
                  oratorio. Li incoraggeremo al massimo studio (...). Un altro 
                  ramo d'attività sarà la ricreazione (...). E allo 
                  scopo incoraggeremo il canto, la musica, faremo gite ricreative 
                  famigliari».
 A fianco della sede di Corso Vercelli si inaugura infatti ben 
                  presto poco distante, al numero 11 di Via Mottarone, una sezione 
                  ricreativa con attività di ballo, coro e teatro e con 
                  bar e gioco delle bocce. La compagnia attoriale amatoriale interna, 
                  la Filodrammatica “Francisco Ferrer”, è animata 
                  da Anselmo Acutis, tipografo e propagandista libertario, capocomico 
                  dilettante. Tali attività sociali ludiche e ricreative, 
                  così come i corsi e le conferenze, sono tra le rare occasioni 
                  accessibili ai lavoratori in una società divisa rigidamente 
                  in classi dove soltanto alla borghesia è dato di coltivare 
                  il sapere e di dedicarsi allo svago, al piacere dell'arte e 
                  al gusto per il bello.
 La Scuola “Ferrer” possiede dunque nel suo insieme 
                  ad un tempo aspetti propri di una Università popolare 
                  e di una Casa del popolo. È ancora Garino a ricordare: 
                  «Lì nella Scuola c'era la sezione ricreativa, c'era 
                  il posto per chi voleva andare a ballare, ma lì nel Circolo 
                  vero e proprio nessun divertimento al di fuori dello studio 
                  e dei dibattiti di carattere politico e culturale. Era frequentata 
                  da una grandissima massa di operai». Quelli proposti e 
                  trattati, suggeriti dai soci e dalla Commissione esecutiva e 
                  scelti insieme nelle assemblee, continua Garino, «Erano 
                  argomenti che ci appassionavano molto. Tu vedevi come questi 
                  operai – con le mani callose, che erano poi fonditori, 
                  sbavatori, tornitori, meccanici in genere – si abbeveravano 
                  di queste conferenze e continuavano a partecipare».
 Oltre ai corsi tenuti da qualificati esperti esterni, sempre 
                  molto partecipati e apprezzati, e dunque accanto ad un insegnamento 
                  più intenzionale e formale, la Scuola è però 
                  innanzitutto il luogo della mutua formazione, della cooperazione 
                  educativa, della condivisione orizzontale del sapere: «Quello 
                  sa questa cosa, io non la so! E allora mi faccio avanti», 
                  spiega Maurizio Garino, «E uno con l'altro ci si formava 
                  una coscienza». La conoscenza, la cultura, dunque, spesso 
                  enciclopedica e autodidattica ma affinata e approfondita nella 
                  condivisione e nel confronto costante, «era tutta un'integrazione 
                  tra gli uni e gli altri». Caso emblematico è quello 
                  dell'artigiano individualista autodidatta Guglielmo Casassa 
                  Mont, ex minatore ed esperto di mineralogia, materia che, ricorda 
                  ancora Garino, aveva «approfondito sui libri e che poi 
                  diffondeva in mezzo a noi, senza essere un professore con dei 
                  titoli». I rarissimi militanti che avevano avuto accesso 
                  all'istruzione superiore, in alcuni casi ancora studenti, portano 
                  e condividono inoltre tra i compagni della Scuola le loro conoscenze 
                  e con esse nuovi stimoli ed interessi culturali.
 Allo stesso modo e con altrettanta spontaneità ed efficacia 
                  la formazione naturale, descritta dall'autorevole storico delle 
                  istituzioni educative Francesco Susi come il più indicativo 
                  e poderoso fattore educativo all'interno delle organizzazioni 
                  del movimento operaio, agisce nella attività politica 
                  e sindacale e nella preparazione dei militanti favorendo la 
                  socializzazione del sapere teorico e pratico.
 La Scuola quindi, singolare esperimento di educazione degli 
                  adulti autorganizzato dal basso, oltre a contribuire ad integrare 
                  almeno in parte le lacune lasciate spesso nell'istruzione dei 
                  soci dalla breve durata del ciclo di studi di base obbligatorio, 
                  e nel caso di non pochi operai dall'interruzione degli studi 
                  prima dell'assolvimento dell'obbligo dovuta alla necessità 
                  di lavorare e contribuire a formare il reddito familiare, ambisce 
                  anche a preparare militanti capaci, pronti nel pensiero critico, 
                  efficaci nell'organizzazione, in grado di intervenire nei dibattiti 
                  politici e tenere assemblee e comizi sindacali. È quindi 
                  anche scuola di agitazione e ambito informale di formazione 
                  di quadri rivoluzionari. Alcuni dei leader sindacali 
                  operai torinesi più influenti degli anni Dieci e Venti, 
                  in effetti, usciranno proprio da questa Scuola autogestita, 
                  dove sono stati allievi e al tempo stesso organizzatori.
 Fondamentale punto di riferimento e luogo di ritrovo per il 
                  movimento specifico locale, nella sede del “Ferrer” 
                  si svolge nel giugno del 1914 il primo Convegno anarchico piemontese, 
                  in occasione del quale viene costituito il Fascio libertario 
                  torinese, struttura federata che riunisce i nuclei cittadini.
 A partire dal 1916 un bollettino periodico semestrale di informazione 
                  interna intitolato “La Scuola Moderna”, distribuito 
                  tra gli iscritti e i simpatizzanti, riporta puntualmente lo 
                  svolgersi della vita sociale, mettendo al corrente delle deliberazioni 
                  assembleari e delle iniziative della Commissione esecutiva e 
                  aggiornando circa le attività culturali, politiche, conviviali 
                  e di intrattenimento proposte.
 Gli allievi e attivisti della Scuola Moderna, spesso anche militanti 
                  del Fascio libertario torinese, della Fiom o dell'Unione sindacale 
                  italiana, sono protagonisti in questi primi anni dei moti locali 
                  antimilitaristi contro la guerra di Libia nel 1911, di quelli 
                  rivoluzionari della Settimana rossa nel 1914 e antinterventisti 
                  dell'anno successivo e della sollevazione popolare per la pace 
                  e il pane nel 1917.
 Nell'immediato primo dopoguerra altri giovanissimi, circa ventenni, 
                  si aggiungeranno al Circolo e contribuiranno alla organizzazione 
                  e promozione delle attività della Scuola. Tra questi 
                  anche Antonio Banfo e Antonio Mairone, operai alla Fiat Grandi 
                  Motori, e Michele Carrabba, lavoratore immigrato di origine 
                  pugliese.
 
                   
                    |  |   
                    | Corso Vercelli all'altezza del civico 62 in un'immagine degli 
                  anni Trenta. A destra, quasiall'angolo con Piazza Crispi, il 
                  basso fabbricato in cui doveva avere sede la Scuola Moderna
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 Il Biennio rosso. A scuola di rivoluzione Il 29 dicembre 1919 è proprio una giovane allieva e attivista della Scuola Moderna, l'operaia tessile ventenne Caterina Piolatto, ad accogliere Errico Malatesta, appena rientrato dall'esilio londinese, alla stazione di Porta Nuova alla testa di migliaia di lavoratori. Quella sera stessa, dopo un comizio di massa alla Camera del lavoro di Corso Siccardi, si tiene presso il “Ferrer” una grande festa in suo onore, nel corso della quale Malatesta tiene un breve discorso che incoraggia i compagni sulla via della rivoluzione ritenuta ormai prossima.A partire dal 1920, in pieno Biennio rosso, con la pubblicazione del quotidiano anarchico “Umanità Nova”, e in misura minore de “L'Ordine Nuovo”, settimanale e poi quotidiano comunista consiliarista redatto proprio a Torino, abbiamo a disposizione abbondanti e circostanziate notizie sulle attività della Scuola Moderna.
 Sempre più numerose sono in questo periodo le iniziative sociali e culturali promosse in Corso Vercelli, che annoverano le conferenze proposte dal Circolo di studi sociali, le lezioni tenute anche da alcuni docenti dell'Università di Torino, le escursioni sul campo per lo studio della geologia e della geografia e le visite ai musei, oltre ai corsi di sapere pratico come quello di cucito e alle «gite alpestri» presso la colonia dell'Alleanza cooperativa torinese a Mezzenile nelle Valli di Lanzo. Una nuova emeroteca e uno spazio libero di lettura dei quotidiani, accanto alla biblioteca sociale, contribuiscono ulteriormente all'approfondimento e alla preparazione di militanti e simpatizzanti.
 In quella Primavera alle Acciaierie Fiat il noto attivista del “Ferrer” Pietro Berra, operaio modellatore, dà inizio con l'azione diretta allo storico “sciopero delle lancette”, agitazione che inaugura la stagione consiliarista delle occupazioni delle fabbriche, mentre in seguito ai disordini del Primo Maggio alcuni soci sono arrestati presso la Scuola, temporaneamente chiusa dall'autorità.
 Frequenti sono le assemblee cittadine, di settore o di fabbrica indette dalla sezione dell'Usi nel grande salone della Scuola. Allo stesso modo anche il Gruppo anarchico rionale “Vindice”, l'Unione anarchica piemontese e il Fascio comunista meridionale, organismo di intervento tra i lavoratori immigrati dal Sud Italia animato dai libertari, utilizzano le strutture tenendovi regolarmente riunioni e iniziative di propaganda e autofinanziamento. L'Uap celebrerà poi qui in giugno la propria assise regionale esprimendo Maurizio Garino come delegato al congresso nazionale dell'Unione anarchica italiana.
 La Scuola Moderna, sottolinea Garino, «ha avuto un successo molto rilevante in tutti gli avvenimenti politici che ci sono stati tra il 1920 e il 1922», anche ricoprendo un ruolo fondamentale nella formazione di alcuni dei quadri e dirigenti sindacali di primo piano attivi durante il Biennio rosso nel movimento consiliarista. Tra questi lo stesso Garino con Ferrero, organizzatori anarchici alla testa della Fiom torinese, oltre ad Antonio Banfo, futuro leader operaio alla Fiat Grandi Motori, e a Carlo Berruti, segretario cittadino del Sindacato ferrovieri.
 Con settembre gli attivisti e i soci della Scuola, oltre trecento in questo periodo secondo Garino, sono protagonisti dello sciopero metallurgico e della grande occupazione delle fabbriche che sembra preludere alla rivoluzione sociale. Durante quelle settimane vengono interrotte le attività ordinarie.
 Davanti alla reazione. Baluardo sovversivo In seguito alla sconfitta del movimento consiliarista, tradito 
                  dagli accordi della dirigenza riformista confederale con governo 
                  e padronato, e con la dura repressione antioperaia e antianarchica 
                  che ne segue, è attivato presso la Scuola il Comitato 
                  torinese che organizza la raccolta di fondi e la solidarietà 
                  militante con i redattori di “Umanità Nova” 
                  e i dirigenti nazionali dell'Usi imprigionati a Milano, coordinato 
                  dal compagno Giuseppe Vianello, mentre lo stesso sindacato rivoluzionario 
                  convoca nel salone di Corso Vercelli una assemblea cittadina 
                  contro la reazione.Nell'autunno la Scuola Moderna riceve dagli operai degli stabilimenti 
                  Ansaldo San Giorgio e Bergougnan-Tedeschi, presto seguiti dagli 
                  edili della Cgl, importanti somme in denaro per la ripresa delle 
                  attività culturali e sociali, nuovamente turbate a metà 
                  novembre da una infruttuosa perquisizione della Questura in 
                  cerca di armi, che annoverano in dicembre una conferenza del 
                  «comp. dott. Gramsci» sulla costituenda Terza Internazionale.
 A cavallo del nuovo anno si svolge una serie di lezioni di anatomia 
                  e fisiologia umana tenute dal «compagno dott. Gasca», 
                  medico socialista responsabile volontario dell'ambulatorio della 
                  Camera del lavoro, con una visita di istruzione al Museo di 
                  Anatomia dell'Università guidata dal vicedirettore professor 
                  Bruni cui prendono parte ben duecento tra soci e simpatizzanti, 
                  mentre un simposio su «L'origine dei Mondi» è 
                  curato dal compagno Giovanni Mombelli, ebanista ventottenne 
                  di origine novarese, segnalato dagli ambienti investigativi 
                  come «attivo propagandista anarchico» e a torto 
                  ritenuto «incapace di tenere conferenze».
 «Le scienze naturali erano il campo dove noi eravamo più 
                  curiosi. Ci occupavamo di molte materie», rammenta a proposito 
                  Garino, che cita tra queste anche l'astronomia e la biologia 
                  a riprova della ispirazione laica, scientifica e razionalista, 
                  tipicamente ferreriana, prevalente nei corsi promossi dalla 
                  Scuola. Non sono però trascurate la letteratura, la filosofia 
                  e la storia dell'arte, oltre a temi politici e di sociologia 
                  con relazioni di Antonio Bonifazi su «La famiglia in regime 
                  comunista» e di Quirico Viroglio sull'«Amore libero», 
                  né l'igiene sociale, dall'alcolismo alla tubercolosi, 
                  con l'intervento di medici qualificati e con l'ausilio di proiezioni, 
                  tecnologia assai avanzata per l'epoca.
 La repressione si abbatte ancora sulla Scuola nei primi mesi 
                  del 1921 con un mandato di cattura contro Caterina Piolatto, 
                  coinvolta in una sparatoria e latitante, con la condanna di 
                  Antonio Mairone, meccanico ventunenne membro della Filodrammatica 
                  “Ferrer”, per il precedente ferimento a Ponte Mosca 
                  di due guardie regie e con l'arresto di Giuseppe Odello, operaio 
                  alla Fiat Lingotto, già guardia rossa, militante della 
                  Fiom e collettore di fondi per “Umanità Nova”, 
                  custode di una «raccolta clandestina» di armi ed 
                  esplosivi.
 
                   
                    |  |   
                    | Cesare Sobrito, promotore eattivista del Circolo e della
 Scuola e militante dell'Usi
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 La Sezione di borgata Campidoglio. Resistere e rilanciare Dall'estate risulta intanto avviata una nuova sezione della Scuola Moderna presso il Circolo comunista di Campidoglio in Via Cibrario 87, sede anche del Gruppo anarchico di quella borgata, mentre solo a metà ottobre “Umanità Nova” annuncia la ripresa delle attività in Corso Vercelli, interrotte a causa della costante pressione della Questura. L'assemblea dei soci della «nostra piccola Università» approva l'operato della Commissione esecutiva tenuta dal segretario Silo Galligani, operaio meccanico poco più che trentenne immigrato dalla Toscana, che promuove nuovi corsi su argomenti di sociologia e di economia politica, di medicina del lavoro e di geografia. Due «serate di coltura» sulla «Situazione generale della Russia» e su «La civiltà orientale antica» tenute dalla compagna Emma Ferrero, impiegata scrivana venticinquenne, un «trattenimento» pro vittime politiche proposto dalla Filodrammatica “Ferrer” e una festa familiare in favore delle attività della Scuola Moderna si svolgono nel frattempo presso la sede di Campidoglio. Accanto alle due sezioni della Scuola anche il nuovo Gruppo anarchico “Centro” promuove ora presso la sede dell'Uap alla Camera del lavoro la formazione dei giovani compagni e simpatizzanti con incontri di discussione e divulgazione della teoria libertaria e di interesse filosofico e letterario.Già l'8 febbraio 1922 il quotidiano anarchico riporta però un grave appello della Commissione esecutiva della Scuola, riunitasi per deliberare su «importanti decisioni»: «Ai soci e simpatizzanti. Resi inutili e pressoché inascoltati gli inviti ed appelli che per mezzo di “Umanità Nova” e dell'“Ordine Nuovo” di Torino vennero lanciati ai compagni e soci della S.M. “F. Ferrer” questa per l'assenteismo e il disinteressamento dei soci non ha più dato alcun segno di vita. Non crediamo però che i compagni i quali dettero tutto alla Scuola Moderna vorranno proprio ora tralasciare l'opera che essi stessi costruirono. Rivolgiamo perciò invito a tutti i soci e simpatizzanti di intervenire all'assemblea di venerdì 10 corr. alle ore 20,30. Facendo presente che mancando la loro presenza saremo costretti di prendere risoluzioni definitive. Il Segretario».
 La Scuola versa in una profonda crisi. I licenziamenti, la disoccupazione, la fame, l'emigrazione, l'esilio e le persecuzioni poliziesche e fasciste imperversano. La residua iniziativa culturale e sociale degli anarchici si è ormai trasferita nella sede di Campidoglio, dove il compagno Quirico Viroglio tiene sue conferenze su «L'origine dell'uomo» e su «L'astronomia». Recite sociali, concerti e feste di sottoscrizione per la Scuola e per i sempre più numerosi perseguitati politici hanno ancora luogo qui e alla Casa del popolo di Pozzo Strada.
 Tempi neri. La Scuola chiude L'8 agosto uno scarno annuncio da Torino compare su “Umanità Nova” nella rubrica dei «Comunicati»: «Si invitano tutti i soci della S.M.F.F.», acronimo della Scuola Moderna “Francisco Ferrer”, «ad intervenire all'assemblea generale che si terrà giovedì sera, alle ore 21, nei locali della Casa del Popolo, Barriera di Milano. Per la segr.: Galligani Garino». Neanche un mese più tardi il “Circolo di cultura Francisco Ferrer” invierà al nostro giornale un ultimo breve appello per la ricerca di oratori e conferenzieri «capaci di sviluppare temi relativi alla Scuola Moderna», pregando di indirizzare eventuali adesioni al domicilio del segretario Silo Galligani. Si tratta dell'ultima notizia che abbiamo della Scuola, «dissolta a causa del fascismo», come ricorderà Garino.Cesare Sobrito, operaio magazziniere, fondatore della Scuola e infaticabile attivista dell'Uap e dell'Usi, testimonia in settembre su “Umanità Nova” come il proletariato torinese sia sempre più «sfiduciato, indifferente, snervato» in conseguenza dell'«uragano fascista che è piombato con tanta violenza su tutti e su tutto». Michele Carrabba, anch'egli animatore della Scuola, è arrestato negli stessi giorni con altri compagni durante la preparazione di un attentato contro Vittorio Emanuele III, sempre più incline al sostegno al fascismo. Di lì a poco, il 18 dicembre, Torino è sconvolta dalle stragi squadriste che travolgono l'ultima opposizione operaia. È Luigi Chiappa, compagno della Scuola Moderna, ad avvertire Garino che tra gli undici lavoratori e sindacalisti uccisi c'è anche Pietro Ferrero, massimo dirigente della Fiom cittadina, fondatore e primo segretario del “Ferrer”.
 Diversi saranno i militanti e gli allievi della Scuola impegnati nella cospirazione antifascista e in seguito protagonisti negli scioperi contro la guerra del marzo 1943 e nella Resistenza. Tra questi Antonio Mairone, agitatore clandestino alla Fiat Grandi Motori deportato a Mauthausen.
 Dopo la Liberazione. Una breve ripresa Il Circolo di studi sociali “Francisco Ferrer” verrà ricostituito nel 1946, dapprima in Via Salassa 1 e poi in Corso Vercelli 42, per iniziativa di alcuni soci storici della Scuola Moderna come Maurizio e Antonio Garino e di nuovi attivisti tra i quali il giovanissimo Guido Ceronetti, in seguito noto scrittore e giornalista de “La Stampa”. Il periodico anarchico cittadino “Era Nuova” ci dà conto di interessanti iniziative politiche e culturali, tra le quali quella di un vivace gruppo esperantista e alcune conferenze tenute anche da docenti dell'ateneo cittadino.Le condizioni sono però profondamente mutate. Il movimento libertario si trova ben presto in una grave crisi, stretto nella politica dei blocchi e schiacciato dalla ingombrante egemonia del Pci sul movimento operaio. Nel 1951 il “Ferrer” dovrà dunque cessare ogni attività e i suoi aderenti concentreranno nella sede della Federazione anarchica piemontese, in Corso Principe Oddone 22, il loro contributo di proposta culturale e di attività militante.
  Paolo Papini  L'autore ringrazia Tobia Imperato e Roberto Carocci per 
                  la revisione critica del testo. 
                 La documentazione fotografica è tratta da Archivio Centrale 
                  dello Stato, Casellario Politico Centrale, Roma, busta 2290 
                  “Maurizio Garino”; Archivio dell'Istituto Piemontese 
                  per la Storia della Resistenza e della Società Contemporanea 
                  “Giorgio Agosti”, Torino; Giulietti Fabrizio, Dizionario 
                  biografico degli anarchici piemontesi, Galzerano, Casalvelino 
                  Scalo, 2013; Torino sparita, skyscrapercity.com, pag. 
                  365.Per la toponomastica sono state consultate le Guide Paravia 
                  e le carte stradali conservate presso l'Archivio Storico della 
                  Città di Torino. I numeri civici indicati sono quelli 
                  riportati dalle fonti.
 
                   
                    | Bibliografia  Archivio 
                        Centrale dello Stato, Casellario Politico Centrale, Roma, 
                        ad nomen“Umanità Nova”, Milano, 1920-1921; 
                        Roma, 1921-1922
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