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 Una cosa strana e un messaggio in bottiglia 
 Da Spunda “Avevo tre anni quando la vidi per la prima volta. Nel 
                  magazzino dei miei zii. La pelle così bianca e adorna 
                  d'argento. Sì, fu amore a prima vista. L'indomani tornai 
                  in quel magazzino, la scorsi in un angolo assopita. Intravidi, 
                  sotto alla coperta che la proteggeva, le sue gambe lunghe e 
                  affusolate e non potei fare a meno di avvicinarmi. Sollevai 
                  la coperta e ne scorsi le rotondità, l'accarezzai e nel 
                  profondo fui assalito dal desiderio di colpirla. Una, due, tre, 
                  forse quattro volte la percossi. Un senso di eccitazione e di 
                  piacere mi salì lungo il corpo. Poi, all'improvviso, 
                  mi resi conto di quello che era successo. Scappai con la paura 
                  che qualcuno mi avesse visto ma allo stesso tempo appagato dall'accaduto. 
                  Quella fu la mia prima esperienza con una batteria...”
 Ecco un lavoro che fa fiorire fantasie dentro in testa: si chiama 
                  “Da Spunda” (ed. Visage, 2016 - distr. Materiali 
                  Sonori) e l'ha fatto Gigi Biolcati, cinquant'anni appena fatti, 
                  batterista pentito - questo l'ho letto da qualche parte. Una 
                  strada molto lunga di collaborazioni, ma questo è il 
                  suo primo lavoro da solo. Quando l'ho preso, al banchetto dopo 
                  un concerto di “Bella ciao” (nello spettacolo - 
                  e in Banditaliana, il gruppo fondato da Riccardo Tesi - Gigi 
                  è il percussionista), mi immaginavo che il cd fosse una 
                  cosa strana, e questa mia impressione è stata confermata 
                  già durante il primo ascolto.
  Il cd è una cosa strana, vi dico. Innanzitutto perché 
                  è un lavoro imprendibile. Imprendibile perché 
                  non se ne distinguono i contorni - che non ci sono -, perché 
                  non parla ufficialmente di sé ma galleggia a mezz'aria 
                  in un silenzio stampa senza indicazioni. Perché ha un 
                  inizio e una fine ma non si sa precisamente da che parte cominciare, 
                  né dove poggiano i piedi, né dove si va a finire. 
                  Perché in ogni singolo momento ciascuna canzone sembra 
                  un qualcosa di familiare (ma si corre a vuoto nei corridoi dei 
                  nostri archivi sonori personali in cerca di una traccia, di 
                  uno scampolo: sono tutti scherzi, trappole, buche scavate sulla 
                  strada e cartelli di deviazione messi apposta) che presto si 
                  trasforma in un qualcos'altro che familiare non è, e 
                  sorprende, e spiazza.Cosa strana perché dentro vi accadono un sacco di cose, 
                  perché l'intero lavoro è stato immaginato e messo 
                  in piedi e realizzato con cumuli enormi di suoni, materiali, 
                  oggetti, suggestioni, idee raccolte in anni di incontri, di 
                  viaggi, di apprendimento e scambio. Cosa strana perché 
                  qui dentro certi strumenti sono adoperati in maniera bizzarra, 
                  e suonano e fanno rumore di conseguenza. Cosa strana perché 
                  ricca di tante e tante influenze, così che un momento 
                  ti sembra musica di una qualche Africa e invece è una 
                  pianura padana reinventata in mezzo al mare, ci sono le montagne 
                  così vicine che pare di toccarle. E poi poco dopo c'è 
                  un altro momento che pregusti come esotico e d'altri tempi - 
                  tipo un David Van Tieghem unplugged e canterino, per dire - 
                  e invece c'è Google Maps che ti indica che non è 
                  New York e ci sono le mondine vercellesi giusto dietro l'angolo 
                  della piazza del paese: è adesso, ci arrivi a piedi, 
                  fa' presto.
 L'intero lavoro è attraversato da una grande immensa 
                  sconfinata gioia. Ascoltando, si capisce che nel disco sono 
                  finite registrazioni dal vivo e naturali (nel senso di: registriamo 
                  il suono così come accade, senza manipolarlo) accanto 
                  ad altre più elaborate e stratificate, artificiali sì 
                  ma senza strafare, senza perdere umanità, calore e colore. 
                  Questo accorgersi aggiunge sfumature piacevoli alla confusione 
                  e al gioco di disorientamento complessivo del lavoro: se si 
                  sta al gioco, è bello perdersi nel groviglio e farsi 
                  sopraffare dalle ondate cercando di inseguire i suoni. Pensi 
                  che quello che ti entra dentro provenga da chissà quanto 
                  lontano, e invece è un pezzetto del tuo cuore che fa 
                  rumore: lo stai toccando con la punta delle dita, gli fai il 
                  solletico e ti viene da ridere.
 
 Contatti: www.gigibiolcati.it
 
                   
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                    | La 
                        copertina del cd di Gigi Biolcati Da Spunda |  
 Non un uomo né un soldo Poche parole. Si era nel gennaio e febbraio 1991, alla fine dell'escalation di eventi che avevano portato all'operazione Desert Storm. Stefano Giaccone, Lalli e Toni Ciavarra avevano raccolto in poche ore una manciata di canzoni per dire ancora una volta no alla guerra. Era stata fatta una cassetta a nome Stefano Dellifranti (+ Lalli e Toni), titolo “Non un uomo né un soldo”, messa in circolazione in poche copie di fattura casalinga, invitando a copiare e diffondere.
 Un messaggio in bottiglia, come si fa da sempre, affidato al mare 
                con la speranza che non arrivi sulla spiaggia sbagliata.
  
                 
                   
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                    | La copertina della cassetta di Stefano Dellifranti(+ Lalli e Toni) Non un uomo né un soldo
 |  Su suggerimento dello stesso Stefano Giaccone, cercando di mantenerne intatta l'ispirazione originaria, stella*nera (in collaborazione con Dethector e l'editore Bruno Alpini) mette in circolazione adesso un cd-r ricavato da un nastro di prima generazione amorevolmente e rispettosamente trasferito in forma digitale.
 Non è importante la lista delle canzoni. Lo è che siano cantate ancora, che ci tocchi cantarle ancora. Diffusione sotto l'orizzonte, niente prezzo né bollini, offerta libera.
 
 Info e contatti: stella_nera@tin.it
  Marco Pandinstella_nera@tin.it
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