rivista anarchica
anno 46 n. 411
novembre 2016






Una cosa strana e un messaggio in bottiglia

Da Spunda

“Avevo tre anni quando la vidi per la prima volta. Nel magazzino dei miei zii. La pelle così bianca e adorna d'argento. Sì, fu amore a prima vista. L'indomani tornai in quel magazzino, la scorsi in un angolo assopita. Intravidi, sotto alla coperta che la proteggeva, le sue gambe lunghe e affusolate e non potei fare a meno di avvicinarmi. Sollevai la coperta e ne scorsi le rotondità, l'accarezzai e nel profondo fui assalito dal desiderio di colpirla. Una, due, tre, forse quattro volte la percossi. Un senso di eccitazione e di piacere mi salì lungo il corpo. Poi, all'improvviso, mi resi conto di quello che era successo. Scappai con la paura che qualcuno mi avesse visto ma allo stesso tempo appagato dall'accaduto. Quella fu la mia prima esperienza con una batteria...”

Ecco un lavoro che fa fiorire fantasie dentro in testa: si chiama “Da Spunda” (ed. Visage, 2016 - distr. Materiali Sonori) e l'ha fatto Gigi Biolcati, cinquant'anni appena fatti, batterista pentito - questo l'ho letto da qualche parte. Una strada molto lunga di collaborazioni, ma questo è il suo primo lavoro da solo. Quando l'ho preso, al banchetto dopo un concerto di “Bella ciao” (nello spettacolo - e in Banditaliana, il gruppo fondato da Riccardo Tesi - Gigi è il percussionista), mi immaginavo che il cd fosse una cosa strana, e questa mia impressione è stata confermata già durante il primo ascolto.
Gigi Biolcati

Il cd è una cosa strana, vi dico. Innanzitutto perché è un lavoro imprendibile. Imprendibile perché non se ne distinguono i contorni - che non ci sono -, perché non parla ufficialmente di sé ma galleggia a mezz'aria in un silenzio stampa senza indicazioni. Perché ha un inizio e una fine ma non si sa precisamente da che parte cominciare, né dove poggiano i piedi, né dove si va a finire. Perché in ogni singolo momento ciascuna canzone sembra un qualcosa di familiare (ma si corre a vuoto nei corridoi dei nostri archivi sonori personali in cerca di una traccia, di uno scampolo: sono tutti scherzi, trappole, buche scavate sulla strada e cartelli di deviazione messi apposta) che presto si trasforma in un qualcos'altro che familiare non è, e sorprende, e spiazza.
Cosa strana perché dentro vi accadono un sacco di cose, perché l'intero lavoro è stato immaginato e messo in piedi e realizzato con cumuli enormi di suoni, materiali, oggetti, suggestioni, idee raccolte in anni di incontri, di viaggi, di apprendimento e scambio. Cosa strana perché qui dentro certi strumenti sono adoperati in maniera bizzarra, e suonano e fanno rumore di conseguenza. Cosa strana perché ricca di tante e tante influenze, così che un momento ti sembra musica di una qualche Africa e invece è una pianura padana reinventata in mezzo al mare, ci sono le montagne così vicine che pare di toccarle. E poi poco dopo c'è un altro momento che pregusti come esotico e d'altri tempi - tipo un David Van Tieghem unplugged e canterino, per dire - e invece c'è Google Maps che ti indica che non è New York e ci sono le mondine vercellesi giusto dietro l'angolo della piazza del paese: è adesso, ci arrivi a piedi, fa' presto.
L'intero lavoro è attraversato da una grande immensa sconfinata gioia. Ascoltando, si capisce che nel disco sono finite registrazioni dal vivo e naturali (nel senso di: registriamo il suono così come accade, senza manipolarlo) accanto ad altre più elaborate e stratificate, artificiali sì ma senza strafare, senza perdere umanità, calore e colore. Questo accorgersi aggiunge sfumature piacevoli alla confusione e al gioco di disorientamento complessivo del lavoro: se si sta al gioco, è bello perdersi nel groviglio e farsi sopraffare dalle ondate cercando di inseguire i suoni. Pensi che quello che ti entra dentro provenga da chissà quanto lontano, e invece è un pezzetto del tuo cuore che fa rumore: lo stai toccando con la punta delle dita, gli fai il solletico e ti viene da ridere.

Contatti: www.gigibiolcati.it
La copertina del cd di Gigi Biolcati Da Spunda

Non un uomo né un soldo

Poche parole. Si era nel gennaio e febbraio 1991, alla fine dell'escalation di eventi che avevano portato all'operazione Desert Storm. Stefano Giaccone, Lalli e Toni Ciavarra avevano raccolto in poche ore una manciata di canzoni per dire ancora una volta no alla guerra. Era stata fatta una cassetta a nome Stefano Dellifranti (+ Lalli e Toni), titolo “Non un uomo né un soldo”, messa in circolazione in poche copie di fattura casalinga, invitando a copiare e diffondere.
Un messaggio in bottiglia, come si fa da sempre, affidato al mare con la speranza che non arrivi sulla spiaggia sbagliata.

La copertina della cassetta di Stefano Dellifranti
(+ Lalli e Toni) Non un uomo né un soldo

Su suggerimento dello stesso Stefano Giaccone, cercando di mantenerne intatta l'ispirazione originaria, stella*nera (in collaborazione con Dethector e l'editore Bruno Alpini) mette in circolazione adesso un cd-r ricavato da un nastro di prima generazione amorevolmente e rispettosamente trasferito in forma digitale.
Non è importante la lista delle canzoni. Lo è che siano cantate ancora, che ci tocchi cantarle ancora. Diffusione sotto l'orizzonte, niente prezzo né bollini, offerta libera.

Info e contatti: stella_nera@tin.it

Marco Pandin
stella_nera@tin.it