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				 pedagogia libertaria 
                  
                Un arcipelago di esperienze 
                  
                testo e foto di Giulio Spiazzi 
                    
                Da anni la Rete per l'Educazione Libertaria costituisce un punto di riferimento importante per le numerose realtà impegnate in nuovi percorsi educativi. Lo scorso settembre si sono tenuti ad Osimo (Ancona) due appuntamenti stimolanti.  
                 
                
                   
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                    |   Un momento del Seminario della Rete per l'Educazione  Libertaria tenutosi alla scuola libertaria Serendipità  di Osimo (An). (Tutte le foto che illustrano questo  dossier sono state scattate ad Osimo-An)  | 
                   
                 
                 Le scuole in libertà 
                   
                  testo e foto di Giulio Spiazzi 
                   
                  Il 19 settembre si è svolto a Osimo (Ancona) il secondo seminario della Rete per l'Educazione Libertaria. Eccone un resoconto. 
                 Da lontano, la cittadina di Osimo sembra un'isola emersa dalle 
                  onde multicolori delle dolci colline marchigiane. E tale immagine 
                  di viaggio si abbina presto con i contenuti espressi nel corso 
                  del secondo seminario e del sesto incontro nazionale della Rete 
                  per l'Educazione Libertaria, svoltisi nelle giornate di sabato 
                  19 e domenica 20 settembre 2015. 
                  Si menziona la metafora dell'isola, accostata agli eventi culturali 
                  della REL, in quanto la “Rete”, a tutt'oggi, si 
                  presenta sempre più come una realtà variegata 
                  e complessa, in costante divenire, dai contorni partecipativi 
                  simili ad un “arcipelago” (dunque ad un insieme 
                  di isole in volontario collegamento) di idee, progetti, realizzazioni. 
                  Veniamo ai fatti. 
                  L'appuntamento annuale di quest'anno può a ben ragione 
                  dirsi l'occasione privilegiata per restituire, a chi è 
                  interessato alla ricerca educativa libertaria, una traccia chiara 
                  di tutto il lavoro di fitto contatto e di sincere relazioni 
                  portato in essere silenziosamente nel corso degli anni da chi 
                  vive e frequenta la REL come progetto (anche) politico, d'assieme. 
                  Il dato che tra le campagne ed il centro città di questo 
                  ennesimo gioiello storico-architettonico-naturalistico dell'Italia 
                  centrale (ovvero Osimo) abbiano colloquiato, con fare di reciproca 
                  “intesa nelle diversità”, rappresentanti 
                  delle comunità auto-educanti di realtà da anni 
                  presenti nella Penisola, con nuovi ambienti educativi approdati 
                  con visione di percorso al mondo variegato della REL, testimonia 
                  la forte volontà e determinazione, finalmente presente 
                  anche in questo Paese, di rafforzare e ampliare quel sentire 
                  libertario in campo educativo, iniziato nella pratica un decennio 
                  fa e che vede finalmente coinvolti tutti “i punti cardinali” 
                  geografici d'Italia. 
                  Un breve elenco può da subito mettere in luce la preziosità, 
                  la valenza e la prospettiva d'orizzonte di questa consistente 
                  “emersione” di “terre educative”. Kether 
                  a Verona, I Saltafossi a Bologna, Mareggen a Genova, 
                  Serendipità ad Osimo, Urupia a Francavilla 
                  Fontana nel Salento, Ubuntu ad Abbiategrasso, I prataioli 
                  a Pavullo, la Scuola senza Scuola a Modena, la Scuola 
                  Libertaria ad Assisi, Selva in Val Camonica, e le 
                  partenti Bamborin di Milano, Mandala della Bassa 
                  Valtellina e I Pissacani di Padova, oltre a situazioni 
                  d'interesse, espresse da singoli individui e da gruppi che si 
                  stanno chiedendo come poter realizzare nel proprio contesto 
                  un primo passo concreto per poter esprime una realtà 
                  auto-educante libertaria. Insomma, ciò che salta evidente 
                  è che, dopo anni di tenace lavoro, l'arcipelago REL si 
                  sta espandendo, mantenendo viva e vivace la costante attenzione 
                  dialogica sui presupposti da cui nasce. 
                  Le presentazioni in cerchio di sabato 19 ottobre, concretizzano 
                  e rafforzano ulteriormente la sensazione di diffusione dell'interesse 
                  per questo fare auto-formativo. Genitori, educatori ed educatrici 
                  provenienti da Reggio Emilia, Iesi, Noto, Perugia, Fano, Torino, 
                  come pure dal Brasile e dalla Spagna guardano con interesse 
                  i temi proposti dalla giornata di seminari “interni”, 
                  che vede coinvolti anche insegnanti della scuola di stato e 
                  ragazzi, ormai maturandi diciottenni, dell'ex Kiskanu 
                  di Verona. I temi proposti dai sei gruppi di lavoro che presto 
                  scompongono e riorganizzano spontaneamente l'assemblea iniziale 
                  sulla base d'interessi, curiosità e voglia di testimonianze 
                  vive, trattano i seguenti argomenti: 1) “Il doppio 
                  binario: come coniugare l'esperienza auto-educativa libertaria 
                  e le richieste dell'istituzione statale (esami, programmi, certificazioni, 
                  ecc.)” promosso da Francesco Giordano, Giulio Spiazzi 
                  e tre ex studenti di Kiskanu-Verona; 2) “Postura 
                  non adultocentrica dell'accompagnatore/trice”, condotto 
                  da Gabriella Prati e dalle accompagnatrici de I Saltafossi 
                  di Bologna; 3) “La gestione del conflitto”, con 
                  Francesco Codello e Thea Venturelli della realtà auto-educante 
                  di Urupia; 4) “L'avvio di un'esperienza di scuola 
                  libertaria” promosso da Mara Melotti e dalle educatrici 
                  de I Saltafossi e di altre realtà in movimento; 
                  5) il “Rapporto con i genitori”, gruppo di scambio 
                  di esperienze per accompagnatori/trici, condotto da Emily Mignanelli 
                  e Veronica Pacini della scuola libertaria di Osimo Serendipità; 
                  6) “Essere genitori in un'esperienza di scuola libertaria” 
                  come gruppo di lavoro aperto per genitori che si vogliono raccontare. 
                  Il fitto studio frazionato, si snoda per l'intera mattinata 
                  di sabato 19 settembre, per proseguire poi intensamente (dopo 
                  una doverosa e accogliente pausa pranzo) nel pomeriggio e concludersi 
                  alla fine in assemblea plenaria, con le ragionate restituzioni 
                  collettive messe all'ascolto da “oratori spontanei e intra-seminariali”, 
                  non posti in “ordine di cartello”, appartenenti 
                  ai vari nuclei di partecipazione. [...] 
                
                L'importanza del dialogo 
                Veronica Pacini, che con Emily Mignanelli costruisce quotidianamente 
                  (tramite un tessuto di sensibilità e relazione costante 
                  con gli adulti genitori – caratteristica prima di Serendipità), 
                  la realtà auto-educante ospitante di Osimo, ha portato 
                  come voce d'assieme il contributo di seminario sintetizzato 
                  in un pamphlet disegnato gradualmente durante il confronto 
                  dialogico, parlando di ciò che si è elaborato 
                  nel laboratorio d'incontro dedicato ai rapporti con i genitori: 
                  “Come primo passo, abbiamo messo in comune sul tavolo 
                  di discussione, le varie esperienze e le preoccupazioni legate 
                  a questo tipo di rapporto che intrinsecamente genera delle difficoltà, 
                  sia negli educatori che nei genitori, in quanto esistono innegabilmente 
                  dei ruoli diversi. Al centro ci sono i bambini che sono 
                  i beni più preziosi dei genitori e quindi c'è 
                  molto lavoro da fare su entrambe le sponde. 
                  Il nostro punto di partenza è stato: “Non siamo 
                  Summerhill” (scuola democratica anglosassone fondata da 
                  Alexander Sutherland Neil, ndr), quindi i genitori non 
                  possono essere esclusi completamente dalla partecipazione alle 
                  dinamiche della comunità auto-educante. Dunque, come 
                  si può gestire un rapporto il più possibile sano 
                  e sereno tra le parti in relazione? 
                  Siamo così partiti un po' dal prima di iscrivere 
                  i bambini a scuola e abbiamo analizzato due situazioni che accadono 
                  quando si apre una realtà come quelle riunite nella REL: 
                  la scuola che parte dai genitori e la scuola che 
                  si muove dagli educatori. 
                  Questo fatto pone problemi diversi rispetto a tale tipo di rapporto. 
                  Per noi, la scuola che parte dai genitori, iniziando appunto 
                  da genitori, è forse anche più difficile dell'altra. 
                  Distinguere i ruoli e capire “cosa possa decidere il gruppo 
                  dei genitori” e “cosa il gruppo degli educatori”, 
                  è innanzitutto osservare e comprendere come gestire questa 
                  relazione. 
                  La competente esposizione di Veronica su uno dei gangli più 
                  accesi e discussi dei rapporti interni ad un cammino libertario 
                  auto-educativo, si situa anch'essa sul salutare confine del 
                  dubbio: “Chiaramente non ci sono alla fine uscite delle 
                  risposte, ma delle riflessioni. La necessità più 
                  forte è quella di chiarire prima; e quindi di distinguere 
                  i ruoli. Che cosa decide il gruppo dei fondatori, se è 
                  costituito dai genitori? Ma poi, dopo tale presa d'iniziativa, 
                  cosa decide l'equipe di educatori? Il “piano pedagogico-umano”, 
                  a chi compete? A chi sta con i bambini tutti i giorni? Al gruppo 
                  fondatori? Ai genitori? 
                  Insomma, il lavoro da fare è probabilmente quello di 
                  discutere e ridiscutere tanto per individuare le responsabilità 
                  e fare tutti un “atto di umiltà” per stare 
                  dentro al proprio ruolo e non invadere quello altrui. 
                  La seconda situazione riguarda invece, tramite queste analisi, 
                  quella di una scuola che nasce dagli accompagnatori. “Qui 
                  abbiamo fatto assieme svariate considerazioni”, afferma 
                  Veronica Pacini di Serendipità “e abbiamo 
                  maturato l'idea (magari poco piacevole ma obbligata dalle risultanze 
                  sovente distruttive già sperimentate, che regolarmente 
                  colpiscono i gruppi d'aggregazione) di vari stop, vari 
                  biglietti d'ingresso. Da una parte ai “genitori 
                  modaioli”, perché a tutte le persone che hanno 
                  lavorato in questo nostro gruppo di discussione è capitato 
                  d'incontrare l'interesse da parte di famiglie che volevano semplicemente 
                  la “scuola alternativa”, che adesso va tanto di 
                  moda”. 
                  “Insomma, quindi ci si è chiesti: come riconoscerli? 
                  Come arginare questa cosa? Perché, nella quotidianità, 
                  questo fattore è come una bomba. Infatti se la motivazione 
                  non è forte ma è solo una motivazione di facciata, 
                  solo per dire: “Nostro figlio va alla scuola libertaria”, 
                  possono esplodere dei problemi da un momento all'altro, che 
                  danneggiano gravemente tutto l'ambiente di sensibilizzazione”. 
                  [...] 
                  “Bisogna impegnarsi a capire bene dove vogliono andare, 
                  che cosa stanno cercando queste famiglie e se noi siamo la risposta 
                  ai loro bisogni. Dunque, questa scelta come farla? È 
                  quindi emersa la visione di tutti che il gruppo degli accompagnatori 
                  debba avere ben chiaro che cos'è la propria scuola, che 
                  pure essendo sempre una “cosa in movimento, in divenire”, 
                  sappia dire intanto cosa non è; e questo, potrebbe 
                  già essere un buon punto di partenza. E poi, avere una 
                  chiarezza sul “patto educativo”, quindi dire: “Bene, 
                  genitori, la nostra scuola è così e così, 
                  i bambini hanno la libertà di scegliere queste cose; 
                  hanno diritto al tempo, all'apprendimento svolto in un certo 
                  modo, ecc.”. Dunque, essere molto chiari, cosa che a volte, 
                  soprattutto all'inizio, magari non lo si è sufficientemente 
                  e si dice: “prendiamo questo e quello” perché 
                  intanto abbiamo bisogno di genitori, di famiglie e di bambini. 
                  Ma ciò in realtà non funziona. Meglio dunque essere 
                  solo in due ma, convinti, piuttosto che in duecento senza 
                  la comprensione di cosa si stia facendo”. 
                
                   
                     | 
                   
                   
                    |   La lunga preparazione della giornata  dei Seminari 
                  REL a Serendipità  | 
                   
                 
                Un cammino parallelo 
                Le restituzioni collettive assembleari proseguono con l'esposizione 
                  delle tematiche analizzate e discusse dal gruppo del “doppio 
                  binario”, ovvero del cammino in parallelo tra educazione 
                  libertaria e statale in ambito di richieste, strumenti e tentativi 
                  di reciproche comprensioni e collaborazioni. 
                  Con Francesco Giordano, membro fondatore della REL e, contemporaneamente, 
                  insegnante di lungo corso della scuola istituzionale, si è 
                  messa in rilievo quella possibilità d'incontro che una 
                  realtà auto-educante dovrebbe tenere sempre ben presente 
                  per poter lavorare incisivamente, con prospettive di progettualità 
                  estese nel tempo, sul proprio, specifico territorio. 
                  La comunità auto-educante libertaria non ha in sé 
                  come motivazione fondante, quella di nascere come “contrapposizione”. 
                  Essa è presente “nel mondo” dove i bambini/e 
                  crescono e non è avulsa dalle problematiche dello stesso. 
                  Perciò costituisce essa stessa una “piccola differenza” 
                  che colloquia con la “grande differenza” della scuola 
                  di stato. 
                  Molto pragmaticamente dunque la ricerca educativa libertaria 
                  dovrebbe quindi creare territorialmente un reale “percorso 
                  di contatto” con le persone che vivono nella scuola 
                  statale e che spesso “gestiscono” le indicazioni 
                  di futuro dei cammini di studio dei ragazzi/e. Questo (ancora 
                  una volta) incontro con le disponibilità e sensibilità 
                  presenti nelle pieghe della scuola dovrebbe nascere prima 
                  di tutti quei successivi passaggi tecnici (domande cartacee, 
                  scambio di modulistica, trattazione dei programmi/mappe concettuali, 
                  presentazioni d'esame, ecc.) che possono scandire annualmente 
                  i ritmi di vicinanza tra le due realtà auto-educanti 
                  ed educative, nella scelta parentale/genitoriale-istituzione 
                  certificante. 
                  Il dialogare, l'aprire un confronto con la “regola di 
                  Stato”, o meglio, (con i dirigenti scolastici in quanto 
                  persone), l'evitare lo scontro subitaneo con essa, rientra come 
                  “cerchio allargato” nella pratica libertaria del 
                  tessere “relazioni”. [...] 
                  Il seminario dedicato al “doppio binario” ha dunque 
                  messo a disposizione pure una relazione sugli strumenti pratici 
                  che una nuova realtà auto-educante deve conoscere ed 
                  “avere in mano”, nel momento in cui va a “bussare 
                  alla porta” della dirigenza scolastica di zona, dalla 
                  modulistica ai piani di studio collettivi e individualizzati, 
                  dai profili di presentazione dei ragazzi/e alle auto-valutazioni, 
                  ecc., mettendo dunque a disposizione degli interlocutori statali, 
                  con sicurezza e non con “sensazione di inferiorità” 
                  o, peggio, “sudditanza” tutti gli elementi di “splendida 
                  diversità”, che, anche dal punto di vista delle 
                  “carte parlanti”, della burocrazia d'iscrizione, 
                  una comunità libertaria di studi sa fornire per operare 
                  negli interstizi della “normalità scolastica”. 
                  [...] 
                
                   
                     | 
                   
                   
                    |   La felicità è un dondolo senza 
                  parole  | 
                   
                 
                L'importanza del tempo e dell'attesa 
                Insomma, in sintesi, un agire di stretto contatto che finalmente 
                  “ibrida”, “mescola”, “meticcia” 
                  nuove possibilità di lavoro comune, non più e 
                  solo teoriche ma operative, rivolte alla fine al bene dei giovani 
                  studenti, ove la loro innata e imprevedibile potenzialità 
                  creatrice non si senta più tarpata da un giudizio inappellabile 
                  calato dall'alto “dell'inavvicinabile adultità”. 
                  Il dato importante e portante della “controproposta” 
                  esistente nelle risultanze di un diligente cammino di studi 
                  libertario, formulato da ciò che “vogliono i bambini/e” 
                  rispetto a un programma stabilito da entità di dominio 
                  lontane dall'ascolto delle voci di chi vive effettivamente la 
                  “scuola”, passa anche attraverso ciò che 
                  “non vogliono”, ovvero sulla nostra accettazione 
                  di una loro “opposizione” anche allo studio e, di 
                  conseguenza alla tutela che la “scuola libertaria” 
                  deve saper fare di questo “sacrosanto diritto” espresso 
                  dallo studente-non studente. 
                  Rispettare dunque i tempi, vivere nella forza dell'attesa, 
                  rigettando l'angoscia per una mancata espressione di ciò 
                  che forse l'accompagnatore adulto si “aspettava” 
                  potesse provenire da un ragazzo/a coinvolto nel processo di 
                  auto-formazione, diviene estremamente salutare, per l'accompagnatore 
                  medesimo e ancor più per il suo “contatto-istituzionale”, 
                  affinché il grande lavoro di incontro non diventi un 
                  “gioco tra operatori”, tra “specialisti dell'educazione 
                  differenziata”. 
                  I “casi umani” di “renitenza allo studio” 
                  sono i migliori “maestri” per ogni accompagnatore 
                  libertario, insegnante, professore statale, ecc., e questo è 
                  bene sempre ricordarlo. 
                  Un ultimo elemento interessante di questo seminario di “ricerca 
                  d'intesa”, ha visto nella gradualità il 
                  fattore vincente di un percorso auto-educante libertario che 
                  sappia durare nel tempo. Una “scuola libertaria” 
                  non nasce dal giorno alla notte. Nella sua congenita imperfezione, 
                  cammina con il procedere di chi la frequenta. Non esistono formule 
                  magiche per crearla, la si fa e basta, dandosi tempo nell'errore 
                  e nella correzione lenta e costante, senza pensare che possa 
                  esserci mai un “modello sicuro” a cui appellarsi. 
                  Questo dovrebbe far pensare molti che chiedono: come si fa una 
                  “scuola libertaria”? Quali “tirocini” 
                  svolgere per arrivare ad essere accompagnatori libertari? Perché 
                  non proporre corsi di “formazione”? No, le comunità 
                  auto-educanti libertarie hanno bisogno di pratica costante nel 
                  tempo e sui territori, rimanendo salde ai propri “perché” 
                  di base, ma senza pensare che un giorno esse stesse possano 
                  diventare il nuovo paradigma di una “istruzione totale”; 
                  semmai esse chiedono, quello sì, di alimentarsi a piacimento 
                  del grande sogno utopico di una reale felicità dei giovani 
                  interessati a crescere nella/e cultura/e, in un orizzonte di 
                  disponibilità sempre più diffuso. 
                  Esse dunque restano estremamente oscillanti e insicure, nei 
                  metodi e nelle pratiche di riferimento per anni, senza pretese 
                  di essere già arrivate ad una certezza di “purezza 
                  libertaria”, concetto inevitabilmente e ontologicamente 
                  lontano dalle proprie, medesime premesse di formulazione. E 
                  tutto questo è salutare per chi vive e lavora all'interno 
                  e per gli stessi interlocutori delle scuole di stato. 
                  Il collettivo di dialogo accompagnato da Gabriella Prati de 
                  I Saltafossi di Bologna, che ha trattato il tema della 
                  “postura non adulto-centrica”, ha trovato nel passaggio 
                  dalle testimonianze nominali orali, alla sintesi scritta di 
                  un “abecedario delle sensazioni”, la comunicazione 
                  di studio alla collettività assembleare. 
                  Nel binomio di scambio ascoltare-ascoltarsi, partendo 
                  dalle storie personali, si è profilata nel “cerchio 
                  seminariale” dedicato a questo tema, l'importanza dell'identificazione 
                  di una posizione nella costruzione di una relazione. 
                  Partendo dunque da una situazione espositiva “a ruota 
                  libera”, in cui sorgevano via via potenti immagini, percorsi, 
                  rimembranze ed impressioni, a piccoli passi è maturato 
                  all'interno dell'intesa di gruppo, un bisogno di realizzare 
                  appunto relazioni “d'ascolto interno/esterno” 
                  [...] “premessa indispensabile affinché questo 
                  rapporto diventasse paritario, sufficientemente paritario, tra 
                  persone grandi e persone piccole”. Dunque, dopo una fase 
                  concreta di scrittura, di lettura e rilettura partecipata, si 
                  è arrivati ad un “riconoscersi” nelle parole 
                  così interiorizzate, rese consce negli individui e nel 
                  gruppo di tessitura dialogica “proprio perché fosse 
                  una testimonianza singolare nel senso del soggetto; perché 
                  è appunto il soggetto che è impegnato, in questa 
                  ricerca, in questa relazione”. [...] 
                
                   
                     | 
                   
                   
                    |   I gruppi di lavoro all'opera nel giardino di 
                  Serendipità  | 
                   
                 
                Lo spazio del bambino 
                La trattazione ha dunque convenuto che alla base di questo rapporto, 
                  deve esserci un chiarimento, una presa d'atto, un intento ben 
                  chiaro e definito all'interno del gruppo, tra accompagnatori 
                  e genitori, affinché si sviluppi una sincera collaborazione 
                  sperimentata nel quotidiano. Così discutendo, il seminario 
                  ha analizzato l'importanza dello spazio proprio del bambino, 
                  dal quale il genitore non sia comunque escluso, ma che ne sia 
                  complice, che possa quindi costruire un cammino educativo, assieme 
                  all'accompagnatore e al ragazzo/a (che comunque restano il binomio 
                  più prestante di questa relazione). 
                  Più interventi hanno riconfermato che la teoria del “fare 
                  un passo indietro” risulta essere l'espressione più 
                  evidente della fiducia che l'adulto può dare ad 
                  un bambino/a. Il bambino/a sa che cosa lo fa star bene, sa prendere 
                  decisioni se gli vengono effettivamente forniti gli strumenti. 
                  Dunque è stata sottolineata anche una sorta di “accompagnamento 
                  alla propria libertà”, dove, ad esempio, in assemblea 
                  la parola di un piccolo/a viene realmente ascoltata, cioè 
                  a tutti gli effetti “conta”. 
                  Nel corso dei confronti si è toccato quindi anche il 
                  problema della quotidianità organizzativa, ma pure “didattica”, 
                  di una realtà auto-educante. Il non smorzare la curiosità 
                  dei giovani studenti si sposa con il cercare di facilitare 
                  la stessa, vivendola come accompagnatore/trice che partecipa 
                  della scoperta del sapere, nel rispetto delle effettive tempistiche 
                  differenziate d'apprendimento. 
                  Nelle scuole “tradizionali”, dove purtroppo si privilegia 
                  il “ritmo serrato”, ciò avviene di rado e 
                  il “giocare a non far niente” è assolutamente 
                  non contemplabile. Ecco perciò che lasciare che i bambini/e 
                  e i ragazzi/e si possano “riappropriare della noia”, 
                  in funzione di crescita, diventa un altro fattore importante 
                  proposto dall'ambiente auto-formativo libertario. Come è 
                  dunque possibile, economicamente, burocraticamente, attuare 
                  una esperienza “dal basso” effettivamente libertaria? 
                  Il tavolo di discussione ha rimandato a varie considerazioni 
                  dettate primariamente dalle metodologie già nel tempo 
                  sperimentate: dall'autofinanziamento, alla scelta della forma 
                  associativa costitutiva, alla sede, ecc., per arrivare ad una 
                  crescita di consapevolezza personale e di gruppo tale da poter 
                  permettere ad ognuno di prendere dalle esperienze degli altri 
                  un qualcosa che possa rafforzare concretamente l'avvio di una 
                  scelta ben precisa e precisata. 
                  Alla fine, si è convenuto largamente che tale percorso, 
                  pur con le sue ripetute difficoltà, rafforza l'intesa 
                  e la determinazione degli accompagnatori stessi che, con la 
                  effettiva messa in gioco, con la pratica diretta sul territorio, 
                  attraverso tentativi, errori, messe in discussione, ecc., possono 
                  effettivamente arrivare a creare la propria esperienza educativa 
                  libertaria. 
                  Tutti gli interventi espositivi dei singoli gruppi d'intesa 
                  (riuniti in seminari tematici durante la giornata di sabato 
                  19 settembre), hanno avuto come corollario, una certa serie 
                  di domande e di ulteriori approfondimenti individuali e collettivi, 
                  sviluppati dai partecipanti della plenaria generale di fine 
                  lavoro. 
                  I seminari della REL, sono un lungo processo di approfondimento 
                  collettivo sulle tematiche dell'educazione libertaria, iniziato 
                  due anni or sono alla Scighera di Milano, che hanno trovato 
                  circa un anno fa nell'incontro con le nuove realtà aderenti 
                  alla Rete, presso il “fienile” di S. Lorenzo a Bologna, 
                  l'occasione per allargare la visuale d'azione e di pensiero, 
                  nell'orizzonte di “emersione dell'arcipelago” educativo 
                  libertario. 
                  Con la giornata di Osimo, costituente il secondo seminario, 
                  ai margini del VI incontro nazionale (di cui si parla nelle 
                  pagine seguenti), si è manifestata la volontà, 
                  sempre più partecipata, di proseguire negli anni con 
                  più appuntamenti contemplati nell'ottica di “studio 
                  di prospettiva integrale”, più che di stretta divulgazione. 
                 Giulio Spiazzi 
                  giuliospiazzi@gmail.com 
                
                
                   
                     | 
                   
                   
                    |   Il gruppo di lavoro di Francesco Codello e 
                  Thea Venturelli  | 
                   
                 
                 
                 
                  Uno sguardo pubblico 
                   
                  testo e foto di Giulio Spiazzi 
                   
                  Il 20 settembre si è poi svolto il sesto incontro 
                  nazionale della Rete per l'Educazione Libertaria. 
                 La facciata neo-rinascimentale del teatro “la Nuova 
                  Fenice” di Osimo si staglia all'improvviso lungo corso 
                  Mazzini, in piazza Marconi, nell'affascinante centro storico 
                  della cittadina marchigiana. La struttura di fine Ottocento, 
                  costruita dall'architetto Gaetano Canedi sulle “ceneri” 
                  del settecentesco stabile teatrale “la Fenice”, 
                  è attualmente il principale centro della vita culturale 
                  della città. 
                  E qui, in questa prestigiosa cornice, ha preso il via nella 
                  giornata di domenica 20 settembre 2015 il VI incontro nazionale 
                  della Rete per l'Educazione Libertaria. Intento peculiare degli 
                  interventi della giornata è stato quello di poter dare 
                  al pubblico di partecipanti una corretta informazione ed un 
                  “quadro di sentire” generale del movimento educativo 
                  libertario italiano che si riconosce nella storia, nelle logiche, 
                  nelle pratiche e nelle progettualità future della REL. 
                  Ad aprire l'incontro, davanti ad una platea che occupava i quasi 
                  duecento posti a sedere, le “padrone di casa” Emily 
                  Mignanelli e Veronica Pacini della scuola libertaria “Serendipità”. 
                  Con fare dolce, appassionato e inevitabilmente emozionato, sono 
                  state tracciate le indicazioni guida della giornata: 1) l'Introduzione 
                  storico-filosofica del pensiero libertario in ambito educativo, 
                  portata da Francesco Codello; 2) L'origine ed il presente della 
                  Rete per l'Educazione Libertaria con Maurizio Giannangeli, insegnante 
                  di scuola statale a Milano, co-fondatore della REL e Giulio 
                  Spiazzi co-fondatore di Kiskanu, della REL e della Piccola 
                  Scuola Libertaria Kether di Verona; 3) Vive testimonianze 
                  di ragazzi usciti da un lungo percorso di educazione libertaria 
                  presso Kiskanu-Kether di Verona; 4) Piccole presentazioni 
                  di alcune realtà educative libertarie aderenti alla REL 
                  (per avere un quadro aggiornato dell'attività della Rete 
                  in Italia). Ogni intervento, prevedeva anche una coda di domande 
                  aperte, generate dal pubblico del teatro. 
                
                   
                     | 
                   
                   
                    |   Durante le iscrizioni ai gruppi tematici  | 
                   
                 
                 
                
                   
                     | 
                   
                   
                    |   I cuochi di Serendipità in azione  | 
                   
                 
                Essere stranieri 
                Francesco Codello inizia il suo intervento, citando una frase 
                  di Albert Camus: “Capita a tutti di essere stranieri” 
                  qualche volta nella vita e, conseguentemente, “capita 
                  a tutti di essere ultimi nelle fila, nella corsa, così 
                  come è capitato a tutti di essere stati bambini e bambine”. 
                  E dice questo per riportare immediatamente l'attenzione del 
                  numeroso pubblico del teatro al “senso della memoria”, 
                  al “non dimenticarsi dell'altro come bambino/a”, 
                  riferendosi drammaticamente all'immagine scioccante di Aylan, 
                  piccolo profugo siriano morto, abbandonato sulle spiagge della 
                  Turchia, testimonianza palese di una distanza incolmabile, generata 
                  dalla dimenticanza nei confronti del proprio simile in difficoltà 
                  e, in specie, dell'altro in quanto “piccola” persona. 
                  Tolstoj, grande scrittore, ma pure grande educatore, nel “non 
                  dimenticare che ciascuno di noi è stato - e in parte 
                  rimane, resta - bambino/a”, dice Codello, fu il primo 
                  a sperimentare nella pratica ciò che oggi noi chiamiamo 
                  Educazione “Libertaria”, che è un sinonimo 
                  di “Anti-autoritaria”. Nei tre libri dell'autore 
                  russo, Infanzia, Adolescenza, Giovinezza, narranti “tre 
                  storie di se stesso”, (dunque, ben lungi dall'essere “manuali 
                  educativi”), Tolstoj ha reso palese quell'arte 
                  e non quella scienza, o peggio quella tecnica, che nell'educazione 
                  è l'empatia, cioè quella capacità 
                  e sensibilità di “contatto” dimostrata nei 
                  riguardi di chi ci sta di fronte (bambino/a), maturata proprio 
                  nel ricordo di “ciò che pure noi siamo stati nei 
                  gesti e nelle sensazioni”, ed espressa chiaramente nella 
                  relazione educativa anti-autoritaria. 
                  Codello continua il tracciato storico e di pensiero, sottolineando 
                  inequivocabilmente ciò che è provenienza, 
                  “radice” del movimento libertario, per rendere tutti 
                  coscienti del “dove ci si trova” e con “chi 
                  ci si trova” quando si partecipa ad un incontro nazionale 
                  della REL. “Siamo dentro ad una storia, una storia profonda 
                  di cui andiamo fieramente orgogliosi e di cui sentiamo però 
                  anche la responsabilità”. Una consapevolezza 
                  di cammino radicalmente lontana dal turbine effimero delle “mode” 
                  e che ha le sue sorgenti prevalentemente nel pensiero anarchico, 
                  ma sostiene Francesco Codello “per fortuna non solo in 
                  esso”. 
                  La carrellata che scaturisce dall'autore di “testi-miliari”, 
                  quali La buona educazione, Né obbedire, né 
                  comandare, o, il recentissimo La campanella non suona 
                  più, trascina la platea del teatro La Nuova Fenice, 
                  in un excursus storico e di pensiero che parte dal 500 
                  a.C., dalla Persia di re Dario, per giungere fino ai giorni 
                  nostri. 
                  Nella interessantissima disamina viene illuminata probabilmente 
                  una delle prime chiavi di lettura da cui origina il pensiero 
                  libertario in ambito antico: “il Saggio Otanes” 
                  [interessante ed enigmatico il “gioco di lettere”, 
                  n.d.a.], “interpellato da altri saggi su quale forma di 
                  governo sarebbe opportuno appoggiare” per gestire la società 
                  degli uomini liberi, risponde serenamente “io non partecipo 
                  a questa discussione, non partecipo a questa gara, non voglio 
                  né comandare, né obbedire”. 
                  Ed in questo “monito innocuo”, si ritrova la “presa 
                  di coscienza basilare” che ciascun educatore (e non solo, 
                  ma ogni persona avente la possibilità di esercitare un 
                  “potere” nell'ambito di un rapporto) dovrebbe avere 
                  ben a mente nel momento cruciale di una “scelta” 
                  sia nei confronti degli “altri” che verso “se 
                  stessi”. 
                  Con forza discorsiva e risolutezza, Francesco Codello affronta 
                  incalzante il trinomio (filosoficamente e ideologicamente sempre 
                  rischiosa preda di fraintendimenti) delle parole/concetto: libertà, 
                  potere, autorità. 
                  Da qui si è snodata coerentemente la logica dotta del 
                  relatore, capace di evidenziare ed intrecciare sviluppi di pensiero 
                  con aneddoti, nomi “sacri” o poco conosciuti, del 
                  fitto universo (purtroppo, in Italia, ancora poco sondato) del 
                  movimento anarchico e libertario mondiale, che hanno “con 
                  le loro vite” ed anche “con il loro sangue” 
                  permesso che la “rivoluzione dell'uomo libero” potesse 
                  nei secoli e nei luoghi resistere, sopravvivere e dare un orizzonte 
                  di speranza alla persona, senza venire cancellata, annichilita, 
                  violata dalle temporanee e devastanti “rivoluzioni dell'uomo 
                  nuovo” che hanno intellettivamente e purtroppo anche fisicamente 
                  “macellato” menti e corpi di milioni di individui 
                  più o meno consapevoli, tra cui inevitabilmente 
                  decine di generazioni di bambini/e, ragazzi/e e di giovani (ne 
                  sono state e ne sono piene le trincee e le città rase 
                  al suolo durante i conflitti mondiali e oggi quelle degli “squartatoi 
                  a cielo aperto” delle guerre a-simmetriche, n.d.a.). 
                
                   
                     | 
                   
                   
                    |   Da destra a sinistra: Bruno, Sabrina e Irene,  ex alunni 
                  di Kiskanu-Kether  | 
                   
                 
                 
                
                   
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                    |   Al tavolo di lavoro con Gabriella Prati  | 
                   
                 
                Scelta e dominio 
                È dunque stata ben delineata una critica serrata al 
                  concetto di libero arbitrio, alla possibilità 
                  di scelta “incondizionata”, alla inevitabile 
                  “discesa agli inferi” del potere che in troppi casi 
                  si declina in dominio, ove le relazioni tra persone subiscono 
                  una distorsione nel senso della gerarchia e della ineguaglianza 
                  di rapporto, ove si elegge lo spazio del comando-obbedienza, 
                  terreno di coltura dei sistemi di prevaricazione tra gruppi 
                  sociali che in ambito educativo, come ha ben illustrato 
                  Colin Ward, (uno dei “Maestri dichiarati” di Francesco 
                  Codello), si traduce nell'immagine che risolve con bellezza 
                  di visione, l'opposizione saper fare-saper far fare, 
                  ovvero: “vaso, creta o fiore?” (vaso-creta: nel 
                  loro inoculare-versare-riempire; modellare a propria 
                  immagine-plasmare, dunque agire nel campo del dominio; versus 
                  - fiore: lasciare che una persona sia ciò che è 
                  come un fiore che cresce spontaneamente al quale si può 
                  al limite preparare il terreno ove potrà svilupparsi 
                  al meglio - e qui siamo nel cammino della libertà 
                  e della autonomia). 
                  La galleria di volti che nelle varie suggestioni espositive 
                  è stata messa a disposizione degli attenti ascoltatori, 
                  è passata così da Godwin a Goodman, da Nietzsche 
                  al “rigido” Kant, da Michail Bakunin a Francisco 
                  Ferrer Guardia e poi inconsuetamente da Parmenide ad Heidegger, 
                  per ritornare a Paul Robin e Louise Michel a Sebastien Faure 
                  e Madeleine Vernet, da Jean Wintsch ad Alexander Neill, per 
                  terminare compiutamente nel ricordo (sempre commovente) di testimonianza, 
                  della scelta “sacrificale” di un “giusto” 
                  dell'umanità (e del pensiero e della pratica auto-educante 
                  libertaria), ovvero del “Maestro Janusz Korczak”, 
                  che seppe essere l'incarnazione dell'uomo libero, assieme 
                  ai suoi giovani alunni, nel momento in cui “l'uomo nuovo” 
                  assoluto accendeva le fiamme di sterminio di Treblinka. Un intervento, 
                  quello di Francesco Codello, sempre all'altezza degli impegni 
                  e delle situazioni di spessore culturale nazionale. 
                  L'intensa mattinata marchigiana, è proseguita con la 
                  presa di parola di Maurizio Giannangeli che ha tratteggiato 
                  con usuale capacità e passione il quadro d'assieme in 
                  cui si muove la Rete per l'educazione libertaria. “La 
                  relazione si nutre di presenze” afferma Giannangeli “e 
                  le presenze sono corpi reali”; la REL dunque che 
                  non ha neanche una formalizzazione giuridica, uno statuto giuridico, 
                  è una associazione di persone fisiche, concrete, che 
                  partendo da motivazioni interiori, da un desiderio profondo, 
                  ha dato vita, da alcuni anni, ad un soggetto reale che 
                  tenta con le proprie forze e con le proprie capacità, 
                  di divulgare, diffondere, mettere in contatto, in relazione, 
                  le esperienze di pratiche auto-educative libertarie. 
                  Giannangeli prosegue sottolineando il lavoro di tessitura, 
                  di raccordo tra gruppi, di presa di contatti, che è proprio 
                  alla REL. I seminari che organizza la REL, come quelli svolti 
                  a Milano e a Osimo, mettono in chiaro che nessuno, da singolo 
                  o in assieme, si propone come “esperto”, “formatore”, 
                  divulgatore di un “ricettario” sul come “dev'essere 
                  l'educatore libertario”. Ciò che chiede la Rete 
                  a chi ne vuole far parte è invece un “momento di 
                  auto-formazione”, dove gruppi e individui che si sono 
                  “messi in moto” per creare situazioni auto-educanti, 
                  possano incontrarsi, confrontarsi, portare i loro dubbi, le 
                  difficoltà e la testimonianza costruttiva delle riuscenti 
                  (o fallimentari) realizzazioni, per rafforzare comunemente le 
                  pratiche educative che si vivono con i bambini/e. “La 
                  dimensione è fortemente contestuale”, afferma Giannangeli 
                  “quello che è in gioco in queste esperienze è 
                  proprio una volontà trasformativa del mondo e 
                  anche di sé stessi e quindi una messa in gioco di ciascuna 
                  e di ciascuno di noi”. [...] 
                
                   
                     | 
                   
                   
                    |   Veronica Pacini di Serendipità 
                  illustra il pamphlet  prodotto nel gruppo di lavoro dedicato 
                  ai genitori  | 
                   
                 
                “Il progetto ha valenza politica” 
                In conclusione, è stato marcato il dato di fatto che 
                  “La REL esiste perché esistono queste esperienze 
                  e non viceversa”. Il progetto ha dunque una forte valenza 
                  politica: il modello di scuola che costruisce se stessa in funzione 
                  di integrare e inserire il soggetto che apprende nella società 
                  “così com'è”, è radicalmente 
                  agli antipodi del cammino aggregativo delle realtà della 
                  REL, che viene svolto seguendo esattamente il processo inverso. 
                  Sono infatti i gruppi auto-educanti che “chiedono alla 
                  società di adattarsi alla trasformazione dei soggetti, 
                  alla capacità di mutamento continuo che i soggetti mettono 
                  in campo per non essere l'uomo nuovo ma per essere una 
                  persona che ha la possibilità di manifestare una 
                  proprietà di sé, di far scaturire una auto-nomos, 
                  una possibilità di auto-determinarsi non nel senso egoistico 
                  del libero arbitrio, del supposto “fare ciò che 
                  si vuole”, ma di una libertà che è sempre 
                  condizionata, in un contesto d'intesa”. La REL dunque 
                  ha confermato la propria “distanza” dalla Carta 
                  del Consiglio Europeo che perentoriamente delinea la “missione” 
                  della scuola sulla pelle dei giovani, ovvero che invita gli 
                  operatori e le istituzioni a “formarli” ed a “inserirli” 
                  nella società così com'è. [...] 
                 Giulio Spiazzi 
                  giuliospiazzi@gmail.com 
                 |