rivista anarchica
anno 45 n. 404
febbraio 2016


Spagna

Dopo le elezioni

di Manuel Amador


Al di là delle grandi novità del voto politico del 20 dicembre (a partire dal 20% di Podemos), resta la sostanziale illusione che le urne possano portare chissà quali cambiamenti.


Dopo le recenti elezioni è cambiato il panorama politico nel parlamento spagnolo. In questi ultimi anni le classi popolari hanno sofferto le terribili conseguenze della crisi economica, un motivo-pretesto per ridurre drasticamente le conquiste dei lavoratori degli ultimi decenni. In risposta le mobilitazioni in strada sono state costanti e numerose, ma i potenti e classici partiti politici (PP, Partido Popular, di destra e PSOE, Partido Socialista Obrero Español, di centrosinistra) che si sono alternati al governo da molti anni non hanno considerato minimamente le rivendicazioni del popolo. E adesso si trovano in una situazione nuova e complicata.
Per la prima volta dagli inizi della transizione politica, iniziata a fine 1975 con la morte del dittatore Francisco Franco (al potere per quasi 40 anni), PP e PSOE devono fare i conti con una legislatura nella quale nessuno dei due ha la maggioranza assoluta. E nemmeno una maggioranza semplice così ampia da permettere un governo stabile. Inoltre i due partiti non comprendono né accettano davvero la classica divisione tra i poteri esecutivo, legislativo e giudiziario. Quando nella sede legislativa non c'è una forza politica che possa nominare da sola il potere esecutivo, in teoria, i distinti poteri sono più indipendenti. In effetti i politici devono giungere ad accordi con altre forze per definire i componenti dell'esecutivo. Si tratta di una norma di base, nei sistemi democratici, quella che prevede la separazione tra legislativo ed esecutivo, ma i parlamentari delle forze tradizionali non riescono a farsene una ragione e si trovano alquanto disorientati e non sanno come uscirne.
I risultati elettorali assegnano al PP 123 deputati, molto lontani dai 176 necessari per la maggioranza (ne avevano 186 e hanno perso più di 3.600.000 voti); il PSOE ottiene 90 posti alle Cortes, con il peggior risultato dal 1977 perdendo circa 1.500.000 voti; Podemos, formazione radicale di sinistra e fondata a partire dalle mobilitazioni del 15 Maggio del 2011, entra con forza con 69 congressisti superando i 5.000.000 di preferenze. (Si presentarono per la prima volta alle europee raccogliendo un notevole risultato. Nelle municipali del maggio scorso conquistarono, uniti con gruppi locali, città cruciali come Madrid, Barcellona, Cadice, Saragozza); Ciudadanos, di nuovo conio, di destra quasi come il PP, ma senza la corruzione, ha ottenuto 40 seggi sulla base di quasi 3.500.000 schede. IU (Izquierda Unida), dove si trovano i comunisti tradizionali, ha avuto solo due rappresentanti anche se ha raccolto più di 900.000 voti. IU è stata penalizzata dalla legge elettorale che ha favorito i partiti più grandi, a cominciare dal PP per il quale sono stati sufficienti poco più di 50.000 schede per conquistare un deputato.
Da rilevare che la percentuale degli astensionisti si è ridotta passando dal 27 al 23%. Questo dato è collegabile con la maggior “offerta” costituita dai due nuovi partiti, Podemos e Ciudadanos. Malgrado l'enorme perdita di voti, sorprende come il PP risulti il più votato (col 28%) anche se si è scoperta da tempo una corruzione generalizzata nelle sue fila. Vari ministri sono stati processati e condannati, tra cui il vicepresidente Rodrigo Rato o l'ex tesoriere che disponeva di un conto personale in Svizzera di 38 milioni di euro. Alcuni sono stati condannati e sono finiti in carcere.

Il successo di Podemos

Molti dei leader della nuova formazione provenivano da Izquierda Unida, il tradizionale feudo dei comunisti spagnoli, e si organizzarono attorno e dopo le mobilitazioni assembleari del 15 Maggio 2011. (Anche se uno degli slogan più fortunati di quel movimento era: “I nostri sogni non entrano nelle vostre urne!”). Sono coloro che hanno meglio saputo trarre profitto politico, in termini di posti di deputati, mettendo da parte lo spirito assembleario e le sfumature libertarie che c'erano allo stato germinale nelle mobilitazioni popolari in centinaia di piazze spagnole, dove la gente si riuniva per protestare contro le politiche del capitale.
Le ragioni del suo consolidamento e crescita sono varie. Da una parte, le catastrofiche conseguenze della crisi economica, con centinaia di migliaia di famiglie che hanno perso la casa per gli sfratti conseguenti al mancato pagamento dei mutui bancari a causa della perdita del lavoro. Un'altra ragione è stata la politica di destra seguita dal governo: riforma restrittiva del lavoro, tagli alle spese pubbliche sociali, privatizzazione degli ospedali e della sanità pubblica. Inoltre nel campo educativo: un aumento molto elevato delle tasse universitarie e i tagli alle borse di studio. E ancora la ley mordaza (legge museruola) che rende impossibile protestare contro qualunque ingiustizia. Di fronte a tutto ciò l'opposizione politica tradizionale, il PSOE, non ha dato risposte adeguate. I giovani che terminano gli studi universitari sono forzati a emigrare in altri paesi perché in Spagna non trovano un posto di lavoro.
Il salto di Podemos, da zero a 69 deputati, senza nessun aiuto delle banche per la campagna elettorale, di tipo milionario verso i partiti più potenti, può avere il proprio fondamento non solo nello scontento popolare. Una base molto importante, e gratuita, sono state le reti sociali di internet molto usate dai giovani e che rendono più facile la diffusione dei messaggi politici. All'interno di queste nuove forme tecnologiche, si trovano i periodici digitali di libero accesso (gratuito) che in un certo senso sono i portavoce della nuova forza, come eldiario.es e Publico che non hanno edizione cartacea. Gli anarchici hanno confermato il loro tradizionale astensionismo, anche se qualche veterano militante libertario sui quaranta anni ha dichiarato nelle reti sociali di aver perso la verginità nelle urne di fronte all'impotenza – a loro avviso - nel cambiare, in modo antiautoritario, una situazione ingiusta e oppressiva.
Per capire meglio il fenomeno di questo nuovo partito, si tenga in conto il pensiero pratico di molta gente che pensa sia più efficace e immediato conquistare il potere politico nel parlamento per trasformare la società piuttosto che valorizzare le ormai lontane assemblee delle piazze e dei parchi, dei villaggi e delle città. Podemos ha quindi offerto a vasti settori sociali insoddisfatti e astensionisti una nuova, per quanto illusoria, possibilità di “contare di più”.

La politica è l'arte dell'inganno

L'investitura del nuovo presidente del governo si presenta complicata. Qualunque combinazione si faccia dei possibili patti tra i vari partiti, più o meno affini, nessuna raggiunge la maggioranza per gestire una legislatura stabile. Anche se potessero raggiungere un accordo, non sarà per loro facile realizzare la politica aggressiva e repressiva che i governi hanno seguito allegramente fino ad ora, basata sul privilegio delle grandi aziende e delle banche in particolare.
Ricordiamo che “In politica tutto è possibile”. Poiché essa è l'arte di ingannare, non sarebbe una sorpresa che nascano alleanze strane. Un esempio lo troviamo in Catalogna. Nel giugno 2011, mentre si approvavano nel parlamento regionale gravi tagli alle spese sociali, venne convocata una manifestazione di fronte al palazzo della Generalitat con lo slogan “Aturem el parlament” (“Circondiamo il parlamento”), un'iniziativa appoggiata dalla CUP (Candidatura di Unità Popolare), una forza anticapitalista, indipendentista e marxista radicale. Qui la gente insultava l'istituzione per la politica ingiusta che i politici catalani stavano approvando. Il clima era molto caldo e c'era tanta rabbia che il presidente della Catalogna, Arthur Mas, politico conservatore, dovette arrivare, per motivi di sicurezza, in elicottero alla sede del parlamento. La polizia intervenne e arrestò numerosi manifestanti, alcuni dei quali furono processati e condannati ad anni di carcere.
Alcuni mesi fa, nel settembre del 2015, nelle nuove elezioni del parlamento catalano, si formò una coalizione, chiamata Junts per Sì, e formata dalla CDC (Convergencia Democratica de Cataluna), il partito nazionalista conservatore, e dalla ERC (Esquerra Republicana Catalana) in nome dell'autodeterminazione e indipendenza della Catalogna. Questa coalizione non ottenne la maggioranza assoluta e ora la chiave è nelle mani della CUP che, con i suoi dieci deputati, può decidere l'elezione di Arthur Mas quale presidente. Esiste una certa possibilità di giungere ad un accordo, ma la situazione è molto fluida (L'Assemblea della CUP, alla fine di dicembre, si è divisa esattamente, e clamorosamente, a metà sull'appoggio all'elezione di Mas: 1515 contro 1515!). In gennaio i vertici della CUP hanno ottenuto il ritiro formale di Mas. In cambio hanno sottoscritto un accordo vincolante con Junts pel Sí in nome del proceso soberanista.
Visto il caso catalano, forse non è tanto impossibile un'insolita alleanza postelettorale in ambito nazionale. In questo senso alcuni esponenti del PSOE rifiutano un'eventuale accordo col PP, gestori del bipartitismo per decenni. Una possibile intesa PSOE-PP metterebbe in imbarazzante evidenza, anche per le menti più semplici e meno formate, che i due partiti non sono tanto differenti anche se in certi casi sembrano scontrarsi dialetticamente. Si capirebbe infine che essi rappresentano due facce della stessa moneta. D'altra parte, la possibile alleanza del PSOE con le forze di sinistra, come sembra sostenere il suo leader, Pedro Sánchez, significherebbe accettare il fatto che, sul piano delle deleghe politiche, la società spagnola ha optato per un cambiamento reale. Che margine di manovra avrebbe un governo di sinistra in un mondo globalizzato, le cui direttrici finanziarie provengono dall'esterno? Si verificherebbe una situazione simile alla greca: dopo aver vinto un referendum per non pagare il debito esterno, il governo si è sottomesso ai centri di potere europeo.

Manuel Amador

traduzione dal castigliano di Claudio Venza