Tra cultura maya e altre culture 
                  
                di Orsetta Bellani 
                    
                Breve viaggio nelle scuole zapatiste, che non applicano le direttive ministeriali. “La cosa principale nella nostra educazione è non uscire dalla politica e dal cammino della lotta zapatista, e dal rispetto di ogni comunità, della sua lingua e di tutto il resto”. 
                
                Sogna Antonio che la terra che lavora gli appartiene, sogna che il suo sudore è pagato con giustizia e verità, sogna che esiste una scuola per curare l'ignoranza e medicine per spaventare la morte, sogna che la sua casa s'illumina e la sua tavola si riempie, sogna che la sua terra è libera e la sua gente può governare e governarsi, sogna di essere in pace con se stesso e il mondo.1 
Subcomandante Marcos 
                ”Nella nostra scuola insegniamo il maya tzeltal e lo 
                  spagnolo. In questo modo le nuove generazioni possono comunicare 
                  in lingua nativa, ma anche parlare con altri popoli indigeni 
                  e con voi, i non indigeni”, spiega l'educatore Juan2. 
                  Indossa una camicia a quadri, dei jeans e un paio di stivali 
                  a punta – il look da cowboy tipico degli zapatisti- e 
                  non sembra curarsi del calore che offusca i contorni della montagna 
                  che s'intravede dalla finestra. 
                  Un raggio s'infila tra le assi di legno della scuola elementare 
                  autonoma zapatista della comunità 17 de Noviembre3, 
                  formando una striscia luminosa che divide le due file di banchi. 
                  Le pareti della piccola aula sono addobbate con i disegni dei 
                  bambini e i cartelli per imparare l'alfabeto, in cui alla lettera 
                  Z corrispondono il nome e il viso di Emiliano Zapata. Un disegno 
                  intitolato “l'umiliazione per la donna” elenca e 
                  rappresenta i vari tipi di violenza di genere. 
                  
                 Intuisco che la “guida”4, 
                  come gli zapatisti chiamano il programma scolastico, non ha 
                  nulla a che vedere con i piani ministeriali. L'idea dell'EZLN 
                  è che l'educazione debba conciliare gli insegnamenti 
                  della cultura maya con i saperi delle altre culture. Spiega 
                  Julio del Caracol de La Garrucha: 
                  “Stiamo cercando di capire come si relaziona la conoscenza 
                  con le 13 rivendicazioni della lotta zapatista. Non è 
                  che qualcuno da fuori ci deve dire come si relazionano, il popolo 
                  ha la conoscenza, il popolo sa molte cose e da lì si 
                  riscattano le conoscenze e i saperi. Abbiamo bisogno di conoscere 
                  la nostra storia, il nostro passato, l'educazione vera serve 
                  a questo. Nelle nostre scuole si studia anche la situazione 
                  nazionale, la situazione della nostra lotta, la vita dei nostri 
                  popoli. La cosa principale nella nostra educazione è 
                  non uscire dalla politica e dal cammino della lotta zapatista, 
                  e dal rispetto di ogni comunità, della sua lingua e di 
                  tutto il resto5”. 
                  
                 Il sistema educativo zapatista è nato sulle basi degli 
                  Accordi di San Andrés del 1996, che stabiliscono il dovere 
                  da parte dello stato di “assicurare agli indigeni un'educazione 
                  che rispetti e utilizzi i loro saperi, tradizioni e forme organizzative”. 
                  Gli accordi non vennero ratificati dal Congresso messicano e 
                  gli zapatisti crearono unilateralmente il proprio sistema di 
                  educazione autonomo, che oggi può contare su circa 500 
                  scuole6 in uno stato in cui, 
                  secondo l'Instituto Nacional de Estadística y Geografía 
                  (INEGI), nel 2010 il 43% della popolazione indigena era analfabeta7. 
                  Alla fine degli anni '90, spaventato dalla possibilità 
                  che l'Ejército Zapatista de Liberación Nacional 
                  (EZLN) potesse ampliare la sua base, il governo messicano iniziò 
                  a investire sull'educazione interculturale. Il modello proposto 
                  dallo stato non è però capace di integrare la 
                  partecipazione dei giovani indigeni e si basa sull'idea che 
                  i meticci appartengano a una cultura superiore e siano i depositari 
                  della conoscenza8. Gli insegnanti 
                  provengono dalla città, hanno una visione del mondo molto 
                  differente da quella degli alunni e spesso si rivolgono loro 
                  in un modo esplicitamente razzista, causando un senso di ripudio 
                  nei confronti dei maestri e del sistema educativo in quanto 
                  tale9. 
                  A prima vista si potrebbe considerare la strategia educativa 
                  del governo come un insuccesso, in realtà i risultati 
                  rispondono ai suoi obiettivi, che hanno a che vedere con la 
                  penetrazione e manipolazione della cultura indigena più 
                  che con la trasmissione della conoscenza. In questo senso, il 
                  sistema educativo viene utilizzato dal governo come una forma 
                  di controllo in funzione del mantenimento del potere politico10, 
                  attraverso la trasmissione di valori occidentali come l'individualismo 
                  e la competizione. Il tentativo dell'educazione ufficiale, che 
                  molto spesso riesce, è assimilare gli alunni alla cultura 
                  meticcia facendo sparire ogni traccia di quella nativa. 
                  
                  I “promotori di educazione” 
                Un gruppetto di ragazzi e ragazze marcia con passo militare 
                  all'interno del rettangolo formato dai compagni. Passa con solennità 
                  la bandiera dell'EZLN e quella messicana ad altri giovani, che 
                  la issano su un pennone. 
                  I più di cento alunni della scuola autonoma zapatista 
                  della comunità Comandanta Ramona11 
                  si mettono sull'attenti e intonano l'inno nazionale messicano, 
                  seguito da quelli dell'EZLN e dell'educazione zapatista. Faccio 
                  fatica ad abituarmi al patriottismo messicano da cui non sfuggono 
                  neanche gli zapatisti, malgrado il loro desiderio di autonomia 
                  dallo stato. In America Latina il nazionalismo si relaziona 
                  con l'anticolonialismo piuttosto che con il fascismo e la retorica 
                  dell'EZLN, che ai nostri occhi può sembrare incoerente, 
                  parla di lotta per la patria. 
                  Un adolescente tzeltal, con una cresta timidamente punk e una 
                  buona oratoria, cammina al centro del rettangolo formato dagli 
                  alunni e spiega il motivo della celebrazione. Oggi è 
                  il 2 di ottobre, anniversario del massacro di studenti compiuto 
                  dall'esercito nel 1968 a Tlatelolco, una piazza di Città 
                  del Messico. I ragazzi, anche i piccolini delle elementari, 
                  ascoltano con attenzione l'intervento e poi cantano una canzone 
                  che racconta di quel giorno, quando i militari spararono sulla 
                  folla riunita in assemblea. 
                   Mi 
                  chiedo se il ragazzo con la crestina è un alunno o un 
                  educatore, vista la giovane età dei cosiddetti promotores 
                  de educación è difficile distinguerli. Le 
                  educatrici e gli educatori zapatisti vengono scelti tra le persone 
                  che si considera abbiano una certa vocazione pedagogica da un'assemblea 
                  composta da genitori, nonni e, a volte, dagli stessi alunni, 
                  che dovranno svolgere anche un lavoro di controllo ed eventualmente 
                  sanzione nei confronti del promotore. L'educatore non viene 
                  retribuito ma la comunità s'incarica di fornirgli tutto 
                  l'appoggio materiale necessario per vivere, e non sono mancati 
                  problemi nel momento in cui le persone senza figli si sono negate 
                  di cooperare al suo mantenimento12. 
                  All'inizio la formazione dei promotori di educazione era affidata 
                  a collettivi e associazioni esterne, soprattutto messicane, 
                  mentre ora spesso se ne occupano i ragazzi usciti dalla scuola 
                  autonoma zapatista. Il fatto che la formazione degli educatori 
                  sia affidata a meticci estranei alla cultura indigena ha avuto 
                  un peso nella creazione dei programmi educativi e in passato 
                  ha generato incomprensioni. Racconta Artemio del Caracol de 
                  La Garrucha: 
                   
                  “Questo progetto Semillita del Sol lo vedevamo come un 
                  pacchetto, un progetto già pronto, ma le autorità 
                  municipali e locali zapatiste avevano preso un accordo per organizzare 
                  l'educazione autonoma. [...] Abbiamo scritto un documento e 
                  lo abbiamo chiamato “documento della vera educazione”, 
                  creando i principi dell'educazione autonoma. [...]. Una volta 
                  pronto abbiamo chiamato i formatori, che erano alcuni compagni 
                  che c'erano già, e il collettivo Puente a la Esperanza. 
                  La formazione iniziò nel 2000 ma i formatori non hanno 
                  voluto adattarsi a questa guida che abbiamo, a questo documento 
                  che abbiamo fatto con il nostro popolo. [...] Dopo un anno la 
                  nostra autorità si rese conto che non hanno rispettato 
                  i nostri principi, e abbiamo sospeso il lavoro. [...] Quando 
                  erano già passati due anni abbiamo cercato qualcuno che 
                  venisse a formare i nostri promotori rispettando i nostri principi, 
                  e sono tornati quelli del collettivo Puente a la Esperanza per 
                  continuare la formazione, dicendo che sono d'accordo a rispettare 
                  i principi della nostra educazione13”. 
                   
                  Il sistema scolastico zapatista vuole “decolonizzare l'educazione” 
                  e segue i principi del pedagogo brasiliano Paulo Freire14. 
                  L'idea è che i programmi non siano schemi fissi e granitici, 
                  ma delle guide fluide che possono essere cambiate di volta in 
                  volta, prendendo forma attraverso il dialogo tra educatori, 
                  comunità e alunni. I contenuti non devono essere delle 
                  mere speculazioni intellettuali, ma si devono calare nella quotidianità 
                  degli alunni, riflettendo criticamente su situazioni esistenziali 
                  significative per le persone. Spiega un'educatrice zapatista: 
                   
                  “In una scuola democratica gli alunni devono partecipare 
                  attivamente alla loro educazione, ai lavori sociali, alle feste, 
                  agli studi politici, alle cooperative collettive, alla salute, 
                  alla commercializzazione, all'agroecologia e allo studio della 
                  natura. In questo modo un bambino diventa un soggetto e non 
                  un robot manipolabile, come avviene con i piani e programmi 
                  ufficiali del governo15”. 
                  Sveglia alle 3 del mattino 
                La comunità Comandanta Ramona sembra quasi un campus 
                  autogestito dai giovani. Nella scuola elementare autonoma studiano 
                  i bambini della comunità, mentre quelli della secundaria 
                  (che più o meno corrisponde alle nostre medie, si entra 
                  a circa 12 anni e si esce a 16 anni) vengono anche dai villaggi 
                  che si trovano nei dintorni. Vivono nel “campus” 
                  un mese, tornano a casa due settimane e così via. 
                  Per le ragazze è più difficile raggiungere il 
                  secondo grado di studi, visto che è meno comune che la 
                  famiglia dia il permesso di allontanarsi da casa per tanto tempo16. 
                  Le lezioni iniziano alle 7 e finiscono nel primo pomeriggio. 
                  Poi ci si fa la doccia e ci si siede nel prato davanti al dormitorio, 
                  aspettando che i capelli si asciughino. Alcuni chiacchierano 
                  ascoltando una salsa a tutto volume, un ragazzo nella stanza 
                  affianco suona il violino. Una ragazza gioca ai rigori con un 
                  compagno, è la prima volta che vedo una donna giocare 
                  a pallone. 
                  Francisco17, un alunno della 
                  secundaria, racconta che l'insegnamento nella scuola 
                  zapatista è organizzato su tre livelli e si divide in 
                  quattro aree: storia, lingua, vita e ambiente, matematica. Non 
                  ci sono voti ma vengono fatte delle valutazioni, e chi ha rendimento 
                  basso non può accedere al livello successivo. 
                  Raúl Gutiérrez Narváez, che ha lavorato 
                  nella scuola secundaria autonoma del Caracol di Oventic, 
                  scrive che durante il processo di apprendimento gli alunni vengono 
                  accompagnati e non diretti. L'idea non è quella di standardizzare 
                  i ragazzi, ma di riconoscere e valorizzare le capacità 
                  di ognuno; se un alunno non è portato in un'attività, 
                  sarà più incline a un'altra18. 
                  Francisco mostra un fazzoletto ricamato con dei fiori il cui 
                  pistillo ha la forma della testa incappucciata di un zapatista. 
                  Lo ha ricamato durante l'ora di arte a cui assistono tutti gli 
                  alunni, femmine e maschi, malgrado il ricamo sia un'attività 
                  considerata “da donna”. Racconta che nel “campus” 
                  i ragazzi devono, come le ragazze, coprire i turni in cucina, 
                  svegliandosi alle 3 del mattino per preparare tortillas 
                  a mano e fagioli per più di cento alunni. 
                  Nella scuola della comunità Comandanta Ramona maschi 
                  e femmine dormono in stanze separate ma contigue. Crescono insieme, 
                  s'innamorano, scoprono l'amicizia tra uomo e donna. Queste ragazze 
                  studiano, prendono sicurezza in se stesse e nelle proprie capacità, 
                  mentre vedono gli uomini intorno a loro cucinare e pulire. È 
                  una rivoluzione sociale, se si pensa che probabilmente molte 
                  delle loro madri sono analfabete e sono uscite poco di casa, 
                  educate a servire prima i padri e poi i mariti e i figli. 
                 Orsetta Bellani 
                  @sobreamerica 
                Note 
				 
                  - Subcomandante Marcos, Chiapas, el sureste en dos vientos, 
                  una tormenta y una profecía, quotidiano La Jornada, 
                  27 gennaio 1994.
                  
 - Nome fittizio, per motivi di sicurezza.
                  
 - Nome fittizio, per motivi di sicurezza.
                  
 - Raúl Gutiérrez Narváez, Dos proyectos 
                  de sociedad en Los Altos de Chiapas. Escuelas secundarias oficial 
                  y autónoma entre los tsotsiles de San Andrés. 
                  In Bruno Baronnet, Mariana Mora Bayo, Richard Stahler-Sholk 
                  (a cura di), Luchas ”muy otras”. Zapatismo 
                  y autonomía en las comunidades indígenas de Chiapas, 
                  UAM, México, 2011, pag. 256.
                  
 - Cristina Híjar González, Autonomía 
                  zapatista. Otro mundo es posible, AMV, 2008, México, 
                  pag. 142.
                  
 - Bruno Baronnet, La apuesta de las escuelas zapatistas de 
                  Chiapas por descolonizar la educación en los pueblos 
                  campesinos mayas, rivista Decisio, settembre-dicembre 
                  2011.
                  
 - INEGI, La población hablante de lengua indígena 
                    en Chiapas. In http://www.inegi.org.mx/prod_serv/contenidos/espanol/bvinegi/productos/censos/poblacion/poblacion_indigena/PerLi_Chis.pdf. 
                  
 - Kathia Núñez Patiño, De la casa a la 
                  escuela zapatista. Prácticas de aprendizaje en la región 
                  ch'ol. In Bruno Baronnet, Mariana Mora Bayo, Richard Stahler-Sholk 
                  (a cura di), Luchas “muy otras”. Zapatismo y 
                  autonomía en las comunidades indígenas de Chiapas, 
                  UAM, México, 2011, pag. 275.
                  
 - Xun Betan, 50 años de educación indígena: 
                  ¿deveras? In mensile Ojarasca, settembre 2014.
                  
 - Raúl Gutiérrez Narváez, Dos proyectos 
                  de sociedad en Los Altos de Chiapas. Escuelas secundarias oficial 
                  y autónoma entre los tsotsiles de San Andrés. 
                  In Bruno Baronnet, Mariana Mora Bayo, Richard Stahler-Sholk 
                  (a cura di), Luchas “muy otras”. Zapatismo y 
                  autonomía en las comunidades indígenas de Chiapas, 
                  UAM, México, 2011.
                  
 - Nome fittizio, per motivi di sicurezza.
                  
 - Bruno Baronnet, Entre el cargo comunitario y el compromiso 
                  zapatista. Los promotores de educación autónoma 
                  en la zona Selva Tseltal. In Bruno Baronnet, Mariana Mora 
                  Bayo, Richard Stahler-Sholk (a cura di), Luchas “muy 
                  otras”. Zapatismo y autonomía en las comunidades 
                  indígenas de Chiapas, UAM, México, 2011, pag. 
                  223.
                  
 - Quaderni di testo della prima Escuelita Zapatista, Gobierno 
                    autónomo II, pag. 31. I quaderni si possono scaricare 
                    all'indirizzo http://anarquiacoronada.blogspot.it/2013/09/primera-escuelazapatista-descarga-sus.html. 
                  
 - Paulo Freire, Pedagogia degli oppressi, EGA-Edizioni 
                    Gruppo Abele, Torino, 2011. Il testo può essere scaricato 
                    gratuitamente: http://www.educareallaliberta.org/paulo-freire-la-pedagogia-degli-oppressi-testo-integrale/. 
                  
 - Segundo Encuentro de los Pueblos Zapatistas con los Pueblos 
                  del Mundo.
                  
 - Quaderni di testo della prima Escuelita Zapatista, Participación 
                  de las mujeres en el gobierno autónomo, pag. 26.
                  
 - Nome fittizio, per motivi di sicurezza.
                  
 - Raúl Gutiérrez Narváez, Dos proyectos 
                  de sociedad en Los Altos de Chiapas. Escuelas secundarias oficial 
                  y autónoma entre los tsotsiles de San Andrés. 
                  In Bruno Baronnet, Mariana Mora Bayo, Richard Stahler-Sholk 
                  (a cura di), Luchas “muy otras”. Zapatismo y 
                  autonomía en las comunidades indígenas de Chiapas, 
                  UAM, México, 2011.
				  
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