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				 dibattito 
                  
                I misteri dell'origine del linguaggio 
                  
                di Piero Borzini 
                    
                L'analisi dello sviluppo delle capacità linguistiche indica la mancanza di un gap reale tra esseri umani e altre specie. 
Una critica a Noam Chomsky. 
                 
                  Qualche mese fa sono riuscito 
                  a far stampare i risultati di una ricerca che ho condotto sui 
                  prerequisiti biologici e culturali che hanno consentito lo sviluppo 
                  di quelle specifiche facoltà che rendono noi umani così 
                  diversi da tutte le altre specie viventi. Questa mia ricerca 
                  ha assunto la forma di un libro intitolato Diventare Umani1. 
                  A causa della mia formazione bio-medica, la mia analisi ha preso 
                  in esame in modo particolare gli aspetti dell'evoluzione biologica, 
                  anche se ho cercato di non trascurare alcuni dei più 
                  importanti aspetti antropologici e di evoluzione culturale. 
                  Il mio non è stato uno studio sul campo. Mi sono avvalso 
                  di molte centinaia di articoli e di libri scritti dai maggiori 
                  esperti del mondo sui molti e disparati aspetti che costituiscono 
                  la rete delle facoltà neurocognitive e motorie alla base 
                  del nostro essere umani. In questa sorta di tesi compilativa 
                  sull'argomento mi sono molto interessato al linguaggio umano 
                  e alle diverse teorie che riguardano le sue origini. Questo 
                  è il motivo per cui sono stato attratto da un articolo 
                  apparso sul “Corriere della Sera” del 13 maggio 
                  2014 il cui titolo recitava proditoriamente Chomsky demolisce 
                  vent'anni di ricerche: non si sa com'è nato il linguaggio. 
                  L'articolo del “Corriere” rimandava a un articolo 
                  recentemente apparso su una rivista scientifica il cui titolo, 
                  tradotto in italiano, suona Il Mistero dell'Evoluzione del 
                  Linguaggio2. Gli autori di 
                  quest'ultimo articolo (che da qui in poi chiamerò Mistery) 
                  sono tutti personaggi di spicco nelle loro discipline: linguisti, 
                  paleontologi, biologi evoluzionisti, antropologi, linguisti 
                  informatici. Tra tutti spicca il nome di Noam Chomsky, esperto 
                  linguista del Massachusetts Institute of Technology, 
                  i cui interventi non sono mai banali e che fa della provocazione 
                  uno stile comunicativo. In questo caso la sua provocazione riguarda 
                  l'evoluzione del linguaggio sulla cui origine non ci sono prove. 
                  È proprio su questo che si basa Mystery: vale 
                  a dire, sull'assenza di prove certe a proposito dell'origine 
                  del linguaggio. Pertanto, afferma Chomsky, in assenza di prove 
                  certe, i quarant'anni di ricerche effettuate sull'origine del 
                  linguaggio sono carta straccia priva di valore. 
                  ALT, mi sono detto! Un conto sono le prove: un altro conto sono 
                  gli indizi e le teorie che si basano sugli indizi. Non si può 
                  buttare via tutto (il classico bambino insieme all'acqua del 
                  bagnetto) solo perché ci si chiama Chomsky. Così 
                  ho voluto studiare accuratamente l'articolo di Chomsky alla 
                  ricerca di eventuali falle nel suo ragionamento. Qualcuna credo 
                  di averla trovata. 
                  A proposito dei presupposti biologici del linguaggio umano, 
                  gli autori di Mystery (come d'altronde anche io nel mio 
                  libro) si riferiscono a varie ipotesi basate su omologie strutturali 
                  e analogie funzionali comparate tra la specie umana e diverse 
                  specie animali. Tra le altre cose, si parla dell'uso simbolico 
                  di lessigrammi da parte dei primati; della funzione comunicativa 
                  delle grida da parte dei primati; del canto degli uccelli o 
                  del ballo delle api; dell'origine gestuale del linguaggio. 
                  Centinaia di studiosi si sono occupati, e si occupano, delle 
                  radici biologiche del linguaggio umano cercando anche di capire 
                  se e che cosa condividiamo con chi. La domanda che questi biologi 
                  – e anche gli autori di Mystery – si pongono 
                  è se questi studi di biologia e di bio-comunicazione 
                  comparata possono dirci qualcosa sulla capacità rappresentative 
                  delle parole del linguaggio umano (non solo sulla capacità 
                  referenziale nei confronti di entità concrete ma anche 
                  di entità astratte) e sul modo con cui la funzione computazionale 
                  e sintattica del linguaggio umano si è evoluta. Queste 
                  centinaia di studiosi sperano che i loro studi individuino elementi 
                  che possano illuminare il mistero del linguaggio umano. Per 
                  gli autori di Mystery, questo sforzo collettivo è 
                  del tutto inutile giacché, affermano, “non è 
                  possibile supportare empiricamente la tesi della continuità 
                  [tra specie diverse] là dove si usino animali non umani 
                  come modello di precursore dell'uomo moderno”. Ci sarebbe 
                  quindi un problema di confrontabilità o, detto altrimenti, 
                  di incommensurabilità tra la specie umana e i primati 
                  contemporanei a noi più vicini assunti come modello di 
                  precursore della cognitività umana. 
                
                   
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                    |   Noam Chomsky  | 
                   
                 
                Al vertice? Non proprio 
                Qui c'è in ballo qualcosa di molto più profondo che non la legittimità di un confronto tra le capacità di un uomo (o di un bambino) e quelle di uno scimpanzé. Forse ci sono addirittura in ballo alcuni fondamentali dell'evoluzionismo. 
Il problema della non confrontabilità posto dagli autori di Mystery pone due ordini di problemi. Quello della continuità dell'evoluzione (che include il problema della continuità-contiguità tra specie simili) e il problema della “perfezione” della specie umana. Partiamo con il secondo problema che ci porta poi automaticamente a rispondere anche al primo. 
Giacché pensiamo, parliamo, siamo dotati (molti di noi) di ragionamento causale, siamo coscienti di noi stessi, del passato e del futuro, della vita e della morte, produciamo manufatti artistici, musica e via dicendo, ci viene spontaneo pensare che, grazie al raggiungimento di tutte queste facoltà, noi siamo al vertice dell'evoluzione. Per uno che è al vertice, tutto ciò che non è al vertice, è rimasto indietro, è a un livello precedente al nostro. Le facoltà che in lui non si sono evolute e che, invece, in noi si sono ulteriormente evolute possono essere considerate “precursori” delle nostre attuali facoltà. 
Noi umani siamo esseri particolarmente elaborati ed è particolarmente elaborata la rete delle associazioni neurali che ci consente di esprimere funzioni che ad altri organismi sono negate. È però vero anche il contrario. Per esempio, noi non siamo in grado di muoverci al buio utilizzando un ecoscandaglio; non siamo in grado di orientarci seguendo i campi di forze elettromagnetiche; non siamo in grado di vedere al buio usando la gamma elettromagnetica dell'infrarosso o di vedere colori visibili soltanto nella banda dell'ultravioletto. Non siamo in grado di comunicare a grandi distanze utilizzando infrasuoni; non siamo capaci di seguire tracce odorose labili; non siamo capaci di estrarre l'ossigeno dall'acqua; non siamo in grado di volare e nemmeno di alimentarci catabolizzando la cellulosa come fanno le pecore. Ci sono infinite funzioni nelle quali altri organismi ci sono “superiori”. 
I concetti di “superiore” o di “evolutivamente avanzato” sono sbagliati e fuorvianti. L'uomo, il lombrico che si nasconde nella terra del nostro vaso di fiori, la zanzara che di notte ci insidia l'orecchio, lo scarafaggio che, sempre di notte, gironzola sotto l'armadio della cucina, il cane di nostra cugina, tutti questi hanno la nostra stessa età evolutiva: condividono tutti una parte di albero genealogico (filogenetico), con le stesse antiche radici nella profondità del tempo. Non c'è n'è uno più perfetto dell'altro: il lombrico è perfetto quanto l'uomo: è perfetto per vivere nascosto nella terra del nostro vaso di fiori, cosa per cui noi siamo molto poco attrezzati. Si tratta di differenza specifica, non di perfezione evolutiva. Se non c'è una specie che sta davanti e una che sta dietro, allora, come dicono gli autori di Mystery, il primate non può essere considerato un precursore di un altro primate. 
Ci sono tuttavia parentele nell'albero filogenetico da cui sembra di capire che, a un certo punto dell'evoluzione, due primati attuali (per esempio, l'uomo e lo scimpanzé) avessero un lontano progenitore comune. Se questo è vero (cosa che non può essere provata, anche se la biologia molecolare fornisce di ciò robusti indizi) una certa continuità tra le specie esiste e se ci sono progenitori comuni, allora non si può escludere che una facoltà che una specie ha perfezionato possa essere rimasta, nell'altra specie, in forma meno perfezionata. È in questo senso, e in questa direzione, che la facoltà che in una specie non si è trasformata può essere considerata il precursore della facoltà che, nell'altra specie, si è evoluta. Se le cose stanno così (ma non lo possiamo provare) la questione di non confrontabilità sollevata dagli autori di Mystery viene a cadere. Specie diverse contemporanee sono quindi confrontabili come se rappresentassero differenti tempi evolutivi, tenendo conto però che il confronto deve essere limitato a differenze particolari e specifiche, mai dimenticando che il confronto “temporale” (tra un prima e un poi evolutivo) di due specie contemporanee si basa su una finzione, una sorta di artificio metodologico. 
                  L'evoluzionismo in discussione 
                La dichiarazione di non confrontabilità fatta dagli 
                  autori di Mystery sottende, credo, una qualche sfiducia 
                  nelle teorie evoluzionistiche. Certamente, l'idea darwiniana 
                  della sommatoria di piccole variazioni che conduce alla formazione 
                  di organi o di funzioni macroscopicamente distinte è 
                  stata messa in discussione da molti che hanno preferito pensare 
                  a variazioni più grossolane (che già Darwin aveva 
                  chiamato sports) e che, più recentemente, Eldredge 
                  e Gould hanno inserito nella loro teoria degli Equilibri 
                  Punteggiati. Anche io, personalmente, sono più portato 
                  a credere alla teoria degli Equilibri Punteggiati che 
                  non a un accumularsi casuale di piccole variazioni. In ogni 
                  caso, quel che non mi pare in discussione, per quanto sostenuta 
                  solo da robusti indizi, è la continuità che lega 
                  tra loro le forme, che pure sono discontinue, delle specie viventi. 
                  Siano o non siano confrontabili con noi “il gap 
                  tra noi e loro è così ampio”, sostengono 
                  gli autori di Mystery, “perché il raffronto possa 
                  aiutarci a capire la natura dei precursori e il processo evolutivo 
                  che ha portato, nel corso tempo, da quelle [ipotetiche] forme 
                  alla forma attuale del linguaggio umano”. Non riesco a 
                  fare a meno di pensare che la parola gap stia a marcare, 
                  da parte degli autori di Mystery, il senso di un salto 
                  ontologico tra un “noi” e un “loro” 
                  abbastanza disturbante. 
                  La biologia e la genetica molecolare sono in grado di definire 
                  mappe molecolari caratteristiche di molte specie animali e vegetali. 
                  La presenza delle medesime proteine o dei medesimi geni in specie 
                  diverse segna, generalmente, una loro parentela, vicina o lontana. 
                  Ci sono alcuni geni che sembrano avere a che fare con lo sviluppo 
                  delle capacità linguistiche. Non esistono veri e propri 
                  geni del linguaggio, ma piuttosto geni regolatori che intervengono 
                  nel condizionare variazioni strutturali e funzionali di organi 
                  e apparati che possono avere influenza in alcuni aspetti, cognitivi 
                  o motori, della funzione linguistica. I lunghi tempi dello sviluppo 
                  somatico e intellettivo dell'uomo, per esempio, sembrano essere 
                  determinati da questo tipo di geni regolatori. Com'è 
                  ovvio, una parte della ricerca si è dedicata a studiare 
                  la presenza e le mutazioni di questi geni nelle popolazioni 
                  umane, nelle specie animali, e anche nei reperti paleontologici 
                  risalenti a varietà di Homo estinte (Neanderthal 
                  e Homo di Desinova in particolare). È molto curioso 
                  il trattamento che gli autori di Mystery riservano allo 
                  statuto del ritrovamento o meno di questi geni nelle specie 
                  studiate. Per esempio, quando essi si riferiscono al gene FOXP2 
                  (il primo di questi geni a essere scoperto e studiato), l'apparente 
                  condivisione di identiche varianti di questo gene da parte di 
                  Homo sapiens e dell'Homo di Neanderthal non viene 
                  riconosciuta come una prova sufficiente per dire che le due 
                  varietà umane condividessero una comune base biologica 
                  correlata alle funzioni linguistiche. Quando invece si riferiscono 
                  a geni di più recente scoperta (CNTAP2, ASPM, MCPH1 e 
                  altri), la probabile assenza di questi geni nel Neanderthal 
                  e nell'Homo di Desinova, diventa prova sufficiente 
                  per dimostrare la mancanza di un comune terreno biologico per 
                  lo sviluppo del linguaggio. Un modo un po' contraddittorio di 
                  trattare gli indizi. 
                  Ci sono ancora almeno due sostanziali rilievi da fare agli autori 
                  di Mystery. Uno è esclusivamente di carattere 
                  metodologico. Gli autori, secondo me non del tutto a torto, 
                  contestano il valore – ai fini dello sviluppo delle facoltà 
                  linguistiche – degli studi paleontologici riguardanti 
                  le impronte lasciate dalla massa cerebrale all'interno del cranio 
                  (endocasti). Circa due milioni di anni fa, il cervello degli 
                  ominidi ha cominciato ad aumentare di volume e la crescita della 
                  sua parte corticale ha lasciato nei crani impronte che non erano 
                  presenti nei teschi di specie umanoidi più antiche. Alcuni 
                  scienziati hanno messo in relazione questa crescita con le aumentate 
                  capacità cognitive (e forse motorie) della specie Homo. 
                  Questo è probabilmente verosimile, ma il legame con facoltà 
                  cognitive legate allo sviluppo delle capacità simboliche 
                  e linguistiche è, effettivamente, troppo vago e indiretto. 
                  Su questo tema mi sarei sentito in sintonia con gli autori di 
                  Mystery, se non fosse che essi – subito dopo aver 
                  contestato il valore euristico degli endocasti – suggeriscono 
                  l'ipotesi che, attraverso l'uso di più sofisticati mezzi 
                  per indagare a livello più fine le granulazioni endocastiche, 
                  si potrebbero ottenere maggiori dettagli sulla struttura dei 
                  circuiti interni: per questo però, dicono gli autori, 
                  ci vorrà ancora molto tempo. Poco importa, mi viene da 
                  dire, quanto tempo sarà necessario per avere quel tipo 
                  di informazione: se questo tipo di informazione così 
                  grossolano e indiretto non è una prova sufficiente, non 
                  si capisce come possa esserlo un'informazione altrettanto grossolana 
                  e indiretta, se pur su scala un po' maggiore. Anche questa osservazione 
                  mi pare metodologicamente parecchio contraddittoria (e anche 
                  di scarso peso). 
                
                   
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                    |   La casa editrice Elèuthera ha pubblicato tre volumi 
                  di Noam Chomsky. eleuthera@eleuthera.it  | 
                   
                 
                Lessico e manufatti 
                L'ultima osservazione che desidero commentare riguarda il nesso 
                  tra il possesso delle capacità linguistiche, il possesso 
                  della capacità simboliche e delle capacità di 
                  ragionamento causale, il possesso di una “sintassi del 
                  processo” necessaria per la fabbricazione di manufatti. 
                  Gli autori di Mystery, affermano una cosa da tutti condivisa, 
                  ovvero che in Homo sapiens, dopo la divergenza con il 
                  Neanderthal, alla facoltà del linguaggio – 
                  certamente presente – si affiancavano altre facoltà 
                  simboliche ed espressive, con ciò affermando che le facoltà 
                  simboliche e quelle linguistiche sono probabilmente collegate. 
                  Ma questa ovvietà non è il punto centrale del 
                  problema che riguarda, invece, se e come l'associazione tra 
                  queste facoltà si è generato. Se per generare 
                  le facoltà linguistiche è necessario saper pianificare 
                  (per pianificare una proposizione e per pianificare la manifattura 
                  di un oggetto occorre saper mettere insieme e gerarchizzare 
                  azioni e ripetizioni di azioni) allora il germe delle facoltà 
                  linguistiche (anche se non necessariamente simboliche) può 
                  essere rintracciato in quelle specie pre-umane che sapevano 
                  eseguire certe azioni complesse già due milioni e mezzo 
                  di anni fa. L'Homo habilis scheggiava le pietre oltre 
                  due milioni di anni fa; un milione e mezzo di anni fa l'Homo 
                  erectus maneggiava il fuoco e produceva amigdale scheggiate 
                  complesse e, centotrentamila anni fa, era in grado di costruire 
                  zattere e compiere navigazioni. Queste capacità possono 
                  essere considerate del tutto senza valore ai fini dell'evoluzione 
                  delle facoltà cognitive richieste dal linguaggio? Io 
                  sono convinto che queste facoltà abbiano un nesso con 
                  l'evoluzione delle facoltà linguistiche, ma gli autori 
                  di Mystery sostengono che “non ci sono prove evidenti 
                  di comportamenti moderni da parte dell'Homo di Neanderthal 
                  o di altre specie ominine estinte”. Anche questa affermazione, 
                  prima ancora che metodologicamente contraddittoria, suona fortemente 
                  a favore di una pregiudiziale diversità ontologica tra 
                  Homo sapiens e tutto ciò che l'ha preceduto. 
                  Infine, la ciliegina sulla torta. Dopo aver cercato di ridurre 
                  il valore dei risultati di quaranta anni di studi effettuati 
                  nelle varie discipline (anatomia e funzionalità comparata; 
                  paleontologia e archeologia; biologia molecolare e genetica; 
                  modellistica computazionale), gli autori di Mystery presentano 
                  i loro “suggerimenti per gli indirizzi di ricerca da effettuare 
                  in futuro”. Arrivato alla fine di un lungo articolo in 
                  cui, passo passo, gli autori hanno negato valore ai vari approcci 
                  metodologici fin qui tentati, il lettore si aspetta che gli 
                  autori gli prospettino nuovi ambiti, nuovi metodi, nuove strategie. 
                  E invece... gli autori si limitano a suggerire aggiustamenti 
                  piuttosto banali delle vecchie metodologie da utilizzare nei 
                  medesimi campi precedentemente studiati (anatomia e funzionalità 
                  comparata; paleontologia e archeologia; biologia molecolare 
                  e genetica; modellistica computazionale). Francamente ci si 
                  sarebbe potuti aspettare di meglio. 
                  Nel 1971, facendo riferimento al potenziale innovativo che era 
                  contenuto nella rivolta studentesca parigina del maggio del 
                  1968, l'antropologo gesuita Michel de Certeau aveva utilizzato 
                  l'espressione Rupture Instauratrice, facendo esplicitamente 
                  riferimento a un principio e a un metodo di ricerca. Se l'articolo 
                  di Chomsky avesse avuto un minimo di questo spirito di Rottura 
                  Rifondatrice, allora lo si sarebbe potuto considerare un 
                  passo metodologico per una più efficace ricerca sulle 
                  origini del linguaggio. Al contrario, l'articolo non evoca alcun 
                  afflato di Rottura Rifondatrice, ma solo l'immagine avvizzita 
                  di una vecchia, stantia e per nulla innovatrice Rottura 
                  (senza altri aggettivi di genere). 
                 Piero Borzini 
                Note 
                 
                  - Diventare Umani. Origine ed evoluzione di quel che siamo. 
                  Aracne, Roma, 2013.
                  
 - Hauser MD, Yang C, Berwick RC, Tattersall J, Ryan MJ, Watumull 
                  J, Chomsky N, Lewontin RC. The Mystery of Language Evolution. 
                  Front. Phychol. Pubblicato on line: 7/5/2014.
                  
  
                  
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