Noi, i vignaioli 
                  
                interviste di Orazio Gobbi 
                    
                Riportiamo le nove domande sottoposte a quattro produttori di vino e le loro relative risposte. La loro opera può considerarsi una testimonianza dell'eredità culturale distribuita di Gino Veronelli; le loro attività in enologia e in agricoltura sono il tentativo di coniugare tradizione e innovazione, dignità del lavoro e cooperazione, etica solidale e difesa ambientale. 
Per un presente e un futuro diverso. 
                 
                  Domanda 1. Avete conosciuto personalmente Gino Veronelli? 
                  Avete condiviso con lui un'amicizia, una collaborazione, una 
                  frequentazione? In ogni caso descrivete la vostra opinione, 
                  anche critica se volete, sul personaggio Veronelli, su quello 
                  che egli ha rappresentato per voi e per l'enologia italiana. 
                   
 
                  Domanda 2. Veronelli ha costantemente sollecitato 
                  i vignaioli a prendersi cura della terra che lavorano, ha indicato 
                  il vigneto come l'elemento più importante per ottenere 
                  uve e vini di qualità. Ma sono necessarie anche le capacità 
                  tecniche per fare e conservare il vino. Nella vostra esperienza 
                  come conciliate questi due aspetti? 
 
                  Domanda 3. Nel periodo più recente nuove pratiche 
                  agricole sono state adottate in viticultura. Vignaioli che lavorano 
                  con metodi tradizionali di coltivazione naturale o biologica 
                  o biodinamica. Come coltivate i vostri vigneti? Avete sempre 
                  adottato questa pratica oppure l'avete cambiata nel corso del 
                  tempo? 
 
                  Domanda 4. Veronelli, sulla scorta della tradizione 
                  viticola francese, evocava il termine “terroir” 
                  per indicare l'insieme degli elementi naturali che influiscono 
                  sulla tipicità dei vini di un territorio. Ma anche il 
                  vignaiolo con la sua opera concorre a delineare la tipicità 
                  dei vini. Secondo voi il vignaiolo è parte attiva del 
                  terroir?  
 
                  Domanda 5. Il mutamento di clima e il riscaldamento 
                  globale hanno ripercussioni sul nostro continente anche in viticultura: 
                  forti escursioni termiche, vendemmie anticipate, vini con gradazioni 
                  alcoliche elevate. Questi mutamenti possono rappresentare un 
                  rischio per la qualità e la tipicità dei vostri 
                  vini? Qual è la vostra esperienza in proposito e quali 
                  rimedi state adottando? 
 
                  Domanda 6. Veronelli esortava i giovani a occuparsi 
                  non solo di “culture” ma anche di “colture”. 
                  Lo sfruttamento del lavoro nell'attuale crisi sta producendo 
                  l'erosione dei legami sociali. l'agricoltura, la cura della 
                  terra e dell'ambiente possono essere per i giovani delle opportunità 
                  per sperimentare nuove forme di socialità, di reddito, 
                  di lavoro autogestito?  
 
                  Domanda 7. Essere vignaioli e fare vino per voi è 
                  la prosecuzione di una eredità paterna/materna che portate 
                  avanti nel tempo oppure è una attività che avete 
                  intrapreso come nuova? Quali sono i maggiori problemi che si 
                  pongono di fronte alla vostra attività? 
 
                  Domanda 8. I mass-media di oggi trattano con superficialità 
                  di vini e di cibo in tv, sui giornali, nell'editoria, su internet. 
                  Cosa ne pensate dell'attuale informazione enologica, delle guide 
                  dei vini, della critica enogastronomica, dei winemaker?  
 
                  Domanda 9. Se voleste condensare in poche parole l'eredità 
                  che ci ha lasciato Gino Veronelli, cosa scrivereste?
  
				   
                  Noi della cooperativa Aurora 
                alla cooperativa agricola Aurora 
                Tra le colline coltivate a viti, frumento, ulivi 
                  e frutta si trova Aurora, una realtà comunitaria/libertaria 
                  consolidata. 
                  Animare lo spirito comunitario, prendersi cura della terra e 
                  dell'ambiente sono il presente e il futuro di Aurora. 
                 
                 Risposta 1. Abbiamo conosciuto Veronelli in occasione 
                  del primo Critical Wine a Verona. In precedenza aveva telefonato 
                  in azienda per avere una campionatura dei nostri vini da assaggiare. 
                  Dopo l'assaggio scrisse un bell'articolo sul Corriere della 
                  Sera che ci ha aiutato a farci conoscere; gli siamo grati per 
                  questo. Veronelli con molto garbo ha tentato di scoperchiare 
                  un pentolone in cui lui era comunque parte del brodo. False 
                  immagini, marketing parassitari, standardizzazione dei gusti, 
                  necessità agronomiche o di trasformazione che hanno poco 
                  di naturale. Ha dato, poi, delle indicazioni sul problema delle 
                  denominazioni d'origine e sulla trasparenza dei prezzi che ancora 
                  fanno dibattere. 
                   
                  Risposta 2. Si conciliano benissimo se si parte con il 
                  presupposto che un buon vino si fa nel vigneto. Il lavoro del 
                  vignaiolo consiste nella custodia e nella cura attenta e metodica 
                  del vigneto fino alla raccolta dell'uva, e nell'evitare che 
                  questa si rovini durante la trasformazione. Questo può 
                  avvenire con una cultura tradizionale e con l'uso di tecniche 
                  innovative, tutto ovviamente nel rispetto della natura.
                 
                   
                      | 
                   
                   
                    |   Santa Maria in Carro (Ascoli Piceno), 1 maggio 2012 La cooperativa agricola Aurora  | 
                   
                 
                
                  Risposta 3. Siamo un'azienda agricola biologica dal 1980, 
                  praticamente da sempre. Negli ultimi quattro anni abbiamo adottato 
                  alcune pratiche biodinamiche. 
                   
                  Risposta 4. Il terroir oltre ad essere l'insieme del 
                  terreno, clima, esposizione, è anche cultura di chi lavora 
                  nel vigneto ed interagisce con esso. 
                   
                  Risposta 5. Se pensiamo e crediamo di interagire col 
                  vigneto e con il vino, le nostre azioni, nella pur evidente 
                  situazione di cambiamento climatico, sono rivolte a non danneggiare, 
                  e ad aiutare a sopravvivere nel cambiamento. Occorre pensare 
                  al vigneto o in generale alla natura che ci circonda come all'elemento 
                  più importante. Se è il vignaiolo al centro dell'attenzione, 
                  facciamo danni! 
                   
                  Risposta 6. Il lavoro agricolo non è solo fonte 
                  di reddito o socialità alternativa. E' salvaguardia dell'ambiente, 
                  difesa del territorio, produzione di cibo sano e piacevole. 
                  Speriamo che tutto questo sia fatto da giovani animati da spirito 
                  comunitario che si associano per non essere sfruttati e non 
                  sfruttare e per essere solidali. 
                   
                  Risposta 7. Abbiamo iniziato l'attività nel 1979; 
                  prima facevamo altri lavori. L'intento era di lavorare insieme. 
                  Ci siamo organizzati cercando il più possibile di non 
                  assumere ruoli definiti, con una cassa comune in cui ognuno 
                  ha prelevato secondo i propri bisogni, pensando ad investire 
                  nell'azienda. Le difficoltà sono derivate dalla nostra 
                  poca esperienza nel settore. Ora, a distanza di trent'anni, 
                  stiamo cercando di trasmettere quello che abbiamo imparato. 
                   
                  Risposta 8. Guardando occasionalmente qualche programma 
                  TV del passato, anche di Veronelli o di Soldati si vede nettamente 
                  la differenza con i programmi attuali similari. Erano programmi, 
                  quelli vecchi, che cercavano di scoprire tradizioni e modi di 
                  essere del mondo agricolo, per farlo conoscere; erano realmente 
                  programmi di divulgazione. Ora sono tutti incentrati sul personaggio 
                  di turno o con chiaro obiettivo pubblicitario. 
                   
                  Risposta 9. Ci ha lasciato uno spirito critico, la necessità 
                  di chiarezza e trasparenza nelle comunicazioni. L'importanza 
                  di dare la giusta dimensione alle cose e quindi anche al vino; 
                  considerare il vino come strumento per socializzare e non fine 
                  a se stesso. Ci ha lasciato uno slogan: il vino è di 
                  tutti e per tutti. 
                  Cooperativa agricola Aurora 
                  Noi di Barolo 
                a Giuseppe Rinaldi 
                Per chi come la famiglia Rinaldi produce Barolo da generazioni, lavorare secondo natura non è una questione di moda. 
                 Risposta 1. Ho conosciuto Gino personalmente e ripetutamente 
                  sia qui nella zona del Barolo, sia a casa sua a Bergamo. Ma 
                  ancor più lo ha frequentato mio padre Battista Rinaldi, 
                  fondatore e primo presidente dell'Enoteca Regionale del Barolo, 
                  ente comprensivo degli undici comuni dell'area del vino Barolo. 
                  Considero Veronelli, insieme a Paolo Monelli e Mario Soldati, 
                  l'antesignano della comunicazione e promozione del mondo enologico 
                  e gastronomico. In particolare Gino è stato fautore di 
                  una nuova dignità ed etica del mondo vitivinicolo e delle 
                  persone che vi operano. L'ho sempre considerato, per personali 
                  assonanze ideologiche e di militanza, uomo di alta moralità, 
                  coraggio e lungimiranza. Per il suo impegno a coltivare la lingua 
                  italiana, la terminologia, le aggettivazioni innovative, eleganti 
                  e poetiche. L'ho sempre ammirato per il suo manifesto disagio 
                  nei confronti degli stereotipi, delle massificazioni, degli 
                  appiattimenti, e anche per le estremizzazioni, come quando diceva 
                  “il miglior vino è quello del contadino”. 
                   
                  Risposta 2. Non si può prescindere dalla scienza, 
                  ma questa, specie in campo viticolo ed enologico, non deve ammazzare 
                  esperienza e conoscenza. 
                   
                  Risposta 3. Ho da sempre teso, e così mio padre, 
                  ad un rispetto dei terreni, delle piante e della fauna specifica, 
                  specie entomologica, e a perseguire etiche di naturalità 
                  e di tutela. Tuttavia, provo un innato disagio a essere incasellato 
                  a sfrutto del biologico, biodinamico o legato alle mode. 
                   
                  Risposta 4. Penso che il vignaiolo debba essere un interprete 
                  sano e puntiglioso di un territorio, i prodotti dovrebbero esserne 
                  le espressioni più manifeste ed artigianali. 
                 
                   
                      | 
                   
                   
                    |   Da sinistra: Beppe Rinaldi e Gianni Canonica  | 
                   
                 
                
                  Risposta 5. Nella nostra area, sinora, il mutamento climatico 
                  non ha fatto che bene perché l'uva Nebbiolo, vitigno 
                  tardivo, maturando anticipatamente rispetto a tempo fa arriva 
                  alla vendemmia perfetta e sana, con ottime gradazioni alcoliche. 
                  Ricordo quando Veronelli, negli anni passati, aveva sostenuto 
                  e organizzato la provocazione dello zuccheraggio del vino alla 
                  Certosa di Pavia. Quanti eravamo e quante bustine di zucchero! 
                  W GINO e la sua anima goliardica. 
                   
                  Risposta 6. Alla base di un ritorno e di un impegno dei 
                  giovani in agricoltura c'è la necessità di un 
                  reddito sufficiente e il riconoscimento di una dignità 
                  individuale e collettiva. Il lavoro legato alla terra è 
                  quello più eclettico, vario ed arricchente, molto meno 
                  faticoso di un tempo e bisognoso di capacità, informazioni 
                  e passioni. 
                   
                  Risposta 7. Proseguo un'eredità di cinque generazioni. 
                  I problemi per le aziende vitivinicole, veramente artigianali, 
                  sono gli eccessi di burocrazia, i disagi connessi a norme insulsamente 
                  vessatorie, bizantine e a-storiche, legate ai potentati burocratici 
                  e mercantili. Nel mio mondo oramai tutti saltano sul carro della 
                  naturalità, sulle pale di bianchi mulini, anche strumentalmente 
                  e per moda. 
                  Come dicevano Luporini-Gaber, quando moda è moda! 
                   
                  Risposta 8. L'informazione e la conversazione per chi 
                  è legato ad una realtà artigianale è troppo 
                  spesso interprete di interessi di lobby. Forse in questi tempi 
                  di decadenza si enfatizzano in modo esagerato e strumentale 
                  i vini e l'enogastronomia in genere. Televisioni e giornali, 
                  e così troppe persone, parlano solo di mangiare e bere. 
                   
                  Risposta 9. Di Gino Veronelli si deve ricordare la spinta 
                  ideale, la vivacità intellettuale, le doti di umanità, 
                  l'impegno e il coraggio per un progetto di vita dichiaratamente 
                  espresso e cocciutamente perseguito. 
                  Giuseppe Rinaldi 
                  Noi de “Il quarto stato” 
                a Giovanni Canonica 
                Il nome è emblema della lotta alle élite cibarie. Un agriturismo diretto da un artigiano cantiniere. Con un'idea chiara di decrescita e semplicità nei rapporti umani. 
                 Risposta 1. Ho conosciuto Gino Veronelli a Bergamo, 
                  al Seminario Permanente: io giovane viticoltore, lui affermato 
                  giornalista. La cosa che più mi ha colpito è stata 
                  la naturale gentilezza e il suo sorriso franco. All'epoca andavano 
                  per la maggiore i vini affinati in barriques o carati, come 
                  li chiamava lui, mentre a me non piacevano. Abbiamo parlato 
                  un po' dell'uso dei legni di botte perchè lui era favorevole 
                  ai carati, ma nonostante questo dopo qualche giorno ha scritto 
                  sull'Espresso il primo articolo, per me speciale, su di me e 
                  i miei vini. Ci siamo ritrovati molti anni dopo, lui ormai quasi 
                  cieco, al Leoncavallo per la fiera dei Particolari e mi ha fatto 
                  molto piacere che si ricordasse ancora di me, pur non essendo 
                  io per niente famoso o affermato. 
                   
                  Risposta 2. Le conoscenze tecniche in cantina servono 
                  se sono applicate con buon senso, questo vale anche per i lavori 
                  in vigna. Prendersi cura del terreno va visto, secondo me, nel 
                  senso più ampio della parola. Si parla di terreno o di 
                  Terra? È inutile produrre in modo pulito se non si vive 
                  in modo pulito, non sono i pannelli solari a fare bio, così 
                  come non lo è il non diserbare o non usare prodotti di 
                  sintesi, se poi nel garage riposano 1 o 2 suv puzzolenti o si 
                  ha un tenore di vita votato allo spreco e al consumo. 
                   
                  Risposta 3. L'unica parola che ho trovato adatta per 
                  descrivere il mio concetto di produzione è: Decrescita. 
                  E a leggere bene gli scritti di Gino credo che sarebbe stato 
                  entusiasta di questa scelta. 
                  Sembra che se un produttore di vino non produce decine di migliaia 
                  di bottiglie non possa farcela, e allora avanti a ingrandire 
                  aziende. Credo che sia meglio avere 10 aziende agricole con 
                  pochi ettari, con prezzi di vendita che diano la giusta retribuzione 
                  al produttore, piuttosto che poche grandi aziende. 
                   
                  Risposta 4. Purtroppo il viticoltore è parte attiva 
                  del terroir, anche se dovrebbe cercare di esserlo il meno possibile. 
                  Il vino dovrebbe farsi quasi da solo, accompagnandolo nella 
                  sua maturazione, non tanto ricercandone l'eccellenza ma la semplicità, 
                  rispettando sempre le peculiarità dell'uva annata dopo 
                  annata. Mi capita di bere vini di annate diverse ma uguali nel 
                  gusto e nel profumo, come è possibile? Dall'inizio dei 
                  tempi non sono esistiti 2 giorni uguali, come possono esserci 
                  2 annate uguali? 
                   
                  Risposta 5. I mutamenti climatici ci sono e bisogna conviverci. 
                  Le ultime annate sono state calde e hanno prodotto vini con 
                  concentrazioni maggiori in alcool, in estratti, etc… 
                  Rifacendomi alla risposta precedente aggiungo che ci si deve 
                  adattare al clima, non dobbiamo usare tecnologie per ottenere 
                  prodotti uguali in annate diverse, ma convivere con condizioni 
                  meteo differenti. 
                   
                  Risposta 6. Sarebbe bello se ci si potesse riunire in 
                  cooperative di lavoro o di vendita ma purtroppo da noi, nelle 
                  Langhe, questa collaborazione è molto difficile. La cooperazione 
                  credo sia più facilmente applicabile in zone marginali 
                  in cui non è ancora arrivato il benessere. Anni fa è 
                  stato pubblicato uno scritto di un giornalista svizzero che 
                  vedendo i cambiamenti recenti in atto nella zona del Barolo 
                  aveva proposto di mettere cartelloni stradali con l'indicazione 
                  “Zona colpita da improvviso benessere”. Questo mi 
                  porta a dire che quando in un territorio girano molti soldi 
                  è più difficile fare attività sociale. 
                   
                  Risposta 7. La mia famiglia da circa 200 anni ha gestito 
                  una macelleria a Barolo, ma io non mi sentivo portato per quella 
                  attività. Mi è sempre piaciuto lavorare in campagna 
                  e ora, con alcune difficoltà legate alla salute di un 
                  mio ginocchio, devo farmi aiutare nei lavori da una cooperativa, 
                  ma la cosa mi rende triste perchè non mi piace far lavorare 
                  e far sudare altri al posto mio. 
                  Per noi piccoli produttori di vino i problemi maggiori sono 
                  derivati dalla burocrazia. Nel nostro settore la macchina burocratica 
                  produce i più forti disagi. 
                   
                  Risposta 8. I mass-media hanno contribuito a diffondere 
                  la cultura del cibo e del bere, ma ora dovrebbero fermarsi. 
                  Mi capita di invitare a cenare amici che per ogni piatto servito 
                  in tavola ti chiedono il pedigree di quello che stanno mangiando. 
                  Lo trovo molto deprimente perché in giro ci sono persone 
                  che faticano a riempire il piatto e ancora più deprimente 
                  è che molte di queste élite cibarie appartengono 
                  a quella che una volta era la sinistra. 
                   
                  Risposta 9. Quello che mi rimane più impresso 
                  di Gino Veronelli è la semplicità nei rapporti 
                  umani. 
                  Non so se con le mie risposte ho soddisfatto le vostre aspettative, 
                  ma in qualunque caso se passate da Barolo venite a bere un bicchiere 
                  da noi.
                  Giovanni Canonica 
                  Noi di Valli Unite 
                alla cooperativa Valli Unite 
                In Piemonte, sui colli Tortonesi, la cooperativa agricola e agrituristica Valli Unite sperimenta da anni l'autogestione del lavoro, l'autosufficienza, la sobrietà e l'etica solidale. Tra i loro prodotti, anche il VINOTAV solidale, imbottigliato per sostenere la causa della popolazione valsusina. Intervista a Ottavio Rube e Alessandro Poretti. 
                 Risposta 1. (Alessandro) Veronelli non ho fatto in 
                  tempo a conoscerlo, è morto prima che io iniziassi a 
                  lavorare come vignaiolo e cantiniere. Però Ottavio conserva 
                  un ricordo limpido dell'incontro con Gino. 
                  (Ottavio) Ero imbarazzato quando nei locali della Coop. 8 Marzo 
                  mi chiesero di mangiare allo stesso tavolo con Gino, ma l'imbarazzo 
                  svanì presto perché mi trovavo accanto a una persona 
                  di alto spessore culturale e politico però capace di 
                  stare nei discorsi semplici, così abbiamo chiacchierato. 
                  Rimpiango poi che Gino non abbia avuto l'occasione di visitare 
                  Valli Unite quella volta che passava da queste parti insieme 
                  a Marc Tibaldi. Avrei voluto che vedesse la nostra realtà, 
                  purtroppo non c'è stata altra occasione. 
                 
                   
                      | 
                   
                   
                    |   Ottavio Rube  | 
                   
                 
                 Gino mi ha sostenuto nel mio impegno politico nella Comunità 
                  Montana, lui insisteva che bisognasse entrare dentro le nostre 
                  comunità, nonostante le schifezze dei partiti, per poter 
                  incidere sul futuro della società; le sue parole mi hanno 
                  molto aiutato nei momenti che mi sentivo solo contro tutti. 
                  Poi da Gino ho imparato ad assaggiare il vino con gli occhi 
                  chiusi, come faceva lui. È una cosa semplice da fare 
                  che però ha un grande valore. E così quando lo 
                  faccio il mio pensiero va a lui. 
                  Potrei dire che è morto nel momento sbagliato, perchè 
                  in quel momento stava trasformando il suo sapere in critica 
                  politica. L'impegno sociale, la contadinità e i suoi 
                  aspetti critici sono parte integrante del Critical Wine che 
                  ha contribuito a far nascere. 
                  Sarei curioso di sapere l'opinione di Veronelli sul fatto che 
                  Langa e Roero sono state dichiarate patrimonio dell'Unesco. 
                  Però trovo paradossale che la rivista “Langhe e 
                  Roero” metta in prima pagina una azienda che per piantare 
                  una vigna ha dovuto sbancare venti metri di terra, tagliando 
                  anche il bosco. Io penso che ogni produttore di vino debba avere 
                  un'etica da seguire; questa idea Gino l'ha sempre sostenuta, 
                  dichiarando in modo provocatorio “il peggior vino di un 
                  contadino è migliore del più grande vino industriale”. 
                  Teniamo in vista con orgoglio a Valli Unite la rivista “Veronelli”, 
                  dove Simonetta Lorigliole e Marc Tibaldi dedicano ampio spazio 
                  ai “vini veri di Valli Unite”. 
                   
                  Risposta 2. (Alessandro) Il vino di qualità si 
                  ottiene soprattutto partendo da una materia prima sana e matura 
                  e anche dall'andamento stagionale e dalla capacità del 
                  vignaiolo. Quando la vite arriva sana e in salute alla vendemmia 
                  è quasi certo ottenere un uva di alta qualità 
                  e di conseguenza avere un vino che solo l'incuranza del vignaiolo 
                  o del cantiniere può rovinare. 
                  La nostra cantina accompagna l'uva a diventare vino, da noi 
                  sono quasi scomparse le filtrazioni, le chiarifiche, i lieviti 
                  selezionati, quindi le nostre capacità tecniche diventano 
                  fondamentali: scelta del momento di raccolta, del numero di 
                  rimontaggi e dei tempi di macerazione. Decidere quando travasare 
                  il vino, quando mettere in legno e quanto tempo farlo sostare 
                  in cantina e poi in bottiglia. 
                  Conciliare cura della vigna e cura del vino diventa possibile 
                  quando il vino non è un fine ma un mezzo, un mezzo per 
                  comunicare cosa è la terra e quale è il suo rapporto 
                  con il cielo e con l'uomo. Il vino esprime il legame tra questi 
                  elementi, quindi un vino si conserverà meglio quando 
                  questo legame sarà più saldo, e ugualmente emozionante 
                  sarà capire quale elemento in una determinata stagione 
                  è stato più o meno decisivo nella composizione 
                  del vino. 
                  Un vino “tecnico” figlio dell'enologia moderna invece 
                  sarà probabilmente un vino morto, un vino solo capace 
                  di esaltare le capacità umane e di soddisfare i desideri 
                  richiesti dalla massa e da un sistema edonistico che non guarda 
                  né al cielo né alla terra ma solo al terzo elemento, 
                  l'uomo. 
                   
                  Risposta 3. (Alessandro) La nostra è una cooperativa 
                  agricola biologica dalla nascita, nel 1981. Abbiamo sempre utilizzato 
                  le tecniche tradizionali cercando di diminuire i trattamenti 
                  e i calpestii, favorendo gli inerbimenti. Cerchiamo di interagire 
                  con il terreno cercando di prevenire eventuali problemi attraverso 
                  l'esperienza diretta o lo scambio di saperi con altri vignaioli. 
                  I nostri vigneti sono allevamento col sistema Guyot, i trattamenti 
                  sono con zolfo di cava e rame (poltiglia bordolese e idrossido), 
                  la gestione della chioma e la vendemmia sono interamente manuali. 
                  Per la lotta alla Flavescenza d'orata sono obbligatori due trattamenti 
                  di piretro. 
                   
                  Risposta 4. (Alessandro) Certamente il vignaiolo è 
                  parte attiva della tipicità quindi del terroir, lo dimostrano 
                  alcuni vignaioli naturali nostri vicini di vigna che ottengono 
                  uve e vini differenti da noi. Sicuramente abbiamo la terra uguale, 
                  i vitigni uguali ma evidentemente si sente la mano differente 
                  dell'uomo. 
                 
                   
                      | 
                   
                   
                    |   Alessandro Poretti  | 
                   
                 
                
                  Risposta 5. (Alessandro) Noi non siamo interventisti 
                  ma custodi, ci adeguiamo al clima, siamo persino arrivati a 
                  vendemmiare in agosto, cosa inimmaginabile prima del 2000. Cerchiamo 
                  di assecondare la natura col rischio di scontentare l'uomo ma 
                  il risultato per noi è interessante: vini di alta gradazione 
                  alcolica, più equilibrati, ma la tipicità per 
                  noi non cambia. La tipicità ne risente se modifichi la 
                  raccolta e cerchi di assecondare i gusti massificati, se i gradi 
                  alcolici di un vino sono alti, basta bere di meno. Per esempio 
                  nell'annata 2011 la forte concentrazione zuccherina ha bloccato 
                  molte vasche in fermentazione naturale. Abbiamo deciso di non 
                  intervenire e con l'annata 2012 abbiamo passato sulle bucce 
                  il vino del 2011, portando a fine fermentazione il vino. Così 
                  facendo abbiamo perso la DOC 2011 e 2012 ma abbiamo salvato 
                  il vino. 
                   
                  Risposta 6. (Alessandro) Con questa domanda sfondi una 
                  porta aperta. Qui a Valli Unite è stato sempre così, 
                  i giovani si avvicinano proprio perché coltivare in comunità 
                  crea nuove forme di socialità con la terra e il cielo 
                  come custodi, e dopo questa esperienza molti giovani si fermano 
                  ed altri costruiscono situazioni analoghe, magari più 
                  piccole. L'autogestione e l'agricoltura per esistere hanno bisogno 
                  di regole precise però danno la possibilità di 
                  spaziare con le idee e rendere reale i propri desideri. L'agricoltura 
                  ha la capacità di dare un senso pratico e un risultato 
                  palpabile agli sforzi fisici e mentali che fai, ci dà 
                  come premio il cibo e la sussistenza e ci consente di tenere 
                  i piedi ben saldi nel nostro paesaggio e nella nostra tradizioni 
                  storica. 
                   
                  Risposta 7. (Alessandro) È un eredità che 
                  passa di generazione in generazione, un passaggio di saperi 
                  tra chi è nato già vignaiolo e chi invece vuole 
                  farlo per innamoramento, per una scelta di vita, perché 
                  fare il vignaiolo e fare il vino non è un lavoro ma qualcosa 
                  di più affascinante e romantico. Non vivo grossi problemi 
                  col mio lavoro, la difficoltà maggiore è la fase 
                  della vendita dei nostri prodotti, cercare di affrontare e conoscere 
                  il mercato non come agricoltore passivo ma piuttosto affrontarlo 
                  come imprenditore attivo. 
                   
                  Risposta 8. (Alessandro) Noi non siamo particolarmente 
                  attenti ai mass-media e non li seguiamo, le guide enologiche 
                  non ci interessano perché molte volte sono false o fuorvianti. 
                  Fortunatamente Internet offre molte finestre sul mondo dell'enologia, 
                  lì è possibile trovare cose che tv e giornali 
                  non fanno vedere. I blogger che trattano di vini sono numerosi 
                  e in certi casi riescono ad informare bene sul mondo del vino 
                  naturale. 
                   
                  Risposta 9. (Alessandro) Gino ci ha lasciato un modo 
                  differente di osservare, spiegare, raccontare e bere il vino. 
                  Ci ha dato degli strumenti unici per interpretare il vino, per 
                  renderlo molto più vicino alla terra a dispetto di chi 
                  lo voleva portare sulla Luna. Ha fatto scoprire territori meravigliosi 
                  che vivono con il vino e per il vino, ha contribuito a fare 
                  uscire dalla marginalità alcune zone bellissime e dimenticate 
                  d'Italia. Arrivando a Valli Unite c'è una scritta sul 
                  muro che dice: “Ma il vino che cos'è? È 
                  il canto della terra verso il cielo”. Grazie Gino.   
                 Ottavio Rube & Alessandro Poretti 
				  
                
                   
                    Bere 
                        No-Tav   
                        Dalla 
                        collaborazione tra movimento Notav e cooperativa Valli 
                        Unite nasce con la vendemmia 2012 questo VINOTAV solidale, 
                        prodotto utilizzando Barbera dei colli tortonesi.  Questo 
                        progetto vuole coniugare la passione e il rispetto per 
                        la terra con la resistenza ai soprusi e alle devastazioni.  
                        Il ricavato della vendita viene utilizzato per sostenere 
                        le iniziative e le spese legali del movimento.  Acquistare 
                        questo vino è un atto di solidarietà, è 
                        portare un frammento di resistenza valsusina in ogni parte 
                        d'Italia e oltre. 
                         
                        Per info, contatti, richieste:
  
                        vinotav@autistici.org 
                         
                        info@valliunite.com 
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