Milano/Libreria ex Cuem, 
                  per non restare sul Vago 
				  
                 Nell'ottobre 2011 la storica libreria universitaria Cuem chiude 
                  i battenti per debiti e falso in bilancio, lasciando la libreria 
                  Cusl, di cui sono noti i collegamenti con Comunione e liberazione, 
                  in sostanziale regime di monopolio. Viene occupata nell'aprile 
                  2012: “Abbiamo occupato perché sentiamo l'esigenza 
                  di creare un luogo che agisca da catalizzatore per la circolazione 
                  di saperi critici all'interno della struttura universitaria; 
                  abbiamo occupato perché partendo da noi stessi, dai nostri 
                  sogni e interessi, vogliamo mettere in discussione il sistema 
                  didattico tramite ciò che chiamiamo per-corsi”. 
                  Gli occupanti danno immediatamente vita ad una serie di attività 
                  culturali di alto livello, che affiancano il tentativo di tenere 
                  in vita il tradizionale ruolo di fornitura di testi e dispense, 
                  che l'ex Cuem distribuisce ora senza profitto. 
                  In pochi mesi si susseguono presentazioni di libri, Per-Corsi, 
                  festival di editoria indipendente e concerti, aperti a tutti. 
                  Ascanio Celestini, Marco Philopat e Gustavo Esteva sono solo 
                  alcuni degli autori che sono passati dalla libreria, non come 
                  “ospiti” ma come simili, affini, sodali.
                 
                   
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                    |   Milano, Università Statale, 6 maggio 2013. Il locale  
                  dell'ex Cuem dopo gli interventi che durante il week end hanno 
                  reso inagibile il luogo  | 
                   
                 
                 Oltre alle iniziative organizzate, l'aspetto più interessante 
                  è ovviamente la nuova modalità di gestione della 
                  libreria: assemblee quotidiane aperte agli studenti scandiscono 
                  la vita del luogo e producono documenti, dibattiti in cui finalmente 
                  la dimensione del nozionismo accademico si mescola con le esperienze 
                  di vita degli studenti in modo diretto, autogestito. È 
                  anche un'occasione più unica che rara di confluenza e 
                  confronto per persone provenienti da percorsi politici di diversa 
                  matrice, dentro e fuori dall'università. 
                  La reazione del rettorato all'occupazione non si fa attendere: 
                  in pochi mesi sono due gli sgomberi, ad agosto e settembre. 
                  Ogni volta vengono chiuse le entrate, ogni volta gli occupanti 
                  vi rientrano. Le destinazioni previste dal rettorato sono, nell'ordine, 
                  distributori di merendine, servizi ai disabili e infine “servizi 
                  agli studenti”, solo dopo aver emesso un bando per le 
                  associazioni studentesche che viene forzato dall'evidente impossibilità 
                  di utilizzare ormai quegli spazi in un modo non gradito agli 
                  studenti. L'ex Cuem decide di non prendere parte al bando, che 
                  comunque viene disertato e di cui non sono ancora stati resi 
                  noti i risultati. 
                  Nel frattempo la vita dell'ex Cuem procede come al solito e 
                  ad aprile 2013 si festeggia un anno di vita con una tre giorni 
                  di eventi in ateneo, fra cui un murales per Primo Moroni e il 
                  primo festival universitario di editoria indipendente. 
                  Poi, lunedì 6 maggio, la sorpresa. Nel week end l'università 
                  ha fatto sgomberare la libreria. Sgomberare non è il 
                  termine adatto: “Stamattina, arrivati in università, 
                  abbiamo trovato una sorpresa che non ci aspettavamo. La libreria 
                  è parecchio cambiata. I libri, gli scaffali, il bancone, 
                  la cucina, la sala prove non ci sono più. Il pavimento 
                  è stato divelto, i muri abbattuti, le bacheche distrutte. 
                  Il caos che regnava in libreria ha lasciato il posto a un surreale, 
                  inumano ordine,come quello che si percepisce dopo un incendio. 
                  Quindi, questo è un comunicato di ringraziamento. 
                  Grazie per aver lavato gli ultimi piatti che rimanevano dalla 
                  cena di venerdì. Grazie per averci spostato quella fotocopiatrice 
                  che nessuno si azzardava a toccare per paura di trovarci sotto 
                  forme di vita sconosciute. Grazie per aver tolto i tavoli, quel 
                  colore arancione faceva a pugni col grigio delle pareti. Grazie 
                  per aver tolto le porte – da tempo si pianificava di rendere 
                  più attraversabile lo spazio Cuem. Grazie per aver abbattuto 
                  il muro, il muro non è un concetto che ci piace, anzi 
                  già che ci siete la prossima volta abbattete anche quelli 
                  esterni, così saremo liberi di scorrazzare tutti i giorni 
                  per l'università. La Cuem è casa nostra. Per questo, 
                  ce la riprenderemo”. 
                  Quella che inizia è una settimana intensa, convulsa. 
                  Alla notizia dello sgombero si raduna una grossa folla, che 
                  dopo una partecipata assemblea nell'atrio principale dell'università 
                  decide di fare un corteo interno all'ateneo, conclusosi con 
                  l'occupazione di un'auletta vuota, utilizzata unicamente per 
                  affittarla ai privati. Nel frattempo giunge la notizia che la 
                  celere si è posizionata fuori dall'università. 
                  Anche se un effettivo intervento sembra improbabile, l'assemblea 
                  decide di opporre resistenza passiva. Ma improvvisamente la 
                  celere entra e carica a freddo per spingere gli studenti fuori 
                  dall'università: quattro studenti in ospedale. 
                  La rabbia è tanta, la Statale è stata sfregiata: 
                  da lungo tempo la celere non entrava in università, doveva 
                  venire eletto il progressista Vago perché la dialettica 
                  interna all'ateneo venisse nuovamente intesa come questione 
                  di mero ordine pubblico. A questo punto lo scenario è 
                  paradossale: l'assemblea-presidio continua, ma si trasferisce 
                  fuori dai cancelli dell'università, mentre centinaia 
                  di studenti sono “chiusi dentro” dalla polizia, 
                  che blocca gli accessi.
                 
                   
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                    |   Milano, 
                        Università Statale, maggio 2013. 
                        L'ex Cuem itinerante, nei giorni dello sgombero  | 
                   
                 
                 I giorni successivi si susseguono fra assemblee partecipate, 
                  digos nei cortili interni all'ateneo e una lettera in cui Gianluca 
                  Vago rivendica la decisione di chiamare le forze dell'ordine, 
                  una “scelta difficile, presa a salvaguardia dei diritti 
                  degli studenti e dell'intera comunità universitaria, 
                  oltre che a tutela della dignità dell'istituzione pubblica”. 
                  Ma la notizia più importante è che la ex Cuem 
                  è stata già rioccupata e sono iniziati immediatamente 
                  i lavori di ripristino. 
                  Mercoledì il giorno dello sfregio ulteriore: il Cda e 
                  il senato accademico votano in seduta congiunta a favore di 
                  una mozione che approva l'operato del rettore. Le liste studentesche 
                  si allineano senza eccezioni, l'unico voto contrario proviene 
                  dai lavoratori della Statale iscritti a Cgil e Usb. 
                  Infine venerdì il rettore diserta una conferenza sottraendosi 
                  nuovamente al confronto diretto con gli studenti, nonostante 
                  i proclami. Inoltre si decide di rimanere in università 
                  anche al week end, per evitare un altro sgombero. 
                  Assordante è il silenzio del corpo docente e del sindaco 
                  di Milano. Non una parola viene spesa per quello che è 
                  un atto intollerabile per una città sedicente civile. 
                  Non da meno è la freddezza con cui molti, troppi studenti 
                  hanno avallato il comportamento del rettore, fino all'incredibile 
                  voto unanime in senato accademico. L'università è 
                  stata scossa e il grosso degli studenti non ha saputo prendere 
                  una posizione, interrogarsi su quanto è accaduto, forse 
                  nemmeno comprendere cosa succede sopra le loro teste. Molti 
                  si augurano un nuovo sgombero, e le macchinette al posto dei 
                  libri. Forse, prima o poi, verranno accontentati. Nel frattempo 
                  però il contagio non si ferma: è stata occupata 
                  anche l'ex libreria Cuesp a scienze politiche. 
                  Dario Clemente 
                
                
  
                 
                  Ricordando 
                  Silvia Francolini 
                  
                Se n'è andata mercoledì 10 aprile, dopo una lunga 
                  lotta contro la malattia, Silvia Francolini. Accade a Losanna, 
                  città in cui aveva scelto di vivere con il suo compagno 
                  Ismael Zosso, ed Emilio, il loro figlio di appena due anni. 
                  Nata a Fano nel 1977, Silvia si era laureata in lingue e letterature 
                  straniere moderne, contemporaneamente lavorando e impegnandosi 
                  nei collettivi libertari fanesi, primo fra tutti quello che 
                  negli anni '90 mise sotto l'attenzione cittadina il grave problema 
                  dell'assenza di spazi autogestibili dai giovani nella città 
                  addomesticata dai partiti e dalla convivialità commerciale 
                  (epiche alcune occupazioni di stabili sfitti sotto la giunta 
                  Pd). 
                  Silvia, proveniente da una famiglia di solida cultura operaia, 
                  è culturalmente molto preparata sulla storia dei movimenti 
                  antirazziali e del movimento Black panters, e ha portato a Fano 
                  in quegli anni interessanti iniziative, tra le quali quelle 
                  di sensibilizzazione contro la pena di morte negli Usa (ricordiamo 
                  la campagna per la vita di Mumia Abu Jamal o quella per il nativo 
                  americano Leonard Peltier). Nel frattempo si è occupata 
                  dell'attività della sezione fanese della Federazione 
                  dei comunisti anarchici, attiva nel movimento politico provinciale 
                  per le lotte sindacali, i diritti civili, l'antirazzismo, nella 
                  piccola sede di via G. da Serravalle 16, ora Infoshop, e ha 
                  anche di recente contribuito alla costruzione del Centro studi 
                  Franco Salomone, con sala riunioni e biblioteca, nel quartiere 
                  “dormitorio” di Fano2. 
                  Da alcuni anni viveva in Svizzera, lavorava come insegnante, 
                  era attiva presso il Centro internazionale di ricerche sull'anarchismo, 
                  Cira, di Lausanne, luogo internazionalmente noto presso il quale 
                  si era formata come archivista, dando manforte al lavoro di 
                  archiviazione di documenti in lingua italiana e supportando 
                  molte attività multilingue. È stata presente a 
                  iniziative “ponte” tra lingue e culture nell'ambito 
                  dell'anarchismo, in ultimo al raduno internazionale di Saint 
                  Imier. 
                  Il suo amore per la sua città d'origine, Fano, l'ha vista 
                  tentare diverse volte un ritorno, nonostante la congiuntura 
                  economica sfavorevole; Silvia, amava il sole e il mare, il dialetto 
                  e la cucina fanese, proprio a lei e al suo compagno si deve 
                  il varo di un'impresa di pedagogia tutta mirata al porto di 
                  Fano e al mare, “Passaporto”, integrata e originale. 
                  Nonostante i tanti interessi che la legavano al territorio (ricordiamo 
                  anche la sua partecipazione a seminari e spettacoli del centro 
                  danza Hangart di Pesaro), come succede per tante giovani persone 
                  italiane, il lavoro l'ha tenuta a lungo altrove. Certo è 
                  riduttivo parlare di “fuga dei cervelli” per persone 
                  che come lei hanno dato tanto in calore umano, passione politica 
                  e affetto, alla sua città. Silvia è riuscita, 
                  anche in questi ultimi anni, a costruire ponti tra due realtà 
                  apparentemente lontane, come le sue due città, Losanna 
                  e Fano, e da questo pensava di trarne un pamphlet ironico che 
                  raccontasse la Svizzera vista da una italiana, anzi da una marchigiana. 
                  Quante risate alla descrizione del vago odore di benzina che 
                  si sollevava dal lago di Losanna al primo raggio di sole primaverile, 
                  quando le famiglie svizzere fanno capolino per una grigliata, 
                  e i capifamiglia armeggiano al barbecue in pantaloncini rigorosamente 
                  color kaki! 
                  In questo momento in cui sembra sempre che, dopo tanti passi 
                  in avanti su quei ponti, la sua scomparsa ci faccia improvvisamente 
                  tornare indietro, siamo vicine/i al suo compagno, Ismael Zosso, 
                  e al piccolo Emilio, perché quei ponti, fatti di umanità, 
                  di presenze tangibili e corporee, di sapori e parole, restino 
                  percorribili in entrambi i sensi, e il senso della passione 
                  umana e politica di Silvia, siamo sicure/i, ci sosterrà 
                  sempre nei tragitti. 
                  Animiamo questo momento di sconforto e gelo con gli ideali e 
                  il vino rosso che condividiamo con Silvia.
                  Francesca 
                  per Femminismi.it 
                 
                 
                  Ricordando Roberto Denti/1 
                  Se l'editoria italiana per l'infanzia...
                   
                     
                        | 
                     
                     
                      |   Roberto 
                          Denti   | 
                     
                   
                 
                Lo scorso marzo, quando ho chiesto a Gianna, la sua inseparabile 
                  compagna, se ci saremmo visti, come ogni anno, a cena di una 
                  comune amica bolognese in occasione della fiera del libro per 
                  ragazzi, mi aveva detto che si sentivano tutti e due stanchi 
                  e che per la prima volta avrebbero disertato Bologna. Ma era 
                  il cinquantesimo della fiera e alla fine eccoli lì, mano 
                  per mano come sempre, e Roberto, che per mezzo secolo era stato 
                  tra i principali animatori e protagonisti della fiera, non si 
                  era risparmiato, con interventi, incontri e conferenze e la 
                  voglia di raccontare la sua esperienza, di trasmettere la sua 
                  passione per la letteratura per l'infanzia. L'ho visto così 
                  l'ultima volta, alla fine di marzo, in un padiglione della fiera, 
                  circondato da giovani, mentre parlava instancabilmente di libri, 
                  di progetti, di illustrazioni... 
                  Per qualcuno Roberto Denti è stato solo il titolare della 
                  Libreria dei ragazzi. Dico “solo”, ma tanto basterebbe 
                  per ricordarlo in modo degno. La sua è stata la prima 
                  libreria dedicata ai piccoli e ai giovani lettori nata in Europa, 
                  nel 1972, ed è stata di esempio per tante altre iniziative 
                  analoghe che dagli anni sessanta a oggi sono nate e continuano 
                  a nascere. È tra quegli scaffali che ha promosso la lettura 
                  dei libri di tanti scrittori italiani per l'infanzia, che non 
                  a caso sono stati suoi amici, come Gianni Rodari, Pinin Carpi 
                  o Bianca Pitzorno. 
                  Ma Roberto è stato anche un prolifico scrittore, autore 
                  di libri per bambini, dai quali emerge costante il gusto di 
                  raccontare e una riflessione sulla diversità, di libri 
                  per adolescenti, come Tra noi due il silenzio, dove non 
                  esita a parlare direttamente di sessualità, di libri 
                  per adulti, come Incendio a Cervara, un romanzo mascherato 
                  da inchiesta etnografica, sull'evoluzione e i cambiamenti sociali 
                  di un borgo dell'Appennino. Anche i suoi interventi di saggistica 
                  sono stati decisivi. Mi limiterò qui a ricordare I 
                  bambini leggono, che è un'analisi delle vicende culturali 
                  italiane dal punto di vista dei piccoli lettori, e le fondamentali 
                  Conversazioni con Marcello Bernardi, pubblicato 
                  da Elèuthera nel 1991, che affronta tutti i temi delle 
                  relazioni tra bambini e adulti in un'ottica libertaria. 
                  L'impegno politico e antifascista della sua giovinezza – 
                  non ancora ventenne si era unito alla lotta partigiana, come 
                  racconta nel suo libro autobiografico La mia Resistenza 
                  – si è costantemente tradotto in uno schierarsi 
                  costantemente dalla parte dei più piccoli, contro ogni 
                  forma anche subdolamente autoritaria che cerca di impedirne 
                  una libera crescita. 
                  Ma qui voglio soprattutto ricordarlo come un uomo gentile, pronto 
                  ad ascoltare le opinioni degli altri, generoso, capace di profonde 
                  amicizie e sempre disposto a dare una mano a tanti autori e 
                  illustratori come lui impegnati a offrire letture e immagini 
                  preziose per le bambine e i bambini. 
                  Se l'editoria italiana per l'infanzia ha oggi una certa qualità 
                  e gode di un prestigio notevole sul piano internazionale, è 
                  in parte non secondaria per merito suo.
                  Guido Lagomarsino 
                 
                 
                  Ricordando Roberto Denti/2 
                  Partigiano, libraio, educatore, scrittore 
                  
                Ho avuto la fortuna di conoscere Roberto Denti alla fine degli 
                  anni settanta. Lui, insieme a Gianna Vitali, aveva aperto nel 
                  1972 la Libreria dei ragazzi che presto era diventata un punto 
                  di riferimento per insegnanti e ragazzi e luogo di riflessione 
                  su temi pedagogici. Noi avevamo aperto all'inizio del 1977 la 
                  Libreria Utopia con il progetto di diffondere la cultura libertaria 
                  e nei cicli di conferenze che periodicamente organizzavamo il 
                  tema della pedagogia e dell'educare alla libertà era 
                  inevitabilmente presente, e di conseguenza c'era lui che intorno 
                  alla lettura creava mondi meravigliosi. E insieme a lui venivano 
                  a parlare altri due grandi “educatori” suoi amici 
                  fraterni: Marcello Bernardi, pediatra fuori dagli schemi e autore 
                  di libri che hanno “formato” intere generazioni 
                  di genitori intelligenti, e Mario Lodi, maestro elementare a 
                  Piadena e fantastico animatore del Movimento di cooperazione 
                  educativa che ha portato una ventata di libertà nella 
                  asfittica e ingessata scuola italiana. 
                  Le nostre ultime occasioni di incontro sono state nel 2003 durante 
                  un ciclo di conferenze sulla scuola (insieme a lui c'erano Mario 
                  Lodi, Raffaele Mantegazza, Giuseppe Pontremoli, Marco Rossi 
                  Doria per i maestri di strada di Napoli...) e nel 2004 in occasione 
                  di un incontro per ricordare Giuseppe Pontremoli, scrittore 
                  per ragazzi scoperto proprio da Roberto Denti e grandissimo 
                  insegnante. Sempre, in ogni occasione, lui sapeva trasformare 
                  ogni domanda in racconto, ogni racconto in avventura, ogni avventura 
                  in occasione di crescita e divertimento. Non è così 
                  comune, no? Forse davvero per essere buoni educatori è 
                  necessario aver mantenuto vivo il bambino che siamo stati, come 
                  ha fatto lui. 
                 Fausta Bizzozzero 
                 
                 
                  Ricordando Nunzio Pernicone/ 
                  Dentro la storia dell'anarchismo di lingua italiana negli Usa 
				  
                Nella notte fra il 29 e il 30 maggio si è spento negli 
                  Stati Uniti, stroncato da un male incurabile, Nunzio Pernicone, 
                  professore di storia alla Drexel University di Filadelfia. 
                  In Italia il suo nome non è noto a tutti. Di suoi lavori 
                  sono apparsi da noi solo l'autobiografia di Carlo Tresca e l'introduzione 
                  a un volume delle Opere complete di Malatesta. Tuttavia, 
                  nel mondo di lingua inglese il suo nome è sinonimo di 
                  storia dell'anarchismo italiano. Figlio di un anarchico, Pernicone 
                  aveva respirato sin da ragazzo l'atmosfera dell'anarchismo italo-americano 
                  newyorkese, acquisendo familiarità con gli ambienti dell'Adunata 
                  dei refrattari. Questi contatti costituiranno il suo legame 
                  diretto col movimento di cui poi scriverà la storia. 
                  Il suo Italian Anarchism, 1864–1892, del 1993, 
                  è il testo base in lingua inglese sull'argomento. Sua 
                  è anche la biografia Carlo Tresca: Portrait of a Rebel. 
                  Entrambi i volumi sono stati recentemente ristampati da AK Press. 
                  Pernicone è apparso in tre documentari e un programma 
                  radio sul caso Sacco e Vanzetti. Fra i suoi più importanti 
                  articoli vi sono: “Carlo Tresca and the Sacco-Vanzetti 
                  Case”; “Luigi Galleani and Italian Anarchist Terrorism 
                  in the United States”; “Murder Under the 'El': The 
                  Greco-Carrillo Case”; e “The Case of Pietro Acciarito: 
                  Accomplices, Psychological Torture, and Raison d'État”. 
                  Aveva due progetti in cantiere: la prosecuzione fino al 1900 
                  della sua storia dell'anarchismo italiano, e il libro Propaganda 
                  of the Deed: Italian Anarchists and Political Violence in the 
                  19th Century, del quale aveva completato da poco il manoscritto. 
                  Dopo Paul Avrich, suo amico, l'anarchismo perde con Pernicone 
                  un'altra voce preziosa, che molto ha fatto per restituire ad 
                  esso la dignità storica spesso negatagli.
                  Davide Turcato
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