a cura 
                  della redazione 
                   
                  “L'azione diretta paga” 
                  è la scritta che campeggia in copertina del cinquantesimo 
                  numero di “A” (ottobre 1976), sotto la foto di una 
                  casa occupata. E dentro troviamo articoli sulle lotte autonome 
                  degli ospedalieri, un editoriale su “lotte autonome e 
                  controllo sindacale”, una tavola-rotonda realizzata nella 
                  sede occupata di via Conchetta 16 a Milano, due articoli sull'autotrasporto 
                  in Italia (“Sfruttamento a quattro ruote” e “Le 
                  carovane di facchinaggio”). L'idea che si ricava anche 
                  solo da un'occhiata veloce al numero è quella di una 
                  rivista ben attenta al sociale, alle lotte e ai movimenti. 
                  “Da fabbrica del consenso a istituzione totale” 
                  è il titolo di un approfondito articolo di Gian Luigi 
                  Pascarella su quella che viene definita “l'evoluzione 
                  mistificante della scuola” e il relativo sommarietto (sicuramente 
                  scritto dalla redazione) è un bell'esempio del linguaggio 
                  in vigore negli anni '70 nei movimenti: “La possibilità 
                  di innescare lotte libertarie in una struttura di socializzazione 
                  autoritaria, qual'è la scuola oggi, richiedono una forte 
                  carica di creatività giovanile che permetta di superare 
                  i limiti oggettivi che le lotte studentesche hanno dimostrato 
                  di avere”. Della serie “cazzo compagni” & 
                  dintorni... 
                  Tra gli altri temi presenti, merita di essere sottolineata l'arte. 
                  “L'artista tecnocrate” è il titolo di uno 
                  scritto di Claudia Vio, veneziana, che in occasione della Biennale 
                  (definita “la Biennale dell'ideologia”) si occupa 
                  del rapporto tra arte e società, della trasformazione 
                  ideologica dell'arte come risposta alla crisi culturale degli 
                  anni '30, del rapporto tra industria e arte. 
                  Il legame costante con il movimento anarchico si evince da due 
                  scritti, uno di carattere storico e l'altro di stretta attualità. 
                  Ci riferimao a una breve storia del movimento anarchico bulgaro, 
                  da un secolo in lotta – come si legge nel titolo – 
                  “Contro i padroni vecchi e nuovi”. Ne è autore 
                  G.R. Balkansky, allora anziano militante anarchico bulgaro in 
                  esilio in Francia, esponente di rilievo dell'Internazionale 
                  delle federazioni anarchiche (Ifa). Significativa, oltre alla 
                  ricostruzione storica, il lancio di un appello in solidarietà 
                  con l'anarchico Christo Kolev, detenuto dal regime comunista 
                  bulgaro. Del suo caso si stava occupando anche Amnesty international: 
                  “ma dobbiamo essere noi anarchici in prima fila nella 
                  lotta per la sua liberazione. I nostri compagni incarcerati 
                  nei paesi 'socialisti' sono certo numerosi, ma di loro sappiamo 
                  poco o niente. Di Kolev invece abbiamo informazioni più 
                  dettagliate che ci permettono di aiutarlo concretamente. Non 
                  dobbiamo dimenticarlo.” 
                  Sempre nell'ambito dell'attenzione e della mobilitazione contro 
                  le dittature “di sinistra” segnaliamo infine uno 
                  scritto dello storico anarchico, di origine russa, Sam Dolgoff 
                  a proposito di Cuba. Occhiello: La struttura del potere a Cuba. 
                  Titolo: Dalla guerriglia alla dittatura. I temi trattati sono 
                  ben indicati dal sommarietto: Il potere personale di Castro 
                  e la riorganizzazione dell'apparato governativo – Il ruolo 
                  mistificante delle Organizzazioni del Potere Popolare – 
                  Il controllo sui lavoratori e le condizioni di vita del popolo 
                  – La resistenza passiva e l'assenteismo espressioni del 
                  dissenso popolare. 
                  Criticare esplicitamente e denunciare il governo del “mitico” 
                  Fidel Castro ha sempre segnato una spaccatura a sinistra, in 
                  una sinistra affascinata dal ruolo anti-yankee del comandante 
                  barbuto (e ora di suo fratello Raul), pronta non solo a perdonargli 
                  ma a tacere del tutto e anzi ad attaccare come “pagati 
                  dalla Cia” quegli oppositori, a volte di segno libertario, 
                  che sempre si sono opposti alla dittatura comunista spesso finendo 
                  in carcere. Con in più il marchio dell'infamia. 
                  Cari compagni castristi, ora anche filo-bolivariani (Chávez), 
                  noi non ci stavamo ieri e non ci stiamo oggi. L'opposizione 
                  all'imperialismo e a quello che ora si chiama neo-liberismo 
                  non ci ha mai fatto abbassare la guardia contro chi, in nome 
                  del popolo, del proletariato, del comunismo, fonda e sostiene 
                  dittature o comunque regimi autoritari. 
                
   
              
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