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                 I concerti di Fabrizio  
                  
                a cura di Marco Pandin 
                
                 
                
                  
                    “L'Italia 
                        era ricca di grandi autori di canzoni, naturalmente, da 
                        Gino Paoli a Luigi Tenco, a Bindi, a Gaber; tutta gente 
                        antagonista nei confronti delle insulsaggini musicali 
                        correnti, ma che partecipava comunque spesso ai rituali 
                        a volte scontati del professionismo canoro. In Italia 
                        insomma non mancavano davvero le belle canzoni, ma Fabrizio 
                        fu in questo contesto il primo e l'unico a essere, prima 
                        che il termine diventasse una moda, underground. [...] 
                        Fabrizio rifiutava in blocco le moine dell'industria discografica, 
                        i suoi passaggi obbligati, le regole non scritte dello 
                        show business. Non andava in televisione, non rilasciava 
                        interviste, si faceva fotografare con evidente malavoglia, 
                        addirittura non faceva concerti...” 
                       Francesco De Gregori1  | 
                   
                 
                 
                
                   
                     
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                    |   Il cofanetto Fabrizio De André  I concerti
                  che raccoglie, in 16 cd più un libro, i live inediti 
                  del cantautore  | 
                   
                 
                Quest'anno a natale niente regali a nessuno, m'ero messo a 
                  tuonare, come tutti gli anni già da novembre. E invece 
                  no: ho saputo di questa uscita e dopo un po' di tira e molla 
                  mi sono fatto l'autoregalo scassinando il salvadanaio delle 
                  emergenze, così il prezzo elevato per i miei standard 
                  più che un deterrente è stato solo un rallentamento 
                  tecnico (regalo di natale fatto a gennaio). Ammetto di non avere 
                  speso mai prima così tanti soldi per dei cd. Questi, 
                  vabbé, sono sedici. Ma soprattutto dentro c'è 
                  Fabrizio De André, e un Fabrizio De André per 
                  buona parte inedito: soltanto alcune delle registrazioni dal 
                  vivo qui raccolte erano già state pubblicate (quelle 
                  del tour 1978-79 con la Pfm). In passato erano già state 
                  diffuse alcune registrazioni dei tour de Le nuvole del 
                  1991 (il 2cd Concerti) e di Anime salve del 1997-98 
                  (i due volumi postumi In concerto, i concerti al teatro 
                  Brancaccio del 13 e 14 febbraio 1998 documentati anche in videocassetta 
                  e dvd), ma con scelte diverse. Anche le registrazioni del concerto 
                  alla Philipshalle di Düsseldorf del 24 aprile 1982 giravano 
                  su bootleg da quasi trent'anni (L'indiano era stato pubblicato 
                  contemporaneamente anche in Germania e in Austria, e dieci date 
                  della coda invernale del tour 1982 si erano tenute tra Vienna 
                  e Zurigo). 
                  In una parola, difficile resistere. In due parole: molto difficile. 
                  Sono riuscito ad assistere ad un suo concerto solo una volta 
                  e mezza nella vita (mezza a Mestre con la Pfm nel 1979 – 
                  ero entrato a spintoni tardi per uscirne piuttosto deluso prima 
                  della fine –, e a Napoli al concerto per “A” 
                  e Umanità Nova), finora sono sopravvissuto benone solo 
                  con i ricordi e le registrazioni dal vivo recuperate e scambiate, 
                  ma... Ne varrà la pena? Non sarà una trappola? 
                  Non sarà una spesa eccessiva? Per risposta – nell'ordine 
                  – un sì e due no: sono riuscito a sciacquare via 
                  gli scrupoli piuttosto in fretta e mi sono comprato il malloppone. 
                  Sono soddisfatto? Sì. Ed anche, in ordine sparso: spiazzato, 
                  sorpreso, stanco, perplesso, sconcertato (potrei continuare) 
                  per questo Fabrizio così diverso dalla versione ufficiale. 
                  La mia curiosità musicale – nonostante l'udito 
                  che se ne sta andando – è sempre vorace, comunque 
                  ci ho messo più di un mese ad ascoltare e riascoltare 
                  tutto. Anche se le canzoni alla fine sono sempre quelle e si 
                  conoscono tutte, serve attenzione: non è roba da sprecare, 
                  da sentire distrattamente facendo dell'altro. Un tesoro enorme 
                  da scoprire un pezzetto alla volta: un tuffo al cuore dopo l'altro 
                  per chi ha vissuto almeno un concerto, e una gioia sconfinata 
                  per chi invece non ha potuto esserci. Non mi sembrava il caso 
                  di fare una disquisizione dettagliata e puntuale per ciascun 
                  tour, per cui raccolgo di seguito solo alcune mie impressioni 
                  ed osservazioni sparse sui primi due cd. Il resto aggiungetelo 
                  voi. 
                
                   
                    “Nel 1976 al palazzetto dello sport di Siena 
                        ero talmente ubriaco che pur essendo seduto mentre mi 
                        chinavo per prendere la bottiglia dell'acqua mi sono ritrovato 
                        in terra insieme alla sedia. Il pubblico è scoppiato 
                        in una risata gigantesca e io ricordo che rialzandomi 
                        ho avuto la presenza di spirito di dire: 'È un 
                        giochetto che faccio tutte le sere per far divertire la 
                        gente'; e su questa bugia pietosa mi ricordo che il pubblico 
                        applaudì...” 
                       Fabrizio de André2  | 
                   
                 
                 Nel primo cd c'è proprio quella serata del 15 marzo 
                  1975: il concerto alla Bussola di Viareggio. Il primo vero e 
                  proprio concerto davanti a un pubblico, De André lo tiene 
                  a trentacinque anni d'età e a quindici anni abbondanti 
                  dal debutto discografico: nel frattempo aveva già pubblicato 
                  una ventina di singoli e una decina di album, aveva tradotto 
                  Bob Dylan, Georges Brassens e Leonard Cohen (che nel corso della 
                  serata ripropone tutti). La registrazione del concerto è 
                  amatoriale, verosimilmente presa da audience, chiaro che dev'essere 
                  stata sottoposta – come le altre qui raccolte – 
                  a un trattamento cosmetico, ma è un lavoro superlativo 
                  fatto con cura artigianale e pazienza d'altri tempi, col massimo 
                  rispetto e tutto l'amore possibile. Mi impressiona il rumore 
                  di fondo della registrazione: un ambiente di chiacchiere, di 
                  bicchieri e bottiglie che si toccano, le sedie trascinate, la 
                  gente venuta per esserci – e, azzardo, non per essere 
                  – e che molto presto comincia a fregarsene di quelli sul 
                  palco e di quei pochi che vogliono invece ascoltare. 
                  La setlist è organizzata alternando i successi a certi 
                  momenti più difficili, canzoni queste che si dimostrano 
                  assolutamente inadatte a essere proposte in quel contesto. Si 
                  inizia con la Canzone dell'amore perduto (con dei coretti 
                  tipicamente à la New Trolls, infatti lì sul palco 
                  a suonare ci sono un paio di loro e altri musicisti dello stesso 
                  giro) che la gente riconosce e applaude e per cui è disposta 
                  a spendere qualche briciola d'attenzione, per poi cambiare presto 
                  idea già dalla successiva Nancy. Sergio Bernardini, 
                  organizzatore del concerto, spazza la Bussola in Via della 
                  Povertà: è l'unica deviazione di rilievo rispetto 
                  alla versione incisa su disco. Spesso, nei concerti successivi 
                  (vedi le testimonianze piuttosto facilmente reperibili in rete) 
                  il testo della canzone è modificato in una sorta di Inferno 
                  musicale brulicante dei politici del tempo. Fabrizio canta con 
                  quella sua voce miracolosamente tenuta ferma dall'alcool Le 
                  Passanti, e poi Oceano, Amico fragile, Il 
                  testamento di Tito. Se chiudo gli occhi rimbomba in testa 
                  una frase che scriverà quindici anni dopo, forse pensando 
                  a questa serata: “...ci guardarono cantare per una 
                  mezz'oretta, poi ci mandarono a cagare”. 
                  “Quel debutto lo ricordo come un incubo” – 
                  confida Fabrizio a Cesare G. Romana – “De Gregori 
                  mi rimbrottò duramente perché mi vendevo a un 
                  pubblico di ricchi, e probabilmente aveva ragione. Ma io quello 
                  che guadagnavo lo davo in parte a chi dicevo io, e così 
                  mi mettevo l'anima in pace”3. 
                  Ad un certo punto della serata, Faber avverte il pubblico: “C'è 
                  un grosso problema, è il fatto che io fino ad oggi non 
                  abbia mai preparato delle canzoni da cantare in pubblico. Non 
                  me le ero neanche studiate a memoria, a me importava scriverle, 
                  poi registrarle in sala di registrazione. Può darsi benissimo 
                  che di qualche canzone io mi sia addirittura dimenticato le 
                  parole...”. Non è vero: è solo una 
                  cattiveria. Marinella, come una Cenerentola sorpresa 
                  dalla sfortuna a mezzanotte e cinque, ritorna a essere quella 
                  che era, prima che Faber le cambiasse il destino e prima di 
                  finire ai vertici della hit parade: “Prima con una carezza 
                  ed un bacino, poi si passò decisi sul pompino / e sotto 
                  la minaccia del rasoio fosti costretta al biascico e all'ingoio”. 
                  È uno sputo in faccia, tirato allo specchio e alla platea. 
                  La gente può solo ridere, a bocca aperta, senza capire 
                  che De André non è un oggetto di lusso. Una Canzone 
                  del Maggio gettata nel vuoto, a quella gente sbagliata. 
                  L'avrebbe sprecata anche più avanti, offrendola alle 
                  orecchie di quelli dell'Autonomia. 
                
                   
                    “[...] Cantautore impegnato ma non troppo. 
                        Borghese di nascita, di adozione e di intenti, rifiutava 
                        di esibirsi in pubblico fino a quando le vendite dei suoi 
                        dischi hanno subito un tracollo: allora si è esibito 
                        alla Bussola prima di confrontarsi con tutti coloro che 
                        avevano sprecato tempo ad ascoltar le sue lagne...”4 
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                 Nel cd numero due è raccolta la versione offerta in 
                  concerto di Storia di un impiegato ricostruita attraverso 
                  due concerti successivi, verso la fine del tour 1975-76. L'album 
                  era uscito quasi tre anni prima e non s'erano ancora spenti 
                  i fuochi delle discussioni che aveva acceso: la rivoluzione 
                  del 1968 nel nostro paese stentava ad arrivare, ora sappiamo 
                  quanto si adoperarono gli apparati dello stato per accumulare 
                  quel ritardo. De André era oggetto di attenzione da parte 
                  della questura e dei servizi segreti già da dopo i fatti 
                  di piazza Fontana, sospettato dapprima di essere un “simpatizzante 
                  delle Brigate Rosse” e poi di aver reso la sua casa a 
                  Tempio Pausania un covo di extraparlamentari di sinistra. 
                  Durante la conferenza stampa di presentazione del progetto, 
                  Dori Ghezzi racconta sorridendo che “Fabrizio e la Pfm 
                  capivano il senso della contestazione e volevano calmare le 
                  acque. Lui scese addirittura in mezzo ai contestatori, dando 
                  loro ragione. E quando cantò Amico fragile cambiò 
                  la strofa da 'E poi seduto in mezzo ai vostri arrivederci, mi 
                  sentivo meno stanco di voi' in 'E poi seduto in mezzo ai vostri 
                  ...vaffanculo!'”. 
                
                  
                     
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                    | 
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                        settembre 1991 – Fabrizio De André in concerto 
                         
                        in piazza degli Scacchi a Marostica (Vi)  | 
                   
                 
                 Non ci sono poteri buoni, aveva tentato di convincerci. Durante 
                  il concerto alla festa dell'Unità di Modena del 29 agosto 
                  1975 qui ampiamente documentato, nell'introdurre Via della 
                  Povertà Fabrizio commentava amaramente con “Non 
                  è cambiato niente, non cambierà niente...” 
                  le recenti elezioni in cui il Pci aveva ottenuto un consenso 
                  vastissimo, però non sufficiente a scalzare dal potere 
                  la Democrazia Cristiana. Nel corso di un'intervista pubblicata 
                  dal Mucchio Selvaggio nel settembre 1992, De Andrè diceva 
                  che “Il '68 è stato una rivolta spontanea e il 
                  fatto che non sia riuscita forse è un bene, se è 
                  vero che il grosso problema di ogni rivoluzione è che, 
                  una volta preso il potere, i rivoluzionari cessano di essere 
                  tali per diventare amministratori...”. 
                  Storia di un impiegato è un'opera su cui ci si 
                  è scontrati e schierati, fatta a pezzi e ricostruita 
                  – ognuno a proprio modo – in mille discussioni e 
                  dibattiti. De André velleitario e qualunquista, venduto 
                  e sfanculato, profeta anarchico e visionario bestemmiatore, 
                  poeta da antologia e da beatificazione. Un disco odiato e frainteso, 
                  che mischia assieme politico e privato ben prima del tempo in 
                  cui farlo venisse sdoganato a pratica di moda. Un disco contestato 
                  in pubblico eppure ascoltato di nascosto e tenuto stretto al 
                  cuore, pensato e realizzato in un momento perfettamente sbagliato. 
                  Non ci sarebbe stato mai un “momento giusto” per 
                  quelle canzoni nel nostro paese, neanche dopo quarant'anni. 
                 Marco Pandin 
                 Note 
                 
                  - da “Come un'anomalia” a cura di Roberto Cotroneo 
                    (ed. Einaudi, 2000) 
                  
 - da “I concerti” (a cura di Giancarlo Pierozzi, 
                    Stefano Barzan ed altri, ed. Sony, 2012) 
                  
 - da “Amico fragile” (ed. S&K, 1999) 
                  
 - da “Libro bianco sul pop in Italia” (ed. Arcana, 
                    1976)
  
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