I vecchi saggi  
                  
                di Nicoletta Vallorani 
                 
                  Ci sono due modi di invecchiare: 
                  da individuo normalmente socializzato e da insegnante. L'individuo 
                  normalmente socializzato, man mano che si inoltra nella selva 
                  oscura della tarda età, guadagna un sano distacco dalle 
                  storture della vita, rivede la sua alimentazione eliminando 
                  alcune piacevolezze pericolose per l'apparato digerente, smette 
                  di fumare il tabacco e, non potendo concedersi la marijuana, 
                  si impasticca di droghe prescritte dal medico e si sintonizza 
                  su una serie di attività inoffensive – il burraco, 
                  la coltivazione dei pomodori in terrazzo, il ritaglio dei quotidiani. 
                   Gli 
                  insegnanti, invece, invecchiano in un altro modo. Il giorno 
                  in cui si congedano dagli ambienti scolastici non coincide mai 
                  con la fine della loro missione didattica. Per come la vedono 
                  loro, il congedo è stato sempre prematuro: loro hanno 
                  ancora molte energie da spendere. Dunque che fare? È 
                  semplice: si tratta solo di riorientare i loro talenti e di 
                  individuare l'argilla da modellare e il comportamento sbagliato 
                  da emendare. Un insegnante in pensione non ha alcun modo né 
                  alcuna volontà di rinunciare alla sua missione civilizzatrice. 
                  Viaggia appesantito dal suo fardello, ma al tempo stesso è 
                  fiero della missione etica che deve compiere. 
                  Per conseguenza, l'insegnante in pensione non si limita ad andare 
                  al circolo per giocare a carte. Quando vi arriva per la prima 
                  volta, deve riorganizzarne il funzionamento e razionalizzare 
                  il torneo di rubamazzo, in modo che esso risponda a una precisa 
                  tabella di marcia, nella quale siano identificabili regole ben 
                  precise, possibilmente rigide come le tavole della legge, e 
                  altrettanto prive di fondamento. In nessun caso, tuttavia, l'insegnante 
                  in pensione impone il suo volere o i suoi desideri. Al contrario, 
                  egli ambisce a convincere i suoi interlocutori dell'innegabile 
                  ragionevolezza del suo volere. Li sottopone quindi a interminabili 
                  sermoni, durante i quali non tollera interruzioni, pur continuando 
                  a ripetere democraticamente che chiunque voglia intervenire 
                  può farlo. Accade sovente che gli astanti, gli ospiti 
                  del circolo o del bar o del luogo di ritrovo, prendano ad ascoltarlo 
                  con attenzione in principio, per poi demotivarsi dopo la terza 
                  invettiva moralizzante, e andarsene definitivamente alla fine 
                  della quinta. In effetti, i sermoni dell'insegnante in pensione 
                  mancano sempre di un finale, di una conclusione congruente, 
                  perché l'insegnante in pensione di rado riesce a ultimare 
                  il suo discorso con un pubblico presente e pensante. 
                  L'insegnante in pensione non cessa la sua missione moralizzatrice 
                  in nessun momento della giornata. È infaticabile e attento, 
                  e anche stampellato è sempre in cerca di qualcuno da 
                  ammonire. Per strada, rimprovera duramente il giovane ciclista 
                  che attraversa col rosso, sgrida il cane che zampetta trasversale 
                  sul marciapiede, e imbocca coraggiosamente le strisce pedonali 
                  soprattutto quando intravvede una macchina in arrivo in palese 
                  violazione di ogni limite di velocità. In quest'ultimo 
                  caso, solitamente, si arresta nel mezzo della strada col preciso 
                  scopo di costringere l'automobilista incauto a fermarsi per 
                  permettere a lui di completare l'attraversamento. Certo, potrebbe 
                  togliersi di mezzo più rapidamente, ma poi che ne sarebbe 
                  della sua missione educativa? L'insegnante in pensione è 
                  consapevole del fatto che la sua vita vale ben poco se confrontata 
                  con la necessità di educare un estraneo a fermarsi davanti 
                  a un pedone sulle strisce. 
                  L'insegnante in pensione è molto temuto nei supermarket. 
                  Egli controlla minuziosamente il prezzo al chilo di ogni prodotto, 
                  confrontando i vari prezzi unitari e spesso arringando gli altri 
                  acquirenti sulle procedure scorrette e ingannevoli con cui vengono 
                  compilate le etichette. La spesa diventa in questo modo una 
                  operazione estremamente faticosa, ma socialmente utile, almeno 
                  per come la vede l'insegnante in pensione. Quando stremato egli 
                  si avvia alle casse, avendo acquistato due olive, alcuni fiammiferi 
                  e una sola fetta di pancetta, seleziona con estrema attenzione 
                  la fila in fondo alla quale collocarsi. Non appena giunge il 
                  suo turno, egli intreccia una lunga, istruttiva conversazione 
                  con la graziosa commessa, che lo chiama “professore” 
                  e che è tanto gentile. A volte le recita anche preziosi 
                  frammenti di creazioni poetiche oggi dimenticate, in favore 
                  di imbarazzanti rime nelle canzoni di Max Gazzé. Questo 
                  suo comportamento a volte esaspera i frettolosi compratori alle 
                  sue spalle, che, in seguito a ripetute manifestazioni di insofferenza, 
                  vengono ammoniti sulla necessità di prestare attenzione 
                  alle esigenze degli anziani. 
                  A sera, l'insegnante in pensione si accomoda al suo desco per 
                  commentare la radicale barbarie della televisione, l'inciviltà 
                  dei tempi contemporanei e la necessità di una rinascita 
                  culturale. L'insegnante in pensione non ha dubbi sulla fondatezza 
                  delle sue critiche e confida che un giorno il mondo gli darà 
                  ragione. L'insegnante in pensione, spesso, è molto lontano 
                  dal sapere che è un sublime stracciazebedei. Si vede 
                  piuttosto come una risorsa della comunità. Quando se 
                  ne va ad arringare studenti in un mondo diverso da questo, normalmente 
                  lascia una traccia. Che a volte è preziosa, altre volte 
                  meno, ma mai, proprio mai, è trascurabile. Per questo 
                  sono così arrabbiata con uno stato che continua a tartassare 
                  gli insegnanti. È che io vengo da una famiglia di insegnanti, 
                  ho amici insegnanti e sono insegnante anch'io. E non andrò 
                  mai in pensione, grazie all'attuale classe politica e a quelli 
                  che son venuti prima. Per fortuna il mio mestiere mi piace. 
                  E mi piace per lo stesso motivo per cui credo piacesse, per 
                  esempio, a Carlo Oliva: l'idea è quella di insegnare 
                  la cultura contro la barbarie. Per questo Oliva andava ricordato 
                  qui. Di nuovo. Che non fa mai male...
                
  Nicoletta Vallorani
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