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                Il cuore di fuoco di Barcellona 
                  
                di Angelo Pagliaro 
                    
                rendendo le mosse da un romanzo italiano e dalle avventure calcistiche del mitico Barça, un excursus storico e poetico nella città catalana, tra omicidi, piroscafi e gli scontri del maggio '37. 
                 
                  Questa sera gioca il Barcellona 
                  e allora quale modo migliore di guardare la partita se non bevendo 
                  birra fresca accompagnata da stuzzicanti panini farciti e condividendo 
                  emozioni e patatine con gli amici? Non capita per tutte le squadre 
                  di calcio, ma il Barça è Més que un 
                  club; è un pensiero altro, una mentalità diversa, 
                  un sentire comune. Ecco perché, in ogni angolo del pianeta, 
                  conta ammiratori e tifosi. Quanti, tra gli sportivi ormai “diversamente 
                  giovani”, ricordano il giornalista, mezzobusto al tg, 
                  che annunciava: “Questa sera, alle ore 21, in diretta 
                  Rai, scenderà in campo l'Inter di Mazzola o il Milan 
                  di Rivera, il Napoli di Maradona” e così via, associando 
                  alla squadra il nome del leader riconosciuto? Questo tipo di 
                  presentazione è impossibile per il Barcellona, nonostante 
                  tra i blaugrana ci siano sempre stati dei fuoriclasse, perché 
                  lo spirito comunitario della squadra, che è un tutt'uno 
                  con quello della sua tifoseria, lo impedisce. In un momento 
                  in cui il calcio è diventato uno sport essenzialmente 
                  contabile, dove vince chi investe di più nell'acquisto 
                  dei talenti, il Barça ha schierato, in una famosa partita 
                  contro il Levante, undici giocatori tutti provenienti dal settore 
                  giovanile, o meglio dalla “cantera” come direbbero 
                  i catalani. Nel 2011, difatti, il Barcellona ha inaugurato il 
                  suo nuovo centro sportivo, conosciuto come “la Masia”, 
                  dove i giovani del club non solo praticano lo sport, ma vivono 
                  e studiano insieme. Potremmo continuare a magnificare questa 
                  squadra di calcio, rischiando di mitizzarla, ma è il 
                  caso di spendere alcune parole di apprezzamento per il fatto 
                  che è l'unica squadra al mondo che, anziché essere 
                  pagata dallo sponsor, devolve lo 0,7 per cento delle sue entrate 
                  all'Unicef (il cui logo sulla maglietta non è più 
                  stampato sul petto ma campeggia sulla schiena). Su queste colonne, 
                  vogliamo parlare di un libro molto bello scritto dal giornalista 
                  di “Repubblica” Emilio Marrese che riguarda il Barça 
                  ma non solo.
                
   
                   
                  Engels  e la Rosa de foc 
                
  Rosa di fuoco. Romanzo di sangue, pallone e piroscafi 
                  (Emilio Marrese, Pendragon 2010, pp. 354, € 15,00), è 
                  un romanzo noir che narra una vicenda realmente accaduta 
                  nella Barcellona (città definita da Engels, nel 1873, 
                  “Rosa di fuoco”) anarchica, antifascista, antifranchista, 
                  nella metà degli anni '30 che unisce calcio, politica, 
                  mistero e rivoluzione sociale. La storia, in parte romanzata, 
                  prende spunto da un episodio poco conosciuto: una tournée 
                  organizzata dal Barcellona calcio nel 1937 in Messico e Usa 
                  finalizzata a salvare la squadra dalla bancarotta e, contemporaneamente, 
                  a mettere in salvo i calciatori in un momento in cui lo scontro 
                  armato tra anarchici e Poum da una parte e socialisti e comunisti 
                  dall'altra stava raggiungendo l'apice. Insieme a personaggi 
                  di chiara fama quali Josep Sunyol, il presidente “martire” 
                  del club che venne fucilato dai franchisti nella Sierra de Guadarrama, 
                  o il capitano della squadra Martí Ventorlà, i 
                  calciatori Domenec Balmaya e Angel Mur e il giovane massaggiatore, 
                  nominato tale soltanto al momento di partire per facilitargli 
                  la fuga, Marrese racconta anche di Camillo Berneri e Francesco 
                  Barbieri, i due anarchici italiani arrestati dai mozos de 
                  escuadra e dagli agenti stalinisti del Psuc e barbaramente 
                  uccisi il 5 maggio 1937. Fanno da sfondo al racconto quelli 
                  che, per i miliziani della Fai-Cnt, sono dei veri e propri luoghi 
                  della memoria: dalla Carrer del Paradís a Las Ramblas 
                  de las Flores dove vennero raccolti, dalla Croce Rossa, rispettivamente 
                  i corpi martoriati di Berneri e Barbieri, a Plaça de 
                  Catalunya, Plaça de l'Angel e Avinguda del Parallel dove, 
                  dal 1901, esisteva il Bar Tranquillitat, luogo storico di ritrovo 
                  per i libertari barcellonesi. 
                  La storia inizia con il ritrovamento del cadavere di una ragazza 
                  dalla bellezza abbagliante, Margarida, violentata e uccisa in 
                  una stanza ad ore di un appartamento del Barrio Gotico, presa 
                  in affitto da un noto calciatore del Barcellona. Una storia 
                  che, in un momento di grandi tensioni politiche e sociali, ha 
                  accelerato i tempi costringendo la giovane donna a intraprendere 
                  un rapporto sessuale dalla apparente normalità. L'autopsia 
                  rivelerà, inoltre, che la bella Margarida era incinta 
                  di poche settimane. Nel libro due storie decorrono parallele: 
                  quella iniziata nel 2008, ambientata nella Barcellona ultramoderna 
                  di oggi, di due ragazzi Pablo e Rosa (entrambi nipoti di calciatori 
                  del Barça) che, settant'anni dopo gli avvenimenti, partono 
                  alla ricerca delle proprie origini e della verità sulle 
                  proprie famiglie e l'altra storia, che ha come sfondo la Barcellona 
                  delle barricate del maggio 1937, quando le squadre di necrofori 
                  raccoglievano per strada le centinaia di vittime dello scontro 
                  fratricida tra i più cruenti che la storia ispanica annoveri. 
                   
                  Berneri  e il pupo stalinista  
                  L'autore del libro, in modo sapiente, utilizza Paco (uno dei 
                  suoi personaggi di fantasia), per raccontare le circostanze 
                  della cattura di Camillo Berneri e Francesco Barbieri. Qualche 
                  inesattezza compare nella descrizione: l'autore, anche se ha 
                  attinto alla migliore bibliografia esistente, fa un po' di confusione 
                  circa i legami affettivi delle due anarchiche che, nel maggio 
                  1937, vivevano con Berneri e Barbieri; le due donne, presenti 
                  al momento dell'intrusione da parte dei bracciali rossi e dei 
                  mozos de escuadra nell'appartamento di Plaza del Angel, 
                  erano Fosca Corsinovi e Tosca Tantini. La prima era la compagna 
                  di Francesco Barbieri (già moglie di Dario Castellani) 
                  e a lei fu impedito dagli stalinisti di seguire Barbieri durante 
                  l'arresto, mentre Tosca (che aveva perso in battaglia, nel novembre 
                  1936, il suo fidanzato, Bruno Gualandi) non era affatto la moglie 
                  di Berneri, il quale, com'è noto, era sposato con Giovanna 
                  Caleffi. L'assassinio dei due anarchici italiani è l'affermazione 
                  pratica degli intenti di Stalin manifestati con lucidità 
                  in vari articoli apparsi sulla “Pravda”. 
                  Il duello giornalistico tra Togliatti (Ercoli) e Berneri invece 
                  ha le sue origini in un articolo apparso su “Stato operaio”, 
                  nell'ottobre del 1936, dal titolo: “Sulle particolarità 
                  della rivoluzione spagnola”. In questo scritto colmo di 
                  acredine, il leader comunista si scaglia contro gli anarchici 
                  catalani, la cui fortuna, a suo dire, è determinata dai 
                  residui di feudalesimo e dall'arretratezza esistente in Catalogna. 
                  Le organizzazioni anarchiche, preconizza Togliatti, rappresenteranno 
                  un ostacolo “allo spirito di disciplina e di organizzazione 
                  che sono proprie del proletariato”. 
                  Camillo Berneri non perde tempo e pubblica, in “Guerra 
                  di classe” del 5 novembre 1936, la sua “Risposta 
                  ad Ercoli sulla rivoluzione spagnola” utilizzando parole 
                  di fuoco: «[...] Ercoli, [Togliatti] che è un formidabile 
                  pince sans rire, erudendo il pupo stalinista, gli spiega 
                  che l'anarchismo spagnolo è “un fenomeno particolare, 
                  conseguenza dell'arretratezza economica del paese” segnalo 
                  questo ameno passaggio ai cultori della metempsicosi ...Ercoli 
                  non saprebbe certamente spiegare come mai l'anarchismo spagnolo 
                  sia nato in Catalogna invece che in Andalusia... Non avendo 
                  il cervello di Marx, Ercoli ne ha il fiele... ad oggi tutta 
                  la storia dell'anarchismo spagnolo e là a dimostrare 
                  il contrario di quanto Ercoli asserisce con perentorietà 
                  professorale quanto asinesca».
                 
                   
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                    Il Camp Nou, lo stadio di Barcellona  | 
                   
                 
                 Non solo  un'ipotesi 
                  Alternando il racconto romanzato con quello prettamente storico 
                  l'autore racconta, a pag. 222, dell'esistenza di una Ceka allestita 
                  in calle Zaragoza, dove c'è un russo alla cui presenza 
                  si finisce per raccontare che “la dritta era storta”. 
                  Questo passaggio del romanzo, che per molti lettori potrebbe 
                  non avere un grande significato, per gli studiosi di Berneri 
                  e Barbieri è importantissimo, in quanto si ricollega, 
                  tra le varie ipotesi formulate circa l'uccisione di Camillo 
                  Berneri e “Ciccio” Barbieri, a quella di Abel Paz 
                  (pseudonimo di Diego Camacho) giovane miliziano, protagonista 
                  in quei giorni. Secondo la ricostruzione di Camacho, i due anarchici 
                  italiani, dopo essere stati arrestati, sono stati condotti in 
                  una stanza del Palazzo della Generalitat, sede del governo catalano 
                  per essere interrogati da comunisti italiani, forse da Vittorio 
                  Vidali in persona, alla presenza di almeno due agenti russi, 
                  uno dei quali doveva essere Aleksandr Orlov e l'altro Iosif 
                  Grigulevich, uno dei più spietati killer di cui disponeva 
                  la Nkvd. L'esecuzione sarebbe avvenuta in strada in modo proditorio, 
                  dopo aver fatto loro credere che sarebbero stati ricondotti 
                  a casa. Quando Josep Iborra, detto Pep, si sente spiegare queste 
                  cose da Eric, un giornalista inglese, che poi si scoprirà 
                  essere Eric Arthur Blair, alias George Orwell, incontrato per 
                  caso durante una sparatoria, l'occasione di partire per il Messico 
                  diventa una necessità improrogabile. Il portiere del 
                  Barcellona rischia anche di essere accusato ingiustamente di 
                  omicidio e, come accadde per molti oppositori di varie tendenze, 
                  la notte prima della partenza il segretario del club blaugrana 
                  Rossend Calvet lo nasconde nei sotterranei dello stadio Les 
                  Corts per farlo scappare in relativa tranquillità. Dopo 
                  due settimane di viaggio arriverà a L'Avana, poi a Veracruz 
                  e, infine, a bordo di un treno, a Città del Messico. 
                  Il racconto procede alternando tre scenari caratterizzati da 
                  due indagini e una tournè: l'indagine affidata al militare 
                  Montero per scoprire il responsabile dell'omicidio di Margarida 
                  a Barcellona, le indagini che Pablo e Rosa svolgono dal 2008, 
                  alla ricerca della vera identità dei rispettivi nonni 
                  e la tournée messicana della squadra di calcio. Un racconto, 
                  quello di Marrese, ricco di suggestioni, dove la realtà 
                  si mescola alla fantasia come gli ingredienti di una paella 
                  e, alla fine, la verità tanto cercata si rivelerà, 
                  per i due ragazzi-investigatori, alquanto dolorosa. Al lettore 
                  che non si è mai recato a Barcellona, l'autore regala, 
                  con le sue precise descrizioni della toponomastica, anche la 
                  curiosità di capire dov'è il cuore vero di questa 
                  città che vive in continua fibrillazione. Il cuore di 
                  Barcellona è quello che non vedi, infartuato nel 1937 
                  ma ancora perfettamente funzionante, che sa essere pronto, ogni 
                  volta ce ne sia bisogno, a sprigionare sussulti di fuoco. 
                 Angelo Pagliaro
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