rivista anarchica
anno 43 n. 378
marzo 2013


letture

Il cuore di fuoco di Barcellona

di Angelo Pagliaro


rendendo le mosse da un romanzo italiano e dalle avventure calcistiche del mitico Barça, un excursus storico e poetico nella città catalana, tra omicidi, piroscafi e gli scontri del maggio '37.


Questa sera gioca il Barcellona e allora quale modo migliore di guardare la partita se non bevendo birra fresca accompagnata da stuzzicanti panini farciti e condividendo emozioni e patatine con gli amici? Non capita per tutte le squadre di calcio, ma il Barça è Més que un club; è un pensiero altro, una mentalità diversa, un sentire comune. Ecco perché, in ogni angolo del pianeta, conta ammiratori e tifosi. Quanti, tra gli sportivi ormai “diversamente giovani”, ricordano il giornalista, mezzobusto al tg, che annunciava: “Questa sera, alle ore 21, in diretta Rai, scenderà in campo l'Inter di Mazzola o il Milan di Rivera, il Napoli di Maradona” e così via, associando alla squadra il nome del leader riconosciuto? Questo tipo di presentazione è impossibile per il Barcellona, nonostante tra i blaugrana ci siano sempre stati dei fuoriclasse, perché lo spirito comunitario della squadra, che è un tutt'uno con quello della sua tifoseria, lo impedisce. In un momento in cui il calcio è diventato uno sport essenzialmente contabile, dove vince chi investe di più nell'acquisto dei talenti, il Barça ha schierato, in una famosa partita contro il Levante, undici giocatori tutti provenienti dal settore giovanile, o meglio dalla “cantera” come direbbero i catalani. Nel 2011, difatti, il Barcellona ha inaugurato il suo nuovo centro sportivo, conosciuto come “la Masia”, dove i giovani del club non solo praticano lo sport, ma vivono e studiano insieme. Potremmo continuare a magnificare questa squadra di calcio, rischiando di mitizzarla, ma è il caso di spendere alcune parole di apprezzamento per il fatto che è l'unica squadra al mondo che, anziché essere pagata dallo sponsor, devolve lo 0,7 per cento delle sue entrate all'Unicef (il cui logo sulla maglietta non è più stampato sul petto ma campeggia sulla schiena). Su queste colonne, vogliamo parlare di un libro molto bello scritto dal giornalista di “Repubblica” Emilio Marrese che riguarda il Barça ma non solo.



Engels e la Rosa de foc

Rosa di fuoco. Romanzo di sangue, pallone e piroscafi (Emilio Marrese, Pendragon 2010, pp. 354, € 15,00), è un romanzo noir che narra una vicenda realmente accaduta nella Barcellona (città definita da Engels, nel 1873, “Rosa di fuoco”) anarchica, antifascista, antifranchista, nella metà degli anni '30 che unisce calcio, politica, mistero e rivoluzione sociale. La storia, in parte romanzata, prende spunto da un episodio poco conosciuto: una tournée organizzata dal Barcellona calcio nel 1937 in Messico e Usa finalizzata a salvare la squadra dalla bancarotta e, contemporaneamente, a mettere in salvo i calciatori in un momento in cui lo scontro armato tra anarchici e Poum da una parte e socialisti e comunisti dall'altra stava raggiungendo l'apice. Insieme a personaggi di chiara fama quali Josep Sunyol, il presidente “martire” del club che venne fucilato dai franchisti nella Sierra de Guadarrama, o il capitano della squadra Martí Ventorlà, i calciatori Domenec Balmaya e Angel Mur e il giovane massaggiatore, nominato tale soltanto al momento di partire per facilitargli la fuga, Marrese racconta anche di Camillo Berneri e Francesco Barbieri, i due anarchici italiani arrestati dai mozos de escuadra e dagli agenti stalinisti del Psuc e barbaramente uccisi il 5 maggio 1937. Fanno da sfondo al racconto quelli che, per i miliziani della Fai-Cnt, sono dei veri e propri luoghi della memoria: dalla Carrer del Paradís a Las Ramblas de las Flores dove vennero raccolti, dalla Croce Rossa, rispettivamente i corpi martoriati di Berneri e Barbieri, a Plaça de Catalunya, Plaça de l'Angel e Avinguda del Parallel dove, dal 1901, esisteva il Bar Tranquillitat, luogo storico di ritrovo per i libertari barcellonesi.
La storia inizia con il ritrovamento del cadavere di una ragazza dalla bellezza abbagliante, Margarida, violentata e uccisa in una stanza ad ore di un appartamento del Barrio Gotico, presa in affitto da un noto calciatore del Barcellona. Una storia che, in un momento di grandi tensioni politiche e sociali, ha accelerato i tempi costringendo la giovane donna a intraprendere un rapporto sessuale dalla apparente normalità. L'autopsia rivelerà, inoltre, che la bella Margarida era incinta di poche settimane. Nel libro due storie decorrono parallele: quella iniziata nel 2008, ambientata nella Barcellona ultramoderna di oggi, di due ragazzi Pablo e Rosa (entrambi nipoti di calciatori del Barça) che, settant'anni dopo gli avvenimenti, partono alla ricerca delle proprie origini e della verità sulle proprie famiglie e l'altra storia, che ha come sfondo la Barcellona delle barricate del maggio 1937, quando le squadre di necrofori raccoglievano per strada le centinaia di vittime dello scontro fratricida tra i più cruenti che la storia ispanica annoveri.

Berneri e il pupo stalinista

L'autore del libro, in modo sapiente, utilizza Paco (uno dei suoi personaggi di fantasia), per raccontare le circostanze della cattura di Camillo Berneri e Francesco Barbieri. Qualche inesattezza compare nella descrizione: l'autore, anche se ha attinto alla migliore bibliografia esistente, fa un po' di confusione circa i legami affettivi delle due anarchiche che, nel maggio 1937, vivevano con Berneri e Barbieri; le due donne, presenti al momento dell'intrusione da parte dei bracciali rossi e dei mozos de escuadra nell'appartamento di Plaza del Angel, erano Fosca Corsinovi e Tosca Tantini. La prima era la compagna di Francesco Barbieri (già moglie di Dario Castellani) e a lei fu impedito dagli stalinisti di seguire Barbieri durante l'arresto, mentre Tosca (che aveva perso in battaglia, nel novembre 1936, il suo fidanzato, Bruno Gualandi) non era affatto la moglie di Berneri, il quale, com'è noto, era sposato con Giovanna Caleffi. L'assassinio dei due anarchici italiani è l'affermazione pratica degli intenti di Stalin manifestati con lucidità in vari articoli apparsi sulla “Pravda”.
Il duello giornalistico tra Togliatti (Ercoli) e Berneri invece ha le sue origini in un articolo apparso su “Stato operaio”, nell'ottobre del 1936, dal titolo: “Sulle particolarità della rivoluzione spagnola”. In questo scritto colmo di acredine, il leader comunista si scaglia contro gli anarchici catalani, la cui fortuna, a suo dire, è determinata dai residui di feudalesimo e dall'arretratezza esistente in Catalogna. Le organizzazioni anarchiche, preconizza Togliatti, rappresenteranno un ostacolo “allo spirito di disciplina e di organizzazione che sono proprie del proletariato”.
Camillo Berneri non perde tempo e pubblica, in “Guerra di classe” del 5 novembre 1936, la sua “Risposta ad Ercoli sulla rivoluzione spagnola” utilizzando parole di fuoco: «[...] Ercoli, [Togliatti] che è un formidabile pince sans rire, erudendo il pupo stalinista, gli spiega che l'anarchismo spagnolo è “un fenomeno particolare, conseguenza dell'arretratezza economica del paese” segnalo questo ameno passaggio ai cultori della metempsicosi ...Ercoli non saprebbe certamente spiegare come mai l'anarchismo spagnolo sia nato in Catalogna invece che in Andalusia... Non avendo il cervello di Marx, Ercoli ne ha il fiele... ad oggi tutta la storia dell'anarchismo spagnolo e là a dimostrare il contrario di quanto Ercoli asserisce con perentorietà professorale quanto asinesca».

Il Camp Nou, lo stadio di Barcellona

Non solo un'ipotesi

Alternando il racconto romanzato con quello prettamente storico l'autore racconta, a pag. 222, dell'esistenza di una Ceka allestita in calle Zaragoza, dove c'è un russo alla cui presenza si finisce per raccontare che “la dritta era storta”. Questo passaggio del romanzo, che per molti lettori potrebbe non avere un grande significato, per gli studiosi di Berneri e Barbieri è importantissimo, in quanto si ricollega, tra le varie ipotesi formulate circa l'uccisione di Camillo Berneri e “Ciccio” Barbieri, a quella di Abel Paz (pseudonimo di Diego Camacho) giovane miliziano, protagonista in quei giorni. Secondo la ricostruzione di Camacho, i due anarchici italiani, dopo essere stati arrestati, sono stati condotti in una stanza del Palazzo della Generalitat, sede del governo catalano per essere interrogati da comunisti italiani, forse da Vittorio Vidali in persona, alla presenza di almeno due agenti russi, uno dei quali doveva essere Aleksandr Orlov e l'altro Iosif Grigulevich, uno dei più spietati killer di cui disponeva la Nkvd. L'esecuzione sarebbe avvenuta in strada in modo proditorio, dopo aver fatto loro credere che sarebbero stati ricondotti a casa. Quando Josep Iborra, detto Pep, si sente spiegare queste cose da Eric, un giornalista inglese, che poi si scoprirà essere Eric Arthur Blair, alias George Orwell, incontrato per caso durante una sparatoria, l'occasione di partire per il Messico diventa una necessità improrogabile. Il portiere del Barcellona rischia anche di essere accusato ingiustamente di omicidio e, come accadde per molti oppositori di varie tendenze, la notte prima della partenza il segretario del club blaugrana Rossend Calvet lo nasconde nei sotterranei dello stadio Les Corts per farlo scappare in relativa tranquillità. Dopo due settimane di viaggio arriverà a L'Avana, poi a Veracruz e, infine, a bordo di un treno, a Città del Messico.
Il racconto procede alternando tre scenari caratterizzati da due indagini e una tournè: l'indagine affidata al militare Montero per scoprire il responsabile dell'omicidio di Margarida a Barcellona, le indagini che Pablo e Rosa svolgono dal 2008, alla ricerca della vera identità dei rispettivi nonni e la tournée messicana della squadra di calcio. Un racconto, quello di Marrese, ricco di suggestioni, dove la realtà si mescola alla fantasia come gli ingredienti di una paella e, alla fine, la verità tanto cercata si rivelerà, per i due ragazzi-investigatori, alquanto dolorosa. Al lettore che non si è mai recato a Barcellona, l'autore regala, con le sue precise descrizioni della toponomastica, anche la curiosità di capire dov'è il cuore vero di questa città che vive in continua fibrillazione. Il cuore di Barcellona è quello che non vedi, infartuato nel 1937 ma ancora perfettamente funzionante, che sa essere pronto, ogni volta ce ne sia bisogno, a sprigionare sussulti di fuoco.

Angelo Pagliaro