dossier Piazza 
                  Fontana & dintorni  
                6. Camerati? Presenti!  
                A Roma dal 3 al 5 maggio 1965 molti noti esponenti della destra 
                  si riunirono all'Hotel «Parco dei Principi» per 
                  un convegno sulla «Guerra rivoluzionaria», organizzato 
                  dall'Istituto di storia militare Alberto Pollio. Tra i nomi 
                  di spicco figuravano Pino Rauti, Guido Giannettini, Edgardo 
                  Beltrametti ed Enrico De Boccard. Assisteva ai lavori anche 
                  un gruppo di studenti, invitati per apprendere le nuove teorie: 
                  tra questi vi erano Stefano Delle Chiaie e il suo pupillo Mario 
                  Merlino. 
                  Tema del convegno era la strategia da adottare in tempi brevi 
                  contro l'avanzata del comunismo per mantenere l'Italia nel campo 
                  occidentale. 
                  Pio Filippani Ronconi, docente universitario, traduttore di 
                  lingue orientali, crittografo alle dipendenze del ministero 
                  della difesa e del Sid, svolse una relazione dal titolo «Ipotesi 
                  per una controrivoluzione», proponendo «uno schieramento 
                  differenziato, su scala nazionale ed europea, delle forze 
                  disponibili per la difesa e per l'offesa» contro il pericolo 
                  comunista. 
                
                   
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                    I 
                        neonazisti Franco Freda e Giovanni Ventura  | 
                   
                 
                 Nel 1966 ben duemila ufficiali dell'esercito ricevettero, 
                  in busta chiusa, un volantino firmato «Nuclei di difesa 
                  dello Stato». Il testo puntava a risvegliare l'orgoglio 
                  dei militari: «Ufficiali! La pericolosa situazione della 
                  politica italiana esige il vostro intervento decisivo. Spetta 
                  alle forze armate il compito di stroncare l'infezione prima 
                  che essa diventi mortale. Nessun rinvio è possibile: 
                  ogni attesa, ogni inerzia significa vigliaccheria. [...] Militari 
                  di grande prestigio e di autentica fedeltà hanno già 
                  costituito in seno alle forze armate i Nuclei di difesa dello 
                  Stato. Voi dovete aderire ai NDS. O voi aderite alla lotta vittoriosa 
                  contro la sovversione, oppure anche per voi la sovversione alzerà 
                  le sue forche. E sarà, in questo caso, la meritata ricompensa 
                  per i traditori». A scrivere ed a diffondere il testo 
                  furono Franco Freda e Giovanni Ventura. 
                  Erano gli anni dell'aspro dissidio tra il capo di stato maggiore 
                  della difesa Giuseppe Aloia e il generale Giovanni De Lorenzo, 
                  capo di stato maggiore dell'esercito: una guerra combattuta 
                  a colpi di dossier, scandali e di soffiate ai giornali. 
                  L'attacco contro De Lorenzo fu scagliato con un libretto intitolato 
                  Mani rosse sulle forze armate, nel quale si accusava 
                  De Lorenzo di essere un agente di influenza del PCI. Aloia lo 
                  aveva commissionato a «Flavio Messalla», uno pseudonimo 
                  dietro il quale si nascondevano il leader di Ordine nuovo, Pino 
                  Rauti, e il giornalista Guido Giannettini. 
                  Intanto De Lorenzo accusava il suo rivale di violare la neutralità 
                  politica dell'esercito con i corsi di ardimento e diffondeva 
                  dossier che mettevano in luce le prevaricazioni di Aloia. 
                  A raccontare i retroscena della stesura del libretto al giudice 
                  istruttore D'Ambrosio, che nel 1972 aveva imboccato la pista 
                  nera, fu Edgardo Beltrametti: «Quando Aloia divenne capo 
                  di stato maggiore della difesa mi mandò a chiamare. Mi 
                  recai da lui [...] e mi disse: “sa mi combattono, ho bisogno 
                  del suo aiuto”. [...] gli sottoposi l'opportunità 
                  di diffondere le repliche alla campagna di stampa con un libretto. 
                  [...] Poiché il libretto doveva uscire in fretta pensai 
                  di rivolgermi per la stesura a Pino Rauti, che sapevo essere 
                  oltre che incisivo veloce nello scrivere [...] . Pensai anche 
                  di rivolgermi [...] a Guido Giannettini [...] . Il Rauti e il 
                  Giannettini misero a punto il libretto in poco tempo, poco più 
                  di una settimana e il Rauti medesimo ne curò o almeno 
                  ne iniziò la diffusione a mezzo del Centro studi ordine 
                  nuovo». 
                  Guido Giannettini era un giornalista romano che si occupava 
                  di guerra non ortodossa. Aveva simpatie per la destra e nutriva 
                  una forte passione per le questioni militari: il padre era ufficiale 
                  di carriera e lui aveva prestato servizio di leva come ufficiale 
                  di complemento. Scriveva sulla «Rivista Militare» 
                  e sulla «Rivista Marittima», organi dell'esercito 
                  e della marina militare. Pubblicò alcuni libretti di 
                  poche decine di pagine sulla guerra non ortodossa, che delineavano 
                  le tematiche generali della destabilizzazione e indicavano le 
                  tecniche con le quali condurla. 
                  Con l'imbocco della pista nera, durante i processi su Piazza 
                  Fontana e gli altri attentati del 1969, venne alla luce il suo 
                  ruolo di mediatore tra la cellula eversiva padovana e alcuni 
                  organi dei servizi segreti. 
                  
                 Ordine nuovo e Avanguardia nazionale erano due organizzazioni 
                  di estrema destra fondate rispettivamente da Pino Rauti e Stefano 
                  Della Chiaie. I militanti di queste due organizzazioni furono 
                  i protagonisti della pista nera. Non si trattava di semplici 
                  manovali del terrore che piazzano una bomba per conto altrui. 
                  Il rapporto tra esecutori e ideatori era ben più complesso. 
                  Questi appartenevano al terzo livello teorizzato da Filippani 
                  Ronconi: coloro che dovevano mettere in atto la controrivoluzione 
                  con azioni eversive. 
                  Nel 1956 Giuseppe Rauti, detto Pino, diede segni di insofferenza 
                  contro la linea piccolo borghese e legalitaria tenuta dal suo 
                  partito: il Movimento sociale italiano (Msi). Il segretario, 
                  Arturo Michelini, eletto come massima carica del partito nel 
                  1954, era considerato, dalla corrente più estrema vicina 
                  a Giorgio Almirante, troppo accondiscendente nei confronti della 
                  destra democristiana. Rauti si staccò dal partito e fondò, 
                  con Clemente Graziani, Paolo Signorelli, Stefano Serpieri e 
                  Stefano Delle Chiaie, il «Centro studi Ordine Nuovo». 
                  Nell'autunno 1969, quando Giorgio Almirante divenne segretario 
                  del Msi, Rauti rientrò nel partito e sciolse il Centro 
                  studi. Però fu solo un atto formale perché i gruppi 
                  e l'organizzazione di Ordine nuovo continuarono a operare ancora 
                  per anni. 
                  Ordine nuovo non era un «partito»: nel suo statuto 
                  si definiva un «ordine di combattenti e credenti», 
                  non un insieme di persone legate da progetti politici comuni, 
                  ma un ordine iniziatico i cui credenti si ritenevano detentori 
                  di un sapere elitario ed esoterico. 
                  A partire dal 1965 all'interno di Ordine nuovo si costituirono 
                  cellule rigidamente compartimentate, separate tra loro, che 
                  si occupavano di acquisire una dotazione logistica di armi ed 
                  esplosivi attraverso furti nelle cave, recupero di residuati 
                  bellici e acquisti nel mondo del contrabbando. Tali strutture 
                  si formarono a Milano, Verona, Padova, Venezia-Mestre, Udine, 
                  Trieste con qualche propaggine in Trentino e in Emilia. 
                
                   
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                    Angelo 
                        Brambilla Pisoni, detto Cespuglio, militante di Lotta 
                        Continua, con l'edizione dell'omonimo quotidiano, che 
                        annuncia la morte di Calabresi  | 
                   
                 
                 Secondo le indagini del giudice Salvini, che all'inizio degli 
                  anni Novanta indagò sulle attività eversive di 
                  Ordine nuovo, l'organizzazione «non punta a fare la rivoluzione, 
                  non vuole cambiare lo Stato ma, attraverso una catena di attentati, 
                  deve creare le condizioni affinché all'interno dello 
                  Stato qualcuno operi per cambiarlo». 
                  All'inizio gli ordinovisti si addestrarono con attentati contro 
                  sedi del Pci o altre organizzazioni di sinistra. Col tempo iniziarono 
                  a colpire luoghi pubblici con azioni non rivendicate. 
                  Nel 1958 Delle Chiaie iniziò un processo di autonomizzazione 
                  da Rauti che lo portò, il 25 aprile 1960, a fondare «Avanguardia 
                  nazionale». Riunificò sotto questo nome alcuni 
                  gruppetti, tra i quali «Gioventù mediterranea», 
                  neonazista e antisemita, che faceva capo al giovane avvocato 
                  romano Giulio Maceratini, che sarebbe poi diventato parlamentare 
                  italiano del Msi. 
                  Avangardia nazionale si sciolse, solo sul piano formale, nel 
                  1966, in modo da permettere ad alcuni militanti di rientrare 
                  tra le file del Movimento sociale. Ma nel 1968 Delle Chiaie 
                  ricostituì anche formalmente l'organizzazione. 
                  Avanguardia nazionale e Ordine nuovo avevano un'impostazione 
                  ideologica sostanzialmente simile. Il principale ideologo a 
                  cui si rifacevano era il filosofo Julius Evola, che Rauti conobbe 
                  alla fine degli anni Quaranta. Il programma si fondava sulla 
                  lotta al comunismo, per uno stato delle corporazioni, sull'esempio 
                  del programma nazionalrivoluzionario dei fasci di combattimento. 
                  Un altro punto era quello della lotta contro il sistema parlamentare 
                  e ogni forma di democrazia, per arrivare a uno stato aristocratico 
                  e organico, riprendendo molte concezioni della Germania hitleriana, 
                  tra le quali l'obbiettivo finale di un «nuovo ordine europeo», 
                  cioè, in sostanza, la spartizione del mondo fra le poche 
                  nazioni ritenute degne di guidare le altre. 
                  Ma al contrario di Ordine nuovo, Avanguardia nazionale non vantava 
                  una precisa strategia d'azione, era più che altro un 
                  movimento di piazza e di provocazione, con la caratteristica 
                  di riunire soprattutto giovani universitari fuori sede e sottoproletari. 
                  Ad esempio procedette all'infiltrazione nel Movimento studentesco, 
                  per aumentare le tensioni. 
                  A partire dal 1964 Delle Chiaie cominciò a teorizzare 
                  la necessità di organizzarsi clandestinamente. In primavera 
                  in diverse sezioni di Avanguardia nazionale si svolsero dei 
                  corsi teorico-pratici sulla tecnica di fabbricazione di ordigni 
                  esplosivi a miccia e a tempo. 
                  Le due organizzazioni si spartivano in pratica il territorio 
                  italiano. Ordine nuovo contava molti gruppi soprattutto al nord, 
                  mentre Avanguardia nazionale aveva le sue basi principali a 
                  Roma e nel sud, come a Reggio Calabria, dove nel luglio 1970 
                  prese avvio la rivolta del «boia chi molla», contro 
                  la scelta di Catanzaro come capoluogo di provincia, capeggiata 
                  proprio da uomini di Avanguardia nazionale. 
                  Il 18 Aprile 1969 i dirigenti veneti di Ordine nuovo incontrarono 
                  quelli di Avanguardia nazionale. La riunione si tenne a Padova 
                  nella casa di Ivano Toniolo, un fedelissimo di Freda, con l'approvazione 
                  di Carlo Maria Maggi, responsabile di Ordine nuovo nel Triveneto, 
                  e dei referenti a livello nazionale, Rauti e Signorelli. Nella 
                  riunione si parlò della strategia operativa da adottare 
                  nei mesi seguenti: cioè di come aumentare la tensione 
                  nel Paese. 
                  Si andò così a delineare un asse operativo che 
                  attraversava tutta la penisola: da Venezia arrivava a Padova, 
                  proseguiva per Milano, puntava sulla capitale e si estendeva 
                  fino a Reggio Calabria. 
                  È utile capire la differenza tra queste formazioni extra-parlamentari 
                  e quelle collocate a sinistra del Pci. Il giudice Salvini ha 
                  spiegato che «erano pur sempre costole del Movimento sociale. 
                  Ne uscirono, talvolta vi rientrarono, sempre mantenendo però 
                  con il partito rapporti di vicinanza [...]. Nulla di paragonabile, 
                  per esempio, al rapporto tra Lotta continua e il Pci: a destra 
                  l'ambiente umano era il medesimo, nel senso che l'eventuale 
                  passaggio dall'uno all'altro gruppo, partito o organizzazione 
                  [...] significava comunque rimanere nello stesso mondo [...] 
                  non c'era mai un rapporto di concorrenza». 
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