Film 
                    e sogni
                  
Il grande cinema ha una missione: dedicarsi 
                    all' evocazione, se non ancora alla rappresentazione dell'immateriale. 
                    Il cinema, compreso e concepito come arte, deve trovare la 
                    propria via in forme e dispositivi che nessun altra arte saprebbe 
                    immaginare. Esistono domini esclusivi del cinema. Li s' intravede 
                    appena e forse non li immaginiamo neppure nella loro totalità, 
                    anche per colpa dell'attuale confusa e deleteria situazione 
                    del mercato cinematografico contemporaneo.
                    Il cinema, inteso come arte, fornisce oggi ai più attenti 
                    osservatori l'impressione di qualcosa di sacro ormai abbandonato, 
                    come di un tempio, lasciato aperto per trascuratezza dai mercanti, 
                    decisi a proibirne l'ingresso ai naturali sacerdoti: gli artisti 
                    e il loro pubblico.
                    Il cinema, come ogni forma espressiva, non vive senza una 
                    riconoscibilità, senza una partecipazione attiva di chi lo 
                    consuma. Declina le sue forme, anche le più sperimentali, 
                    andando sempre alla ricerca di un pubblico e di un giudizio.
                    Questo significa anche (come ben ricorda Gianni Canova nel 
                    suo interessantissimo libro “L'alieno e il pipistrello. 
                    La crisi della forma nel cinema contemporaneo” edizioni 
                    Bompiani) che “ogni riflessione del cinema moderno 
                    su se stesso comporta anche una riflessione sul suo rapporto 
                    con la realtà, sulle sue capacità di riprodurla e in qualche 
                    modo, di comprenderla e conoscerla”. Un'interessante 
                    sfida per chi il cinema lo progetta, lo immagina, lo realizza.
                    La sostanza della vita, ecco cosa racconta il cinema. Illumina 
                    la realtà e ce la fa apparire nella sua concretezza e nella 
                    sua spiritualità più profonda, nei suoi intrecci con lo spirito 
                    da cui esso discende (che anche il cinema abbia radici nell'anarchia?...). 
                    Le immagini appaiono, si intrecciano le une con le altre in 
                    quanto immagini, impongono una sintesi obiettiva più precisa 
                    di qualunque astrazione. Creano universi che non domandano 
                    nulla a nessuno.
                    E per il fatto di giocare con la realtà stessa, il cinema 
                    crea delle immagini che derivano dal semplice incontro di 
                    forme, repulsioni, attrazioni. Non scopre la vita, ma ne ritrova 
                    come la disposizione naturale e primitiva delle cose. I film 
                    più riusciti in questo senso sono quelli permeati dallo humor,come 
                    i primi Chaplin o i primi Keaton. Il cinema, fatto della stessa 
                    materia dei sogni (“siamo fatti della stessa sostanza 
                    dei sogni…” W. Shakespeare), ci dà sempre, se 
                    è vero cinema, la sensazione fisica della vita e trova il 
                    suo trionfo nella capacità di farci sorridere, di farci piangere.