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 Francia  
Hollande ha vinto? No, Sarkozy ha perso 
                 
di Philippe Godard  
 
Le recenti elezioni presidenziali dimostrano fino a qual punto la democrazia non funziona più (non solo in Francia). Ecco perchè. 
                 
                   
                  Nelle elezioni presidenziali 
                  del 1981, la vittoria di Mitterrand aveva suscitato euforia 
                  tra i francesi, ivi compreso tra i numerosi rivoluzionari che 
                  avevano dimenticato un po' troppo in fretta che cos'è 
                  la socialdemocrazia, e ciò che sempre sarà... 
                  Trent'anni dopo, Hollande non ha provocato neppure la più 
                  piccola ondata di entusiasmo, perché la maggior parte 
                  degli elettori non si fa più alcuna illusione. 
                  I francesi hanno voluto principalmente punire Sarkozy, punire 
                  la sua xenofobia che rasenta il razzismo, il suo neoliberalismo 
                  estremista, la corruzione degli eletti... La percentuale di 
                  astenuti è stata bassa perché gran parte degli 
                  elettori si è recata alle urne per dare un voto “utile”, 
                  quindi per votare Hollande. 
                  La stessa Joly, la candidata che si dichiara ecologista, ha 
                  partecipato a questa rassegnazione generalizzata, mercanteggiando 
                  il suo sostegno per uno o due incarichi ministeriali per il 
                  suo partito, cancellando al contempo gli aspetti forieri di 
                  utopia di un programma ecologista, quali l'uscita dal nucleare, 
                  per fare soltanto un esempio. I due candidati trockisti, Arthaud 
                  (Lutte ouvrière) e Poutoux (Nouveau parti anticapitaliste), 
                  hanno presentato programmi molto classici, imperniato esclusivamente 
                  sulla questione dell'antagonismo proletariato/borghesia in Arthaud, 
                  un po' più “alternativo” nel NPA. Ma le misure 
                  proposte dai tutti e tre i candidati di sinistra erano prive 
                  di immaginazione. 
                  Lo smarrimento è generalizzato, e nessuno crede più 
                  che né Hollande né chiunque altro potrà 
                  “dominare i mercati”, rilanciare la crescita, creare 
                  posti di lavoro... La rassegnazione, se non addirittura la disperazione, 
                  va diffondendosi. 
                
                  
                  La disperazione come politica 
                 La disperazione sociale è di per sé reazionaria 
                  e favorisce i politici più retrogradi, che giocano su 
                  questo sentimento per imporre “sacrifici”, ridurre 
                  le “conquiste sociali”, distruggere la previdenza 
                  sociale o smantellare la sanità pubblica. Negli anni 
                  a venire, per il Capitale, di cui Hollande è il nuovo 
                  portavoce (o il rappresentante di commercio!), si tratterà 
                  di farla finita con i contratti a tempo indeterminato, che costituivano 
                  la garanzia di un posto di lavoro per una parte consistente 
                  dei lavoratori. Il nuovo governo proseguirà certamente 
                  la politica di Sarkozy di distruzione del salario minimo per 
                  tutti, che di fatto non esiste già più dai tempi 
                  di Mitterrand, ma la cui definizione e... illusione, è 
                  stata mantenuta dai governi successivi. Non solo, anche il modo 
                  in cui si sta evolvendo l'Unione europea e i contraccolpi che 
                  scuotono l'euro servono a diffondere la disperazione sociale. 
                  Queste elezioni dimostrano fino a qual punto la democrazia non 
                  funziona più. Sarkozy non aveva rispettato quasi nessuno 
                  degli impegni presi nel 2007 e tutti si aspettano che Hollande 
                  non faccia di meglio. Di fronte a ciò, i demagoghi avranno 
                  buon gioco a promettere di tutto e di più, per attirare 
                  i creduloni. Questi sono i ruoli – simmetrici – 
                  svolti da Mélanchon (il demagogo del Front de gauche) 
                  e Le Pen (la demagoga di destra del Front National) durante 
                  la campagna per le presidenziale del 2012. In questo rumore 
                  assordante di promesse incredibili e non mantenute, i problemi 
                  fondamentali sono sempre messi da parte e negati. Per questo 
                  diventa sempre più fondamentale, in Francia, ma anche 
                  certamente in Italia, in Spagna, in Grecia e in tutta l'Europa, 
                  ricreare la speranza, al di fuori dei partiti tradizionali, 
                  di destra, di sinistra, ecologisti, marxisti e leninisti. 
                    
                  Lontano 
                  dal potere, l'utopia nei fatti? 
                 Più il Capitale ci immerge nella disperazione e più 
                  i suoi dirigenti si dimostrano penosi, più si apre uno 
                  spazio al di fuori del campo politico politicante. Questo spazio 
                  ai margini è potenzialmente sovversivo; corrisponde alle 
                  sperimentazioni sociali, in marcia verso l'utopia, verso l'anarchia. 
                  È per questo che i più importanti rappresentanti 
                  francesi della finanza internazionale hanno abbandonato Sarkozy, 
                  “il presidente dei ricchi”, secondo quanto recita 
                  il titolo di un'ottima analisi pubblicata due anni fa, e si 
                  sono schierati in massa dalla parte di Hollande? Sperano che 
                  il nuovo presidente, saprà far inghiottire, meglio di 
                  Sarkozy, i bocconi amari e che in ragione del suo prevedibile 
                  tradimento delle aspirazioni popolari – come fa ogni buon 
                  socialdemocratico –, farà aumentare ulteriormente 
                  il livello di disperazione e, in questo, renderà più 
                  facile l'imposizione di misure antipopolari, o addirittura farà 
                  affiorare l'accettazione di una dittatura, cosa che è 
                  sempre possibile. 
                  Spetta a noi ricominciare sempre la costruzione dell'utopia, 
                  negli interstizi che il sistema in crisi non può più 
                  occupare. Spetta a noi esercitare il nostro potere, perché 
                  lo Stato non ha più nemmeno abbastanza strumenti per 
                  comperare il nostro silenzio o il nostro assenso. 
                  La posta in gioco è, di fronte alla menzogna di cui Hollande 
                  si farà portavoce e contro la demagogia della destra 
                  – e anche di fronte a quella della fiacca sinistra leninista 
                  –, far crescere le nostre aspirazioni. 
                  
                  Philippe Godard 
                  (traduzione di Luisa Cortese) 
                 
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