|  
                 
 movimento anarchico  
1968/1977 un decennio davvero rivoluzionario  
di Massimo Varengo  
 
Nelle lotte di piazza, certo, ma anche all'interno del mondo anarchico. 
                  La nuova fase del movimento, la parola d'ordine dell'autogestione, 
                  la difficile integrazione tra vecchi e giovani, il protagonismo 
                  nelle fabbriche e nelle scuole. E gli anni '70. 
Dietro e dentro, la storia delle organizzazioni anarchiche e di altre aggregazioni libertarie. 
Elementi di storia e riflessioni di un militante FAI tuttora “in pista”. 
                 
                    
                  Non vi è dubbio che il 
                  congresso internazionale di Carrara abbia rappresentato uno 
                  spartiacque tra vari modi di intendere l'esperienza anarchica, 
                  la pratica organizzativa, la stessa presenza libertaria nella 
                  società. Dopo di esso nulla sarà come prima, e 
                  non tanto per quanto nel Congresso si è espresso, ma 
                  per quello che ha evidenziato, reso tangibile, dando consapevolezza 
                  soprattutto ai giovani militanti che vi hanno partecipato (e 
                  per i molti altri che, non potendoci essere, ad esso facevano 
                  riferimento) della dimensione internazionale dell'anarchismo, 
                  del loro costituire una comunità mondiale portatrice 
                  di valori che per essere in piena sintonia con i movimenti di 
                  quegli anni dovevano rinnovarsi e problematizzarsi, pur nella 
                  relazione con le esperienze precedenti. 
                  È innegabile che sul finire degli anni '60 le idee libertarie 
                  si rivitalizzino ed incontrino una crescente simpatia nelle 
                  giovani generazioni, nel mondo della scuola e della cultura. 
                  I giovani si presentano quasi come una 'classe' intendendo con 
                  questo l'insieme unitario di bisogni e rivendicazioni che dal 
                  sud al nord, dall'est all'ovest, vengono riconosciuti e perseguiti 
                  in una logica di liberazione complessiva contro le istituzioni 
                  totali, dalla famiglia alla scuola, dalla fabbrica all'esercito 
                  alla ricerca di soluzioni alla ossificazione di un sistema sempre 
                  più centralizzato, gerarchico, chiuso di fronte ai nuovi 
                  comportamenti. 
                  Ma è l'intera società che sembra spinta sulla 
                  strada della decentralizzazione, dell'autonomia e del federalismo, 
                  riscoprendo pensieri e pratiche abbandonate ormai da molto tempo. 
                  Lo statalismo appare in crisi, emergono richieste di autonomie 
                  locali e di controllo sociale di base, la stessa industria, 
                  e non solo per rispondere alle rivendicazioni di una classe 
                  operaia concentrata, si indirizza verso un'organizzazione produttiva 
                  decentrata. Negli stessi paesi sedicenti comunisti si cerca 
                  di trovare uno sbocco alla stasi sociale con esperienze di autogestione 
                  operaia e contadina. La ricerca di risposte alla definitiva 
                  burocratizzazione dei paesi a capitalismo di stato si alimenta 
                  dei nascenti miti castrista e maoista, letti ed enunciati in 
                  chiave antiautoritaria. Proudhon, Bakunin, Kropotkine ritrovano 
                  passioni ed interessi da parte di settori significativi della 
                  gioventù ribelle, dopo anni di oblio e di calunnie. 
                  È in questo clima che gli anarchici si ritrovano a Carrara 
                  in un contesto di ribellione antiautoritaria montante. Una ribellione 
                  che provoca contraccolpi profondi nelle centrali partitiche 
                  e sindacali e che non lascia indenne il movimento anarchico, 
                  investito di critiche per le sue carenze ed il suo scarso protagonismo 
                  da parte di molti giovani partecipanti ai movimenti in corso 
                  . 
                  Se il congresso di Carrara rappresenterà, in quel periodo, 
                  e sia pure casualmente, il momento più alto di un confronto 
                  interno tra diverse generazioni, tra diversi modi di leggere 
                  la realtà e di agire in essa, il dibattito non si esaurirà 
                  in esso e continuerà negli anni a venire, rinnovando 
                  in profondità assetti e orientamenti. D'altronde le problematiche 
                  che l'anarchismo doveva affrontare non erano di poco conto, 
                  quando fu chiaro che le tensioni libertarie della rivolta si 
                  stavano spegnendo, non solo a causa della reazione dei poteri 
                  forti, ma anche perché soffocate da avanguardismi apparentemente 
                  intransigenti che riproponevano vecchi armamentari di rivoluzioni 
                  lontane e fallite, e dalla nascita e dallo sviluppo di partiti 
                  e partitini che rispolveravano proposte e progetti ripescati 
                  nella variegata tradizione di matrice marxista, del tutto inadeguate 
                  alle istanze originarie del movimento. 
                  Non dimentichiamo che la parola che più echeggiò 
                  in quella primavera del '68 fu AUTOGESTIONE, sia nelle università 
                  che nelle fabbriche, per poi propagarsi a macchia di leopardo 
                  su tutto il movimento internazionale; le sue espressioni furono 
                  l'azione diretta, il rifiuto della delega, l'assemblearismo, 
                  l'occupazione, l'insubordinazione alla legalità borghese, 
                  la violenza rivoluzionaria contro la violenza della repressione 
                  e dell'oppressione, la critica del leaderismo. L'esperienza 
                  delle collettività spagnole del 1936 riemerge dal gomitolo 
                  della storia ritrovando attenzione e stimolando energie. 
                
                   
                     | 
                      | 
                   
                   
                    |   Carrara 
                        – il raduno di fronte al Teatro degli Animosi, sede 
                        del Congresso  | 
                    Carrara, 
                        31 agosto 1968, Teatro degli Animosi: manifestazione pubblica  | 
                   
                 
                   La 
                  mancanza dei quarantenni 
                 Ma l'energia non fu sufficiente, e se la ribellione giovanile 
                  rappresentò il primo movimento rivoluzionario al di fuori 
                  della tradizione del movimento operaio organizzato la sua forza 
                  non fu tale da creare una condizione realmente rivoluzionaria 
                  e le forze della repressione, grazie alle minacce di intervento 
                  militare, alla politica delle stragi, al sostegno dei poststalinisti 
                  e dei socialdemocratici, riuscirono progressivamente nel loro 
                  intento di far retrocedere il movimento. 
                  L'autogestione rimase all'orizzonte, non riuscì a concretizzarsi 
                  e la rivoluzione libertaria che aveva sbeffeggiato l'autorità 
                  ovunque si manifestasse, dalla famiglia alla scuola, alla fabbrica, 
                  al partito, al sindacato, rinculò disperdendosi nei mille 
                  rivoli della resistenza quotidiana, lasciando comunque un monito 
                  alle generazioni future, un monito che ritroviamo nelle parole 
                  di Sarkozy quando denunciava ‘lo spirito del ‘68 
                  e il suo perdurante lascito nella società'. 
                  Rifluito il movimento molti si rivolsero agli anarchici, il 
                  cui movimento apparve come il più coerente continuatore 
                  degli avvenimenti del maggio, l'agente rivoluzionario per eccellenza. 
                  In breve tempo adesioni e gruppi si moltiplicarono senza sosta. 
                  Quello che appare subito chiaro è che non fu facile l'innesto 
                  tra la generazione dei vecchi militanti, che sono stati in carcere, 
                  hanno vissuto l'esilio, hanno combattuto – armi alla mano 
                  – il fascismo, portatori di un bagaglio enorme di esperienze 
                  e, purtroppo, di sconfitte e quella dei giovani contestatori, 
                  freschi di barricate e con le mani sporche di sampietrini. Il 
                  vecchio movimento appare ai giovani fermo, ideologicamente ed 
                  organizzativamente lontano dai fermenti in corso, arrovellato 
                  nei suoi annosi dilemmi dovuti fra l'altro alla scissione della 
                  FAI del 1965 e al lascito della sconfitta spagnola e della partecipazione 
                  al governo. 
                  Poche sono le personalità che riescono ad entrare in 
                  sintonia con la gioventù ribelle, mentre prevale nei 
                  più la preoccupazione che scelte, giudicate immature, 
                  possano pregiudicare l'esistenza stessa del movimento. 
                  La mancanza della generazione dei quarantenni si fa particolarmente 
                  sentire ed il divario di vita e di esperienze tra i vecchi ed 
                  i giovani pesa nella rielaborazione di un anarchismo che sia 
                  all'altezza dei tempi, di un anarchismo che sappia innestare 
                  nel vecchio tronco della propaganda divenuta ripetitiva e atemporale 
                  i nuovi germogli della critica sociale contemporanea. Solo i 
                  gruppi giovanili anarchici riuniti nella FAGI e nei GGAF, già 
                  operativi prima del '68, concentrati in poche località, 
                  e che hanno vissuto la contestazione Provo e Beat, appaiono 
                  in grado di dare risposte organizzative e teoriche ai tanti 
                  giovani che si rivolgono all'anarchismo per soddisfare il loro 
                  bisogno di concretezza rivoluzionaria. 
                  Ma un po' dovunque si formano gruppi e circoli e non solo in 
                  zone ove la presenza anarchica si è mantenuta – 
                  con una sede, una bacheca per il giornale, il manifesto a scadenza 
                  rituale – ma anche in zone ove essa era di fatto scomparsa. 
                  Spesso ai margini del movimento 'ufficiale', se non addirittura 
                  profondamente critici, molti di questi gruppi si caratterizzano 
                  per l'unità di base con altre realtà ideologicamente 
                  differenti, ricevendo spesso e volentieri l'accusa di essere 
                  dei 'marxisti libertari'. Ove non si danno gruppi anarchici 
                  si assiste alla partecipazione libertaria nei vari collettivi 
                  di lotta i quali, dopo una fase iniziale, molto raramente manterranno 
                  le loro caratteristiche autogestionarie; infatti nella maggior 
                  parte dei casi si arriverà progressivamente alla formazione 
                  di un ceto politico che sfumerà le posizioni originarie 
                  in una forte politicizzazione ideologica a carattere partitico. 
                  Con l'uscita dalle università e l'incontro con le lotte 
                  degli operai impegnati sul fronte del rinnovo dei contratti, 
                  si avrà non solo l'avvio della costruzione di un blocco 
                  sociale potenzialmente rivoluzionario nella ricerca della soluzione 
                  alla questione sociale così come allora veniva posta, 
                  ma anche la spinta alla costruzione del soggetto politico per 
                  eccellenza, il partito, che avrebbe dovuto dirigere il processo 
                  di rottura e di cambiamento, secondo la tradizione marxista. 
                  Spento il furore libertario, rimaneva da incasellare la spontaneità. 
                  Mentre gruppi e partiti si moltiplicavano e competevano tra 
                  loro per la conquista dell'eredità del PCI, per gli anarchici 
                  si poneva il problema di dare corpo alla resistenza sia ai processi 
                  di recupero istituzionale che di gerarchizzazione politica. 
                  Si assiste allora ad un impegno crescente sul terreno della 
                  lotta sociale, mentre il tema dell'organizzazione assume una 
                  importanza progressiva per la necessità evidente di creare 
                  coordinamenti di settore, di dare risposte su un piano territoriale 
                  più ampio. 
                  Ed è proprio in questa situazione di grande conflittualità 
                  sociale e di ricerca della via migliore per uno sbocco rivoluzionario 
                  della crisi italiana, che la reazione passa al contrattacco 
                  e riprende l'iniziativa con 'la strategia della tensione', con 
                  la politica della strage. La spinta proletaria e la contestazione 
                  giovanile, che dal luglio 1960 in un crescendo continuo fino 
                  all'esplosione delle lotte del 1968/1969 avevano scosso dalle 
                  fondamenta il potere borghese, si dovettero misurare con una 
                  reazione belluina che non ebbe alcun timore di ricorrere alle 
                  bombe e al massacro di piazza Fontana, per fermare il movimento 
                  operaio e studentesco e costringerli sulla difensiva, sgominare 
                  gli attivisti politici e sociali rivoluzionari, criminalizzare 
                  ed emarginare gli anarchici. 
                  La risposta del movimento fu immediata anche se lo scollamento 
                  di fatto esistente tra le organizzazioni storiche e i gruppi 
                  giovanili di recente formazione, favorì, all'indomani 
                  della strage, il sorgere di qualche titubanza da parte dei militanti 
                  più anziani. 
                  Smascherare le menzogne dello Stato che voleva addossare agli 
                  anarchici la responsabilità di tante vittime innocenti 
                  divenne una necessità assoluta, non tanto e non solo 
                  riguardo al fatto specifico, ma per conquistarsi e mantenere 
                  un'agibilità sociale che veniva ridotta e negata dall'azione 
                  manipolatoria e repressiva delle forze della repressione. Furono 
                  anni di mobilitazione continua contro nemici potenti e agguerriti, 
                  interni ed esterni, in un mondo segnato dalla divisione in blocchi, 
                  dalla guerra cosiddetta fredda, dal sedicente confronto tra 
                  capitalismo e 'comunismo', che mascherava in realtà un'unitarietà 
                  d'azione contro gli oppressi e gli sfruttati nelle rispettive 
                  aree di influenza. Si trattava però di una mobilitazione 
                  a carattere sostanzialmente difensivo che aveva perso gran parte 
                  dell'energia e della baldanza, evidenziate nel maggio. 
                  Il movimento anarchico, obiettivo dichiarato della manovra 
                  repressiva, rispose stringendo le fila e superando i motivi 
                  di polemica precedente, isolando le realtà giudicate 
                  possibili strumenti di ulteriori provocazioni e costruendo 
                  un'unità d'azione imperniata sulle strutture allora operanti 
                  sul campo, il Comitato nazionale pro vittime politiche, la Croce 
                  Nera, il Comitato politico giuridico di difesa, per assistere 
                  i compagni vittime della repressione, per smascherare gli assassini 
                  di Pinelli, per sostenere la campagna di denuncia della ‘strage 
                  di stato' e ribaltare lo stato di cose presenti. Parallelamente 
                  si trattava anche di non esaurire la propria azione su questo 
                  versante, anche se la situazione lo imponeva, ma di mantenere 
                  e sviluppare l'intervento nel luogo di lavoro, nella scuola, 
                  nel territorio per valorizzare l'immagine dell'anarchismo come 
                  portatore delle istanze di liberazione e di giustizia sociale. 
                
                   
                     | 
                   
                   
                    Antonio 
                        Cardella, Umberto Marzocchi e Alfonso Failla al tavolo 
                        della presidenza  | 
                   
                 
                   I 
                  giovani dal 20 all'80% 
                 In questa direzione erano particolarmente attivi i gruppi 
                  e i collettivi costituitisi sull'onda del movimento del '68 
                  e che, di fronte alla nuova situazione, e alla necessità 
                  di dare risposte adeguate, venivano spinti a forme superiori 
                  di organizzazione, a carattere regionale e nazionale, individuando 
                  soprattutto nella FAI l'insieme anarchico più rispondente 
                  ai propri bisogni. 
                  Se la strage di Milano aveva avuto come obiettivo la dispersione 
                  dell'anarchismo, i suoi risultati furono decisamente opposti; 
                  nella misura in cui fu chiara la natura reazionaria delle bombe, 
                  il movimento attrasse a sé nuove e numerose adesioni, 
                  aumentando la propria attività, raccogliendo simpatie 
                  crescenti in tutti gli ambiti, conquistando una visibilità 
                  mai avuta nel secondo dopoguerra. 
                  Per dare un dato: al Congresso nazionale della FAI tenuto a 
                  Carrara nell'aprile del 1971 la partecipazione dei giovani era 
                  intorno al 80% del totale, mentre precedentemente al 1968 essa 
                  si aggirava sul 20%. Il movimento continuava a rinnovarsi, con 
                  l'adesione di energie nuove che rimpiazzavano quelle ormai esaurite. 
                  Il rinnovamento più significativo avveniva nella FAI 
                  data la sua particolare struttura organizzativa legata ad un 
                  patto associativo sostanzialmente generico e passibile di varie 
                  letture e detentrice di un organo di stampa a diffusione nazionale 
                  con cadenza settimanale, Umanità Nova. 
                  Altre associazioni, come i GAF e i GIA, registravano invece 
                  cambiamenti meno significativi grazie al diverso modo di concepire 
                  l'organizzazione, basata com'era su piccoli gruppi d'affinità 
                  e di tendenza (i GAF) oppure sull'affermazione di un'ortodossia 
                  anarchica poco idonea a concessioni ai nuovi adepti (i GIA). 
                  Prendendo in esame la FAI si può meglio capire come l'afflusso 
                  di energie nuove abbia prodotto modificazioni tali da innescare 
                  poi un processo di instabilità durato per un lungo periodo. 
                  I temi dell'organizzazione, della 'lotta di classe' e della 
                  violenza rivoluzionaria divennero gli argomenti portanti di 
                  convegni e congressi. A partire dal congresso dell'aprile del 
                  1971, svoltosi in un clima di grande effervescenza e determinazione, 
                  si imboccò la strada della collegialità, della 
                  rotazione degli incarichi e del rinnovamento profondo delle 
                  strutture federative in una superamento di fatto della situazione 
                  precedente, legata sostanzialmente ad una forma di personalizzazione 
                  degli incarichi, dovuta in primo luogo allo scarso ricambio 
                  militante. 
                  La Commissione di Corrispondenza, con compiti di coordinamento 
                  definiti, venne affidata ad un gruppo di giovani fiorentini 
                  (Durruti) e non più a individualità, con l'impegno 
                  a ruotare l'incarico dopo un periodo di due anni. Parallelamente 
                  la redazione di Umanità Nova venne affidata alla responsabilità 
                  collegiale di un gruppo romano (Bakunin). Venne istituito un 
                  Consiglio Nazionale, composto dai delegati delle federazioni 
                  e dei gruppi di ogni singola regione, con il compito di coordinatore 
                  delle attività dei gruppi cui erano affidati i compiti 
                  di rappresentanza della federazione (CdC e UN). Si nominarono 
                  varie commissioni di studio affidate sempre a gruppi con l'obiettivo 
                  di approfondire le varie tematiche e proporle come tema di intervento 
                  della FAI. Si propose infine una presa di contatto con le altre 
                  federazioni, GIA e GAF, ed i gruppi autonomi per convocare un 
                  congresso generale che ponesse all'ordine del giorno la riunificazione 
                  del movimento. 
                  Con queste decisioni si diede l'avvio ad un fase completamente 
                  nuova della vita associativa della FAI: sorsero e/o si svilupparono 
                  numerose federazioni a carattere regionale o provinciale, con 
                  un intervento reale sul proprio territorio. 
                  La radicalizzazione dello scontro sociale, l'offensiva repressiva, 
                  le minacce di colpo di stato ed il dinamismo delle formazioni 
                  fasciste intanto richiedevano strumenti sempre più adeguati 
                  da parte del movimento che, forte della sua giovinezza e della 
                  sua determinazione, era piuttosto privo di basi solide, di concezioni 
                  teoriche pienamente condivise e di analisi aggiornate. L'adozione 
                  del principio marxista della 'lotta di classe' apparve allora 
                  a molti la chiave di comprensione della realtà sociale; 
                  si trattava di portare all'esasperazione il conflitto di classe 
                  individuato come motore della storia trascurando le profonde 
                  modifiche che l'organizzazione del lavoro e conseguentemente 
                  il movimento dei lavoratori aveva vissuto nel corso dei decenni 
                  trascorsi, con l'integrazione di fatto dei sindacati nell'istituzione 
                  statale e le continue rivendicazioni di garanzie avanzate nei 
                  confronti dell'apparato statale divenuto dispensatore di servizi. 
                  La dimensione umanistica dell'anarchismo, basata sullo sviluppo 
                  della coscienza critica, sul conflitto tra libertà ed 
                  oppressione, veniva da questi messa in sottordine e le rivendicazioni 
                  ad esse attinenti, come la battaglia per la liberazione della 
                  donna, contro l'invadenza clericale, il servizio militare, venivano 
                  sostenute solo se coerenti con l'impostazione classista di fondo. 
                  Vivace fu il confronto su questi temi che si riverberò 
                  poi sulle due altre questioni che animarono il movimento: quelle 
                  della violenza e dell'organizzazione. 
                
                   
                     | 
                   
                   
                    |   Domingo 
                        Rojas interviene su Cuba  e viene contestato dai giovani 
                        francesi del “movimento 22 marzo” guidati 
                        da Cohn-Bendit  | 
                   
                 
                   La 
                  lezione malatestiana a proposito di violenza 
                 L'esigenza di rispondere alle provocazioni fasciste portò 
                  gli anarchici a essere presenti nelle mobilitazioni di piazza 
                  concluse spesso con scontri con squadristi e polizia. Proprio 
                  in uno di questi scontri morrà a Pisa sotto i colpi dei 
                  celerini il giovane compagno Franco Serantini. A Salerno invece 
                  Giovanni Marini, per difendersi da un'aggressione squadrista, 
                  colpirà con un coltello il fascista Falvella, uccidendolo. 
                  Nel nome di Marini si costituirono in tutt'Italia comitati di 
                  difesa che posero all'ordine del giorno la necessità 
                  della difesa militante dal fascismo e questo mentre anche in 
                  Parlamento si faceva avanti, da parte della sinistra, la richiesta 
                  di una messa fuori legge del MSI. 
                  Lo scenario internazionale intanto si faceva più conflittuale: 
                  mentre si intensificavano le bombe sul Vietnam e i colpi di 
                  coda del fascismo si facevano sentire in Spagna, Grecia e Portogallo, 
                  mentre riprendeva con vigore in Irlanda del nord l'azione dell'IRA 
                  ed i gruppi armati palestinesi intensificavano i loro attacchi 
                  contro obiettivi civili israeliani, mentre in Germania faceva 
                  la sua comparsa la Banda 'Baader-Meinhof', nella FAI si sviluppò 
                  una dura contrapposizione tra la Commissione di Corrispondenza 
                  e la redazione di Umanità Nova, che prendendo a pretesto 
                  i durissimi scontri avvenuti a Milano l'11 marzo 1972 tra polizia 
                  e manifestanti di diversi gruppi della sinistra extraparlamentare 
                  (Lotta Continua, Potere Operaio, ecc.) e di alcuni gruppi anarchici 
                  di Milano e di Bergamo, produsse una rottura definitiva conclusa 
                  con l'uscita dalla federazione del gruppo fiorentino, incaricato 
                  della CdC, sostenitore di una linea di scontro frontale e della 
                  solidarietà nei confronti di chi risponde alla violenza 
                  dello Stato con la violenza, nella logica del colpo su colpo, 
                  arrivando a teorizzare il frontismo con altri gruppi non anarchici 
                  che condividessero l'uso della violenza nello scontro con i 
                  fascisti. 
                  Più o meno sulla stessa linea troviamo una nuova pubblicazione 
                  uscita a Catania, 'La Sinistra Libertaria', emanazione di un 
                  gruppo autonomo che editerà più tardi la rivista 
                  'Anarchismo' e che si caratterizzerà per la proposta 
                  di una relazione organizzativa di tipo informale tra gli anarchici 
                  e per il sostegno a forme di insurrezione armata, oltre che 
                  per una continua e dura polemica nei confronti della FAI e delle 
                  altre organizzazioni anarchiche. 
                
                   
                     | 
                   
                   
                    |   Reazioni 
                        alla contestazione dei francesi. Pietro Valpreda e Nico 
                        Berti; al centro (seduto) Amedeo Bertolo e (alla sua sinistra)  
                        Antonella Frediani  | 
                   
                 
                 L'adozione della lettura malatestiana del carattere e dell'uso 
                  della violenza da parte degli altri gruppi federati promosse 
                  di fatto una chiarificazione di fondo che permise alla FAI di 
                  affrontare, criticamente ma saldamente, negli anni a venire 
                  l'esplodere della lotta armata. 
                  Superata la problematica della violenza e accantonato il tentativo 
                  di scioglimento del movimento anarchico – in quanto manifestazione 
                  sovrastrutturale e autoritaria a prescindere – nel movimento 
                  'reale' portato avanti da gruppi influenzati dalle teorie situazioniste, 
                  la questione dell'organizzazione e della sua strategia apparvero 
                  a molti elementi fondamentali da affrontare per superare i limiti 
                  nei quali ci si trovava ad operare: il problema non era più 
                  di come affermare l'autogestione sociale intesa come prassi 
                  collettiva, bensì diventava quello di come ci si organizzava 
                  per affermare le pratiche autogestionarie all'interno degli 
                  organismi di massa, di come in sostanza si organizzava la minoranza 
                  agente nei confronti della classe. 
                  C'è da dire che non tutti i gruppi seguirono questa strada; 
                  ci fu chi, come il gruppo Azione Libertaria di Milano, diede 
                  vita all'esperienza del Centro Comunista di ricerche sull'Autonomia 
                  Proletaria, che pose le basi dello sviluppo di quella che fu 
                  l'autonomia operaia negli anni a venire, distanziandosi nei 
                  fatti dal movimento anarchico organizzato e preferendo forme 
                  di presenza interna al conflitto sociale e di elaborazione militante 
                  in un circuito in grado di attrarre militanti sia libertari 
                  che marxisti prevalentemente di formazione consiliare e luxemburghiana. 
                  Dal canto loro i GAF con la pubblicazione della rivista A, prima, 
                  e con l'assunzione della redazione di Volontà poi, affinarono 
                  la loro elaborazione teorica, sia rileggendo i classici sia 
                  concentrandosi sull'analisi delle dinamiche sociali individuando 
                  nella tecnoburocrazia la classe emergente e sviluppando una 
                  dura polemica con quanti, nel movimento, rimanevano ancorati 
                  al classico dualismo classista, borghesia e proletariato ed 
                  alle sue forme di espressione, sindacato e minoranza politica. 
                  I GIA, pur continuando la pubblicazione del loro periodico 'L'Internazionale', 
                  si incamminavano verso un lento declino, contrassegnato da polemiche 
                  nei confronti della FAI, accusata costantemente, a partire dalla 
                  scissione del 1965, di dirigismo e autoritarismo. 
                
                   
                     | 
                   
                   
                    |   Faccia 
                        a faccia tra Daniel Cohn-Bendit e Alfonso Failla  | 
                   
                 
                   Il 
                  dibattito nella FAI 
                 Nella FAI invece progressivamente si mise in evidenza da parte 
                  di molti l'insufficienza del Patto Associativo e le carenze 
                  del Programma, nell'illusione che una nuova forma organizzativa 
                  potesse sopperire alle difficoltà oggettive di un movimento 
                  generale in riflusso, alla scarsa incisività nel sociale, 
                  al bisogno autoreferenziale di rivoluzione, al tutto e subito. 
                  Contribuiscono poi al ripensamento organizzativo lo scontro 
                  che si registra nelle piazze con i fascisti e la polizia e i 
                  primi barlumi di forme di lotta armata in risposta ai ventilati 
                  colpi di Stato che periodicamente si affacciano, insieme a nuove 
                  stragi, nello scenario politico italiano. 
                  Mentre la sinistra extraparlamentare si indirizza decisamente 
                  verso forme gerarchiche di organizzazione, più o meno 
                  tradizionali, accompagnate da servizi d'ordine più o 
                  meno militarizzati, nel movimento anarchico e in molti gruppi 
                  della FAI in particolare si fa strada l'illusione che solo un'organizzazione 
                  omogenea dotata di una strategia uniforme e basata sulla responsabilità 
                  collettiva possa rispondere alla potenza statale e alle esigenze 
                  del conflitto sociale. Si rispolverano gli statuti dei G.A.A.P. 
                  e la Piattaforma di Archinov e si sviluppa un teso confronto 
                  politico che, complice le diverse e contrapposte letture dell'attentato 
                  di Gian Franco Bertoli alla Questura di Milano (1973), sfocia 
                  in una dura contrapposizione nel corso di un Convegno unitario 
                  di movimento indetto sul caso Marini che porterà ad una 
                  grave frattura all'interno della FAI, tra i fautori di un'organizzazione 
                  di tipo piattaformista e chi invece sostiene l'impostazione 
                  che Malatesta e Fabbri diedero all'UAI nel 1920, impostazione 
                  raccolta nel 1965 e causa della rottura con i gruppi che daranno 
                  poi vita ai GIA. 
                  Il tentativo piattaformista che coinvolgerà allora molti 
                  gruppi giovanili di recente formazione e di varia composizione 
                  si muoveva in sintonia con quanto succedeva all'interno dell'IFA 
                  ove il segretariato affidato ai francesi dell'ORA era portatore 
                  delle medesime istanze, estremizzando su un versante efficentista 
                  richieste organizzative molto diffuse. 
                
                   
                     | 
                   
                   
                    |   Il 
                        direttore di “Umanità Nova”  Mario Mantovani, 
                        fautore  dell'apertura del Congresso ai mass media  | 
                   
                 
                 I gruppi fuoriusciti cercheranno poi di articolare la propria 
                  proposta indicendo un convegno nazionale di lavoratori anarchici 
                  per coinvolgere tutti i militanti attestati su posizioni di 
                  'classe', un convegno che raccolse molte adesioni, soprattutto 
                  da parte della componente più giovane del movimento, 
                  che pose l'azione sindacale al primo punto dei propri interessi 
                  e che diede vita ad una fase di crescita di quello che si definì 
                  'anarchismo di classe', articolato in varie e diffuse organizzazioni 
                  regionali, tipo l'ORA della Puglia, l'OCL della Liguria, l'OAM 
                  delle Marche, l'OARomana, il MACb di Bergamo e altre ancora. 
                  Un insieme di organismi che dopo una fase di grande attivismo 
                  attraversò poi una fase di profonda crisi non riuscendo 
                  a risolvere la grande disomogeneità esistente al suo 
                  interno e accantonata momentaneamente solo con il richiamo all'organizzazione 
                  forte, efficiente, omogenea, di tipo maggioritario, un modello 
                  questo destinato a sfilacciarsi sotto l'impeto del nuovo movimento 
                  che darà origine al 1977, per poi approdare nella costituzione 
                  della Federazione dei Comunisti Anarchici da parte di un insieme 
                  di realtà che ruotavano intorno al gruppo Crescita Politica 
                  di Firenze. 
                  La FAI, dal canto suo, dopo la chiarificazione teorica sul tema 
                  della violenza e su quello dell'organizzazione, risolti comunque 
                  con un richiamo alla tradizione, manteneva vivo il dibattito 
                  tra le diverse anime ad essa associate, e affidando nel 1974 
                  il giornale ad un gruppo di giovani milanesi (Lotta Anarchica) 
                  proseguiva nella sua scelta di rinnovamento che consentì 
                  alla FAI di essere comunque in sintonia con i movimenti in atto 
                  e momento di confronto con quanto si stava muovendo nel paese, 
                  pur nell'impossibilità o nell'incapacità di trovare 
                  adeguata sintesi alle istanze sollevate come nel caso del dibattito 
                  sulla ricostruzione dell'USI. 
                  Il movimento del '77, l'opzione armata, la repressione che ne 
                  seguirà, apriranno poi un'altra fase per gli anarchici, 
                  una fase di lotta, di riflessione e di ulteriore chiarificazione 
                  che continuerà, a fasi alterne, fino ai giorni nostri. 
                   
                  Massimo Varengo 
                
                   
                    |    Un 
                        libro + CD 
                         
                        Il congresso di Carrara del 1968 fu il momento costitutivo 
                        dell'Internazionale di Federazioni Anarchiche, ma per 
                        il movimento libertario divenne anche la straordinaria 
                        occasione per un confronto allargato in un momento di 
                        vasta e profonda conflittualità sociale e per fare 
                        i conti con se stesso e le proprie proposte davanti al 
                        mondo allora contemporaneo. Numerosi e significativi i 
                        partecipanti: da Marzocchi a Failla, da Cohn-Bendit a 
                        Joyeux, da Federica Montseny a Domingo Rojas, ai tanti 
                        giovani che hanno poi costituito l'ossatura del movimento 
                        anarchico odierno. Questo lavoro (Alla prova del 
                        '68. L'anarchismo internazionale al Congresso di Carrara, 
                        a cura di Roberto Zani, pagg. 288 [con CD], 
                        0 15,00) consiste nella raccolta di diverse fonti: registrazione 
                        audio dei momenti più importanti del congresso, 
                        rassegna stampa dei giornali italiani che se ne occuparono, 
                        commenti e analisi di studiosi e militanti, testimonianze 
                        dei partecipanti, documenti congressuali. Una raccolta 
                        di straordinaria importanza per la ricostruzione di un 
                        momento storico i cui effetti si riverberano ancora oggi 
                        sul nostro presente. Allegato al libro CD audio nell'originale 
                        lingua francese con la traduzione italiana. 
                         
                        Richieste a: Zero in Condotta, casella 
                        postale 17127 – MI 67, 20128 Milano 
                      e-mail: 
                        zic@zeroincondotta.org 
                        – sito: www.zeroincondotta.org 
                        
                       cell. 
                        377 14 55 118 – conto corrente postale 98985831 
                        intestato a Zero in Condotta – Milano
  | 
                   
                 
                 |