dossier Georges 
                    Brassens 
                  La scena musicale 
                    francese 
                  di Elisa Sciuto 
                  Le radici 
                    della musica e della cultura di Brassens e degli altri cantautori 
                    della sua generazione sono grandi e solide e affondano in 
                    un terreno ricco di storia e di stimoli culturali. A partire 
                    già dall'Ottocento. 
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                  Quando 
                    parliamo di chansonniers francesi o di chanson 
                    d’auteur, stiamo in realtà facendo riferimento 
                    a una tradizione culturale che ha radici molto profonde, penetrate 
                    nella storia della musica francese fin dall’800, se 
                    non addirittura molto prima. 
                    La chanson d’auteur nasce all’interno 
                    dei cabaret parigini del primo novecento, in opposizione alla 
                    recessione culturale del café-concert. L’origine 
                    del termine cabaret risale circa alla seconda metà 
                    del quattrocento, ai tempi dei poeti francesi Villon e Rabelais 
                    e si consolida intorno a metà ottocento, per indicare 
                    luoghi di ritrovo antiaccademici, frequentati da scrittori, 
                    artisti e intellettuali. Il café-concert invece, è 
                    sia il tipo di spettacolo, costituito da un repertorio canzonettistico 
                    leggero e di puro intrattenimento, sia, per estensione, il 
                    nome dei locali nei quali queste rappresentazioni hanno luogo. 
                    All’epoca della sua nascita quest’ultimo costituiva 
                    una grande novità nell’ambito della partecipazione 
                    collettiva al mondo artistico dello spettacolo, in quanto 
                    la gratuità degli intrattenimenti e la tipologia di 
                    performance favorivano il coinvolgimento di un pubblico variegato 
                    e numeroso. 
                    Successivamente, con il consolidamento dell’editoria 
                    musicale e la fondazione della SACEM (Société 
                    des auteurs, compositeurs et éditeurs de musique) nel 
                    1851, viene imposta agli autori la creazione di musiche originali, 
                    mentre fino all’avvento del café-concert essi 
                    componevano i testi sulla base di musiche tradizionali già 
                    esistenti. Con l’obbligo quindi di dover inventare ex 
                    novo le canzoni per gli spettacoli, le quali saranno poi destinate 
                    a occasioni di puro svago, gli artisti si trovano presto a 
                    confezionare dei prodotti assai poco impegnativi, che aggiungano 
                    a testi semplici, funzionali e per lo più insignificanti, 
                    una musica orecchiabile e facile da memorizzare. Col tempo 
                    inoltre, viene sempre più accentuato l’aspetto 
                    di contorno a queste canzonette, fatto di miti, personaggi 
                    codificati, costumi di scena e applausi a comando. L’obiettivo 
                    è quello di creare un inventario sufficientemente ampio 
                    di stereotipi, adatto a commuovere gli spettatori in tutte 
                    le possibili direzioni. 
                  Evoluzione 
                    e affermazione della chanson d’auteur 
                  Il progressivo inserimento 
                    del sistema capitalistico all’interno del mondo della 
                    canzone determina l’avvio al processo di standardizzazione 
                    e mercificazione della chanson, la quale in questo 
                    modo diventa portavoce dell’ideologia dominante e veicolo 
                    del conformismo. È importante ricordare che l’Europa 
                    si trova nel momento storico di maggior sviluppo di questo 
                    nuovo sistema economico e che quest’ultimo comincia 
                    ad agire e ad influire anche sul piano politico, sociale e 
                    culturale; nonostante questo, già dagli anni ’70 
                    dell’ottocento, a tale diffusione si oppongono, contrastandola, 
                    altre concezioni di sistema economico-sociale e diverse correnti 
                    di pensiero. Da Proudhon in Francia, ma anche da Marx e Bakunin, 
                    vengono infatti proposte e teorizzate forme alternative di 
                    riformismo, talvolta anche di carattere rivoluzionario, che 
                    hanno come protagoniste le classi popolari, subalterne, o 
                    addirittura, come nel caso del pensiero di origine anarchica, 
                    gli esclusi e gli sfruttati. 
                    Tuttavia, in un quadro che va acquisendo toni di compiacimento, 
                    agiatezza e imborghesimento, è facile intuire come 
                    alla tradizionale canzone di strada resti un campo d’azione 
                    piuttosto sacrificato. La canzone militante infatti, che ne 
                    rappresenta l’evoluzione moderna, ha una matrice culturale 
                    di stampo popolare e nasce come prodotto delle antiche sociétés 
                    chantantes, le quali costituivano a fine ottocento, il centro 
                    propulsore di cospirazione e propaganda rivoluzionaria. Nel 
                    corso dei decenni invece essa permane più o meno clandestinamente, 
                    sotto forma di canzone politica e/o di protesta. Durante i 
                    primi anni del novecento perciò, questa riuscirà 
                    a sopravvivere unicamente al di fuori dei circuiti ufficiali 
                    e in particolare la canzone anarchica, nata attorno al movimento 
                    anarco-sindacalista, viene veicolata clandestinamente attraverso 
                    pubblicazioni anonime. 
                    Tornando quindi agli chansonniers, alcuni di loro 
                    piuttosto che ancorarsi a un’inutile purezza fuori dai 
                    giochi, scelgono la via del compromesso, impegnandosi a proseguire 
                    una tradizione di gusto formale e impegno contenutistico senza 
                    rifiutare categoricamente la nuova struttura commerciale della 
                    canzone. 
                    Già dalla fine dell’ottocento e fino al primo 
                    novecento, personaggi come Aristide Bruant e Yvette Guilbert 
                    svolgono un ruolo fondamentale nel mantenere alto il livello 
                    qualitativo degli spettacoli dei café-concert, cercando 
                    di diffondere l’eredità culturale e intellettuale 
                    ereditata dai cabaret di Montmartre. Questi locali infatti 
                    (il più celebre è Le Chat Noir) sono frequentati 
                    da poeti, artisti, musicisti e attori e costituiscono un centro 
                    di ricerca artistica e musicale opposta alla leggerezza del 
                    café-concert; nel frattempo diventano anche ambienti 
                    nei quali poter animare una cultura d’opposizione al 
                    sistema attiva e consapevole. 
                    In generale il repertorio degli spettacoli qui rappresentati 
                    è costituito da interpretazioni e recitazioni in cui 
                    la satira è lo strumento di espressione principale 
                    e il carattere delle esibizioni è volutamente trasgressivo 
                    e anticonformista. I temi proposti rappresentano gli scandali, 
                    le difficoltà, la povertà e tutte le tensioni 
                    sociali diffuse a quell’epoca, senza che vengano trascurate 
                    ovviamente le occasioni da dedicare al divertimento e alla 
                    romanza sentimentale. 
                   Disagio 
                    politico e sociale 
                  È fondamentale la figura 
                    di Aristide Bruant perché fra gli artisti attivi a 
                    Montmartre è quello che più di tutti arriva 
                    a caratterizzare le sue performance con elementi di profonda 
                    innovazione e arricchimento. Egli infatti, essendo un abilissimo 
                    interprete, riesce nonostante la sua condizione di benestante, 
                    a cantare e interpretare quelle che in seguito verranno soprannominate 
                    e riconosciute come “guerre dei poveri”. Sarà 
                    lui a lasciare quindi l’eredità più preziosa 
                    al genere della chanson d’auteur e alla figura dello 
                    chansonnier. Grazie a Bruant la canzone di strada conquista 
                    il palcoscenico, il pubblico borghese è desideroso 
                    di conoscere e di sperimentare la brutalità dei sobborghi 
                    parigini, ma sempre a patto che lo scenario resti fittizio 
                    e costruito per l’occasione. In fondo insomma, il popolo 
                    evocato resta inoffensivo, ancora molto lontano, come fosse 
                    un mondo chiuso in sé stesso, rassegnato ed esaltato 
                    semplicemente come luogo del proibito e del romanzesco. Dietro 
                    al personaggio di Bruant invece, è celato un disappunto 
                    profondo, una critica aspra e amara, rivolta indirettamente 
                    a quello stesso pubblico che lo applaude. 
                    Siamo ormai negli anni a cavallo tra le due guerre mondiali: 
                    il disagio politico e sociale è crescente e di fronte 
                    all’incapacità e all’inadeguatezza del 
                    sistema nel sostenere una società in crisi, avanza 
                    incessantemente la logica evasiva dell’intrattenimento, 
                    che rafforza il clima di stordimento e spensieratezza. 
                    La vita sociale e culturale di molti paesi europei (compresa 
                    quindi la Francia) è caratterizzata da un disorientamento 
                    di fondo e da una conseguente predisposizione da parte del 
                    popolo ad affidarsi a qualcosa di rassicurante e scarsamente 
                    impegnativo. Con queste premesse, acquisiscono sempre più 
                    facilmente consenso e potere i movimenti nazionalisti e conservatori, 
                    guidati strategicamente da una borghesia controrivoluzionaria 
                    e antisocialista. 
                    Accade così che anche il cabaret finisce con lo snaturare 
                    la sua capacità alternativa e le nuove forme di spettacolo 
                    importate dall’America prendono definitivamente il posto 
                    degli intrattenimenti europei, ormai artigianali e obsoleti. 
                    Il music hall, il dancing, la radio, il cinema e il teatro 
                    di rivista infatti, più spaziosi, dotati di platea 
                    numerata e a pagamento, sono decisamente più adeguati 
                    ad accogliere le esigenze di massa e le nuove abitudini del 
                    pubblico. Tra gli artisti, quello che incarna meglio il nuovo 
                    clima è Maurice Chevalier, il quale, avendo debuttato 
                    all’epoca dei primi café-concert, diviene in 
                    seguito un celebre interprete di riviste, operette e soprattutto 
                    di musical cinematografici. 
                    Parallelamente, però, e sulla scia della svolta impressa 
                    da Bruant, comincia a farsi strada un repertorio sociale concretizzatosi 
                    in due correnti distinte: quella maggiormente significativa 
                    della chanson réaliste e quella meno circoscritta, 
                    caratterizzata da un contenuto più direttamente politico. 
                    Il filone “politico”, sostanzialmente di scarso 
                    rilievo, è costituito da profusioni liriche di propaganda 
                    nazionalista e coloniale. La chanson réaliste invece, 
                    vede nel mondo femminile le sue più grandi interpreti; 
                    tra esse ricordiamo Fréhel e Damia quali prime e più 
                    radicali esponenti, grazie alla loro vivida impronta attoriale, 
                    mentre spiccherà in modo particolare e con maggior 
                    successo Edith Piaf, la quale si colloca al culmine di questa 
                    ricerca soprattutto in termini musicali, per quanto riguarda 
                    invece il rapporto tra autore e testo ella raggiungerà 
                    rispetto ai suoi contemporanei una maggiore personalizzazione 
                    di quest’ultimo. 
                    Nel frattempo, le iniziative assunte dalla destra francese 
                    al governo del paese, acquisiscono una fisionomia sempre più 
                    simpatizzante con i regimi fascista e nazista che nei primi 
                    anni trenta conquistano il potere rispettivamente in Italia 
                    e Germania. In particolare il tentato colpo di Stato da parte 
                    dell’estrema destra francese, avvenuto nel febbraio 
                    ’34, serve da stimolo per un’alleanza tra le forze 
                    di sinistra in seguito alla quale nasce la coalizione del 
                    Front populaire. Quest’ultimo, presieduto da Léon 
                    Blum, sale al governo nel maggio ’36 grazie a un ampio 
                    consenso da parte del proletariato, il quale sarà protagonista 
                    di una movimentata agitazione sociale (seppur intenzionalmente 
                    pacifica). 
                    La politica profondamente riformista del fronte infatti, contribuisce 
                    a diffondere tra le masse popolari un clima di attese e di 
                    speranze. Sul piano culturale però, mancano degli interpreti 
                    in grado di incarnare adeguatamente questo clima di rinnovamento 
                    e conseguentemente, anche un repertorio musicale di argomento 
                    politico abbastanza significativo. Così, paradossalmente, 
                    seppur lontanissima da preoccupazioni politiche, la musica 
                    di Charles Trenet diventa l’espressione più vicina 
                    al sentire della popolazione francese di questo periodo. Egli 
                    infatti, discostandosi sensibilmente dall’artificiosa 
                    joie de vivre delle riviste e di Chevalier, mette in musica 
                    la vita reale e quotidiana, la concretezza delle questioni 
                    sociali e riprende la cura del lessico e della struttura delle 
                    composizioni. Riesce inoltre a liberare la musica dai sacrificati 
                    confini entro i quali la semplicioneria di moda l’aveva 
                    relegata, alternando e mescolando, al contrario, elementi 
                    diversi (moduli jazz, valzer e tango); conferisce anche ai 
                    testi una nuova personalità, arricchendoli di immagini 
                    e giochi di parole, che contribuiscono a creare un effetto 
                    surreale, nuovo e inconsueto per l’epoca. 
                    Alcune delle canzoni più celebri di Trenet sono La 
                    mer, Que reste-t-il de nos amours e l’Âme 
                    des poètes, con le quali quindi, egli non punta 
                    ad ottenere una pregnanza concettuale, ma che in compenso 
                    gli permettono di inserirsi all’interno della storia 
                    della canzone francese, con un ruolo significativo dal punto 
                    di vista estetico; grazie a lui infatti, riacquista vigore 
                    la figura dell’auteur-compositeur-interprète 
                    che per qualche decennio era venuta meno e che ispirerà 
                    in breve tempo la generazione del dopoguerra. 
                    Gli anni a seguire sono purtroppo segnati dallo scoppio della 
                    seconda guerra mondiale e in Francia nasce il governo collaborazionista 
                    di Pétain. In un contesto simile, l’ondata di 
                    ottimismo degli anni precedenti viene annientata nel giro 
                    di poco tempo e con essa anche il profluvio di canzoni patriottiche. 
                    Il genere di musica che riesce a circolare con maggiore facilità, 
                    accanto alle consuete canzoni di regime, è ancora una 
                    volta quello della canzone conformista (Maurice Chevalier 
                    canta brani come Ça sent si bon la France 
                    e La chanson du Maçon, se non a favore dell’ideologia 
                    petainista, comunque di una certa ambiguità); altri 
                    artisti invece, come Edith Piaf o Charles Trenet, continuano 
                    la loro attività cercando di diffondere in qualche 
                    modo un pensiero refrattario al regime. 
                    A Londra intanto, nasce e trova sede la radio centrale dell’opposizione, 
                    la quale vede come protagonisti attivi, alcuni esuli artisti 
                    del periodo di regime di Vichy (dopo il crollo del quale torneranno 
                    in Francia). Questi giovani, guidati in particolare da Pierre 
                    Dac, il quale nel ’43 diventa animatore della trasmissione 
                    francese su Radio Londres, divengono autori di feroci e surreali 
                    parodie della propaganda tedesca e di altri brani o piccoli 
                    componimenti satirici che in generale, svolgeranno un compito 
                    molto importante. In questo momento infatti, i canti di protesta 
                    erano sottoposti a una censura ferrea e repressiva da parte 
                    del regime e potevano di conseguenza essere trasmessi e circolare 
                    esclusivamente di bocca in bocca (uno di questi brani è 
                    il celebre Le Chant des Partisans o Chanson de 
                    Liberatión, diventato in seguito l’inno 
                    ufficiale della resistenza). 
                  La 
                    figura dell’auteur-compositeur-interprète 
                    nella sua chiave moderna 
                  Quando nell’agosto del 
                    1944 Parigi viene liberata, questa città apparirà 
                    agli occhi del popolo francese come l’emblema dell’emancipazione, 
                    il sogno di ricostruzione e di riscatto che finalmente prende 
                    vita. Tra i giovani impera l’envie de vivre e gli artisti 
                    della resistenza animano il clima di riconquista anche sul 
                    piano culturale e intellettuale. Nel quartiere di Saint-Germain-des-Prés, 
                    si riversa infatti il desiderio di ritrovare lo slancio perduto 
                    e questo luogo diventa presto centro propulsore di nuove espressioni 
                    artistiche. 
                    Obliata precedentemente dal clamore delle canzonette, torna 
                    con una nuova voce la canzone colta, quella che è frutto 
                    della collaborazione tra musicisti e poeti, accomunati dalla 
                    partecipazione al dissenso intellettuale. Nasce così 
                    la chanson rive gauche, attraverso la quale grandi 
                    artisti cominciano a cantare e interpretare brani di noti 
                    letterati quali Sartre, Prévert, Cocteau e Aragon; 
                    la musica acquisisce un’identità propria ed è 
                    spesso costituita da un accompagnamento asciutto ma anche 
                    valorizzato come sostegno al testo poetico. Viene abbandonata 
                    la versatilità anonima dei generi e la strutturale, 
                    sempre più fittizia antinomia tra varietà e 
                    cabaret. 
                    Gli artisti dovranno inoltre fare progressivamente i conti 
                    con un ambiente e con un pubblico molto più esigenti 
                    rispetto a quello totalmente accondiscendente del variété. 
                    La scelta nell’elaborazione scenica degli spettacoli 
                    costituisce un elemento indispensabile e determinante per 
                    stabilire il successo e l’originalità del suo 
                    interprete; e inevitabilmente, diventa imprescindibile, per 
                    coerenza, dal genere di repertorio cantato. Saint-Germain 
                    insomma, costituisce un luogo dedicato alla creatività 
                    e alla sperimentazione, con un ruolo considerevole nella coltivazione 
                    di personalità artistiche che lasceranno poi un’impronta 
                    decisiva. 
                    All’alba degli anni ’50 si colloca quindi l’esordio 
                    di quegli auteurs-compositeurs-interprètes 
                    che, dotati di coraggio e doti e abilità senza dubbio 
                    eccezionali, rivestiranno un ruolo fondamentale per le complessive 
                    influenze future. 
                    Fra tutti, le esperienze di Léo Ferré e Georges 
                    Brassens sono caratterizzate da un inizio difficile ma fortunatamente 
                    tenace. Entrambi infatti impiegheranno diversi anni a raggiungere 
                    una posizione stabile e una notorietà commisurata al 
                    loro impegno. Ferré in particolare, fin dai suoi primi 
                    indiretti approcci con l’ambiente di Saint-Germain, 
                    trova quasi impossibile adeguarsi allo stile rive gauche: 
                    è ritroso di fronte al compromesso dello sfruttamento 
                    da parte dei locali e in più, il rapporto con un pubblico 
                    “difficile” al quale egli non riserva alcun tipo 
                    di cerimonia, gli costerà un lungo periodo di quasi 
                    anonimato, o il riconoscimento tutt’al più, attraverso 
                    le interpretazioni di altri. 
                    Inizialmente egli affida le sue canzoni all’esibizione 
                    di artisti già affermati, quando invece si esibisce 
                    personalmente, i suoi brani sono più profondi e curati 
                    nel contenuto e nel testo ma totalmente privi di sostegno 
                    e arricchimento “di contorno”. Il suo stile irriverente, 
                    la noncuranza in fatto di presenza scenica, uniti alla dichiarata 
                    simpatia per il movimento libertario, lo costringono entro 
                    l’immagine di un eccentrico, anarchico e intrattabile, 
                    in realtà probabilmente, ancora incompreso. Dopo la 
                    metà degli anni ’50 invece, l’esercizio 
                    di levigazione e il raggiungimento di una forma espressiva 
                    autentica, spontanea, ma nel contempo di grande efficacia 
                    comunicativa, consegnano a Ferré un maggiore consenso 
                    e di conseguenza, una maggiore consapevolezza dei suoi obiettivi. 
                    Questo gli permette di trovare un proprio personale linguaggio, 
                    lontano, per convinzione profonda, dal compromesso e dalla 
                    logica del successo ad ogni costo. 
                    Diversa è invece l’esperienza di Georges Brassens, 
                    caratterizzata da una maggiore e sostanziale bonomia e da 
                    una disposizione di fondo molto meno trasgressiva. Le sue 
                    canzoni sono proposte in forma di eleganti ballate e anche 
                    l’espressione di maggior violenza concettuale è 
                    sempre calata dentro a un’ambientazione esopica, distaccata 
                    e priva di animosità o di eccessi. Ne è un esempio 
                    emblematico il fatto che nei suoi brani, la soluzione farsesca 
                    costituisce frequentemente l’unica vera e possibile 
                    via d’uscita. 
                    Teniamo presente che ormai siamo nel periodo di protagonismo 
                    quasi assoluto della casa discografica, la quale, nonostante 
                    le notevoli scottature, favoriva ampiamente la popolarità 
                    dell’auteur-compositeur-interprète come figura 
                    universalmente riconosciuta. I discografici investono infatti 
                    su questa figura in quanto “prodotto” autenticamente 
                    nazionale, contrapposto alla moda americana che ha come espressione 
                    musicale il twist e il rock’n’roll e che dilaga 
                    a metà degli anni ’60 anche in Europa. 
                    Sulla scia di Brassens e Ferré quindi, altri chansonniers, 
                    quali Jacques Brel e Charles Aznavour, si affacciano sulla 
                    scena musicale francese, ciascuno con le sue personali caratteristiche, 
                    ognuno con le proprie inclinazioni, ma sempre accomunati da 
                    un intento di denuncia della meschinità e da un senso 
                    di profonda solidarietà per i diversi e gli emarginati, 
                    non senza dichiarazioni (a volte anche scomode o rischiose 
                    proprio perché non stereotipate) di antimilitarismo 
                    e anticlericalismo. 
                    In generale dunque, questi chansonniers proseguono ideologicamente 
                    la tradizione della vecchia canzone di strada, ma pragmaticamente 
                    si trovano calati all’interno di un contesto completamente 
                    nuovo, nella realtà moderna, commerciale e industrializzata. 
                    Diventano insomma professionisti dello spettacolo, chiamati 
                    a scontare in qualche modo la distanza dalle masse e la concorrenza 
                    dei prodotti canzonettistici disimpegnati. Da questo derivano 
                    alcune importanti caratteristiche comuni che traspaiono poi 
                    anche nelle loro canzoni, quali la messa in discussione del 
                    proprio ruolo di “idoli” e la tendenza a forme 
                    di auto isolamento a volte elitario, o di anarchismo di stampo 
                    individualista; sono inoltre accomunati nella maggior parte 
                    dei casi, dall’uso di un modello critico privo di riferimenti 
                    specifici, quindi talvolta atemporale, stilizzato o simbolico. 
                    A questo proposito è utile porre l’accento, da 
                    un lato sulla scelta provocatoria ma coerente di Jacques Brel, 
                    che nel ’67 abbandona risolutivamente il mondo della 
                    canzone per non restare ingabbiato in un arido cliché; 
                    e dall’altro su Georges Brassens, il quale, svettando 
                    fra tutti qualitativamente, offrirà un contributo molto 
                    personale alla diffusione di una logica pacifista e anticonformista, 
                    in nome di un individualismo profondo, radicato e integrale. 
                   
                  
                  Elisa Sciuto
                
 
                   
                    | 
  1 
                        Le sillabe giuste sulle note giuste 
                      Per mettere delle parole 
                        su una musica, e per trovare una musica, serve una specie 
                        di dono. Anche se si scrivono delle stupidate, anche in 
                        quel caso serve il dono di mettere le tre sillabe che 
                        servono sulle tre note giuste. Non riesco a spiegarlo 
                        meglio di così. Si può essere incapaci, 
                        essere quasi analfabeti ma avere il dono di mettere le 
                        sillabe giuste sulle note giuste. Ed è questa l'arte: 
                        un'arte molto particolare. Si può essere dei geni 
                        e non esserne capaci. O essere senza talento, ma invece 
                        avere quel talento, quello di dire "ti amo" 
                        al momento giusto.  | 
                   
                 
                 
                
                   
                    |  
                        2 
                        Questo è il criterio 
                      Scrivo con la chitarra 
                        in mano o al pianoforte, quando metto giù le parole. 
                        E cerco... fino a che... 
                      E scrive tutte 
                        le note? 
                        Non scrivo proprio niente. Registro su una cassetta. Registro 
                        così. E faccio sette o otto musiche per ogni canzone. 
                        Non ne faccio una sola. E quella che regge più 
                        a lungo è quella che conservo. Quella che dopo 
                        essere stata ripetuta cento volte mi piace ancora. O non 
                        mi dispiace troppo. Questo è il criterio. 
                       | 
                   
                 
                 
                
                   
                    I 
                        testi di qualche canzone  | 
                   
                   
                    |   Le 
                        pornographe 
                        ........ 
                        Autrefois, quand j'étais marmot, 
                        J'avais la phobi’ des gros mots, 
                        Et si j' pensais «merde» tout bas, 
                        Je ne le disais pas... 
                        Mais 
                        Aujourd'hui que mon gagne-pain 
                        C'est d' parler comme un turlupin 
                        Je n' pense plus «merde», pardi! 
                        Mais je le dis. 
                      J' suis l' 
                        pornographe, 
                        Du phonographe, 
                        Le polisson 
                        De la chanson.  | 
                    Il 
                        pornografo 
                        ........ 
                        Una volta, quando ero marmocchio, 
                        avevo la fobia delle parolacce, 
                        e se pensavo «merda» fra me e me, 
                        non lo dicevo... 
                        ma  
                        oggi che, per portare a casa la pagnotta, 
                        parlo come un buffone, 
                        non penso più «merda», perdinci!, 
                        ma lo dico 
                      Sono il pornògrafo 
                        del fonògrafo 
                        il monellaccio 
                        della canzone.  | 
                   
                   
                    Les 
                        trompettes de la renommée 
                         
                        ......... 
                        Je vivais à l'écart de la place publique, 
                        Serein, contemplatif, ténébreux, bucolique... 
                        Refusant d'acquitter la rançon de la gloir', 
                        Sur mon brin de laurier je dormais comme un loir. 
                        Les gens de bon conseil ont su me fair' comprendre 
                        Qu'à l'homme de la ru' j'avais des compt's à 
                        rendre 
                        Et que, sous peine de choir dans un 
                        (oubli complet, 
                        J' devais mettre au grand jour tous mes petits secrets. 
                      Trompettes 
                        De la Renommée, 
                        Vous êtes 
                        Bien mal embouchées!  | 
                    Le 
                        trombe della notorietá 
                        ........ 
                        Vivevo lontano dalla pubblica piazza 
                        sereno, contemplativo, tenebroso, bucolico... 
                        Rifiutando di pagare il prezzo della gloria: 
                        sul mio ramoscello di allora dormivo come un ghiro 
                        I dispensatori di buoni consigli hanno saputo farmi intendere 
                        che all’uomo della strada dovevo rendere conto 
                        e che, per non correre il rischio di essere 
                        [completamente dimenticato, 
                        dovevo mettere alla luce del sole tutti i miei piccoli 
                        segreti. 
                      Trombe 
                        della notorietà 
                        siete 
                        proprio male imboccate!  | 
                   
                   
                    Supplique 
                        pour etre enterré à la plage de Sète 
                        ........ 
                        Et quand, prenant ma butte en guise d'oreiller, 
                        Une ondine viendra gentiment sommeiller, 
                        Avec rien que moins de costume, 
                        J'en demande pardon par avance à Jésus, 
                        Si l'ombre de sa croix s'y couche un peu dessus 
                        Pour un petit bonheur posthume.  | 
                    Supplica 
                      per essere sepolto alla spiagga di Sète 
                      ........ 
                      E quando, usando la mia collinetta a mo’ di cuscino, 
                      un’ondina verrà a sonnecchiare tranquillamente 
                      con meno di niente per costume, 
                      chiedo perdono in anticipo a Gesù 
                      se l’ombra della mia croce vi si coricherà 
                      un po’ sopra 
                      per un piccolo piacere postumo. | 
                   
                  | 
             
           
         
             
        
           
  
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