rivista anarchica
anno 42 n. 371
maggio 2012


ai lettori

Un film, due bombe, tre slogAn

Questa rivista è in qualche modo figlia di piazza Fontana. Il primo numero di “A” è uscito nel febbraio 1971, con alle spalle una sua brava gestazione – più o meno – di nove mesi. Non ricordiamo la data esatta né il luogo, ma fu concepita – questo lo ricordiamo bene – nel corso dei primi mesi del 1970, nel pieno della campagna di mobilitazione e di contro-informazione che – logicamente – ebbe il suo fulcro nazionale (e, in qualche misura, anche internazionale) qui a Milano, la città nel cui cuore il 12 dicembre 1969 la strage alla Banca dell’Agricoltura segnò una svolta storica. A distanza di quasi 43 anni, quei fatti mantengono il loro valore paradigmatico della criminalità del Potere.
Lo dimostrano anche le polemiche che sono seguite all’uscita del filmato, del regista Marco Tullio Giordana, Romanzo di una strage, in merito al quale pubblichiamo l’opinione di due anarchici che nel 1969 erano – con Pino Pinelli – militanti del gruppo anarchico “Bandiera Nera” e del Circolo anarchico “Ponte della Ghisolfa” e che 43 anni dopo sono ancora dei nostri. Aldilà dei diversi giudizi sul film, sugli attori, sul mix tra storia e fantasia e su tante altre cose, ci preme qui sottolineare l’assurdità e l’assoluta inconsistenza della tesi delle due bombe (quella anarchica “dimostrativa” e quella “stragista” dei servizi segreti), tesi ripresa nel finale del film dal libro che sta a monte e cioè Il segreto di Piazza Fontana di Paolo Cucchiarelli.
Nel corso dei decenni abbiamo considerato tra i nostri “compiti” quello di ribadire la verità su quei fatti sempre più lontani nel tempo, sintetizzata nei tre slogan affermati nella conferenza-stampa al Circolo anarchico “Ponte della Ghisolfa” il 17 dicembre 1969: Pinelli assassinato, Valpreda innocente, la strage è di Stato.
Ci piace chiudere queste note riportando il testo di un volantino (dal titolo “Quella strage non fu un romanzo”), firmato da Individualità anarchiche, Gruppo Anarchico “Alfonso Failla” – FAI Palermo, distribuito nel capoluogo siciliano di fronte al cinema in cui si proiettava il film di Giordana:

La memoria dei fatti di piazza Fontana dovrebbe essere un patrimonio collettivo ben piantato nelle teste e nei cuori di tutti gli italiani. Eppure, soprattutto tra i più giovani, la conoscenza delle circostanze legate all’orribile strage del 12 dicembre 1969 non è assolutamente scontata.
Dietro a questa inconsapevolezza non ci sono soltanto i depistaggi e le tante menzogne che per anni hanno garantito l’impunità dei massacratori e dei loro complici, ma ci sono anche i vecchi e nuovi revisionismi della storia, le speculazioni di chi confonde l’opinione pubblica per promuovere una irrispettosa “pacificazione” tra vittime e carnefici.
Quella di piazza Fontana fu una strage di stato. L’estrema destra fascista, con la regia dei servizi segreti italiani e americani, massacrò 17 persone e ne ferì 88. Si trattò del primo grande attentato terroristico (già preceduto da altre provocazioni simili) che inaugurò la strategia della tensione. In un momento di grande effervescenza della società italiana (si pensi alle proteste studentesche, alle lotte dei lavoratori, al profondo cambiamento culturale del paese), la risposta dello stato doveva essere durissima e spietata: creare un evento traumatico per terrorizzare l’opinione pubblica, trovare un capro espiatorio, criminalizzare l’opposizione sociale e soffocare le lotte di emancipazione attraverso una svolta autoritaria.
Per questa strage furono subito incolpati gli anarchici. Giuseppe Pinelli, un compagno anarchico che di lavoro faceva il ferroviere, fu interrogato per tre giorni di seguito su disposizione del commissario Luigi Calabresi. La sera del 15 dicembre veniva scaraventato dalla finestra dell’ufficio di Calabresi, al quarto piano della questura di Milano. La polizia si affrettò a precisare, con una serie di palesi bugie, che si era trattato di un suicidio dettato dal rimorso. E invece, Pinelli era innocente, e gli anarchici con quella bomba non avevano proprio niente a che fare.
La campagna di controinformazione promossa dagli anarchici, dalla sinistra extraparlamentare e da autorevoli figure della cultura e del giornalismo del nostro paese riuscì a stabilire la realtà dei fatti: la bomba l’avevano messa i fascisti per conto dello stato. Dopo un drammatico calvario processuale, l’anarchico Pietro Valpreda – accusato di aver piazzato la bomba – fu assolto.
Anche se, dopo quarantadue anni, i veri colpevoli sono rimasti impuniti (perché difficilmente lo stato condanna se stesso), in numerose sentenze sono più volte emerse le chiare responsabilità e le oggettive complicità degli apparati dello stato e della manovalanza neonazista.
Questa è la storia della strage di stato, e non ce ne sono altre. Una storia dannatamente vera.

la Redazione di “A”

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Sommario: Luciano Lanza, Quel distratto silenzio / avvocati Marcello Gentili, Bianca Guidetti Serra e Carlo Smuraglia, Assassinio? No: malore attivo / Paolo Finzi, L’anarchico defenestrato / Piero Scaramucci, Pino? In prima persona, come al solito / Franco Fortini, I funerali di Pinelli / Cronologia dal 1969 al 2005.
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