rivista anarchica
anno 40 n. 356
ottobre 2010


caso Mastrogiovanni

Dal processo ai processi
di Angelo Pagliaro

Sono in costante aumento, in Italia, le morti di Stato.
Nelle carceri, negli ospedali, nelle case di cura per anziani è in atto una preoccupante offensiva, una vasta operazione di igiene mentale e razziale condotta in modo illegale contro soggetti ritenuti deboli. È indispensabile e urgente abolire il TSO e le contenzioni, veri e propri crimini contro l’umanità.

Lunedì 28 giugno 2010 si è tenuta, nell’aula del Tribunale di Vallo della Lucania (SA), la prima udienza (subito aggiornata al 30 novembre) del processo, con giudizio immediato, che vede imputati medici e infermieri del reparto di psichiatria dell’Ospedale “San Luca” della stessa città, accusati di gravi responsabilità per la morte di Francesco Mastrogiovanni. Nel mese di novembre il Tribunale di Vallo deciderà quali tra i tanti richiedenti potranno costituirsi parte civile ma, da subito, dobbiamo porre la massima attenzione al rispetto dei tempi processuali. Il giudizio immediato è un rito speciale caratterizzato dalla mancanza dell’udienza preliminare e può essere instaurato in seguito a richiesta del P.M. oppure dell’imputato. Perché il P.M. possa chiedere il giudizio immediato occorre l’evidenza della prova e nel Caso Mastrogiovanni i video dell’orrore sequestrati nel reparto di psichiatria dell’Ospedale di Vallo costituiscono “la prova evidente”, l’esistenza della quale dovrebbe ridurre di molto i tempi processuali. In ogni caso crediamo sia opportuno non attendere quella data e aprire, al più presto possibile, in modo virtual-culturale, all’interno del processo principale, una serie di altri processi mettendo sotto accusa gli strumenti di coercizione psichiatrica come il famigerato T.S.O. (Trattamento Sanitario Obbligatorio) e l’utilizzo dei mezzi di coercizione fisica e psichica come le contenzioni. Dobbiamo ricordare, soprattutto a coloro che ne sono stati fatti oggetto e che, come novelli Jonà del terzo millennio, si ritengono, a giusta ragione, fortunati per essere sopravvissuti, che la coercizione fisica è bandita dalla Costituzione italiana ed è una forma di tortura che trova applicazione solo grazie ad alcuni escamotage di carattere medico, meglio definiti come “truffe psichiatriche” che purtroppo autorizzano, in qualche modo, la violazione del principio fondamentale di libertà di espressione personale.

TSO e contenzioni = crimini contro l’umanità

Thomas Szasz – studioso di psichiatria e scienze umane nonchè professore emerito di Psichiatria all’Università di New York, autore di opere fondamentali per la moderna psichiatria – definisce il T.S.O. un crimine contro l’umanità. Il Dott. Girolamo Digilio, vicepresidente dell’Unasam, (sigla che racchiude le associazioni impegnate per la salute mentale) medico pediatra di grande esperienza, ha ribadito, nel corso della conferenza stampa promossa dal “Comitato verità e giustizia per Franco”, tenutasi giorno 25 giugno 2010 nella sala consiliare del comune di Vallo della Lucania, che:

“Il TSO non può e non deve costituire la norma e quando strettamente necessario deve essere attivato nel pieno rispetto della dignità della persona. La contenzione meccanica, invece, non è una pratica di uso medico, è una violazione esplicita dei diritti umani in quanto azione lesiva della libertà e della dignità della persona. Su questo si dovrebbe condurre una battaglia seria e convinta”.

Da che mondo é mondo, in tanti paesi e in epoche diverse gli strumenti medici sono stati utilizzati come mezzi di controllo e repressione sociale, miranti alla psichiatrizzazione totalitaria dei comportamenti. Altro che difesa del malato!
La vicenda di cui ci occupiamo, con la sua tragica conclusione, dimostra ancora una volta quanto il TSO, lungi dal difendere da una pericolosità ipotetica tutta da dimostrare, costituisca un pericolo soprattutto per il paziente. Franco Mastrogiovanni prima che per il pregiudizio politico, l’incuria, la cattiveria, il disinteresse, la mancanza di “pietas” è stato vittima di queste due “armi micidiali”: il TSO e la contenzione. Il Trattamento sanitario obbligatorio da molti operatori viene considerato, a tutti gli effetti, un sequestro di persona legalizzato che impone, a chi lo subisce, l’assunzione coatta di farmaci gravemente dannosi per il fisico e per la psiche, in non pochi casi, e il “nostro” è uno di quelli, somministrati a esseri umani legati al letto di contenzione.

Perugia, 26 giugno 2010. Manifestazione contro
le violenze di Stato (primo da sinistra) Giuseppe Tarallo
presidente del Comitato per Mastrogiovanni

Dall’emissione del TSO al sequestro di persona, alle torture, alla morte

Il reato di tortura non è previsto dalla legge italiana ma come per la scuola Diaz e la caserma Bolzaneto di Genova anche per la vicenda Mastrogiovanni si torna a parlare di tortura e si sa “chi è stato torturato resterà torturato per sempre, la fiducia nell’umanità non si riacquista più”. Giuseppe Galzerano – reduce insieme a Vincenzo Serra e Giuseppe Tarallo da una serie di iniziative portate avanti dal Comitato in numerose città della penisola tra cui: Pisa, Bologna, Ancona, Salerno, Roma, Perugia – ha posto l’accento, nel suo intervento alla conferenza stampa del 25 giugno, proprio sul trattamento sanitario obbligatorio (TSO) disposto dal sindaco di Pollica, Angelo Vassallo, “in maniera del tutto illegittima – sottolinea il noto editore – senza nessun certificato medico alle spalle. È stata calpestata ogni legge. Abbiamo assistito prima a un sequestro di persona e poi a una contenzione disumana, spietata. Neanche nelle carceri borboniche o staliniste un uomo è stato legato per tanto tempo, con tanta disumanità. Franco Mastrogiovanni era un uomo pacifico. Era un maestro, dunque un servitore dello stato”. Il 4 febbraio 2009, alcuni componenti del Comitato hanno esposto denuncia alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Vallo della Lucania (SA), per chiedere di verificare se ci sono responsabilità a carico di funzionari e dirigenti della struttura pubblica nonché di coloro che hanno disposto o concorso all’emanazione ed all’esecuzione dell’Ordinanza di TSO a carico di Francesco Mastrogiovanni. L’11 giugno il senatore Ignazio Marino, Presidente della Commissione d’inchiesta sul servizio sanitario nazionale, più volte sollecitato dalle famiglie delle vittime di Stato, ha eseguito un serie di ispezioni in vari ospedali psichiatrici italiani e a conclusione del suo lavoro, all’assemblea della Camera, ha dichiarato: “Abbiamo visto detenuti legati ai letti con un buco per gli escrementi, nove detenuti nella stessa cella, letti di contenzione – e ancora – ci siamo trovati di fronte a scene ottocentesche: sporcizia, strutture fatiscenti, odori nauseabondi. Inoltre, per tenere in fresco l’acqua, le bottiglie erano lasciate nei water. E in alcune situazioni le misure cautelari particolarmente aggressive sono prevalenti rispetto a quelle di cura”. Anche per questo, la Conferenza delle Regioni e delle Province autonome, nella riunione del 29 luglio 2010, ha approvato un documento (http://www.regioni.it/mhonarc/details_confpres.aspx?id=186623) che delinea una possibile strategia di prevenzione rispetto alla contenzione fisica in psichiatria.

Vuvuzelas e malasanità

In un paese allo sfascio che sprofonda tra festini, escort, logge P2 e P3, pedofilia vaticana e strane regalie immobiliari, anestetizzato dal suono delle vuvuzelas calcistiche, in una mattina di fine giugno, abbiamo visto scorrere in un video le immagini delle torture; un “video incorruttibile” lo ha definito il giornalista de “Il Mattino”Antonio Manzo, che di colpo annulla tutte le falsità divulgate, nei giorni immediatamente successivi al decesso, sui trattamenti medici riservati a Mastrogiovanni. Nel corso della conferenza stampa del 25 giugno la Dott.ssa Agnesina Pozzi, medico che ha redatto una relazione di parte che analizza le operazioni terapeutiche messe – o non messe – in atto in quei terribili giorni d’estate, si è rivolta alla platea chiedendo se ci fossero in aula medici della zona. Appurata l’assenza totale di operatori sanitari ha dichiarato: “È una cosa grave, a mio avviso, evidentemente non c’è la libertà necessaria per partecipare a una iniziativa che doveva avere in primo piano proprio i medici locali, a difendere la propria dignità di professionisti”. Nel prosieguo del suo intervento, la Dott.ssa Pozzi ha fornito al pubblico alcuni utili chiarimenti spiegando, ad esempio, la differenza che intercorre tra idratazione e nutrizione del paziente, facendo rilevare che, dagli esami ematologici eseguiti su Franco Mastrogiovanni (richiesti giorno 3 agosto e stampati solo il 4) risulta che lo stesso fosse affetto da epatite C (altro che fegato non palpabile) e che, quindi, il dato medico andava segnalato agli operatori sanitari sia per evitare la somministrazione al paziente di farmaci incompatibili con quella patologia, sia per scongiurare il rischio, per gli addetti alle pulizie (alcuni dei quali, come dimostrano i filmati, operano senza camice e a volte senza guanti) di contrarre l’infezione. La Dott.ssa Pozzi ha fatto notare, inoltre, che il valore del ferro nel sangue di Mastrogiovanni era di 24 mg/dl su un minimo previsto, dai valori di riferimento, di 40 mg/dl e che, nella cartella clinica, oltre a non aver segnalato la contenzione prolungata e l’avvenuta sedazione operata nel campeggio dove Franco è stato braccato mentre trascorreva, in tutta tranquillità, un breve periodo di vacanze, mancano il referto della consulenza cardiologica e il tracciato dell’elettrocardiogramma eseguito giorno 31 luglio 2009. Un altro particolare, non secondario, è stato fatto notare dal Prof. Giuseppe Tarallo, membro del Comitato verità e giustizia, ossia che a Mastrogiovanni è stato applicato immediatamente il catetere a conferma che sin dalle primissime fasi del ricovero, molto probabilmente, si era già deciso di non permettere, al paziente, di alzarsi dal letto e quindi di poter espletare autonomamente, le più elementari funzioni fisiologiche.

Alessandria, sabato 26 giugno 2010, giornata per Mastrogiovanni,
a cura della Federazione Anarchica del Monferrato

Riti punitivi e meccanica del potere

Prima ancora di Primo Levi, Michel Foucault cercò di indagare le ragioni generali per le quali si mettono in atto penalità supplizianti. Ragioni generali e in qualche modo esterne spiegano la possibilità e la lunga persistenza di pene fisiche insieme alla debolezza e al carattere abbastanza isolato delle proteste contro il loro impiego (nel caso di Mastrogiovanni nessun medico o infermiere ha protestato). Più volte il Gip, nella sua richiesta di interdizione, ritorna sul dovere civile e professionale, da parte di un qualsiasi operatore sanitario, di rifiutare di compiere atti contrari al paziente, di opporsi segnalando alle autorità competenti, anche per iscritto, quanto accade. Nel caso di Franco Mastrogiovanni (perseguitato per decenni in quanto anarchico, condannato nel 1999 a circa tre anni di reclusione per resistenza a pubblico ufficiale e lesioni, misura che venne poi integralmente riformata in appello, con condanna dello Stato italiano al risarcimento per l’ingiusta detenzione, additato nel 1972 ingiustamente come corresponsabile della morte del missino Falvella di cui fu invece vittima, essendo stato da questi aggredito e ferito con una coltellata alla gamba) il corpo diventa il luogo di applicazione della vendetta, il punto di ancoraggio per una manifestazione di potere, l’occasione per affermare la disimmetria delle forze. Guardando il video e, in particolare, la scena dove si vede un infermiere che gli tampona il sudore della fronte con un asciugamani che poi gli viene gettato, con disprezzo, sul viso, ci è parso di assistere a delle “procedure disciplinari” di sapore tardo-medioevale con il completo assoggettamento di un uomo percepito dai suoi “curatori” come oggetto e quindi privo di qualsiasi dignità e sensibilità. Qualcuno ha affermato, a mò di giustificazione, che gli operatori sanitari sapevano dell’esistenza delle telecamere interne e quindi non sarebbero stati così stupidi da non osservare i protocolli sanitari. Se questo dovesse essere vero la situazione è ancora più grave perché questa consapevolezza, che, a rigor di logica, avrebbe dovuto suggerire il mantenimento di comportamenti corretti, come vedremo, non ha ridotto negli imputati le condotte inaccettabili e non ha indotto negli stessi alcun timore di essere scoperti nelle loro gravi inadempienze, omissioni e commissioni. Facendo ricorso agli studi di Focault si potrebbe argomentare che “un supplizio che fosse stato conosciuto ma il cui svolgimento fosse rimasto segreto, non avrebbe avuto alcun senso”. Insomma, in ciò che è successo all’insegnante libertario, al di là della sentenza definitiva che non potrà non tenere conto del lavoro encomiabile svolto dal PM dott. Francesco Rotondo, al cui schiacciante impianto accusatorio e probatorio gli imputati difficilmente potranno sottrarsi, c’è materiale per dar vita ad una vasta, quanto diffusa, attività di studio, ricerca e riflessione perché, come diceva Barùch Spinoza: “Sulle cose umane non c’è da ridere, piangere, o indignarsi, c’è da capire”.

Angelo Pagliaro

La voce al testimone sopravvissuto

Il compagno di stanza di Francesco Mastrogiovanni, (M. G.), è un signore di 61 anni nato in un paesino della provincia di Salerno, parte lesa nel processo in corso, la cui presenza nella stanza è stata notata dal PM dott. Rotondo, grazie alla visione dei video registrati dalle telecamere interne del reparto di psichiatria dell’Ospedale “San Luca” di Vallo della Lucania (SA). La polizia giudiziaria ha appurato, in seguito, che il paziente si era ricoverato spontaneamente, senza alcuna richiesta di TSO ma, nonostante ciò, venne legato al letto lo stesso, dalle ore 11.50 del 2 agosto alle ore 9.12 del 3 agosto 2009, senza alcuna annotazione della contenzione sulla cartella clinica e senza che venisse fornita adeguata assistenza. A circa dieci mesi dalla morte di Franco, M. G. ha trovato il coraggio di parlare in pubblico e di raccontare ciò che ha visto e udito in quelle drammatiche ore in cui Franco era agonizzante. Il racconto (video-intervista, trasmessa il 29 giugno 2010, a cura del TGCOM), di cui pubblichiamo la trascrizione dei contenuti è raccapricciante, una vera e propria lotta per la sopravvivenza alla ricerca disperata di un sorso d’acqua, come se fosse nel deserto e non in un ospedale pubblico, descritta dal GIP, nella richiesta di interdizione per gli operatori sanitari, con queste parole: “solo fortunosamente nel corso della notte riusciva a bere dell’acqua da una bottiglia appoggiata su un tavolino, prima avvicinando il tavolino con un piede, poi facendo cadere la bottiglia ed in seguito addentandola con la bocca e riuscendo in tal modo a bere qualche sorso d’acqua”.

(TGCOM) Come sono stati quei giorni di fine luglio inizio agosto? Immagino il caldo…
(M.G.) Il caldo che dava fastidio è stata un’agonia tremenda, non me l’aspettavo proprio, ecco!
(TGCOM) Lei ricorda qualcosa di Franco Mastrogiovanni, cioè dell’agonia diciamo anche?
(M.G.) Certo io l’ho sentito gridare, io non lo vedevo perché stavo girato con il letto, però l’ho sentito gridare tutto il tempo.
(TGCOM) Qual è il ricordo oggi che si sta celebrando anche il processo, il ricordo anche di quelle notti, di quei giorni?
(M.G.) No, l’unico ricordo è quella notte che l’ho passata veramente male, l’unico ricordo è quello là poi, per il resto, non sono stato trattato male. Solo quella notte, per 23 ore che io volevo bere e nessuno mi ha portato da bere. Questo è tutto! Tutta la notte ho chiesto l’acqua e nessuno si è degnato a venire vicino. Sta cosa mi ha fatto male!
(TGCOM) Dal video sembra che compaia un qualcosa di strano, almeno colpisce qualcosa di particolare…che un poco diciamo il fatto che alcune volte si vedono passare degli infermieri, dei medici che poi non badano anche diciamo a…..
(M.G.) Non se ne fregano proprio! Passano così, tu gridi e loro non ti sentono. Non lo so per quale motivo…. questo è tutto!
(TGCOM) Lei è riuscito a recuperare questi momenti?
(M.G.) Certamente che sono riuscito a recuperare; sì perché adesso la memoria mi torna bene dopo che mi passa la depressione… e ricordo tutto!