rivista anarchica
anno 39 n. 343
aprile 2009


lettere

 

Onda, sì grazie

Care/i compagne/i,
rispondo alla lunga lettera di Gianpaolo Cherchi “Onda no grazie” (“A” 341, febbraio 2009), sperando di poter dare il mio contributo e di argomentare in un modo un po’ più sintetico.
Comincio citando la fine della suddetta lettera: a me “ha fatto male al cuore” leggerla, e proprio in queste pagine, per la superficialità che la contraddistinguono.
1) Innanzitutto Gianpaolo Cherchi dimostra di essere poco informato, o comunque di avere perfettamente assorbito il messaggio governativo, parlando della “recente riforma Gelmini”. Infatti pensavo che l’evidenza fosse tale non soltanto per coloro i quali la scuola e l’università le vivono, ma anche per chi abbia ascoltato le notizie, sia pur superficialmente, ma con un minimo di capacità interpretativa. Soltanto gli arroganti governanti ed i loro scagnozzi hanno la spudoratezza di usare il termine “riforma” per giustificare lo smantellamento di quel che restava dell’istruzione e della ricerca pubblica, attraverso dei tagli ai finanziamenti, che nel caso dell’Università sono letali, cioè semplicemente incompatibili con la sopravvivenza. Il sistema è al collasso non soltanto per mancanza di liquidità, ma anche per il fatto che centinaia di migliaia di lavoratori precari, eroici e indispensabili, che per lustri hanno mandato avanti la baracca, vengono messi fuori della porta con disprezzo (grazie sempre alla “recente riforma Gelmini”).
2) Il fatto che una rivista come “A” si sia occupata dell’Onda, non mi sembra proprio che denoti un “coinvolgimento esagerato”, ma risulta semplicemente naturale, anzi doveroso.
3) Gli attuali ventenni, cioè quella parte di essi che si è mobilitata contro la Legge 133, non corrispondono affatto al grottesco ritratto descritto da Gianpaolo Cherchi. Se ci sono alcune persone che (legittimamente) si autodefiniscono “né di destra né di sinistra” non significa affatto che “la politica è fuori dal movimento” o che le persone che vi partecipano con sacrificio e dedizione siano sprovviste di “una qualche forma anche soltanto primitiva di coscienza politica”. I contenuti profondi ed articolati, le variegate iniziative ed i numerosi episodi di cronaca (per esempio i fatti di Piazza Navona, ma non solo) non possono lasciare il benché minimo dubbio sulla connotazione politica del movimento. Inoltre, i diretti interessati sono i primi a reagire con veemenza o con sarcasmo a qualsiasi accostamento al Sessantotto.
Non so a quali “trasmissioni di approfondimento politico” sia avvezzo Gianpaolo Cherchi, ma so di certo che i ragazzi in questione non possono essere “teledipendenti dal peggio della schifezza catodica”, semplicemente perché la TV, loro, non la guardano proprio, e rivendicano, con orgoglio e a ragione, le loro attitudini e capacità di ricerca critica di informazione. I protagonisti dell’Onda hanno appunto dimostrato, oltre che di sapere studiare, di possedere un esemplare senso critico. Inoltre, la volontà di opporsi al “rozzo conformismo”, è proprio una delle motivazioni a “scendere in piazza”, a fronte delle mistificazioni e delle bugie somministrate dal potere all’opinione pubblica (con successo, a quanto pare).
4) Vorrei tanto sorvolare sulle considerazioni riguardo “ribellismi e riottosità esteriori, di facciata, finché l’età e i costumi sociali lo consentono”, nonché sul supposto “inserimento all’interno delle logiche del Sistema”, ma mi sono sentito chiamato in causa direttamente. Sono Ricercatore Universitario da venti anni e chi mi conosce sa che il ribellismo un tempo esteriorizzato con borchie anfibi e sputi, ha trovato sempre maggiore alimento sul posto di lavoro, nelle piccole e grandi battaglie in difesa della libertà di opinione, dell’onestà e dei fondamentali principi etici.
In molte situazioni, non è tollerato non soltanto il dissenso, ma anche semplicemente il voler fare il proprio dovere in scienza e coscienza. Da tanti anni ricevo mensilmente uno stipendio dallo Stato: a ciascuno lascio la libertà di scegliere tra la definizione di “servo dello Stato” o di “fornitore di servizio pubblico” (o di “fannullone”).
5) Non è questa le sede per un dibattito sulla “istruzione statale e la scolarizzazione”. Il fatto che l’abbandono e l’evasione scolastica siano a livelli fantascientifici; il fatto che i nostri figli più fortunati frequentino scuole fatiscenti e pericolose, dove gli insegnanti ammalati non possono venire più sostituiti (ah, già!… tutti fannulloni!); il fatto che le ricerche pubbliche siano interrotte per mancanza di fondi e di personale; il fatto che lo Stato Italiano investa per l’Università e la Ricerca la metà rispetto agli altri Paesi europei, e si abbiano la metà dei laureati; il fatto che i docenti universitari in Italia siano i più vecchi e i meno numerosi d’Europa; tutto questo e molto altro ancora, sembra che per Gianpaolo Cherchi sia fonte di profondo compiacimento. Infatti un Paese così poco “statale”, è implicitamente più anarchico e libertario! I bambini delle zone socialmente più svantaggiate che non dispongono di una scuola pubblica degna di questo nome, o che comunque non sono motivati a frequentarla, sono sicuramente molto più liberi (per esempio di farsi assoldare dalla criminalità organizzata).
Lungi da noi “il voler difendere questo cumulo di macerie che è l’Università italiana” pubblica, tanto saranno sempre più prospere quelle cosiddette private (e perciò più libere?), con rette da 20 mila euro l’anno (e con bilanci costituiti per più della metà da fondi statali). Anche l’alta formazione artistica e musicale, già agonizzanti, stanno per essere definitivamente soppresse dalle “recenti riforme”, per fortuna, in quanto tutti strumenti “per l’inquadramento nell’apparato produttivo o organizzativo dello stato e la mancata emancipazione degli individui, istruiti per essere sempre più asserviti ad un potere a loro ostile”. Se mi trovassi costretto a condividere le prospettive anarchiche di Gianpaolo Cherchi, sinceramente preferirei orientarmi verso le socialdemocrazie scandinave.
In conclusione, inviterei Gianpaolo Cherchi a scrivere di cose di cui ha conoscenza più diretta e a non fidarsi troppo di “trasmissioni di approfondimento politico”. Avendo conosciuto e vissuto qualche goccia dell’Onda, mi era sembrato di poter essere quasi ottimista, apprezzando un risveglio critico delle coscienze che si attendeva da almeno trenta anni.
Saluti fraterni ed affettuosi.

Luca Todini
Torgiano (Pg)
luca.todini@unicam.it

P.S. In realtà, come risposta alla lettera di Gianpaolo Cherchi, sarebbe bastato il bellissimo articolo (illuminante per i non addetti ai lavori) “Onda su Onda” di “studentesse sull’orlo della crisi”, pubblicato sullo stesso numero di “A” (n. 341, febbraio 2009).

 

 

 

 

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