rivista anarchica
anno 36 n. 319
estate 2006



a cura di Marco Pandin

 

Patagonia controvento

Questo è un libro, non un disco: siete avvisati. Non ho letto Il grande boh! di Jovanotti (e un po' mi spiace, dico sul serio), quindi per raccontare della Patagonia controvento di Max Mauro mi tocca prenderla alla larga, addirittura da Paul Bowles e Bruce Chatwin, nientepopodimeno che due tra i più grandi ed emozionanti scrittori viaggiatori. L'ho sparata grossa? Vabbè, ma dategli tempo, fiato e un po' di fortuna, al nostro Max. E poi vedremo.
Fermandoci alla crosta, va detto innanzitutto che Patagonia controvento (ed. Ediciclo, 2006, 15,00 euro) si mimetizza abilmente tra i volumi delle librerie specializzate in geografia, mappe e guide e resoconti di viaggi. In copertina gli editori sparano un bel “viaggio a pedali lungo il Camino Austral e la Terra del Fuoco”, scritta che certo fa un bell'effetto psicomagnetico nelle nostre testoline, e spargono qua e là segni inequivocabili come un paio di ritagli di cartine del Sudamerica, una bicicletta, un pinguino, una lumaca: tutte cose che alimentano alla grande la frustrazione del salariato medio, costretto a far coincidere il perimetro dei sogni di fuga con la misera spettanza di ferie all'anno (per non parlare delle battaglie ingaggiate col salvadanaio).
La prima e l'ultima di copertina racchiudono però quasi trecento pagine che si fa fatica a descrivere soltanto come il racconto di un viaggio, di un'impresa o di un'avventura durata un mese. È qui che mi è venuto in mente Bowles, secondo cui (lo scrisse proprio all'inizio de Il tè nel deserto) una differenza fondamentale tra un “turista” e un “viaggiatore” sta nel suo tempo: misura breve tra i preparativi e il ritorno a casa, oppure idea estranea a chi non appartiene ad alcun luogo.
Concordando con il grande vecchio, da questo libro ci si potrebbe ragionevolmente aspettare una cronaca brillante di chi ha scelto di passare le ferie in maniera curiosa (una bici usata, un biglietto aereo per l'altra parte del mondo, e scriviamoci sopra un libro magari per recuperare qualche spesa), farcita da info utili e brandelli di colore locale, ma non è così: Max Mauro riesce, pur restando un “turista” della Patagonia per ragioni cronologiche, a non rimanere sospeso sopra la superficie delle cose perché (come Chatwin, del resto) lo anima lo spirito del confronto tra il proprio immaginario e la voglia di essere “parte” dei luoghi e delle persone che incontra. Di Max mi ha assai colpito il continuo lavorio cerebrale di integrazione e verifica e critica del bagaglio di informazioni raccolte scrupolosamente prima del viaggio: mi piacciono il suo stupore e il suo disorientamento non tanto rispetto a un qualche posto sconosciuto ma di fronte a quella “mentalità” umana, individuale o collettiva che sia, che egli si aspetta in qualche maniera diversa, reagendo come se avesse sbagliato film in un multisala o ritrovato un disco perso dentro a una copertina che non c'entra niente.

Me lo vedo, il povero Max candido a interrogarsi sui ritratti di Augusto Pinochet appesi alle pareti dei musei e delle camere da letto, me lo vedo gentile educato e sorridente al cimitero Monumental di Santiago chiedere informazioni all'ingresso per la tomba di Salvador Allende e il monumento ai desaparecidos: “...quello con la divisa mi guarda come guarderebbe il padrone di un cane che gli ha appena depositato i bisogni sul tappeto del salotto...”. Altro che fiato e polpacci, la fatica sta altrove. Provatevi voi ad affrontare le crepe mentali del vostro Cile immaginario: dopo trent'anni di Inti Illimani italiani, certe strofe di Neruda quasi mandate a memoria e i libri di Luis Sepulveda sullo scaffale preferito accanto al Francisco Coloane tradotto da Pino Cacucci, voglio vedervi a tener fermo lo stomaco e il cuore e il resto...
Senza voler togliere nulla al valore umano/sportivo complessivo dell'impresa (quasi duemila chilometri in bici, senza esperienza precedente né sponsor), quello che mi ha davvero conquistato qui dentro non sono state le strade e i panorami – comunque raccontati così bene da far venir voglia di mollar tutto, prendere una bici e partire anche a una pietra umana come me – ma gli incontri con le persone, resi sempre da Max con quella sua aria di vago sbandamento così familiare a chi muove le zampe per la prima volta in una parte del mondo diversa dal solito.
Per me che leggo allora diventa improvvisamente importante sapere che a Coyhaique e a Punta Arenas ci sono dei ragazzi che amano ascoltare heavy metal, che a Chile Chico c'è una radio dove altri ragazzi trasmettono techno brasiliana, che in un posto ficcato nel buco del culo del mondo c'è sempre un qualche figlio o nipote di emigrati dal paese proprio vicino a dove sei nato che getta a sorpresa verso di te un ponte fatto di vecchie parole in dialetto, che perfino a Ushuaia una certa idea dell'America arriva nelle case e fin dentro le teste attraverso il segnale della televisione con il wrestling e Jennifer Lopez.
Né eroe di gesta inverosimili né cronista avventuriero, Max racconta i posti e la gente con uno stile sincero e mediamente ironico-frizzante, parla ad altezza d'uomo mescolando con elasticità spaziotemporale ricordi personali e incidenti di percorso con un ghigno sguaiato in faccia alla sfiga. Esilaranti gli incontri-flash ai margini della strada con altri esemplari di backpackers in bicicletta, e decisamente indimenticabile il ritratto in piedi del vecchio emigrante friulano Dante Buiatti, una vita di “strappi, perdite, allontanamenti, rientri, successi, fallimenti” e ora crocifisso da una malattia su di una sedia a rotelle, ma nella cui bocca la parola “rassegnazione” non ha mai trovato posto.

Ho trovato un ideale – pur se accidentale, nel senso di non premeditato – accompagnamento sonoro del libro e delle sue storie nell'album Necal delle Bande Tzingare, gruppo instabile messo in piedi (uno in Friuli, l'altro in Sudamerica) da Guido Carrara, uno che stava dentro ai primi due album dei Mitili FLK. Il CD è così meravigliosamente nomade, onesto, solare, intelligente e coraggioso da non stancare mai. Ho detto e scritto proprio “mai”.
Il libro dovreste trovarlo in giro senza grossi problemi (Ediciclo Editore, via C. Beccaria 13 30026 Portogruaro VE, tel. 0421 74475, www.ediciclo.it). Il CD invece chiedetelo a Radio Onde Furlane che l'ha co-prodotto (via Volturno 29 – 33100 Udine, tel. 0432/530614) oppure all'indipendente udinese Nota (www.nota.it).

Pezzente Prod.

“...A che serve produrre un altro disco oggi? Quanto costa produrre un disco oggi? A chi interessa ascoltare un nuovo disco oggi? Siamo un cumulo di musicisti e feticisti pseudo-musicofili che alternano le varie parti di produttori, musicisti, pubblico alle volte e all'occorrenza giornalisti e recensori. Danza il nostro immaginario. Lo si fa per noi. E quanto più si è morbosamente attratti dalla ricerca tanto più si finirà per rimanere in tre. I soliti tre...”.

Marino Malagnini sembra un fratellino piccolo di Cinzia La Fauci di Snowdonia sorpreso a leggere in bagno una di quelle vecchie fanzine che la sorella custodisce gelosamente sottochiave accanto al vinile originale dei Plasticost e dei Red Krayola. Se a lettura proibita sono seguite – come uno ben s'immagina – delle frequentazioni sonore proibite, va da sé che il tipo qua m'è andato a incespicare in una frattura spaziotemporale per sbattere la testolina in uno spigolo malsano che lo ha riportato ideologicamente ai primi anni Ottanta tricolori. In men che non si dica, il fratellino ha avuto il coraggio e la sfrontatezza di mettersi a giocare coi giocattoli e il barattolo dei trucchi della sorella maggiore, e mettere in piedi una mini-attività fintodiscografica casalinga, e ora che fa? Mi s'è messo a produrre dei CD-R masterizzati, l'equivalente tecnologico contemporaneo delle cassette duplicate dell'autoproduzione povera e marginale negli anni Ottanta, pensati come bottiglie ripiene di messaggi lasciate alle onde.
Il nome della cosa è Pezzente Prod. – tutto un programma, commentano i ciccioni e gli snob: già li sento – ma la povertà si ferma alla superficie della confezione e al basso livello del costo delle fotocopie colorate a mano con l'evidenziatore, pinzate con la cucitrice alla bustina che tiene il CD e attorno a questo ripiegate a contenere sogni. Sogni che, è risaputo, non hanno prezzo: lo dice anche la pubblicità delle carte di credito, e da quelle parti c'è gente che se ne intende.
La musica, stipata dentro ai CD, è grosso modo un'accozzaglia masticata e insalivata e risputata per terra di suoni rumori ansie incubi e seghe mentali colossali: significa che a voler guardare dietro agli angoli della banalità, che pure ogni tanto s'incontrano nel cammino (...ma è la vita reale, questa, badate bene), ci si imbatte in sorprese grosse come insulti improvvisi e schiaffi ben assestati che ti fanno restare lì, bocca aperta e senza fiato, guance rosse e dignità in frantumi.

Marino un giorno mi ha mandato quattro delle sue cose, immagino con qualche illusione mista a speranza (ecco il discorso delle bottiglie ripiene lanciate nell'oceano) e in cambio da me ha avuto solamente silenzio. Non è che non ho fatto niente niente: ho ascoltato, ascoltato ancora e riascoltato, e oggi ho deciso finalmente che bisognava fare qualcosa. Vi racconterò quindi qualchecosa di quelle quattro cose che non so come chiamare, riduttivo chiamarli “CD” perché ideologicamente e strutturalmente somigliano alle mie vecchie e care cassette d'una volta e poi perché ciascuna è una piccola parte del piccolo Marino, impastata del suo amore, dei suoi deliri e della pazzia sua e dei suoi compari.

  1. Per prima arriva un'antologia semiseria e semi-raccapricciante di nome Ghirigori, che è stata l'esordio discografico della Pezzente Prod. e quindi un po' il suo manifesto d'intenti: un luogo buio e irto di cattivi esempi e vecchi e nuovi emarginati, da Jacopo Andreini agli OvO agli Opus Avantra, proprio loro, capitati penso per errore da ‘ste parti e finiti nel tritacarne. Non l'ho ascoltato tutto perché onestamente non ce l'ho fatta, ma se è per questo non ho neanche mai ascoltato per intero un disco degli Storm and Stress o di Anastacia (e anche il Bruce Springsteen di The rising sono riuscito a sopportarlo solo in minimo due puntate). Siamo al disastro, ma pensandoci bene c'era chi diceva questo venti-trent'anni fa a proposito dei Throbbing Gristle e di John Zorn, che poi sono diventati fighi e famosi a dispetto di tutti e hanno convertito velocemente i detrattori.
  2. Segue Musica per no film, un “bestiario musicale” (lo scrivono loro, io ho solo copiato) dove potrebbe essere che a suoni ricavati in modo più o meno ortodosso e diversa abilità – il range va da negato a scarsetto – da strumenti musicali più o meno tradizionali, vengono frammiste disturberie elettroniche e registrazioni di versi di animali: uso il condizionale perché potrebbe essere tutta una simpatica presa per il culo. O forse no, ma meglio tenersi prudentemente un passo indietro: all'inizio c'è un cane che canta su Also spracht Zarathustra, magari è addestrato ad attaccare. I vari pezzi, tutti brevissimi ma inquietanti, sono l'equivalente sonico dei collage fatti dai bambini delle scuole elementari, e quindi: approssimativi, immediati, sinceri, diretti, provocatori. A molti 'sti collage piacciono: se li attaccano ai muri di casa o sul frigo e li regalano incorniciati ai parenti a natale. E io sono tra questi.
  3. Nel pacchetto di Marino c'è anche un CD di Davide Riccio – giornalista, poeta, ufologo etc. leggo da qualche parte sul web – allegato al quale c'era verosimilmente pinzato un foglietto che dev'essere andato perso, e qua probabilmente è colpa mia perché sono sempre incasinato. Azzardo, il CD potrebbe chiamarsi Poesia concreta, senza dubbio ritroverò il cartoncino qualche giorno dopo aver consegnato in Redazione l'articolo. Affrontare questo CD senza una qualche cartina geografica è come andare incontro senza mutande ad un destino temporalesco avverso e temibile: sembrano suoni semisintetici, c'è una specie di robot che parla (vado a memoria), poi suoni dello spazio come li si poteva immaginare nei film di fantascienza d'una volta, c'è un buco di tre-quattro minuti che temo sia una cover di John Cage, poi sintetizzatori economici in offerta speciale all'ipermercato e bidoni stracolmi di frattaglie poetiche gettate all'aria ma che ahimè non spiccano il volo. La fregatura di Riccio sostanzialmente è che legge in italiano: avesse letto in norvegese o wolof o in greco sarebbe stato un trionfo di fascino e mistero (da tenere in mente per eventuale esportazione: altrove siamo noi gli esotici).
  4. La grande grande grande sorpresa della Pezzente Prod. viene da un CD doppio con la registrazione della performance finale dei seminari tenuti alla massaria Torcito vicino ad Otranto da Arrington De Dyoniso (sull'emancipazione della voce nella musica creativa) e Scott Rosenberg (sull'improvvisazione) a fine dicembre 2004, iniziative rese possibili grazie al festival internazionale Trasporti Marittimi. Nel primo CD è De Dyoniso che si dà un gran da fare a sputare l'anima: vocalizzi e urla e gemiti e strepiti, a tratti è addirittura simpatico e divertente e riesce mirabilmente a non tracimare nel genere “bravo ma basta”. Nel secondo CD c'è il Torcito Ensemble cioè una ventina di elementi tra chitarre, percussioni, flauti, sax e quant'altro, tutti ragazzi della zona diretti dal visionario Scott Rosenberg lungo strade bizzarre e che solo lui sapeva vedere e pre/vedere, con grande grandissima gioia e felicità di tutti, musicisti e ascoltatori. Un momento unico e irripetibile, ricco di intrecci fra i generi espressivi e quindi privo di genere, fermato ancora vivo e pulsante nel cuore di questo piccolo disco d'argento in superficie ma d'oro nel cuore.

Da qualche parte sul sito della Pezzente Prod. (www.pezzente.bravehost.com) c'è un'intervista a Marino che fa assieme sorridere e riflettere: si discute di strumenti musicali inventati, di Harry Partch e John Cage e molto altro.
Da qualche altra parte sempre nel sito c'è il resoconto di un ascolto organizzato in alcune classi delle scuole elementari: anche qui le percentuali sono 10% divertente, 90% fa riflettere. Viste, toccate e ascoltate le premesse, la piccola e delirante Pezzente Prod. è da sostenere senza pensarci due volte, proprio perché così piccola e sballata rischia una triste estinzione che certo renderebbe il mondo un po' meno bello e vivibile.
Contatti: Pezzente Prod. c/o Marino José Malagnino, via Ferruccio Guarini 42 72023 Mesagne BR.

Marco Pandin
stella_nera@tin.it

stella*nera, 2006
enhanced cd (15 tracce audio + 1 traccia video)

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