rivista anarchica
anno 35 n. 308
maggio 2005


personaggi

Il mio Umberto
di Paolo Finzi

 

L’incontro nel 1971, a Lisbona nel ’74, su un treno a parlare di Berneri… Marzocchi nel ricordo di un redattore di “A”.

“Opperbacco! Marzocchi sono io”. Il vecchietto, con quel curioso pizzetto bianco, fece un salto dalla poltrona in cui era seduto. Dall’altra parte del tavolino, gli occhi vividi di Alfonso Failla seguivano la scena divertiti.
9 aprile 1971. Il giorno dopo sarebbe cominciato a Carrara il 9° congresso della FAI e i compagni erano già affluiti numerosi da tutta Italia. Non pochi facevano riferimento alla casa di Alfonso Failla, lungo il vialone che dal mare porta nel cuore di Carrara. C’era un bell’andirivieni di vecchie barbe, giovani capelloni e gente varia. C’ero anch’io, appena arrivato in auto da Milano, con un bel paccone di riviste “A” – il n. 3, fresco di stampa.
Appena entrato in casa Failla, mi presentai: “Sono Paolo Finzi, della rivista “A”: ho una delega di Umberto Marzocchi”. Fu a questo punto che il vecchio Umberto uscì fuori con quell’interiezione che gli avrei poi sentito ripetere tante volte negli anni successivi. Il fatto è che Marzocchi aveva inviato un certo numero di deleghe (in bianco), da lui firmate, a un compagno del Circolo “Ponte della Ghisolfa” che gli aveva comunicato che da Milano saremmo scesi numerosi per il Congresso: c’erano Luciano, Fausta, Amedeo, Rossella, Umberto, Enrico, Cesare e altri del Circolo che era stato (fino a un anno e mezzo prima) quello di Pino Pinelli. Deleghe in bianco, appunto, segno di una stima che travalicava i formalismi. Per cui anche la mia delega era firmata da Marzocchi, che nemmeno mi conosceva.
In realtà sia lui sia Failla mi conoscevano di nome quale collaboratore di “Umanità Nova” e questo favorì – una volta chiarita la questione della delega – l’inizio di un dialogo che non si è più interrotto.
Luglio 1974, Lisbona. In un localino della città vecchia sono a pranzo numerosi esponenti dell’Internazionale delle Federazioni Anarchiche. È il 19 luglio e da tre mesi è caduta la dittatura di Salazar e la “rivoluzione dei garofani” ha riportato l’inebriante odore della libertà – ma solo in Portogallo, ché in Spagna perdura da quasi 40 anni la dittatura del cattolicissimo Franco. Qui, nel cuore della Lisbona finalmente libera, si sono dati appuntamento in un teatro stracolmo gli anarchici e gli anarcosindacalisti lusitani, ma anche tanti provenienti dall’estero – i più coccolati ed applauditi, gli spagnoli.
In questo ristorantino poco lontano dal teatro ci sono personaggi come Balkansky, dell’Unione degli Anarchici Bulgari in esilio, e altri vecchi militanti francesi, italiani, spagnoli, portoghesi e di altre nazionalità che non ricordo.
Mi affaccio e Umberto mi viene incontro con il suo dentatissimo sorriso. Mi presenta agli altri come un bravo giovane compagno, ma la cosa pare strana ad alcuni di questi anziani militanti. Il motivo? Non ero della Federazione Anarchica Italiana, e nella loro concezione un po’ burocratica, o chiusa, era difficile comprendere che un anarchico “bravo” non facesse riferimento all’Organizzazione (con la “O” maiuscola). Mi sentii un po’ a disagio.
Ci pensò Umberto, che della FAI e dell’IFA era convintissimo esponente ma al contempo sapeva andare aldilà di questi aspetti formali, a sciogliere l’atmosfera e a spiegare ai commensali e compagni che in Italia c’erano buone relazioni tra la FAI e tanti compagni che nella FAI non si riconoscevano, ma che cionondimeno portavano avanti attività serie – come noi di “A”.

Umberto Marzocchi a ventisette anni

Punti di riferimento

Buon vecchio Umberto, che mi sei stato in tante cose Maestro e con cui ho fatto delle memorabili litigate. Mi ricordo, sempre negli anni ’70, nel breve volgere dell’oretta ferroviaria che collega Firenze a Bologna, la tua capacità di coinvolgimento mentre, in corridoio, raccontavi a decine di compagni assiepati intorno a te, il riconoscimento del cadavere di Camillo Berneri durante le tragiche giornate del maggio ’37 a Barcellona.
Per la nostra giovane ed entusiasta generazione, vecchi come Umberto erano delle bandiere, dei punti di riferimento. E lui ne era ben conscio e un po’ si crogiolava di questi occhioni aperti, di questa nostra insaziabile curiosità di ascoltare.
Il mio Umberto è stato anche quello di Aurora, la mia compagna, e di Gemma, sua sorella gemella. Un Umberto che le due “failline” mi hanno sempre raccontato, quello degli anni ’50 e ’60 che per loro era come uno zio specialissimo – quello con cui trascorrevano ore nella sede del Germinal a ciclostilare il Bollettino Interno della FAI, quello che andavano a prendere e ad accompagnare alla stazione di Avenza o a Villa Maria, la pensione che aveva scelto come suo alloggio nel corso dei suoi mille viaggi da Savona a Carrara, quello – soprattutto – che nel corso del Congresso Anarchico Internazionale tenutosi a Carrara nell’agosto ’68 aveva strenuamente difeso insieme con il caliente Failla l’autonomia dell’anarchismo dal pasticciaccio para-marxista di Daniel Cohn-Bendit e dei “neo-anarchici” sessantottini (ed una bella testimonianza di quei giorni ci ha dato Massimo Ortalli all’indomani della morte di Failla, su queste colonne – cfr. “A” 135, marzo 1986).
Questi miei ricordi sono ben poca cosa, a fronte della mole di impegno militante sviluppata da Marzocchi, di cui il libro di Giorgio Sacchetti – ne sono certo, conoscendone e apprezzandone le doti umane e “professionali” – ci darà certo conto. Ma fanno parte di un rapporto così profondo che nemmeno la sua morte, quasi vent’anni fa, ha potuto troncare.
A volte me lo rivedo al fianco e vorrei potergli parlare, ascoltare la sua opinione su quanto accade, scaldarmi alla storia della sua esperienza umana e sociale. Peccato che non sia più possibile. Opperbacco!

Paolo Finzi

Assieme alla sua compagna Elvira Angella (4 aprile 1922)

In Spagna (1936)

Insieme a Maria Jimenez (anni Trenta)

Riunione per “Umanità Nova”:
da destra Marzocchi, Mantovani, Borghi, “La Signorina”, Di Rosa, Catina, prof. Ruberti (primi anni Sessanta)

Tolosa (Francia): convegno della CNT in esilio (fine anni Cinquanta)

Commemorazione pubblica di Giuseppe Pinelli dopo il trasferimento della salma da Milano a Carrara (fine anni Settanta)

Conferenza, ad Ancona nel 1982, per il 50° anniversario della morte di Errico Malatesta.
Al suo fianco (braccia dietro la schiena) c’è Luciano Farinelli