rivista anarchica
anno 35 n. 308
maggio 2005


terra e libertà

t/Terra e libertà/critical wine
di Marc Tibaldi

Un progetto che parte dalle sensibilità planetarie e vuole arrivare alla rivoluzione dei consumi e viceversa.


t/Tl/cw. Cos’è?

t/Terra e libertà/critical wine è una iniziativa che parte dalla materialità della terra per concepire e creare forme diverse di produzione e consumo. Non solo, è anche un forcone terragneo piantato dritto al suo obiettivo: sovvertire le catene di distribuzione e commercializzazione dei beni, ridurre la distanza alimentare, svelare le modalità di privazione della sensorialità che si sviluppano a livello globale mediante l’espropriazione dei produttori e l’idiotizzazione dei consumatori.
La polarizzazione della ricchezza non è solo un fatto economico; si produce anche come impoverimento della socialità, delle relazioni sociali. t/Tl/cw è un modo rivoluzionario di immaginare e disegnare un circuito virtuoso tra qualità dell’ambiente, qualità della produzione e qualità delle relazioni sociali; un prototipo che a partire dal vino è dipanabile in ciascun elemento della materialità delle condizioni del vivere, in ogni luogo del pianeta.
t/Tl/cw raccoglie idee ed esperienze di una battaglia appena iniziata per costruire una reinvenzione pratica della vita materiale, un’apertura al divenire capace di ricombinare vita e spazio pubblico, intelligenza creativa ed esperienza sensoriale.

La lezione del Gino

Tre anni fa un gruppo di compagni e compagne di varie realtà di movimento ha raccolto le sollecitazioni di Luigi “Gino” Veronelli ad occuparsi dei problemi della terra, cercando concatenazioni, riflessioni, sviluppi, soluzioni pratiche. Per problemi della terra intendiamo quel grumo di questioni divenuto ormai centrale per la vita di ognuno: agricoltura, alimentazione, ambiente, acqua, ogm, multinazionali, modelli di sviluppo e di consumo, squilibri tra Paesi ricchi e Paesi impoveriti, sovranità alimentare, una politica planetaria di dominio che perpetua l’ingiustizia.
Nel gennaio del 2003 al centro sociale La Chimica di Verona abbiamo organizzato il primo evento – tre giorni con seminari, dibattiti, contadini, degustazioni, musiche e happening – in concomitanza al Vinitaly, maggior fiera internazionale del settore. È iniziato così il progetto libertario Terra e libertà/Critical wine.
Altre manifestazioni tl/cw si sono poi svolte in molti centri sociali, ricordiamo quelli del Mag 47 di Brescia, Forte Prenestino di Roma, Bulk e Leoncavallo di Milano, Ex collocamento di Torino. Eravamo (e siamo) convinti che la costruzione di una sensibilità planetaria possa partire anche da un frutto della terra, con la volontà di una difesa “pratica” della vita materiale, contro le nocività politiche, culturali, sociali, tecnologiche che l’assediano al fine di svalutarne l’esperienza sensoriale, le capacità dialettiche del linguaggio, la coscienza del vissuto individuale e dei processi storici.
La Terra, la terra, la Terra, la terra, la Terra, la terra, la Terra? il vino frutto della terra e del lavoro dell’uomo; compagno dialettico che ci riporta alla terra e ci invita alla comunanza e ad altri modi percettivi; intercessore privilegiato uomo/terra.
Dal vino abbiamo voluto partire (subendo i risolini imbecilli di compagni moralisti e "miopi"), dalla bottiglia che arriva sulla tavola, dal bicchiere che beviamo, per compiere un percorso a ritroso: che ci porti a chi il vino lo vende, a chi lo produce, a chi coltiva le viti. Vogliamo farne uno strumento di conoscenza, che dal piacere, dal gusto, da un approccio personale e soggettivo, ci porti ad affrontare temi che riguardano tutte e tutti, a ragionare di contadini e di lavoro contadino, di terra e di ambiente, di come e cosa produce l’agricoltura.
E, seguendo un filo del discorso che si dipana sempre più, discutere insieme di prodotti dei campi, di tutela della biodiversità, di varietà ormai rare sacrificate sull’altare del Mercato, dell’omologazione del gusto, di un’agricoltura in armonia con l’ambiente e di un’agricoltura industriale che divora l’ambiente. E, ancora, ragionare sulla qualità, sul prezzo dei prodotti che consumiamo, sul tempo che dedichiamo al loro acquisto e alla loro preparazione.

Dai Gas ai Sem Terra e oltre

Svelare le contraddizioni, mettere assieme cose apparentemente distanti, cercare connessioni per una sensibilità ricombinante.
Ecco, siamo partiti dal vino per molti motivi: per l’amicizia con Gino Veronelli (anarchenologo, lo abbiamo affettuosamente chiamato); perché, come lui ci ha insegnato, il vino ci parla.
Come tutti i prodotti della terra, anzi meglio, grazie al rapporto dialettico che con esso si può instaurare, dovuto al potere dell’ebbrezza, che già gli antichi conoscevano.
Veronelli (recentemente scomparso, vedi il bell’articolo che Gianni Mura gli ha dedicato su A 305) partendo dalle sue conoscenze specifiche ha avuto grandi intuizioni, una di queste era di aver individuato l’estrema diversificazione della terra che “dà vini e prodotti diversi metro via metro anche partendo dalla stessa varietà di seme”.
I prodotti della terra, ossia l’interrelazione tra peculiarità territoriali e varietali, dobbiamo valorizzarli esigendo di sapere origine e trasformazione. In questa maniera difenderemo la biodiversità e metteremo un bastone tra le ruote di multinazionali e grande distribuzione, che altro non vogliono che l’attuazione del principio dell’“ultima trasformazione sostanziale” (il luogo dell’impacchettamento), ossia la standardizzazione dei frutti della terra. Proprio per questo se può essere criticabile ogni industria, quella agroalimentare è una vera e propria aberrazione da abolire, sosteneva Veronelli.
Negli anni passati sono nate esperienze significative, ma settoriali (a volte deboli): dai gruppi di boicottaggio dei marchi multinazionali, a quelli di acquisto solidale (che danno importanza al potere e alla coscienza dei consumatori, che hanno allargato l’attenzione verso un modo non consumista di avvicinarsi al cibo), dal commercio equo e solidale (quale pratica responsabile di rifiuto dello sfruttamento dei paesi del Sud del mondo), al movimento ecologista (che, nelle posizioni più radicali, ha contribuito ad allargare il “sentire” la T/terra).
Negli anni passati è nato anche un movimento internazionale (e organizzato) dei contadini, raccolto essenzialmente attorno al coordinamento di Via Campesina, che comprende i Sem Terra brasiliani, la Conféderation Paysanne francese e molte altre organizzazioni. Terra e libertà/Critical wine aggiunge idee e pratiche a queste esperienze.
Con la sua radicalità e dimensione più politica, nata da esperienze di autogestione nelle città come nelle campagne, vuole mettere in relazione produzione e comunicazione sollecitando anche un circuito virtuoso anche con le esperienze apparentemente lontane come quella mediattivista, per sperimentare connessioni creative.

Il libro. Pratiche e teorie

A giugno del 2004 è uscito il libro Terra e libertà/Critical wine (edizioni DeriveApprodi). Raccoglie interventi di Gianni Emilio Simonetti, Mariarosa Dalla Costa, Giordano Sivini, John Zerzan, interviste ai poeti della t/Terra (contadini e vignaioli) e molto altro. Sempre in bilico tra elaborazioni teoriche e proposte paratiche.
L’introduzione (scritta da Simonetta Lorigliola, Maurizio Murari, Marc Tibaldi, Pino Tripodi, Luigi Veronelli) è scandita dagli “atti della sensibilità planetaria”, nel primo atto interroghiamo il rapporto tra saperi e sapori, cercando di denunciare l’anestetizzazione della percezione e quindi del pensiero.
Il rapporto tra saperi e sapori rischia, come tante altre cose della nostra esistenza, di scivolare nel laboratorio di marketing dell’industria agroalimentare contemporanea la quale cerca di surrogare la distruzione metodica, progressiva, scientifica dei sapori della vita presentando i suoi prodotti incommestibili. Più che un legame, l’insistenza su saperi e sapori della propaganda dell’industria agroalimentare contemporanea, denuncia una discrasia, un antagonismo profondo, il definitivo compiersi di un divorzio sospettato da tempo tra produzione e cultura.
Segnala il definitivo dominio della produzione industriale di massa non solo sui produttori ma anche sui saperi. I saperi di cui cianciano i rotocalchi di tutto il mondo non hanno alcun legame coi sapori. Sono semplicemente saperi addomesticati per sapori insensati, falsi, ingabbiati nella produzione seriale. Ciò che al sapore risulterebbe offesa viene addomesticato con saperi consolatori e carezzevoli intorno al buon tempo antico. Siamo così costretti a digerire un insulso sapere come surrogato del sapore. Man mano che si distruggono i sapori ci abituiamo a consolarci con il sapere fino a quando avvertiamo la percezione, terribile e tremenda, che quel sapere che aveva surrogato, tollerato, argomentato la distruzione dei sapori, conduceva alla medesima insensatezza del sapere, della conoscenza, della scienza. La sensibilità planetaria è atto di resistenza contro la distruzione dei sapori, contro l’annichilimento dei saperi ma anche contro la deprivazione sensoriale che porta all’ottundimento della nostra facoltà di udire, di vedere, di tastare, di gustare e di annusare... e quindi pensare.

Scintille creative

Analisi economica, sociologica, inchiesta di rottura, poesia e altri accostamenti curiosi... l’idea di comporre gli interventi di t/Terra e libertà/critical Wine nasce dalla volontà dei contrasti, per creare frizioni che producano scintille creative, per il desiderio di riruralizzare il mondo partendo da una nuova sensibilità che ci fa percepire la T/terra come casa propria, contro l’attaccamento conservatore e l’invenzione localista delle radici, contro il rapporto razzista sangue-suolo di infausta memoria, oseremmo dire con un ossimoro concettuale – per un’agricoltura nomade, per un rapporto nomade con la Terra: sentirsi a casa propria in ogni luogo della Terra, su ogni zolla di terra.
Un’idea che viene da lontano. Forse qualcuno ricorda ancora quel canto proletario dell’Ottocento: “nostra patria è il mondo intero, nostra idea la libertà”. Per un futuro di gioia, creatività, intelligenza.
Ci piacerebbe incontrare nello stesso luogo le sensibilità di un musicista come John Cage che raccoglie i funghi, di un artista come Joseph Beuys che pianta mille querce, di un vignaiolo come Josko Gravner che come un angelo di Benjamin guarda alla storia millenaria della civiltà del vino per proporre prodotti e riflessioni per il futuro, l’urlo di Per finire con il giudizio di Dio di Artaud che già ci indicava l’artificialità dei frutti della scienza asservita, il senno antico di una scienziata come Vandana Shiva, la rabbia degli Assalti Frontali.
Ed infine i propositi molto concreti come il prezzo sorgente e l’autocertificazione, per creare quel rapporto di fiducia tra produttori e consumatori che ci permetta di disegnare il circuito virtuoso tra qualità e tracciabilità della produzione, del prodotto, del prezzo e delle relazioni sociali.

Verso l’EuroMayDay

Una delle lotte più interessanti degli ultimi anni è quella che riguarda la proprietà dell’informazione genetica contenuta nei semi. Qui i termini “proprietà” e “informazione” ci segnalano immediato il nesso tra le tematiche della t/Terra e l’insorgenza della comunicazione, così come le tematiche del consumo (o della coproduzione, come noi sosteniamo) sono legate ai temi del precariato, del reddito, del caro-vita.
Sottolineiamo ancora che sia il processo di trasformazione dell’agricoltura e del sistema alimentare, sia le lotte sui diritti dipendono sempre più dalla produzione e dal controllo dell’informazione, soprattutto per quanto riguarda l’informazione genetica.
Consumo, agricoltura, alimentazione e tutte le tematiche legate all’ambiente e alla t/Terra non possono essere più considerate attività produttive e forme di vita qualitativamente differenti e isolate. Come tutti gli altri settori, diventano sempre più biopolitiche. Questo divenire comune è una delle condizioni che rendono possibile l’esistenza delle lotte in rete.
Le lotte di ogni settore diventano le lotte di tutti gli altri. Le lotte più innovative non sono lotte chiuse e limitate a un singolo settore della popolazione, ma al contrario aprono per chiunque nuove prospettive su questioni fondamentali come l’ecologia, la povertà, lo sviluppo sostenibile e su tutti gli aspetti della vita. In termini filosofici si può dire che ci sono molti modi singolari di dare vita a una comune sostanza del lavoro: ogni modo ha una propria essenza singolare, e nondimeno tutti partecipano a una sostanza comune.
Non possono esistere conflitti che non sappiano agire, in forma parallela, intrecciata e collegata, su due direttrici: la contestazione e il conflitto relativo all’esistente da un lato, la creazione nel qui ed ora delle alternative possibili e auspicabili dall’altro. Non è questo il momento per addentrarci nella possibile disquisizione se ciò significhi conflitto+esodo o se invece sia la declinazione corretta e completa dell’idea di esodo. Proviamo a declinare l’esodo su una possibile parte di quel ragionamento vasto e complesso che riguarda le forme di vita, la precarietà di vita. La circolazione delle merci vede nei grossi centri commerciali oggi uno degli snodi fondamentali – non solo per la rilevanza economica che questi luoghi hanno – soprattutto per la rilevanza “di senso”: è soprattutto grazie ai centri commerciali (oltre che, ovviamente, con la pubblicità) che si modifica sempre più la relazione dei soggetti con le merci, il consumo. È anche in virtù di questo ragionamento che molto spesso proprio questi luoghi sono stati, sin dall’inizio del percorso MayDay, investiti delle iniziative “anti-precarizzazione” che si sono sviluppate negli anni.
Lo scorso novembre questo percorso è apparentemente andato a sbattere contro un muro: l’azione di riappropriazione/
esproprio/shopsurfing ha scatenato un acceso dibattito all’interno e all’esterno delle esperienze di movimento: per la prima volta o quasi dall’inizio del percorso MayDay non tutti erano lì a tessere lodi e sperticati complimenti, anzi tanti (da dentro e da fuori i movimenti) hanno criticato, condannato ecc.
“Marketing politico” è un concetto che da qualche tempo circola all’interno del movimento. Viene dall’esperienza di Adbusters (network di artisti, agitatori, attivisti), esperienza molto americana con pregi e difetti. Il loro scopo è produrre un’ecologia della mente attraverso il rovesciamento delle immagini più diffuse e celebrate dell’universo mediatico, utilizzando i loghi e gli stilemi delle marche più prestigiose a fini politici.
È un cane che si morde la coda e la debolezza di esperienze come questa è data dal fatto che finiscono per alimentare la politica spettacolo senza pervenire a una critica radicale e a una pratica diffusa sui territori di lotte concrete che, come invece noi sappiamo, sono il sale del sapere. L’insegnamento di queste esperienze va recepito come consapevolezza dell’importanza della conoscenza delle armi del nemico per una più efficace lotta contro di esso.
Non deve interessarci solo la mediatizzazione dell’azione politica, altrimenti finiamo come il protagonista freakettone-alternativo di “Vineland” di Thomas Pinchon, che avvertiva i media prima di buttarsi contro le vetrate dei supermercati in modo da rendere pubblica la propria follia e recepire la periodica pensione di malato di mente. Vogliamo sì far parlare i media delle nostre lotte ma anche sviluppare delle pratiche di ribellione collettive che si espandono concrete sui territori, non perchè gli altri le consumino davanti alla televisione.
Cosa centra t/Terra e libertà/critical wine (tl/cw) in tutto ciò? tl/cw può essere la parte costituente ed esodante di questo ragionamento. tl/cw costruisce e costruisce l’alternativa, nel qui ed ora, alla semplice battaglia di critica alle merci e alle regole che ne determinano la produzione e circolazione oggi, costruendo i ragionamenti e le possibili concrete strade altre da percorrere. Prezzo sorgente, autocertificazione, coproduzione, boicottaggio. Dall’assemblea delle realtà dell’autogestione (Brescia, Verona, Milano, Bologna, Roma, Firenze, Trieste, Torino, Bari, Cremona…) che nell’ultimo anno hanno toccato l’esperienza t/Terra e libertà/Critical wine è emersa forte l’esigenza di un meticciamento delle istanze toccate da questo progetto con le altre insorgenze forti nel movimento, proprio perchè sono evidenti le connessioni e le possibili sintonie. Per questo si è pensato a una presenza singolare e comune durante la MayDay che sottolinei l’apertura di nuove conflittualità in rete.

Punti programmatici e proposte concrete

  • Autocertificazione, prezzo sorgente, denominazioni comunali (de.co.): provocazioni, idee efficaci, applicabili e universali, in grado nel futuro presente di trasformare i rapporti di produzione, e/o di renderne visibili le contraddizioni. L’idea della massima tracciabilità dei prodotti e dei prezzi, della qualità dei prodotti e delle relazioni sociali risponde a queste idee.
  • L’autocertificazione e la de.co. (proposta veronelliana) altro non sono che la possibilità di conoscere l’origine e la tracciabilità dei prodotti. L’autocertificazione è basata sul principio di responsabilità: il produttore dichiara qual è il suo prodotto, come viene coltivato, quanti gli ettari, quanta la produzione, quali i concimi e prodotti utilizzati, chi e come lavora la terra...e permetterà al consumatore di verificare tutto ciò. La de.co. è l’autocertificazione collettiva, una certificato di nascita dei prodotti. Per chi ci crede, la dichiarazione verrà dall’amministrazione comunale. Meglio ancora, per chi soffre anche il municipalismo sperimentale, sarà la comunità che conferma la dichiarazione del singolo produttore. Oltre ad essere una garanzia per il consumatore, autocertificazione e de.co. sono una maniera per valorizzare la diversità e la diversificazione dei prodotti, mettendo così in difficoltà multinazionali e grande distribuzione. Il prezzo sorgente consentirebbe di mutare completamente filosofia nel rapporto tra consumatori e produttori, al fine di costituire un percorso di fiducia in tutta la filiera produttiva, distributiva e commerciale. Il prezzo sorgente prevede che ogni produttore inserisca in etichetta il prezzo a cui vende i suoi prodotti prima del loro ingresso nel circuito di distribuzione e di commercializzazione. Il prezzo sorgente non prevede alcun margine fisso di ricarico. Il ricarico, infatti, dipende da tantissime condizioni (costi di trasporto, manutenzione, affitti, manodopera, servizio) che non sono omogenee e non si intende predeterminare. Il prezzo sorgente è uno strumento efficace per mettere in rilievo i rapporti di appropriazione e di distribuzione della ricchezza. Un’informazione semplice e visibile che espliciti ciò che tutti sanno e cioè che nell’attuale modalità di relazioni sociali i produttori e i consumatori sono comunemente immiseriti da uno sfrenato concentrarsi della ricchezza nelle mani della distribuzione.
  • Concepire che l’insensatezza planetaria deriva dai rapporti di produzione, ovvero dalle modalità con le quali gli uomini producono e si relazionano tra di loro. Rifiuto di produrre e di consumare l’infelicità del mondo è uno degli atti della sensibilità planetaria.
  • Organizzare il rifiuto del modello neoliberista che vuole l’agricoltura industriale e monocolturale delle multinazionali e della UE da una parte e un’elitaria produzione dei cosiddetti prodotti tipici dall’altra, quali facce della stessa medaglia.
  • Pensare a un nuovo rapporto con la terra/Terra che lasci spazio a produzioni, consumi, piaceri più sobriamente felici.
  • Il consumo critico, contro il consumo produttivo. Per "condomini" della qualità e gruppi d’acquisto autogestiti e a rete. Fare mercato come incontro di coproduzione.
  • Catalogo dei produttori, basato su rintracciabilità, origine, qualità e sul principio della responsabilità e dell’autocertificazione.
  • Costruire in maniera cooperativa forme e strumenti di comunanza, condurre al riconoscimento della cosa comune, dall’aria all’acqua al cibo fino alla produzione informatizzata e alle reti.
Marc Tibaldi

Prossimi appuntamenti t/Tl/cw:

7-8 maggio, CSA TNT, Jesi; 4-5 giugno, CSA Buridda, Genova; fine giugno, CSA Intifada, Empoli. Per contatti e informazioni:
sito www.criticalwine.org
email info@criticalwine.org

Manifesto: sensibilità planetarie #1

sensibilità planetarie/ribelli/nella t/Terra che soffre c’è l’umanità che muore/la terra non è una macchina/chiudere le fabbriche dell’infelicità/l’oggetto vero della produzione non è mai la merce, ma è la vita/deindustrializzare l’agricoltura/smacchinare la vita/abolire il consumo che distrugge//coprodurre/l’identità è disumana ed è opposta all’uguaglianza/l’originale non ha origine--//i particolari contro il particolarismo/l’uomo non ha radici/e se ne avesse avrebbe ben poco da gloriarsene//l’altro sono Io. io è la terra l’umanità è io/io non produco l’infelicità del mondo/ e non la consumo/ chi avvelena la terra avvelena anche io/digli di smetterla//poesia della terra/massima tracciabilità dei prodotti e dei prezzi/Ogm crimine contro la terra, crimine contro l’umanità/obiettivo minimo distruggere gli Ogm/fai un’opera buona//ridurre la distanza alimentare idee semplici e concrete: accorciare la catena commerciale/scheda di autocertificazione/prezzo sorgente/la sensibilità planetaria è facoltà di ciascuno, ma non si può imporre a nessuno//una rivoluzione non fa mai appello al potere, si fonda al contrario sulle trasformazioni delle modalità di esistere, degli stili di vita, delle forme dell’agire//cambia lo sguardo sul mondo, agisce sui comportamenti minuti, quotidiani, fonda modalità di relazione tra gli uomini, le donne e ogni forma di vita del pianeta//una rivoluzione vera distrugge gli ordini consolidati e rifiuta le gerarchie, anche tra città e campagna.

Le foto che illustrano questo dossier sono state scattate presso Il Centro sociale “La Chimica” di Verona. Si ringrazia per la collaborazione Simonetta Lorigliola, responsabile informazione del CTM Altromercato di Verona.