rivista anarchica
anno 34 n. 296
febbraio 2004


Chiapas

Finestraperta sul Chiapas
di Marco Gastoni

Un resoconto sul gemellaggio tra l’associazione«Paviainseriea» di Pavia e il Municipio Autonomo Zapatista Primero de Enero nel decennale della rivolta del 1994.

Messico: non siamo venuti a dirti
che cosa fare,
né a condurti da nessuna parte.
Siamo venuti a chiederti umilmente,
rispettosamente, che ci aiuti.
Che non permetta che torni
ad albeggiare senza che questa
bandiera abbia un posto degno
per noi che siamo il colore della terra.

dallo Zócalo di Città del Messico
CCRI – Comando Generale dell’EZLN
Messico, marzo 2001
(traduzione del comitato Chiapas «Maribel» – Bergamo)


Anarchia e Chiapas

Anarchia come concetto o come pratica politica vissuta ogni giorno? Nel caso specifico qui analizzato, voglio scrivere di anarchia come sviluppo di forme di convivenza affermatesi dal basso, alternative al potere imposto e in perenne stato di rebeldia, ovvero resistenza ad oltranza, nei confronti di chi vorrebbe restaurare un sistema di dominio sui popoli indigeni liberatisi attraverso la lotta zapatista.
Mi riferisco all’anarchia come comune denominatore, sul quale possiamo iniziare a rapportarci tutti quanti al fine di trovare quell’unità di intenti che si rafforza proprio nell’eterogeneità delle proposte politiche nelle diverse realtà sociali. La parola compagno come indelebile marchio che rende forti nel disagio e pronti a vivere la rebeldia come istinto di sopravvivenza.
Questi interrogativi e tentativi di risposta rappresentano il filo conduttore della ricerca politica e sociale che l’associazione Paviainseriea (1), attiva da anni nello sviluppo sociale e culturale della comunità pavese, si è riproposta attraverso la realizzazione di un gemellaggio con una struttura di base (Municipio Autonomo 1° de Enero) del movimento rivoluzionario zapatista. Al ritorno in Italia, abbiamo riportato con noi queste sensazioni incrostate sotto i nostri stivali color del fango di Chiapas.
In questo breve resoconto del viaggio appena concluso, vorremmo manifestare a tutti i lettori le necessità di aiuto internazionale a queste comunità ribelli allargando il tema fino a coinvolgere una più generale discussione sugli importanti temi sociali e politici sollevati dalla rivolta zapatista del 1994.
Per chi non fosse familiare con la situazione chiapaneca, mi sembra importante fornire qualche indicazione generale per inquadrare la situazione sociale e politica.

Escuelita Autonoma

Paese di rivoluzioni e contraddizioni (2)

La rivoluzione messicana del 1917 e i seguenti sviluppi politici non portarono ad un redistribuzione delle terre in Chiapas, a differenza di quanto successo in altri stati messicani caratterizzati da una parziale applicazione di questo strumento, cosicché poche famiglie latifondiste (terratenientes) hanno mantenuto da sempre la proprietà della terra più fertile e con essa anche dei contadini che la lavorano (peones acasillados). Va comunque rilevato che la Costituzione messicana del 1917 (articolo 21) sanciva che le terre pubbliche erano inalienabili: questo costituiva una relativa protezione nei confronti degli indigeni che coltivavano la terra statale, ovvero le terre marginali a bassa resa, in forma collettiva.
L’ineguaglianza sociale costituisce una delle caratteristiche di base della società messicana, profondamente divisa tra un’élite bianca con caratteristiche socio-economiche comparabili alla media europea ed una fetta consistente di poveri emarginati che vivono al di sotto del livello di sussistenza. Nello stato del Chiapas, questa polarizzazione estrema assume caratteri di emergenza sanitaria, educativa, sociale ed economica a causa del completo isolamento culturale e sociale delle popolazioni indigene locali e dell’economia basata sul latifondo e sullo sfruttamento delle cospicue risorse naturali da parte delle multinazionali.
È sufficiente una gita da turista con autobus di prima classe attraverso gli stupefacenti scenari montani del Chiapas per accorgersi della realtà drammatica delle popolazioni indigene. Non occorre snocciolare una sequela infinita di indici di sottosviluppo per dimostrare come la situazione economico-sociale del Chiapas non sia migliorata significativamente negli ultimi decenni. Gli studi dell’organizzazione indipendente messicana «Centro de Investigación para el Desarrollo» dimostrano che tuttora «il Chiapas è uno degli Stati appartenenti alla Federazione Messicana dove si hanno le peggiori condizioni per la salute: le abitazioni non offrono alcuna protezione contro i fattori di rischio derivanti dalle condizioni ambientali; la carenza di spazio non permette di isolare gli ammalati ed evitare la trasmissione di malattie infettive; la totale mancanza di acqua potabile ed un sistema fognario inefficiente non permettono di raggiungere le condizioni minime di igiene» (3).
Il Chiapas è geograficamente posizionato in una zona di rilevante importanza strategica, sia per il Messico che per gli Stati Uniti, in quanto costituisce il corridoio naturale verso L’America Centrale. È inoltre ricco di risorse naturali (petrolio, uranio, legno, carbone, acqua) e fornisce oltre la metà del fabbisogno messicano di energia elettrica; tuttavia, paradossalmente, la maggior parte delle comunità contadine di questo Stato non sono rifornite di elettricità. Sintetizziamo sull’argomento citando l’autorevole settimanale liberista The Economist: «la ricchezza [del Chiapas] ha avuto la tendenza a finire direttamente nei forzieri del Governo o nelle tasche dei latifondisti» (4).

Cronistoria di una sollevazione popolare (5)

Il primo atto pubblico della rivolta zapatista risale al gennaio 1994, quando i guerriglieri dell’EZLN (Ejército Zapatista de Liberación Nacional), difensori delle popolazioni Indigene discendenti degli antichi Maya, occuparono brevemente sette città nello stato sudorientale del Chiapas tra le quali la città più importante dello Stato: San Cristóbal de las Casas.
La causa scatenante della rivolta va ricercata nelle condizioni di arretratezza economica, sociale e politica che caratterizza i popoli originari (indigeni) dell’area e causata da secoli di sopraffazioni e ingiustizie da parte delle classi dominanti bianche. La ratifica del trattato di libero commercio tra Messico, Canada e gli Stati Uniti (NAFTA) (6) e la riforma della Costituzione per quanto attiene alla possibilità di alienazione delle terre statali ha costituito il colpo di grazia del potere neoliberista nei confronti delle popolazioni indigene.
Nell’editoriale del giornale rivoluzionario El Despertador Mexicano, gli zapatisti dichiararono le loro motivazioni: «abbiamo fatto richieste per centinaia di anni credendo alle promesse che mai si sono realizzate, e sempre ci hanno detto di essere pazienti e che dovevamo attendere tempi migliori. Ci hanno raccomandato prudenza e ci hanno promesso che il futuro sarebbe stato migliore. Ebbene, abbiamo verificato che non è così, tutto procede allo stesso modo o peggio rispetto ai tempi dei nostri nonni e dei nostri padri. Il nostro popolo continua a morire di fame e di malattie curabili, sopraffatti dall’ignoranza, dall’analfabetismo e dalla mancanza di cultura. E abbiamo capito che se noi non combattiamo i nostri figli continueranno a vivere in questo modo. E questo non sarebbe giusto» (7).
I ribelli dell’EZLN dimostrarono precocemente una capacità di dialogo non comune sia con il governo federale che con l’opinione pubblica messicana ed internazionale. Parve subito chiaro che non si trattava soltanto di un gruppo armato e che la conquista militare del potere non era il principale interesse della comandancia zapatista. Si intravedeva che l’obiettivo degli insurgientes era eminentemente politico: il riconoscimento del diritto delle popolazioni indigene ad una vita dignitosa e all’autogoverno delle proprie terre ancestrali.
È di fondamentale importanza sottolineare che l’EZLN evitò di perseguire una strategia di vendetta violenta sulle autorità vessatrici ed evidenziò l’esigenza di un dialogo aperto e paritario con le Istituzioni al fine di pervenire all’obiettivo politico dell’autogoverno delle comunità. Con questa strategia, gli insorti si conquistarono immediatamente l’appoggio convinto delle avanguardie culturali e sociali sia messicane che internazionali che si strinsero a difesa delle posizioni politiche dell’EZLN. Di conseguenza, dopo un iniziale intervento armato ordinato dal Governo attraverso l’invasione del Chiapas da parte di un cospicuo contingente dell’Esercito Federale con i conseguenti morti e feriti da entrambe le parti, l’intervento di quella che fu definita come la società civile contribuì a fermare l’iniziale e violentissima repressione operata dalle decine di migliaia di soldati inviati dal Presidente messicano dell’epoca, Carlos Salinas de Gortari, a soffocare la ribellione.
La storia successiva è stata caratterizzata dall’atteggiamento ambiguo del governo che da un lato negoziava e stringeva accordi con l’EZLN e dall’altra parte procedeva con le provocazioni violente sui municipi autonomi creati dalle comunità zapatiste sul territorio controllato dall’EZLN. L’esempio più eclatante è rappresentato dal non rispetto da parte del governo degli accordi di San Andrés (8) riguardanti i diritti dei popoli indigeni. Nel dicembre del 1997, in seguito al massacro di 45 indigeni (15 bambini, 21 donne e 9 uomini) da parte di gruppi paramilitari filogovernativi appoggiati dall’esercito federale, la situazione peggiorò notevolmente ed i colloqui di pace subirono un’ulteriore battuta d’arresto. Tuttavia, grazie alla mobilitazione di molte personalità in Messico e all’estero, che si opposero all’atteggiamento del governo e dell’esercito federale, si riuscì a convincere il governo del PRI (Partido Rivolucionario Istitucional) (9) a perseguire da quel momento in poi una repressione relativamente più nascosta definita «guerra a bassa intensità».
La politica di repressione del governo, tesa a perpetuare la miseria ed il silenzio degli indigeni attraverso l’occupazione militare dello stato e l’appoggio a bande paramilitari di tendenza reazionaria, intese fiaccare la resistenza dell’EZLN evitando di incorrere nel biasimo dell’opinione pubblica internazionale. Nel 1998 la "Commissione Civile Internazionale di Osservazione per i Diritti Umani" scriveva: “lo stato del Chiapas vive in questi momenti le conseguenze di una situazione di profonda scomposizione politica e di preoccupante destrutturazione sociale. A tutti i livelli si comprende come le strutture istituzionali siano incapaci di assicurare la presenza dello stato di diritto e come la società chiapaneca, specialmente le comunità indigene, soffrano le conseguenze di una situazione generalizzata di violenza e impunità”. Un secondo documento della Commissione, datato 1999, fotografa una situazione ulteriormente peggiorata.
Nel luglio del 2000, l’elezione di Vicente Fox alla presidenza messicana (10) fece rinascere le speranze per una soluzione pacifica del conflitto. Il Presidente Fox promise di mettere fine radicalmente alle politiche repressive del governo precedente del PRI e di favorire una soluzione di lungo periodo alle problematiche dei popoli indigeni del Chiapas. Purtroppo, queste soluzioni non sono state trovate e le élites politiche, sociali ed economiche messicane ed internazionali continuano a resistere all’idea di dignità indigena.
Il subcomandante Marcos (11) ha saputo convincere, almeno in parte, i moderni mezzi di informazione a fungere da cassa di risonanza mondiale del movimento legato ai diritti dei popoli indigeni del Chiapas. Nella primavera del 2001, gli zapatisti hanno organizzato la Marcia per la Dignità Indigena, durata due settimane con partenza dal Chiapas e conclusione a Città del Messico. La Marcia si è conclusa con una manifestazione nella piazza principale di Città del Messico (lo Zócalo) di fronte ad oltre 250.000 persone.
In assenza di chiare garanzie del rispetto degli accordi pregressi, Marcos ha accuratamente evitato di incontrare il Presidente Fox che, nell’occasione, è apparso più interessato alla foto ricordo, quindi allo sfruttamento pubblicitario dell’iniziativa di pace che non all’appoggio delle richieste zapatiste. La Comandante zapatista Esther, durante il suo discorso tenuto presso il Congresso (parlamento federale) messicano, ha successivamente sollecitato l’approvazione della legge per i diritti dei popoli indigeni, da lungo tempo prevista in base agli accordi di San Andrés. Purtroppo, il Congresso ha poi approvato una riforma rimaneggiata in molti punti e non rispondente agli accordi iniziali, perdendo l’occasione di risolvere finalmente una questione di diritti umani che pesa sullo sviluppo del paese e che avrebbe potuto costituire un segnale di civiltà per il mondo intero.
La legge, originariamente, avrebbe dovuto concedere alle comunità indigene un’autonomia limitata, nonché l’autogoverno ed il controllo della terra sulla quale queste popolazioni vivono da secoli, ma la versione approvata svuota questi concetti di molti significati pratici. Anche gli osservatori di chiara impronta liberista della rivista «The Economist» riconoscono che i conservatori del PAN e del PRI, responsabili degli emendamenti alla legge, «hanno sostenuto che la legge avrebbe danneggiato l’unità del paese [anche se] in privato ammettono di aver temuto che [la legge] potesse danneggiare gli interessi dei boss locali e dei proprietari terrieri, in particolare negli stati meridionali, nei quali le dispute sulla proprietà della terra sono comuni» (12).
Il 29 aprile del 2001 la comandancia general del EZLN prende atto del fatto che «la riforma costituzionale sui diritti e la cultura indigeni, recentemente approvata dal Congresso dell’Unione, […] non risponde in assoluto alle domande dei popoli indios del Messico, del Congresso Nazionale Indigeno, dell’EZLN, né della società civile nazionale e internazionale che si è mobilitata nei fatti recenti. […] La detta riforma tradisce gli accordi di San Andrés e […] rappresenta una grave offesa ai popoli indios, alla società civile nazionale ed internazionale e all’opinione pubblica, poiché disprezza la mobilitazione ed il consenso senza precedenti che la lotta indigena ha raggiunto in questi tempi» (13). Gli zapatisti hanno quindi scelto di interrompere i contatti con il governo e di ritornare alla resistenza ed alla ribellione tra le montagne della Selva Lacandona.

Il Chiapas oggi (14)

Le informazioni che arrivano in occidente sono poche e, non a caso, distorte. La situazione in Chiapas è tutt’oggi caratterizzata dalla presenza dell’esercito (sebbene in misura ridotta rispetto al passato) e di formazioni paramilitari di disturbo appoggiate dai settori più retrivi della società messicana (in primis i terratenientes ovvero i latifondisti), tuttora non disarmate e attive nella repressione violenta nei confronti degli indigeni. Il governo ha perseguito una strategia di divisione delle comunità indigene attraverso corruzione, favoritismi, progetti di aiuto economico alle comunità più docili dal punto di vista politico.
I rifugiati che hanno dovuto lasciare le proprie case nel corso della guerra sono circa 15.000, dei quali soltanto 1.400 sono tornati alle proprie case (15). La causa principale del fallimento degli «accordi di riconciliazione», promossi dal governo e indirizzati al ritorno dei profughi, è da ricercare nella totale assenza di leggi che prevedano il risarcimento dei danni e la persecuzione dei colpevoli di violenze e furti.
Al fine di giungere ad una soluzione definitiva del conflitto, la «Commissione Civile Internazionale di Osservazione per i Diritti Umani» aveva raccomandato al governo messicano di accettare le tre rivendicazioni che l’EZLN proponeva come condizioni fondamentali per riavviare i colloqui di pace:
• rispetto del progetto di riforma costituzionale della Commissione Parlamentare COCOPA;
• liberazione di tutti i prigionieri politici zapatisti senza che si producano ulteriori arresti che possano complicare la situazione;
• ritiro dell’esercito nelle posizioni precedenti alla guerra.
La risposta delle Istituzioni messicane in relazione a queste richieste è stata quasi totalmente negativa. Nuovi gruppi paramilitari nascono con il preciso scopo di allontanare gli indigeni dalla resistenza zapatista (con la forza o attraverso la corruzione) con il coinvolgimento diretto o indiretto dei maggiori partiti messicani e degli organi di governo locale e federale. Nel 2002, la Suprema Corte de Justicia de la Nación ha considerato non accettabili i 330 ricorsi, presentati da diversi municipi indigeni di vari Stati del Messico, contro la nuova legge costituzionale sui diritti dei popoli indigeni approvata l’anno precedente (16). I primi segnali dai partiti maggiori, PAN e PRI, sono di assoluta indisponibilità a rivedere la legge (truffa) sui diritti degli indigeni, sebbene ci siano alcuni deputati sensibili a questi problemi soprattutto tra le file dei partiti di sinistra che pure sulla questione hanno sempre mantenuto una posizione ambigua (primo fra tutti il PRD) (17).
Nel frattempo, l’iniziativa politica degli zapatisti rimane di alto profilo e conferma la tradizione radicale e autenticamente popolare di questo movimento che guarda il mondo dal basso con gli occhi delle comunità in lotta.
Il tradimento degli Accordi di San Andrés ha portato l’EZLN a sospendere totalmente qualsiasi contatto con il governo federale messicano ed i partiti politici e ad intraprendere una strategia diversa da quella del negoziato con le forze politiche. Come molto lucidamente analizzato da Gustavo Castro Soto dell’ONG chiapaneca CIEPAC in un recente articolo, l’EZLN ha deciso che nei territori ribelli saranno applicati per le vie di fatto gli Accordi di San Andrés, sottolineando così i due assi centrali nella loro strategia: Resistenza e Ribellione. «L’unica strada che ci hanno lasciato è quella di organizzarci con resistenza e ribellione», ha affermato il Comandante Tacho. Per il Comandante David «Con la nostra lotta, resistenza e ribellione desideriamo dare un piccolo contributo alla lotta più grande contro il neoliberismo e la globalizzazione della morte che minaccia tutta l’umanità». Dunque si apre un’altra strada per i popoli indigeni: la via dei fatti. Gli zapatisti hanno scelto di rafforzare la loro ultima trincea, di rivolgersi in basso, ai piedi, alla terra come base fondamentale dell’autonomia per germinare dal basso un nuovo cammino. Per l’EZLN la strategia si concentra «nell’esercitare il nostro diritto nella pratica, quale giusta strada che devono percorrere i popoli indigeni del Messico» (18).
Durante una festa aperta alla società civile nazionale ed internazionale il 9 Agosto presso Oventik, municipio de San Andrés Sacam`chén de los Pobres, di fronte a decine di migliaia di persone i rappresentanti del CCRI-Comandancia General dell’EZLN hanno spiegato al mondo che i 27 Municipi Autonomi Ribelli Zapatisti (MAREZ) si raggrupperanno su basi geografiche intorno a cinque Caracoles (letteralmente mulinelli) di nuova costituzione (19).
Dal punto di vista pratico, i Caracoles sono una riorganizzazione del territorio zapatista. Ad ogni Caracol corrisponde una precisa zona geografica comprendente vari municipi autonomi ribelli zapatisti. Ognuno di questi municipi continua a governarsi in piena autonomia amministrando la giustizia, la salute, l’educazione, la terra, il lavoro, l’alimentazione, l’informazione, la cultura e il transito locale. Vengono eletti dai Municipi 1 o 2 loro rappresentanti all’interno della Giunta del Buon Governo. Infatti ad ogni Caracol corrisponde una Giunta del Buon Governo (acronimo messicano JBG) con funzioni di coordinamento verso l’interno e verso l’esterno (20).
Verso l’interno con i seguenti compiti:
• riequilibrio dello sviluppo fra i municipi e fra le comunità all’interno di ogni Municipio;
• mediazione nei conflitti fra Municipi Autonomi e fra questi e quelli governativi;
• verifica e indagini sulle denunce per violazioni dei diritti umani da parte dei Municipi Autonomi;
• vigilanza e rispetto delle leggi dei Municipi Autonomi Ribelli Zapatisti.
Verso l’esterno con i seguenti compiti:
• rapporti con la società civile nazionale ed internazionale (visite, progetti, accampamenti di pace, ricerche, ecc.);
• partecipazione a manifestazioni ed eventi (in coordinamento con il CCRI dell’EZLN);
• verifica, indagini e denuncia delle violazioni dei diritti umani nei confronti di comunità e di Municipi Autonomi.
Il Comitato Clandestino Rivoluzionario Indigeno vigila perché le giunte rispettino il principio zapatista del «comandare obbedendo». L’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale, attraverso il suo portavoce Marcos, in occasione della formazione delle Giunte, spiega al popolo quali saranno gli importanti cambiamenti nei rapporti tra l’EZLN e i governi autonomi zapatisti: «da questo momento non sarò più portavoce dei Municipi Autonomi Ribelli Zapatisti. Questi hanno già chi può parlare, e bene, per loro. Nel mio ruolo di comandante militare delle truppe zapatiste, vi comunico che a partire da questo momento i Consigli Autonomi non potranno ricorrere alle forze miliziane per il lavori di governo. Dovranno pertanto sforzarsi di fare come dovrebbero fare tutti i buoni governi, cioè ricorrere alla ragione e non alla forza per governare. Gli eserciti si devono usare per difendere e non per governare. Il lavoro di un esercito non è quello del poliziotto o di agente del Pubblico Ministero. Di conseguenza, come vi verrà comunicato dai nostri comandanti, verranno ritirati tutti i posti di blocco e di controllo che al comando delle autorità autonome le nostre forze mantenevano su sentieri e strade, così come la riscossione di tasse a privati. […] Continua ad essere nostro lavoro e nostro dovere proteggere le comunità dalle aggressioni del mal governo, dei paramilitari e di tutti quelli che vogliono far loro del male. Per questo siamo nati, per questo viviamo e per questo siamo disposti a morire» (21).
Con la formazione delle Giunte, «i governi municipali acquisiscono una proiezione regionale che tenta di rafforzarli attraverso una politica regionale, e nel contempo obbliga tali governi ad esercitare la propria funzione pubblica in accordo a principi di moralità. […] Così, questo processo di creazione di nuove forme di governo indigene, contraddice l’idea formalista e positivista che le istituzioni politiche possono esistere solo quando esista un processo giuridico formale di creazione in accordo con le regole generate all’interno del chiuso ambito giuridico. Come possiamo vedere, se il diritto non ha la capacità, in un dato momento storico, di creare le istituzione che la società domanda, la stessa società può avanzare nella costituzione delle proprie nuove strutture politiche e spesso ciò creerà uno scontro con l’ordine vigente. A seconda della forza delle due parti (lo Stato ed il movimento sociale), successivamente inizierà o meno il suo riconoscimento giuridico formale. Ciò significa che la lotta politica dei popoli indigeni non può esser limitata al riconoscimento giuridico dei loro diritti, ma alla creazione delle istituzioni politiche che permettano ad essi una vita buona, in accordo con la propria cultura ed adeguata al mondo di oggi (22).

Aspetti di un movimento che si distingue

Il movimento zapatista dichiara di essere un «esercito di pace», formato da guerrieri che non credono nelle armi (23). Queste sono impugnate soltanto per difendere i territori presidiati sia dall’esercito che da commandos paramilitari sovvenzionati dai latifondisti ma per la verità la resistenza delle comunità ha sempre assunto, fino ad oggi, caratteri di resistenza passiva e non violenta. Attraverso questa strategia basata sull’iniziativa politica, gli zapatisti si sono assicurati oggi uno status quo nel quale sostanzialmente le comunità, organizzate nei Municipi Autonomi, convivono come forme tollerate di autogoverno con i municipi ufficiali.
Questo è un movimento di liberazione nazionale che ha saputo distinguersi nettamente dai movimenti di guerriglia attivi in altre zone del mondo. Basta analizzare l’espressione: «ci siamo fatti soldati perché non ci siano più soldati» o quando affermano di «comandare obbedendo». Nella cosmovisione indigena l’obbedienza non è rivolta a nessuno se non al popolo al quale orgogliosamente appartengono (24) e per questo motivo nelle zone controllate dall’EZLN si leggono cartelli con la scritta: «qui comanda il popolo e il governo ubbidisce».
La stessa organizzazione militare dell’EZLN è basata su un’inversione di sovranità rispetto ai movimenti guerriglieri tradizionali. Si tratta innanzitutto di un esercito quasi totalmente costituito da indigeni con un gruppo di comando politico, il CCRI ovvero il Comité Clandestino Revolucionario Indígena, ma anche militare costituito da rappresentanti indigeni eletti dalle Comunità. «All’apice stanno le comunità che, in assemblea, nominano i loro comandanti. L’immagine del comandante guerrigliero perde ogni idealizzazione quando si conosce personalmente qualche comandante dell’EZLN. La comandante Trini, per esempio, è una donna tojolabal di sessantadue anni che vive nella sua comunità, svolge i lavori quotidiani […] indossa i tipici vestiti delle indigene, è grassa e porta sandali oppure va scalza. […] La divisione dei ruoli nell’EZLN appare abbastanza netta. Il contatto con le comunità viene tenuto dai membri del CCRI, organo formato esclusivamente da indigeni eletti dalle loro comunità, che hanno l’incarico di comandanti e al quale non può appartenere Marcos in quanto meticcio» (25). Il CCRI rappresenta quindi la Comandancia General dell’EZLN e Marcos, con il ruolo di subcomandante, agisce da portavoce e comandante operativo delle operazioni militari. Le comunità vengono comunque consultate in occasione di ogni decisione di natura strategica.
Marcos dice che le sue armi sono «la parola, la memoria e il sogno» (26). Il sub Comandante Marcos parla per metafore, utilizzando un linguaggio nuovo e capace di arrivare direttamente al cuore della società civile. È un linguaggio fatto di metafore e poesia. Una poesia per il popolo e del popolo, un linguaggio capace di risvegliare valori quali orgoglio, onore, dignità, fierezza e coraggio (27). Gli zapatisti dichiarano costantemente di non essere interessati al potere, ma unicamente al riconoscimento dei diritti umani e civili degli indigeni.

Manifestazione zapatista allo Zocalo

Il gemellaggio di Paviainseriea (28)

Nella prima settimana di novembre 2003, insieme a Valentina Negri, in qualità di rappresentanti di paviainseriea, siamo giunti a Morelia, sede del caracol competente per territorio per incontrare la Giunta del Buon Governo a cui fa capo il Municipio Autonomo 1° de Enero (29) con cui l’associazione paviainseriea è gemellata. La JBG Torbellino de Nuestras Palabras è composta di 14 rappresentanti dei 7 municipi autonomi della zona, eletti tra i membri dei consigli municipali zapatisti di ogni municipio.
Presentiamo quindi la nostra associazione alla Giunta tentando di spiegare come Paviainseriea, pur con risorse limitate, abbia operato un coinvolgimento della cittadinanza pavese attraverso un movimento «dal basso» ossia con un coinvolgimento diretto delle persone che da semplici spettatrici diventano protagoniste delle attività. Le precedenti raccolte fondi a favore del Chiapas, oltre ad aver sensibilizzato ed avvicinato la città alla causa zapatista, grazie soprattutto agli interventi ed ai filmati proiettati durante le serate, hanno inoltre consentito di raccogliere fino ad oggi 3.500, inviati successivamente al MA Primero de Enero e utilizzati per l’acquisto di materiale didattico e sanitario per le scuole autonome del Municipio. Viene inoltre sottolineato come la nostra disponibilità di risorse da inviare ai nostri fratelli e sorelle zapatiste sia strutturalmente legata alla raccolta di fondi presso la cittadinanza, essendo Paviainseriea una struttura «di base» sostanzialmente autofinanziata e priva di contributi pubblici. Concludiamo poi sottolineando che la nostra presenza (ovviamente autofinanziata attraverso i nostri risparmi privati) vuole essere un ulteriore passo per rafforzare la relazione con i compagni indigeni e per meglio comprendere quale sia il metodo migliore per lavorare insieme in futuro.
I compagni delle JBG ringraziano la nostra associazione che, con il suo contributo, unisce il suo granello di sabbia a quello di altri per appoggiare la causa zapatista. Viene sottolineato poi che i nostri contributi dovranno essere d’ora in poi indirizzati direttamente alla Giunta che determinerà quelli che sono i progetti più urgenti all’interno della regione di competenza, trattenendo una quota del 10% utilizzata per le esigenze di coordinamento tra i diversi Municipi e la Giunta stessa. Viene comunque specificato che la destinazione dei fondi raccolti sarà comunque preferenzialmente destinata al Municipio gemellato, a patto che tale destinazione non costituisca una violazione del principio fondamentale di sviluppo equilibrato di tutte le comunità. La Giunta è stata costituita proprio per dar voce a tutti i compagni zapatisti, anche a chi è più isolato a causa del proprio insediamento sulle montagne, e decidere quindi quali sono le necessità impellenti a cui rivolgere in primis gli appoggi. Ogni forma di aiuto consente al popolo indigeno di auto-sostenersi senza l’appoggio governativo.
Nella nostra successiva permanenza presso le diverse Comunità decentrate (30) componenti il Municipio Autonomo 1° de Enero, abbiamo avuto modo di incontrare tutta la popolazione (donne, uomini e bambini) attraverso le assemblee di base indette in ogni Comunità al fine di incontrarci. Nelle assemblee, dopo l’iniziale preghiera (31), l’inno messicano, l’inno zapatista e l’inno dell’educazione zapatista ci vengono illustrate le necessità che sono molteplici: presidi medici, materiale scolastico, elettricità ed acqua potabile, risorse ancora in gran parte carenti nella zona.
Malgrado le difficoltà affrontate delle comunità zapatiste rimangano enormi, quando chiediamo ai compagni, che cosa hanno guadagnato con questa lotta ci rispondono senza esitazioni: «Ora non abbiamo più padroni, i nostri figli vanno a scuola e mangiamo tre volte al giorno». È vero che i tre pasti giornalieri sono costituiti quasi esclusivamente da fagioli, uova con pomodoro e tortillas di mais ma, in effetti, quelle elencate ci sembrano ottime ragioni per lottare.
Affrontiamo poi con diversi compagni del Consiglio municipale un altro argomento scottante e di sicuro interesse per il pubblico italiano: il rifiuto degli aiuti che tutte le comunità zapatiste oppongono ai governi statale e federale. La risposta è univoca e convinta: i governi hanno dimostrato una totale indisponibilità a rispettare gli accordi politici conclusi nel decennio scorso con gli zapatisti (32) per cui la strada del dialogo è a questo punto conclusa senza risultato e occorre realizzare la vera autonomia. Ovviamente, la vera autonomia consiste nel resistere al tentativo governativo di comprare il consenso politico attraverso aiuti che nascondono una volontà di controllo e dominio da parte delle autorità.
Prima della partenza veniamo infine salutati da tutti i compagni che scherzano sul fatto che dopo un’altra giornata passata in montagna siamo totalmente ricoperti di fango: queste battute ci forniscono l’alibi per andarcene in bellezza solennemente dichiarando di non volerci lavare gli scarponi per poter portare con noi in Italia il fango di Chiapas. La figura retorica funziona soltanto dopo la traduzione spagnolo-tzeltal (33) e l’avventura si chiude nella speranza di poter tenere fede alle promesse fatte.

Valentina Negri

Perché appoggiare lo zapatismo

A mio avviso ci troviamo innanzi ad un fondamentale fronte di lotta contro l’ingiustizia globalizzata forse addirittura avvicinabile alla situazione creatasi sul fronte spagnolo nel 1936.
Appoggiare agli zapatisti non è un problema umanitario ma politico: se gli zapatisti vincono, allora la speranza in un mondo migliore per tutti i popoli del mondo potrà faticosamente sopravvivere. Se questi gruppi di indigeni ribelli perdessero, questa sconfitta potrebbe avere ripercussioni drammatiche su tutti i movimenti che si ribellano ai dettami della politica neoliberista e ritardare di decenni la lotta contro l’ingiustizia in tutto il mondo.
Alla completa assenza di appoggi da parte della comunità politica internazionale (34), per ovvie ragioni di opportunità, si aggiunge il quasi totale disinteresse da parte del mondo della cooperazione internazionale, a causa dell’indisponibilità degli zapatisti a tollerare i compromessi tipici di questo tipo di intervento (35). Di conseguenza, gli appoggi disponibili sono estremamente ridotti e, per questa ragione, riteniamo che occorra una mobilitazione generale di tutte le strutture libertarie in Italia (36) per aiutare questi compagni.
Va sottolineato che l’aiuto a queste forme di resistenza, così come ve lo stiamo proponendo, si caratterizza per l’assenza di forme d’intermediazione o di direzione da parte del benefattore, così come la completa assenza di costi amministrativi per la gestione degli aiuti. Le risorse che raccogliamo vengono inviate direttamente dal nostro conto corrente ai referenti degli organi politici controllati dalle comunità (e cioè il conto corrente della competente Giunta del Buon Governo) e i progetti di sviluppo prevedono la completa autonomia decisionale delle comunità beneficiarie attraverso le competenti forme di autogoverno (Municipi Autonomi e Consigli di Comunità)Va sottolineato che l’aiuto a queste forme di resistenza, così come ve lo stiamo proponendo, si caratterizza per l’assenza di forme d’intermediazione o di direzione da parte del benefattore, così come la completa assenza di costi amministrativi per la gestione degli aiuti. Le risorse che raccogliamo vengono inviate direttamente dal nostro conto corrente ai referenti degli organi politici controllati dalle comunità (e cioè il conto corrente della competente Giunta del Buon Governo) e i progetti di sviluppo prevedono la completa autonomia decisionale delle comunità beneficiarie attraverso le competenti forme di autogoverno (Municipi Autonomi e Consigli di Comunità (37). Si tratta quindi di un aiuto che può essere verificato da parte nostra nei suoi risultati pratici, anche attraverso costanti contatti e visite presso le comunità, ma che parte in forma completamente incondizionata. Questa scelta deriva dalla fiducia che riponiamo nella capacità di autogoverno delle comunità zapatiste (e, in generale, in tutte le forme di autogoverno).
Per evidenziare ulteriormente le difficoltà che i compagni affrontano ogni giorno nella lotta contro il potere, siamo appena stati informati che i compagni della Giunta del Buon Governo del Caracol di Torbellino de Nuestras Palabras (vedi il resoconto di viaggio alle pagine precedenti) stanno subendo un attacco in forze da parte di formazioni legate al PRI. In base al resoconto dell’importante quotidiano messicano La Jornada, il Sindaco priista (38) della vicina cittadina di Altamirano avrebbe minacciato di distruggere le installazioni zapatiste di Morelia. Sulla base dei dati disponibili, il conflitto sarebbe originato da motivazioni esclusivamente politiche e per il momento lo scontro fisico sarebbe stato evitato. Attualmente sono presenti in zona numerosi esponenti delle forze armate e di polizia e nulla sappiamo di come si evolverà la situazione (39).
Per queste motivazioni politiche tutti gli amanti della libertà si devono attivare per sostenere questa lotta. Sinceramente, anche osservare i bambini a piedi nudi nel fango che ti guardano e ti sorridono fa molto UNICEF e può aiutare a scuotere le coscienze, ma ricordiamoci che la scelta di aiutare questo popolo in questo momento è soprattutto una scelta politica alternativa al potere.

Marco Gastoni
Presidente associazione Paviainseriea

Ringraziamenti:
Oltre a ringraziare tutti i compagni zapatisti incontrati in questi anni in Chiapas e fuori, desidero ringraziare tutte le associazioni italiane operative sulla questione zapatista e, in particolare, Sergio di Ya Basta! di Milano. Grazie anche ad Annamaria del Comitato Maribel di Bergamo e Renza del Comitato Chiapas Torino per aver diffuso pubblicamente, in tutti questi anni, le traduzioni dallo spagnolo di tutti i documenti rilevanti su questo argomento. Senza di loro, probabilmente l’Italia non sarebbe uno dei paesi più sensibili e attivi su queste tematiche. Inoltre, volevo indirizzare un ringraziamento particolare all’inviato del quotidiano messicano «La Jornada», Hermann Bellinghausen, che ho avuto la fortuna di incontrare recentemente, per aver fatto conoscere a tutto il mondo le notizie che giungevano dalla Selva Lacandona fin dal 1994. Last, but not least, ringrazio moltissimo Valentina Negri e Michele Zancan e tutti gli altri compagni dell’associazione Paviainseriea per il supporto fornitomi.

Note

1. Paviainseriea è un’associazione di base d’ispirazione libertaria che si occupa di organizzare eventi culturali in appoggio a iniziative sociali rivolte a soggetti svantaggiati, basandosi sull’attività volontaria e gratuita di tutti i propri soci e organi rappresentativi. L’associazione è svincolata da appoggi politici, sostanzialmente autofinanziata e promuove una strategia di crescita culturale e sociale dal basso. Per ulteriori informazioni sulle attività degli ultimi anni ed eventuali contatti si veda il nostro sito internet: http://www.paviainseriea.it.
2. Il capitolo è basato in parte sull’opuscolo edito dall’associazione Paviainseriea Chiapas di Marco Gastoni e Michele Zancan (settembre 2002).
3. Contra la pobreza por una estrategia de política social di Guillermo Trejo, Claudio Jones (coords.), 1993.
4. «The Economist», 15 Marzo 2001.
5. Il capitolo è basato in parte sull’opuscolo edito dall’associazione Paviainseriea Chiapas di Marco Gastoni e Michele Zancan (settembre 2002).
6. North America Free Trade Agreement entrato in vigore proprio il 1 gennaio 1994.
7. «El Despertador» Mexicano, 1.1.1994.
8. Gli accordi di San Andrés (16 febbraio 1996) furono firmati dai rappresentanti del potere esecutivo (governo federale), da una commissione parlamentare (COCOPA – Comisión de Concordia y Pacificación) che annoverava rappresentanti di tutti i partiti politici e dai rappresentanti dell’EZLN e prevedeva il riconoscimento costituzionale dei diritti e della cultura dei popoli indigeni.
9. Il PRI ha governato il Messico per 70 anni fino al 2000. Il termine «revolucionario» inserito nel nome di questo partito è semplicemente un omaggio di facciata al passato rivoluzionario messicano di Francisco «Pancho» Villa: in realtà le politiche del PRI sono sempre state estremamente conservatrici e hanno favorito l’ulteriore allargamento dell’enorme disuguaglianza sociale tipica del Messico.
10. Vicente Fox ex alto dirigente della Coca Cola in Messico guida il PAN (Partido Acción Nacional) e il governo federale di centro destra.
11. Portavoce e stratega dell’EZLN. Nelle parole ufficiali dell’EZLN Marcos «nacque 11 anni fa nella selva Lacandona e da allora ha vissuto, bevuto, mangiato e dormito insieme a noi, gli indigeni del Chiapas; Marcos, così come tutti i membri del CCRI (Comité Clandestino Revolucionario Indígeno), non sa niente e non è niente se non un rappresentante in più, insieme al CCRI, degli indigeni del popolo chiapaneco».
12. «The Economist» (3.5.2001).
13. Comunicato del CCRI-Comandancia general del EZLN 29 aprile 2001.
14. Il capitolo è basato in parte sull’opuscolo edito dall’associazione Paviainseriea Chiapas di Marco Gastoni e Michele Zancan (settembre 2002).
15. Fonte «The Economist» (10.1.2002).
16. Vedi paragrafi precedenti.
17. Partido de la Revolución Democrática.
18. Gustavo Castro Soto «Per comprendere l’EZLN» Chiapas al Día, No. 380 CIEPAC (Center for Economic and Political Investigations of Community Action, A.C. ciepac@laneta.apc.org) CIEPAC Chiapas, Messico 21 ottobre 2003.
19. «Guarda, là nel ruscello si è formato un mulinello e nel suo centro la luna esegue la sua danza tremolante. Un mulinello... o un caracol. Dicono qui che i più antichi affermano che altri ancora più antichi dicevano che i primi su queste terre avessero il culto per la figura del caracol. Dicono che dicono che dicevano che il caracol rappresenta l’ingresso al cuore, così dicevano i primi a conoscenza. E dicono che dicono che dicevano che il caracol rappresenta anche l’uscita dal cuore per camminare nel mondo, come i primi chiamarono la vita. E non solo, dicono che dicono che dicevano che con il caracol si chiamava la collettività affinché la parola scorresse da uno all’altro e nascesse l’accordo. E dicono anche che dicono che dicevano che il caracol era d’aiuto affinché l’udito percepisse anche la parola più lontana. Questo dicono che dicono che dicevano. Io non lo so. Io cammino con te mano nella mano e ti mostro quello che vede il mio udito e ascolta il mio sguardo. E vedo e sento un caracol, il pu’y, come lo chiamano nella lingua di qua.» Subcomandante Marcos «Chiapas: la tredicesima stele Prima Parte: Un Caracol» Traduzione del Comitato Chiapas di Torino.
20. Sintesi del Comitato Chiapas di Torino.
21. Parole del subcomandante Marcos il 9 agosto presso Oventik, municipio de San Andrés Sacam`chén de los Pobres. Traduzione del Comitato Chiapas di Torino.
22. Juan Carlos Martínez «Le giunte del buon governo: Autonomia e governabilità non statale» Chiapas al Día, No. 379 CIEPAC (Center for Economic and Political Investigations of Community Action, A.C. ciepac@laneta.apc.org) Chiapas, México 17 ottobre 2003, traduzione di Luca Martinelli.
23. Resistenza in Chiapas di Elisabetta Tola e Paolo Figini
24. Id.
25. Raúl Zibechi, Il paradosso zapatista. La guerriglia antimilitarista in Chiapas, Elèuthera, 1998, p. 57.
26. RadioChango: Marcos e l’epopea degli zapatisti di Jacques Blanco.
27. Vedi per esempio il discorso allo Zócalo di Città del Messico.
28. Estratto dall’opuscolo edito dall’associazione Paviainseriea di Pavia Notizie dal Chiapas: Visita alla Giunta Del Buon Governo «Corazon Del Arcoiris De Nuestra Esperanza» e al Municipio Autonomo di 1° de Enero di Valentina Negri e Marco Gastoni, 2003, disponibile su richiesta.
29. 1 Gennaio, in onore del 1 gennaio 1994 inizio della rivolta zapatista.
30. Nei giorni successivi visitiamo le Comunità di Patria Nueva, Nuevo Jerusalén e Tierra de Santa Maria.
31. Gli zapatisti sono in maggioranza cattolici.
32. Si vedano, per esempio, i mai rispettati accordi di San Andrés del 1996 tra EZLN, Governo Federale e Congresso.
33. Molti compagni non capiscono e non parlano correttamente lo spagnolo e si esprimono nella lingua madre di derivazione maya.
34. L’appoggio politico alle strutture zapatiste è limitato a pochi gemellaggi promossi da alcune associazioni e Comuni in gran parte italiani. Per una visione completa dei (purtroppo pochi) gemellaggi attivi si veda il sito dell’ONG messicana Enlace Civil http://www.enlacecivil.org.mx/.
35. Sappiamo bene quante contraddizioni e problematiche si nascondano nel funzionamento delle politiche di aiuto economico sviluppate da governi ed associazioni occidentali nei paesi poveri.
36. Siamo a conoscenza che esistono relazioni tra alcune organizzazioni libertarie e le comunità zapatiste e questo appello è ovviamente rivolto a dare supporto a tutte le iniziative impegnate nel Chiapas.
37. Eventuali aiuti che intendiate inviare in Chiapas possono essere canalizzati attraverso la nostra associazione, sul c/c 70475860173 ABI 03069 CAB 11333 (risparmiando sui costi del bonifico bancario) oppure possono essere inviati direttamente. Contattate Paviainseriea attraverso il nostro sito internet http://www.paviainseriea.it o la redazione di A e vi forniremo tutti i dettagli su come procedere.
38. Ovvero appartenente al PRI.
39. «La Jornada» 10 dicembre 2003.