rivista anarchica
anno 33 n. 295
dicembre 2003 - gennaio 2004


ambiente e comunità

Energia e comunità
di Adriano Paolella

Lo stile di vita che oggi conduciamo è l’unico possibile o si può attenuare, se non eliminare, il pesante impatto che questo comporta sull’ambiente?

la questione

Le condizioni
Il problema energetico caratterizza la nostra epoca. Grandi consumi, grandi emissioni ed angosciosi scenari futuri sul controllo delle fonti e della produzione sono i principali fattori che delineano la problematicità del tema.
Il modello vigente è definito dalla combinazione di alcuni elementi:

Un serrato monopolio delle produzioni energetiche
Gran parte dell’energia mondiale è ottenuta con l’uso di combustibili fossili la cui gestione è concentrata in poche decine di soggetti che godono dei maggiori profitti esistenti nel pianeta e determinano le politiche energetiche mondiali sia con una azione diretta di promozione dei propri prodotti sia attraverso i governi, ed in particolare quello degli Stati Uniti d’America a cui afferiscono più del 40% dei consumi energetici e la quasi totalità dei soggetti che gestiscono le fonti di energia non rinnovabile.
La posizione fatta tenere al governo americano, nell’ambito del protocollo di Kyoto e dei successivi incontri, e l’azione di disturbo attuata negli anni al fine di minimizzare il problema dei mutamenti climatici hanno rallentato e confuso ogni processo internazionale mirante alla riduzione dei consumi e delle emissioni inquinanti.

Un’enorme richiesta di energia
Ogni azione compiuta, dal muoversi, al lavarsi, all’alimentarsi, ed ogni attività produttiva, dall’agricoltura alle comunicazioni, tutto è fondato sull’uso di energia da fonti non rinnovabili. In ciò è stata attuata una completa sostituzione dell’energia umana, e di quella direttamente gestita dall’uomo, non sempre migliorando la qualità dell’esistenza e sicuramente comportando uno stato di alterazione del pianeta insostenibile.

Un enorme spreco di energia
Un autoveicolo che viaggia a 180 km/h consuma il doppio di un autoveicolo che viaggia a 90 km/h. Ma quando si cambia un autoveicolo ancora funzionante si consuma energia: l’energia necessaria al prelievo ed alla preparazione dei materiali, alla fabbricazione, alla distribuzione ed alla commercializzazione, alla demolizione e allo smaltimento.
Ogni oggetto inutile è uno spreco di energia. Ogni oggetto riutilizzato, a cui è data una nuova funzionalità, seppur diversa dall’originale, è energia risparmiata.

Una richiesta di energia “nuova”
L’energia richiesta, al di là di come sia prodotta, è sempre “nuova”; è raro inserire le proprie attività in un ciclo energetico equilibrato.
Nella società contemporanea è difficile recuperare la parte organica dei rifiuti dell’abitazione che è energia per l’agricoltura, recuperare le potature dell’agricoltura che è biomassa per impianti civili, recuperare il calore dei processi industriali.
Considerare la “complessità” dell’abitare permette di chiudere il ciclo energetico, mentre l’apparente “semplicità” dell’acquisto di energia dal mercato lascia aperto il ciclo scaricando un enorme peso destrutturante l’ambiente e la società.

Le soluzioni proposte
L’esistenza del problema energetico è unanimemente constatato, a parte alcuni che lo riducono alla dimensione esclusivamente produttiva. Per coloro i quali hanno posto attenzione alle questione ambientale le proposte sono volte in tre direzioni: la riduzione dei consumi, il miglioramento dell’efficienza tecnologica dei processi, l’uso di energia rinnovabile.

La riduzione dei consumi
È il sistema che in maniera migliore risponderebbe alla gravità della situazione. Attraverso la riduzione dei consumi si potrebbe garantire intanto una riduzione delle emissioni, l’allentamento delle tensioni nei bacini geografici in cui sono presenti le risorse, e forse una maggiore attenzione nei confronti delle modalità di produzione.
È evidente che tale azione si può concretizzare esclusivamente contrastando quelli che sono gli interessi dei produttori di energia e dei venditori di combustibili che spingono invece per un continuo aumento dei consumi di energia.
Ma sarebbe necessario anche contrastare quel fenomeno, anch’esso proprio della società di mercato, della promozione di comportamenti basati sul consumo di merci che richiedono un crescente utilizzo dell’energia per essere prodotte e per funzionare.

Il miglioramento dell’efficienza tecnologica dei processi
Migliorare l’efficienza dei processi è un sistema utile alla riduzione degli sprechi energetici. È un atto dovuto anche in una società di mercato, atto che in qualche caso si combina con gli interessi economici dei produttori attenti al risparmio energetico in fase di costruzione delle merci.
Il miglioramento dell’efficienza ha però il suo limite nell’aumento dei consumi. Se infatti l’efficienza di un meccanismo aumenta, ma aumenta anche il numero dei meccanismi e il tempo di uso degli stessi, il beneficio della migliore efficienza è recuperato dalla maggiore quantità di uso.
Il miglioramento dell’efficienza è tendenzialmente perseguito da alcuni ambiti di ricerca che ritengono opportuno lasciare immutate le modalità di vita e quindi i consumi connessi; ciò sia perché interessati al mantenimento dell’ampiezza del mercato, ed in tal caso sono ambiti connessi all’industria, sia perché ritengono maggiormente plausibile indirizzare l’industria verso un aumento dell’efficienza piuttosto che verso la riduzione delle quantità della produzione.

L’uso di energia rinnovabile
Si basa sulla consapevolezza che se l’energia fosse prodotta attraverso l’uso di fonti rinnovabili si ridurrebbero fortemente le emissioni (si eliminerebbero di fatto l’uso dei combustibili fossili) e si permetterebbe il mantenimento o, eventualmente, l’aumento dell’attuale livello di consumi energetici migliorando nel contempo le condizioni ambientali del pianeta.
Anche in questo caso ad opporsi sono le grandi compagnie che controllano combustibili fossili e centrali energetiche tradizionali, che ritengono non conveniente passare ad altri sistemi produttivi senza prima avere consumato tutti i vantaggi connessi all’attuale loro controllo monopolistico delle fonti energetiche.
Il rinnovabile possiede una grande potenzialità; il problema della diffusione è nei costi delle soluzioni che sono comunque, in alcuni casi volontariamente, più elevati di quelli dell’energia tratta da fonti non rinnovabili [ciò è vero solo senza considerare i danni alla salute ed all’ambiente comportati dall’uso dei combustibili fossili].

Il ruolo attivo delle comunità e degli individui
La concentrazione della produzione e della distribuzione in pochi soggetti ha espropriato della capacità diffusa di produrre e gestire energia che era propria delle comunità e degli individui.
Questa condizione mette le persone e le società in una situazione di totale dipendenza degli interessi e dalle scelte di chi fornisce l’energia. Se l’energia è oggetto fondamentale per la nostra esistenza, alle soluzioni proposte ed attualmente praticate è necessario aggiungere una gestione diretta delle stesse.
L’aumento dell’efficienza dei sistemi produttivi e l’uso di risorse rinnovabili se da un lato ridurrebbe sostanzialmente le emissioni inquinanti dall’altro lascerebbe comunque la comunità nello stesso stato di sudditanza verso un sistema centralizzato e monopolistico.
È proprio il sistema produttivo e distributivo che deve adattarsi alle necessità delle comunità e non queste che debbono piegarsi alle esigenze del mercato dell’energia. La concentrazione della produzione abbassa i costi e la rete è il sistema di relazione tra la concentrazione della produzione e la diffusione del prodotto ovvero è uno degli strumenti attraverso cui si concretizza la sudditanza.
La delicatezza della rete non è solo insita nella sua enorme articolazione e nella interdipendenza delle parti (al collasso di una può rispondere il collasso del sistema) ma anche nel sovradimensionamento della produzione che deriva dalla necessità di risposta ad una potenziale domanda, di cui non è possibile una valutazione in dettaglio ma solo in grandi numeri, e dalla dispersione di energia in rete.
Nella rete le diverse modalità di produzione si omogeneizzano, nessuno sa se la sua è energia idroelettrica o nucleare, e non differenzia le necessità dei clienti. Nella rete i poli forti e quelli deboli sono determinati dai consumi e dalla tipologia degli stessi e quindi le comunità si trovano in una scala gerarchica le cui priorità possono non rispondere alle reali necessità locali.
Connettere i consumi con le produzioni in maniera diretta appare il mezzo per ridurre i consumi e aumentare l’efficienza del sistema ma serve principalmente ad evitare la corrispondenza tra energia e mercato dell’energia, ridando senso sociale ed ambientale all’energia medesima.
È del tutto evidente che l’uso del combustibile fossile sia quello che garantisce i massimi profitti: si brucia una risorsa rubata, o comunque sottostimata, si ribaltano sull’ambiente gli effetti negativi provocati, si gestiscono profitti e processi molto concentrati; non vi è alla scala di produzione industriale nessun sistema più economico. Se ci fosse stato lo avrebbero già utilizzato.
Non è dunque a scala globale né industriale che si possono trovare forme di convenienza al cambiamento.
Per un individuo la differenza economica tra l’uso di un bruciatore a gasolio, a gas o a biomasse è minima; la comunità e gli individui non guadagnano nella vendita di energia, non hanno necessità di ridurre i costi di produzione, hanno invece necessità di gestirla direttamente e di non acquisirla a caro prezzo da altri.
Nel caso di possesso della fonte, come per le biomasse, la convenienza è sostanziale e contrapposta a quella del grande produttore
È proprio questo cambiamento di ottica tra le logiche di chi produce e vende che ha dominato il comparto energetico.
Per favorire questa autonomia e riprendersi la gestione diretta delle risorse è necessario chiudere i cicli dell’energia dando alla comunità locale la gestione delle proprie necessità fuori dalla rete, fuori dal mercato.
I cicli integrati di produzione, consumo, recupero energetico, le connessioni delle diverse attività, la comprensione delle potenzialità e l’adattamento alle condizioni naturali dei luoghi sono alla base dell’uso di energia della singola comunità.
La produzione si diversifica in infinite soluzioni specifiche e ottimali per risparmiare, ridurre, recuperare.
Ricomporre l’unitarietà tra il soggetto che usa e quello che produce implica, oltre ad una maggiore consapevolezza tecnica, ad una maggiore autonomia economica e sociale, anche una maggiore considerazione dell’ambiente in quanto è lo stesso soggetto che, vivendo in quel luogo, tenderà ad un controllo dei processi, al corretto dimensionamento della trasformazione e quindi ad un uso congruo dell’energia.
Riduzione della sudditanza economica, aumento della consapevolezza, gestione tecnica dei processi portano alla riduzione dei consumi e dell’impatto nell’ambiente proprio per essere fuori da quelle tendenze alla crescita dei consumi che sono invece alla base del mercato.

Consumo di energia primaria nel mondo
Totale 10.000 milioni di tonnellate equivalenti di petrolio
Energia nucleare 7%
Energia da fonti rinnovabili 5%
Carbone 26%
Gas naturale 23%
Petrolio 39%
Anidride carbonica
Ogni anno i processi di combustione immettono nell’atmosfera 20 miliardi di t di CO2.
La metà 10 miliardi di t incrementa i 700 miliardi di CO2 già presenti in atmosfera.
Nel 1860 la concentrazione di CO2 in atmosfera era di 280 ppm.
Nei prossimi 30-50 anni è prevista una concentrazione di CO2 in atmosfera di 880 ppm.
Per produrre un kW/h posso sfruttare:
– il sole che in un giorno colpisce 2 mq di pannelli fotovoltaici;
– il vento che passa a 36 km/h attraverso 5 mq di superficie spazzata da un mulino a vento;
– 45.000 litri di acqua che cadono da 10 metri di altezza in una turbina Francis;
– 7 kg/h di vapore che, catturati da un soffione, vengono raccolti da una turbina; oppure
– l’energia prodotta da 300 normali pile stilo da giocattolo.
Fonte: Pietrogrande P., Masullo A. (2003), Energia verde per un paese “rinnovabile”, F. Muzzio Editore, Roma

Azioni ed emissioni

Azioni
kW/h
CO2
n. alberi per assorbire CO2

1 giorno illuminazione Colosseo
330
233
1

1 partita allo stadio S.Siro
5.000
3.500
15

1 eurostar da Milano a Roma
10.000
7.000
30

Consumo di una famiglia in 1 anno
3.030
2.012
9

Luminarie di una città per Natale
1.000.000
700.000
30.000

Fonte: Pietrogrande P., Masullo A. (2003), Energia verde per un paese “rinnovabile”, F. Muzzio Editore, Roma

 

la testimonianza

I Nuer ovvero l’uso di un dislivello di pochi metri
I Nuer sono una popolazione situata in Sudan in un’area di confluenza di due affluenti del Nilo. Gli studi a cui si rimanda sono quelli svolti da E. E. Evans-Pritchard negli anni trenta del secolo scorso e pubblicati in un libro del 1940, tradotto e edito in Italia nel 2000 con il titolo “I Nuer: un’anarchia ordinata”.
La parte di questo bellissimo studio che si desidera evidenziare è quella relativa al rapporto tra popolazione insediata e risorse naturali.
I Nuer vivevano in un luogo in cui la pioggia era abbondante ma concentrata in un limitato periodo dell’anno. L’esito di questa condizione era che i terreni erano per alcuni mesi allagati e per i rimanenti mesi sempre più secchi. Una savana temporaneamente allagata.
Gli insediamenti e l’organizzazione produttiva erano basati su questa doppia e contrapposta situazione di abbondanza e scarsità di acqua.
Il villaggio era localizzato nella parte alta di bassi rilievi naturali che emergevano, anche nella stagione delle piogge, dall’area allagata; qualche metro più in alto, in terreni asciutti. Durante il periodo delle piogge i pascoli avvenivano sulle aree alte in prossimità delle capanne. Con il procedere della stagione secca le acque si ritiravano verso le parti più basse, verso gli alvei dei corsi d’acqua ed i pascoli non più bagnati si seccavano. I Nuer, per fronteggiare tale condizione, spostavano una parte della popolazione maschile nei territori bassi, distanti anche decine di chilometri, cioè in altri insediamenti temporanei che permettevano il controllo del pascolo nelle zone ancora umide.
Gli insediamenti si mostravano così doppi come doppie erano le condizioni ambientali.

Costruzione di una stalla

Il punto centrale dell’alimentazione e anche dei rapporti sociali erano i bovini allevati. Ma i Nuer mangiavano raramente la carne e questo per due ragioni. La prima che, come noto, l’impegno energetico, in forma di quantità di foraggio, acqua e suolo necessario, per una alimentazione a base di carne è estremamente superiore a quella a base di verdure. Ovvero se i Nuer avessero mangiato carne non avrebbero potuto nutrire gli allevamenti. In secondo luogo i bovini soffrivano in determinati periodi dell’anno la siccità e la riduzione dei foraggi alla stessa maniera della popolazione. Però in quello stesso periodo riuscivano a fornire il latte, indispensabile alimento.
In sintesi essi adoperavano le mandrie come conserva di alimenti freschi da utilizzare nei periodi in cui agricoltura, pascolo e pesca erano meno produttivi.
Il sistema dei Nuer consentì di fare vivere la popolazione in un luogo che aveva condizioni di abitabilità estreme (allagamenti e siccità), terreni a bassa produttività (l’agricoltura era marginale nel sistema), caccia e vegetazione naturale (savana) molto ridotta.
È appunto la leggerezza abitativa dei Nuer che ha consentito di adattarsi ad un ambiente estremo e di poter comporre insediamenti energeticamente chiusi che si adattano all’ambiente e adattano l’ambiente senza danneggiarlo. Un uso delle risorse variato durante l’anno (i foraggi, la pesca, l’agricoltura, l’allevamento, la caccia); ciascuna delle risorse, insufficiente da sola, all’interno di un sistema di prelievo che non comprometteva le risorse aveva definito un sistema stabile nel tempo e lontano dalla possibilità di collasso derivante dall’ipersfruttamento dell’ambiente.
Questa autonomia sociale fu distrutta dal colonialismo che, tacciando di inciviltà un sistema evoluto ed adeguato ai luoghi, lo sostituì con modelli civili che destrutturarono i luoghi e massacrarono la comunità.


osservazioni dalla contemporaneità

Elogio dell’ambulante
La costruzione degli ipermercati e dei supermercati esterni ai centri abitati ha creato un ulteriore carico ambientale. Sia in ragione della quantità di superficie di suolo interessata dalla costruzione, sia in ragione dell’infrastrutturazione necessaria all’uso di tali edifici (si pensi alla vastità dei parcheggi) sia in ragione del traffico di autoveicoli (principale mezzo utilizzato per raggiungerli). Emissioni, file di macchine, desertificazione, modificazioni del microclima, della falda, del regime delle acque, eliminazione della vegetazione.
Il commercio ambulante è forse un sistema più economico, ambientalmente più economico.
A meno che per scegliere un paio di scarpe si abbia assolutamente bisogno di un capannone/negozio di 20.000 metri cubi (60 metri x 40 metri x 8), dati derivati dall’osservazione diretta. Nel caso, essendo il volume di una scarpa di 4.000 cm3, si può immaginare che per vedere i 5.000.000 di scarpe contenuti nel capannone ci potremmo mettere un po’ di tempo.

La torcia
Fino a sessanta anni fa la notte era buia. Per camminare i viandanti non urbani illuminavano il proprio cammino. Avevano una torcia o una qualunque forma di lampada che indirizzavano nel buio verso il terreno e l’aria prossima ai loro passi.
Oggi si illumina la notte anche quando non c’è nessuno che vi cammini.
Fino a sessanta anni fa quando una persona aveva freddo si copriva. Oggi accende il riscaldamento. Tutta la casa è riscaldata anche quando le stanze rimangono vuote. Il golf riscaldava meno di un metro cubo senza uso di energia esterna, per ottenere lo stesso risultato, non avere freddo, si riscaldano duecento metri cubi pro-capite, anche quando siamo altrove nella casa o fuori di essa.
Anche in questo è l’abuso di energia.

Yurta in Arizona

Fuori posto
Nella foto si vede una Yurta. È una abitazione tradizionale della Mongolia; abitazione smontabile e trasportabile a dorso di animale composta da parti prefabbricate in legno, da teli e pellicce.
L’abitazione fotografata è in Arizona in un’area arida dove un signore “ama trascorrere parte del tempo, con la moglie e i loro bambini, un modo speciale di vivere la solitudine di uno spettacolo naturale che si è definito cinquemila anni fa, con solo alcuni comfort essenziali: luce, gas e aria condizionata prodotti da un generatore. Alcune capre selvatiche rallegrano la piccola abitazione, …Non lontani, nascosti fra le rocce del deserto, vivono aquile, puma, serpenti e coyote” (P. Cappabianca in D 19/7/2003).
La Yurta è una abitazione tradizionale mongola; il fatto che essa sia utilizzata in Mongolia mostra la permanenza di modalità di vita non ancora fagocitate dal modello globale. Una Yurta in Arizona mostra invece l’esatto contrario, ovvero la vittoria del modello globale della indifferenza ai luoghi, della società degli oggetti validi ovunque, della gratuità dei gesti tipica del mercato.
In Mongolia nevica, fa freddo, ci sono i ghiacci; nel deserto dell’Arizona fa caldo, il clima è arido, piove poco, fa freddo di notte ed in alcune stagioni; la Yurta è pensata per essere trasportabile ed invece è resa residenza fissa su piattaforma; la Yurta rimanda ad un modello sociale di uso che qui è ignorato, ha materiali costruttivi locali mongoli, ha una tecnica che è rappresentazione di una cultura. Tutto questo nell’abitazione del signore è ignorato: della Yurta rimane una forma, un oggetto estraniato che non può rimandare ad un luogo né ad una società, che è oggetto di divertimento come un luna park, come un prodotto di mercato che ci affascina per le sue forme ma che non serve né in quel luogo né per quella sua specifica funzione né per la sua efficienza.
La Yurta da abitazione è divenuta divertimento.

Adriano Paolella

Per saperne di più

Energia delle biomasse
www.ethanol.org
http://bionergy.ornl.gov
www.ucsusa.org/energy/brief.biomas.htlm
www.iaebionergy.com
www.ethanolrfa.org
www.biofox.com

Energia idroelettrica
www.hifropower-dams.com/iha
www.digiserve.com/inshp
www.lowimpacthydro.org
www.geocities.com/win_klunne/hydro.org
www.eee.ntu.ac.uk/reserarch/microhydro/picosite
www.dams.org

Energia onde e maree
www.ineti.pt/ite/weratlas
www.marineturbines.com
www.nelha.org/otec.html
www.esru.strath.ac.uk/projects.EandE/98-9/offshore
www.seasolarpower.com

Energia eolica
www.awea.org
www.canwea.org
www.windpower.dk
www.enea.org
www.isesitalia.org/rinnovabili/eolico
www.repp.org
www.dewi.de

Altri siti
www.ivpc.com
www.edison.it
www.vergnet.fr
www.bergey.com
www.wpm.co.nz
www.anemon.it
www.salmini.it
www.dewi.de
www.windpower.dk