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                 Potrebbe essere un cognome dell’Appennino 
                  piacentino, Prane, ma si tratta di una comunità Tehuelche 
                  radicata nei pressi di Esquel, Provincia di Chubut, Patagonia 
                  andina. I Prane sono originari del vicino Rio negro, e come 
                  molti furono costretti a spostarsi a sud dopo il 1879, anno 
                  dell’avanzata militare argentina. Le gesta del generale Roca 
                  permisero al nascente stato di avviare l’annessione dei territori 
                  meridionali, annessione che avrebbe raggiunto la punta estrema 
                  del continente. La cosiddetta “Campagna del deserto” fu finanziata 
                  da capitali inglesi, poi generosamente remunerati con assegnazione 
                  di terre. Il generale seppe sfruttare la notorietà acquisita 
                  e alcuni anni dopo divenne presidente della nazione. Non c’è 
                  borgo in Argentina che non gli abbia dedicato una via o una 
                  piazza. In Rio negro una città porta il suo nome.  
                  La dinamica dei fatti non si discosta dal più famoso 
                  e coevo mito della frontiera nordamericana. Ai mapuche-tehuelche 
                  si negò d’autorità diritto d’esistenza; i trattati 
                  precedenti vennero ignorati. Morte e terrore furono scatenati 
                  contro gli indigeni in nome della ragion di stato e del progresso. 
                  Le truppe combatterono con fucili e cannoni gli archi e le frecce 
                  ribelli, annientandoli. In Argentina non avvenne nessuna Little 
                  Big Horn, tuttavia la normalizzazione stentò a stabilirsi: 
                  l’ultimo capo Mapuche si consegnò a Junin de los Andes 
                  il 1 gennaio del 1885.  
                  Parallelamente e con metodi simili, in Cile si andava completando 
                  la Pacificazione dell’Araucania. I due stati giunsero presto 
                  a contendersi le cime andine, ma alla prospettiva di una guerra 
                  ad armi pari, preferirono un arbitrato. La scelta cadde sulla 
                  Gran Bretagna, sulla cui neutralità ci sarebbe molto 
                  da scrivere. Esquel era tra le zone contese; nel 1902 il Colonnello 
                  Holdich, delegato ufficiale, decise di prendere in considerazione 
                  l’opinione degli indigeni locali. Le comunità convocate, 
                  rappresentate dal rispettivo capo, daranno in seguito vita alla 
                  Riserva Nahelpán: Francisco Nahelpán, Eduardo 
                  Prane, Santiago Masía, Juán Basilio, Mariano Herrera, 
                  José Ainqueo, Luciano Tucumán, Huinchaqueo.  
                  I lonko si esprimono per la permanenza sotto sovranità 
                  argentina. Lo stato riconoscerà alle 9 tribù l’assegnazione 
                  dell’area dove sono stanziate, parte della preesistente Colonia 
                  16 di ottobre. La riserva sarà ratificata dal Decreto 
                  governativo 5.047 del 3 luglio 1908, cui seguirà un ampliamento 
                  nel 1922. I Prane ricevono il lotto 4, in località Boquete 
                  Nahelpán, dove nel 1901 era nato Emilio Prane, figlio 
                  di Eduardo. Ma la pace non durerà a lungo. I proprietari 
                  non vedono di buon occhio la presenza degli allevatori indigeni, 
                  mirano alle loro terre. Iniziano a organizzarsi, a lanciare 
                  minacce e calunnie ai danni delle comunità. Li si accusa 
                  di coltivare sentimenti antinazionali, di cospirare con il vicino 
                  Cile. Capofila dei “patrioti”, il Dott. Lorenzo Amaya, esponente 
                  di una facoltosa famiglia locale.  
                  
                    
                  Pressioni e massacri  
                 
                Una delegazione, cui partecipa Emilio Prane, si reca a Buenos 
                  Aires nel 1935 per difendere la causa comune. Saranno ricevuti 
                  dal presidente Agustin Pedro Justo e avvieranno trattative con 
                  la Direzione generale delle colonie. Tuttavia, cedendo alle 
                  pressioni dei proprietari e dell’esercito, il Governo approverà 
                  un decreto draconiano e privo di fondamenti giuridico-costituzionali. 
                  Con il D. N. 105.137 del 5 maggio 1937, si lasciavano “senza 
                  effetto le riserve disposte dai decreti del 3 luglio 1908 e 
                  del 1 ottobre 1922”. La delegazione incalza, peregrinando da 
                  un ufficio all’altro. Si cerca di evitare il peggio, ci si aggrappa 
                  a un filo, una speranza, dilapidando i magri risparmi nella 
                  pigione dell’Hotel Inmigrantes. L’inevitabile si scatena il 
                  13 dicembre 1937: sgombero forzato.  
                  Cipriano Prane, figlio di Emilio, aveva allora 13 anni. “I militari 
                  vennero il mattino presto. Saccheggiarono, incendiarono le case, 
                  uccisero il bestiame. La gente fuggiva terrorizzata; i vecchi 
                  pensarono d’essere tornati alla guerra del 79”. Le stesse 
                  immagini tormentano Margherita Calfù, che ora vive nella 
                  Comunità di Lago Rosario. Con il filo di voce dei suoi 
                  100 anni, rievoca l’incredulità d’allora: clamore, urla, 
                  fiamme. Gli occhi cerulei si accendono d’indignazione al proferire 
                  un nome: “Amaya”.  
                  Emilio Prane si trovava a Buenos Aires. La notizia lo raggiungeva 
                  all’Hotel Inmigrantes con un telegramma, datato 13 dicembre 
                  a firma Alum Lloyd: “La sua famiglia è stata sloggiata. 
                  Comunicherò dove andranno”. Le terre della riserva furono 
                  messe all’asta a tempo di record. Il bando non fu pubblicizzato 
                  e i promotori dello sgombero si aggiudicarono i lotti per due 
                  soldi. Il dottor Lorenzo Amaya prenderà possesso della 
                  Lega 4. Ma il nuovo assetto venne presto messo in discussione. 
                  A seguito delle denunce presentate, con il Decreto del 15 novembre 
                  1943 si invalidavano parte delle misure precedenti. Il governo 
                  prendeva atto delle irregolarità commesse e cancellava 
                  i provvedimenti riguardanti 4 dei 9 lotti originari, tra i quali 
                  quello dei Prane. Si disponeva il reinsediamento della comunità 
                  di Francisco Nahuelpán, destinando inspiegabilmente la 
                  Lega 4 al Ministero della guerra. Nel frattempo Emilio Prane 
                  si era installato nei pressi di Cushamen, area del pascolo estivo. 
                  In inverno le condizioni sulla cordigliera erano durissime, 
                  la gente si ammalava e il bestiame soffriva una cronica carenza 
                  di foraggio. Ad alleviare le traversie, non mancarono attestati 
                  di solidarietà. In una missiva indirizzata al Vice presidente 
                  Ferdinando Estrada e datata 26 luglio 1945 (1), il tenente colonnello 
                  Ferdinando Lugones interveniva a favore della comunità: 
                  “Emilio Prane [ ... ], che guida più di quaranta famiglie 
                  lavoratrici, fu privato della sua terra e sospinto verso i luoghi 
                  aridi e inospitali del Cerro Chuchi, dove la neve permane sette 
                  mesi l’anno”.  
                  I Prane resisteranno sui monti altri sei anni. Nell’autunno 
                  del 1951 scesero a valle, occuparono la Lega 4 e dichiararono 
                  che non avrebbero più lasciato la loro terra. Fu emesso 
                  un permesso precario da parte del Ministero dell’Esercito, con 
                  scadenza 30 maggio 1952. I Prane non si mossero; ricostruirono 
                  le case e cercarono di tornare alle vecchie consuetudini. Il 
                  conflitto parve sedarsi, la comunità continuò 
                  a perorare la propria causa, chiedendo la restituzione legale 
                  della terra. Emilio Prane non avrà questa soddisfazione: 
                  morirà dieci anni più tardi nel Boquete Nahelpán 
                  che lo aveva visto nascere.  
                  La Lega 4 rimane a disposizione dalla Segreteria della guerra 
                  per esercitazioni militari, attività non propriamente 
                  congeniale all’allevamento e alla vita dei Tehuelche. I Prane 
                  resistono. Iniziano i contatti e le promesse dei politici: “Il 
                  deputato nazionale Oscar A. Herrera ha presentato alla Camera 
                  un progetto di legge per lasciare senza effetto la disposizione 
                  riguardante il lotto 4 della Colonia 16 di ottobre... Chiede 
                  inoltre che l’area venga consegnata alla Provincia di Chubut, 
                  perché questa la reintegri ai membri della tribù 
                  di Emilio Prane...” (2). Sarà la prima di una serie di 
                  iniziative meritorie quanto inconcludenti.  
                  Nel 1972 avviene un cambiamento significativo: la proprietà 
                  della estancia “El Refugio” passa dalle mani della famiglia 
                  Amaya a quelle di un fornitore dell’esercito. Omar Jorgue Yagüe 
                  rileverà negli anni successivi altre terre appartenenti 
                  alla ex riserva Nahelpán. Nel 1973 si assiste a un nuovo 
                  peggioramento della situazione. La Segreteria della guerra, 
                  ignorando petizioni e interventi a favore dei Prane, decide 
                  di lanciare un’offerta di locazione per la Lega 4. L’occasione 
                  viene colta da Yagüe e si avvia una nuova fase di conflitto. 
                  Le pressioni per sloggiare la comunità si fanno intense; 
                  iniziano provocazioni e incidenti (3). La dittatura rende i 
                  militari quasi onnipotenti; affiorano le prime notizie sui massacri 
                  e i desaparecidos. “Per noi cominciò un periodo molto 
                  duro” racconta Anna Prane, attuale messaggera della comunità 
                  “cercarono di farci andar via con ogni mezzo. Ci consideravano 
                  degli intrusi; umiliavano e maltrattavano i nostri figli. Ma 
                  dopo quello che la mia gente aveva passato sulle montagne, non 
                  potevamo rinunciare”.  
                   
                    
                  Il tema dell’identità  
                 
                I Prane sono tra i pochi a essere scampati a un conflitto con 
                  i militari. Con il ritorno alla democrazia, minacce e persecuzioni 
                  possono essere denunciate, e la questione viene sollevata dai 
                  giornali. Una petizione è inviata al presidente Alfonsin. 
                  Yagüe da parte sua ha continuato a espandere la proprietà, 
                  giungendo a possedere 9.000 ettari della ex riserva. Tuttavia 
                  allo scadere del contratto, l’assegnazione del Lotto 4 non viene 
                  rinnovata e questa volta è Yagüe a dover sloggiare. 
                  Siamo nel 1992, primo governo Menem. Si sta dibattendo il nuovo 
                  testo costituzionale, approvato due anni dopo, nel quale sarà 
                  integrato un articolo sui diritti dei popoli originari. Nel 
                  1995 i Prane ottengono una prima vittoria di fronte alla giustizia 
                  federale: una misura cautelare della durata di un anno.  
                  Sono gli anni dell’espansione del movimento indigeno. Emerge 
                  il tema dell’identità, le comunità si consolidano 
                  e riorganizzano; il flusso migratorio verso le periferie urbane 
                  inizia ad arrestarsi. Si tornano a eleggere le autorità 
                  originarie, la figura del lonko riacquista rappresentatività 
                  e autorevolezza. Parallelamente si rafforza il movimento per 
                  la terra. Occupazioni sono segnalate in tutte le aree indigene. 
                  Il rapporto con la spiritualità naturale nella cosmogonia 
                  mapuche è intenso e profondo. Intere comunità 
                  abbandonano il cristianesimo per tornare ai riti ancestrali. 
                  Dopo sessant’anni, la comunità Prane celebrerà 
                  il primo kamarikun, la cerimonia tradizionale più 
                  importante nella provincia di Chubut.  
                  La situazione precipita nell’estate del 1996. L’esercito elige 
                  il Lotto 4 per le esercitazioni dei reparti di artiglieria. 
                  Le manovre si svolgono a 200 metri dalle case della comunità, 
                  provocando panico e incredulità nella gente. I boati 
                  sconvolgono il bestiame e i proiettili rendono i pascoli sterili. 
                  Si avvia una nuova campagna con l’appoggio delle organizzazioni 
                  per i diritti umani. Ma le esercitazioni continuano. Il caso 
                  riacquista eco nazionale e nell’inverno del 1999 pare finalmente 
                  volgersi al fine. Il 2 settembre il Presidente Carlos Menem 
                  dà istruzioni al Ministro della difesa Jorge Domínguez 
                  per devolvere definitivamente la Lega 4 ai Prane. Il giorno 
                  seguente in “Cronica” di Buenos Aires compare un articolo dal 
                  titolo: “L’esercito restituirà le terre agli indios”. 
                  Il decreto viene inspiegabilmente archiviato.  
                  La misura sembra essersi colmata: il 7 gennaio 2000 i Prane 
                  creano uno scudo umano davanti ai tanke, impedendone il passaggio. 
                  L’iniziativa riceve appoggio e partecipazione dalla Associazione 
                  mapuche - tehuelche 11 di ottobre, dai militanti dei diritti 
                  umani, da altre comunità. Il 17 gennaio un centinaio 
                  di cavalieri marciano per le vie di Esquel e consegnano una 
                  petizione al tenente colonnello della guarnigione locale. La 
                  richiesta è quella di sempre: restituzione in forma comunitaria 
                  dei titoli di proprietà. Le foto dei cavalieri fanno 
                  notizia e si sommano le dichiarazioni di solidarietà. 
                  Il 22 giugno Alejandro Salomon, coordinatore dell’area sud dell’Istituto 
                  Nazionale Affari Indigeni, dichiara: “Tutta la terra della ex 
                  Riserva Nahuelpán deve essere restituita agli indigeni. 
                  [ ... ] I titoli di proprietà dei coloni non aborigeni 
                  non posseggono valore legale” (4).  
                  Anno 2001: la polvere si è depositata sulle dichiarazioni 
                  ufficiali e le prese di posizioni illustri. Il copione dello 
                  scaricabarile prosegue inalterato ma loro, i Prane, ora sono 
                  più forti. I tanke non sono più tornati.  
                  
                  Massimo Annibale Rossi 
                  
                Note 
                1. Archivo Presidencia de la Nación, Consejo 
                  de Defensa Nacional, Secretaría de la Comisión 
                  Nacional de Zona de seguridad, libro copiador.  
                  2. Cronaca del Diario di Esquel, 17/11/64, p. 2.  
                  3. La versione dei fatti sostenuta da Yagüe è contenuta 
                  in una lettera a sua firma pubblicata nel “Diario del oeste” 
                  il 17/01/00.  
                  4. Diario “El Chubut”, 23/6/00, p. 3.  
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