rivista anarchica
anno 31 n. 275
ottobre 2001


canto anarchico

Sinfonia popolare per barricate e orchestra
di Mauro Macario

Il canto anarchico in Italia (nell’Ottocento e nel Novecento) di Santo Catanuto e Franco Schirone, edito da Zero in condotta, ci guida dentro una partitura di memorie storiche che parte dai tempi più remoti per giungere fino alla nostra contemporaneità.

Ecco, poeti accademici disgustati dall’olezzo sociale, le poesie della strada pregne di sangue e di vino e forse anche di tragica allegria, queste poesie insolenti, sorelle illegittime delle vostre perbeniste collegiali da salotto che sanno di rosolio e liquirizia. Ecco le strofe che non si trapiantano nella metrica borghese, che scappano dalla gabbia della retorica subliminale, che non obbediscono alle tacite direttive dell’anestesia culturale, che scivolano fuori dalla spina dorsale cattolica dove la Musa del terzo millennio si dibatte nel cilicio urticante del pentitismo ideologico, e diventano piedi, piedi camminatori, piedi alati lungo la Storia, l’altra però, dove i bambini del ghetto di Terezin scrivono con più dolore di quei poeti nostrani che marciano sulla Via Crucis con la sofferenza del mondo sulle spalle, e per Dio, non inciampano mai!
La Storia, quella da occultare, viene tramandata per via orale di barricata in barricata come un passaparola timbrato Fahrenheit 451, paventando nuovi falò cartacei nella notte dei cristalli.
Parole queste come la Treccani della memoria utopica, parole che non appariranno mai sulle enciclopedie dei cardinali, dei papi, dei Conquistadores, perché l’embargo agli eroi sommersi non finirà, anzi si esalteranno solo e sempre i loro blasonati carnefici. Parole che nessuna antologia scolastica mostrerà per scortare alle soglie della rivelazione l’adolescenza manipolata, come nascosto resterà l’invito controdidattico di Leo Ferré: “Bisogna disimparare tutto!” Parole come un turibolo che sparge incenso esplosivo nelle notti troppo tranquille dei globalizzator-trotter in giro per il mondo, meno G8, G7, G6, G5, G4, G3, G2, G1, Gzero!
Parole come bisbigli sovversivi sussurrati dai condannati a morte all’orecchio del cappellano che esercita la pietà istituzionale... o cori degli angeli neri, eterni come un Rubens, un De André, un Durruti, un Rimbaud... anime planetarie da lanciare nel cosmo dalla piattaforma futura di Cap Carnarchival al posto dell’uomo di Leonardo così scientifico e poco poetico...

 

Terremoti tascabili

Canzoni che non sentiremo in nessun Festival demo-commerciale, ma replicate al di là del tempo e, soprattutto, al di qua, nell’eternità dell’istante. Canzoni come organetti che saltano per aria nei salotti borghesi del XIX secolo, parole come terremoti tascabili per le (in)coscienze manageriali delle nuove generazioni a pezzi componibili, parole-hackers che s’infiltrano nei computer delle multinazionali affinché il Sistema vada in corto circuito con le sue stesse chele di granchio tecnologico, parole come un mutuo per costruire su carta una società a immagine e somiglianza dell’uomo liberato, la società del mutuo soccorso come un equilibrismo in bilico sulle fosse rumene e argentine, parole come giullari vendicativi che sbeffeggiano il potere con l’autobomba del sarcasmo a salve. Parole come finestre aperte sulle verità murate a da cui più nessuno verrà spin... no, verrà but... no, da cui più nessuno verrà “caduto” perché il volo del ribelle genetico, quello del DNA (con l’a cerchiata), non è mai a scendere ma a salire.
E salgono dalle gole cantate personaggi indimenticabili dispensando una fraternità ancora integra e struggente. Giovanni Passannante che dal Museo Criminologico dovrebbe essere trasferito a quello Ornitologico perché è lui l’uccello Lyra, l’uccello del Paradiso, la specie non protetta, il nido depredato! Quel suo cranio barbaramente esposto è un’acquasantiera in cui intingere il sogno e sbattezzarci da ogni dottrina mistico-euclidea. Amilcare Cipriani che con il dono dell’ubiquità fioriva contemporaneamente su più campi di battaglia come “un pettirosso da combattimento”, comunardo deportato in Nuova Caledonia e poi turista n°2403 a Portolongone e alla fine, più vivo che morto, fondatore a Parigi della Federazione Universale dei Popoli. Sante Jeronimo Caserio (fratello europeo dell’ominimo apache) avvelenato dalla propria e altrui miseria, per non vederla più si fa tagliare la testa a Lione portandosi dietro il signor Presidente della repubblica francese Sadi Carnot. Francisco Ferrer, punito dai gesuiti e dai Reali per aver creato le Scuole Moderne e libertarie in opposizione a quelle clericali. Fucilato senza colpa alcuna nel 1909. Amen! Requiem! Opus Dei! Sacco e Vanzetti, l’innesto transgenico nella coscienza americana già necrotizzata dal genocidio degli indiani... Pinelli che si reincarna negli uragani in Florida perché dopo quella morte è Nato, Soledad, battuta “in velocità” da chi le ha stretto intorno al collo un lenzuolo ma di questo terrorismo non ci sarà nessuna eco...
Parole dunque come il nuovo testamento, il testamento morale di un nuovo tipo di padre e di madre, splacentati dai ruoli nazivaticanskin, perché l’amore possa scorrere finalmente in totale nudità selvatica all’insegna di una globalizzazione indiana retroattiva nei pressi di Little Bighorn per la carica onirica finale.

Mauro Macario
foto di Reinhold Kohl

 

ballata del Pinelli
Il feroce questore Guida

(testo di G.Barozzi, D.Mora, F.Lazzarini, U.Zavanella, sull’aria dell’Inno del sangue noto anche come Il feroce monarchico Bava)

Quella sera a Milano era caldo
ma che caldo che caldo faceva
brigadiere apra un po’ la finestra
ad un tratto Pinelli cascò.

Signor questore io gliel’ho già detto
lo ripeto che sono innocente
anarchia non vuol dire bombe
ma giustizia amor libertà.

Poche storie confessa Pinelli
il tuo amico Valpreda ha parlato
è l’autore del vile attentato
e il suo socio sappiamo sei tu.

Impossibile grida Pinelli
un compagno non può averlo fatto
e l’autore di questo misfatto
tra i padroni bisogna cercar.

Stiamo attenti indiziato Pinelli
questa stanza è già piena di fumo
se tu insisti apriam la finestra
quattro piani sono duri da far.

Quella sera a Milano era caldo
ma che caldo che caldo faceva
brigadiere apra un po’ la finestra
ad un tratto Pinelli cascò.
L’hanno ucciso perchè era un compagno
non importa se era innocente:
“Era anarchico e questo ci basta”
disse Guida il feroce questor.

C’è una bara e tremila compagni
stringevamo le nere bandiere
in quel giorno l’abbiamo giurato
non finisce di certo così.

Calabresi e tu Guida assassini
che un compagno ci avete ammazzato
l’anarchia non avete fermato
ed il popolo alfin vincerà.

Quella sera a Milano era caldo
ma che caldo che caldo faceva
brigadiere apra un po’ la finestra
ad un tratto Pinelli cascò.

 

Francisco Ferrer
(di anonimo)

Là nel carcere di Barcellona
han fucilato Francisco Ferrer,
han fucilato quel buon pastore
con tanto onore, con tanta umanità.
Bacia la moglie, lasciando i figli,
con le parole che il padre non torna più
“oh! Mantenete le mie scuole,
con tanto onore, con tanta umanità!”.
Anche la Francia ha protestato
contro la Spagna, la sua malvagità
Ferrer è morto senza peccato:
vigliacchi quelli che l’han fucilà!

 

gli Anarchici
(di Leo Ferré, versione italiana di E.Medail)

Non sono l’uno per cento
ma, credetemi, esistono
in gran parte spagnoli
chi lo sa mai perché
pensereste che in Spagna
forse non li capiscono
sono gli anarchici.
Han raccolto già tutto
d’insulti e battute
e più hanno gridato
più hanno ancora fiato
hanno al posto del cuore
un sogno disperato
e le anime corrose
da idee favolose.
Non son l’uno per cento
ma, credetemi, esistono
figli di troppo poco
o di origine oscura
non li si vede mai
che quando fan paura
sono gli anarchici.
Mille volte son morti
com’è indifferente
con l’amore nel pugno
per troppo e per niente
han gettato, testardi,
la vita alla malora
ma hanno tanto colpito
che colpiranno ancora.
Non sono l’uno per cento
ma, credetemi, esistono
e se dai calci in culo
c’è da incominciare
chi è che scende per strada
non lo dimenticare
sono gli anarchici.
Hanno bandiere nere
sulla loro speranza
e la malinconia
per compagna di danza
coltelli per tagliare
il pane dell’amicizia
e del sangue pulito
per lavar la sporcizia.
Non sono l’uno per cento
ma, credetemi, esistono
stretti l’uno con l’altro
e se in loro non credi
li puoi sbattere in terra
ma son sempre in piedi
sono gli anarchici.