rivista anarchica
anno 29 n.256
estate 1999


Soldato Jane: tacco medio e gonna liscia
di Ma.Ma.

 

Contro tutti gli eserciti, compresi quelli al femminile.

Gonna, tacchi e fucile ecco le donne soldato. In questo modo titolava "Repubblica" del 3 giugno annunciando la decisione della Commisione Difesa del Senato di anticipare al 2000 l'apertura dell'esercito a contingenti di donne volontarie. Il titolo dell'articoletto di Repubblica mostra efficacemente che per i media la leva femminile è più interessante come fenomeno di costume che come questione politica e sociale. In questa fase in modo più o meno cialtronesco, più o meno irridente, le donne soldato sono per lo più occasione di chiacchera da bar, dell'eterno per quanto liso giochetto giornalistico, ormai più noioso che irritante, che vede le donne sempre impegnate a far "mestieri da uomo" ma sempre "femminili". Funambole del femminismo anni '90, del femminismo post femminista, del femminismo di quelle che non sono mai state femministe, del femminismo dal volto umano, le donne che ci mostrano i media, le manager non meno delle soldate o delle poliziotte sono lo specchio di quest'Italia in cui anche la storia della libertà femminile pare possa finire con i consueti tarallucci e vino, tra considerazioni benevole su quanto le varie donne in carriera sappiano essere professionali, disciplinate (tanto se non più dei colleghi uomini) e insieme, a seconda delle nuance preferite dall'articolista di turno, sensuali o materne.
Naturalmente l'articolista di Repubblica tra le considerazioni sulla foggia delle giacche e sulla biancheria non manca di citare la soddisfazione di questo o quel politico per, con le parole di Valdo Spini, questo "ulteriore passo avanti sulla strada delle pari opportunità del nostro paese". Tra queste la più interessante e illuminante è quella del ministro della Difesa Carlo Scognamiglio che così si esprime: "Evviva", ha commentato appena appresa la notizia.
"Si tratta di un fatto molto positivo e sostenuto da parte del Governo.Un nuovo modello di Difesa - ha proseguito il ministro - che quando la situazione sarà un po' più serena, mi auguro possa essere poi riassunto nel progetto di legge per la riforma complessiva del servizio militare di leva". Proviamo a decodificare le parole del Ministro, che preferiamo chiamare Ministro della Guerra, denominazione più appropriata, usuale in tempi meno ipocriti e meno contaminati dallo spirito deamicisiano intrinseco alle democrazie. Sappiamo che ormai da qualche anno i vari governi che si sono succeduti in Italia stanno puntando ad una ristrutturazione delle Forze armate che veda tra i propri obiettivi primari la costituzione di un esercito in tutto e per tutto o in buona parte costituito da professionisti, un esercito in grado di far fronte al ruolo militarmente attivo che l'Italia sta ormai sempre più interpretando. Un esercito efficiente, bene addestrato e, non secondariamente, fortemente motivato e non incline, come talora capita agli eserciti di leva, ad un qualche spirito critico. In questo quadro le soldate possono costituire un importante tassello per quel nuovo modello di "difesa" che tanto bene è stato sperimentato in Albania, in Somalia e in Jugoslavia. Un modello in cui gli interessi dell'Italia vengono difesi con interventi "umanitari" là dove necessita.
Le donne soldato, che tanto per cambiare, dovranno dimostrare di essere efficienti tanto quanto gli uomini, avranno una carica motivazionale in più che le renderà esecutrici precise e fedeli delle direttive loro impartite: possono perciò rappresentare per il futuro una preziosa risorsa per il militarismo nostrano.
Non dubitiamo che le soldate sapranno interpretare al meglio il nuovo mestiere di assassine che si sono conquistate, ma non potrano in nessun modo raccontarci di aver compiuto un passo in avanti sulla strada della libertà femminile, perché la strada che le donne del femminismo hanno tracciato e ogni giorno continuano a disegnare segue ben altri intinerari: è una strada che ha visto le donne sempre, coerentemente, in prima fila contro la guerra, sempre a fianco delle donne vittime di guerra, sempre fuori e contro le frontiere sulle quali si combattono le guerre degli stati e degli eserciti. Le donne del femminismo hanno aperto ponti che nella ex Jugoslavia hanno visto le croate, le serbe, le bosniache, le italiane, le tedesche incontrarsi e lavorare contro i nazionalismi, per una cultura che vuole bandire la guerra dalla storia, perché le guerre, tutte le guerre sono sempre contro di noi. E noi sempre contro tutte le guerre. Contro tutti gli eserciti, compresi quelli al femminile.

Ma.Ma.
della Rete
delle donne anarchiche