Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 11 nr. 96
novembre 1981


Rivista Anarchica Online

La rivoluzione del filo di paglia
di Piero Flecchia

Nei giorni 26 e 27 settembre, parallelo al convegno sull'Utopia di Milano, in Cervasca (Cuneo) il "Movimento Nonviolento" e il M.I.R. hanno promosso - organizzatrice la comunità di Mambre - un seminario sul ruolo dell'economia con implicazioni marcatamente utopiche, poiché si proponeva di dare risposta al quesito: "È possibile un'economia a dimensione umana?"; il rimando ideologico piuttosto deludente: il solito abbastanza scontato Schumacher, il titolo del cui libro "Piccolo è bello" si è trasformato in un travolgente slogan, capace di legittimare tutti i più vieti luoghi comuni, che infatti hanno imperversato: come quasi sempre, d'altra parte, quando l'UTOPIA tien cattedra.
Il seminario di Cervasca merita una segnalazione non per la retorica domanda: "È possibile una economia a misura d'uomo" (Come ha ben argomentato Roberto Marchionatti, l'Economia è Scienza del Capitale: sia esso privato o di stato, per cui parlare di economia a misura d'uomo è una autentica contraddizione in termini), ma per testimonianze, la cui portata ed importanza vanno fatte oggetto di serio esame, di due gruppi protagonisti di esperienze comunitarie totalmente alternative:
a) il gruppo di Ontignano, la cui presenza è abbastanza nota, soprattutto in ragione della sua elaborazione teorica documentata dalle edizioni dei "Quaderni di Ontignano";
b) il gruppo de "L'ambiente abitativo", circa sulle stesse posizioni di quello di Ontignano, però con una maggior libertà rispetto ai modelli teorici, ma anche e forse con una minor capacità di produrre informazione.
Il seminario era stato organizzato da cristiani e di fatto egemonizzato dal pensiero cristiano: ad esso si richiama tanto il dinamico leader piemontese del M.I.R. Beppe Marasso che la comunità di Cervasca, però senza nessuna presenza di integralismo, o tattiche strumentali, animati invece da una bella disponibilità al diverso. Il rimando allo sfondo ideologico sorge, a fatti accaduti, come una sorta di spiegazione - non troppo soddisfacente - davanti a una completa assenza di prospettive future per le attuali strutture cittadine. Nel convegno di Cervasca si è assistito a un radicale rifiuto dell'urbanesimo, e del mondo da questo prodotto; la città come mondo della borghesia, e quindi delle diseguaglianze, delle disarmonie che hanno portato all'attuale situazione di catastrofe planetaria. Essendo il rimando all'economia d'obbligo era ovviamente l'attacco al mercato. Entrambi i gruppi comunitari sono stati espliciti: i cittadini dovranno ritornare ai campi.
Però il rimando culturale, messo in gioco dal gruppo di Ontignano, è un sorprendente testo giapponese di un maestro Zen Buddhista, del quale è bene i lettori di "A" registrino il nome e cerchino l'opera per leggerla, perché per anni si sentirà parlare certamente di quest'uomo e dei suoi contributi, forse capitali. Pubblicato nei "Quaderni di Ontignano", il testo di Masanobu Fukuoka si intitola La rivoluzione del filo di paglia: è solo e soltanto, in senso stretto, un libro di tecnologia rurale, ma ove i consigli pratici fossero applicati, porterebbero certamente verso una socialità di tipo anarchico. La rivoluzionaria proposta di Fukuoka è di abbandonare l'aratura e la concimazione dei campi, per una diversa tecnica di controllo delle produzioni dei cereali, mediante la reincorporazione nel terreno di tutto quanto esso produce e l'uomo non consuma. Proposta che Fukuoka pratica sui suoi terreni, nel sud Giappone, da circa trent'anni, e con ottimi risultati. Le rivoluzionarie conseguenze sono immediatamente intuibili: più niente industria chimica dei concimi e meccanica dei trattori, più niente allevamento del bestiame per ricavarne forza lavoro per l'aratura e stallatico, con la conseguente riduzione del tempo lavorativo dedicato alla produzione del cibo a due, tre ore giornaliere, come nelle culture tribali. Fukuoka ha elaborato il suo metodo a discendere dalla filosofia Zen (nata in Cina e poi radicatasi in Giappone, dal combinarsi della spiritualità buddhista e della speculazione taoista), per cui la pratica del metodo comporta la comprensione dei presupposti sapienziali che lo generano e governano. Tutto il Tao si articola intorno a una visione della necessità "panteista" di esistere nella natura: di non porsi come soggetti separati. Ecco perché Fukuoka definisce la sua pratica un'"Agricoltura del non fare": il contadino saggio interviene il meno possibile, e lascia lavorare la natura. Egli afferma: La ragione per cui le tecnologie sofisticate sembrano necessarie è che l'equilibrio naturale è stato precedentemente così sconvolto a causa di quelle stesse tecniche.... Questa logica non governa solo l'agricoltura, ma anche moltissimi altri settori del mondo di oggi. I dottori e la medicina diventano necessari quando la gente si costruisce un ambiente malato. La scolarità istituzionale e la scuola pubblica dell'obbligo non hanno nessun valore in sé, ma diventano necessarie quando l'umanità crea delle condizioni in cui, per tirare avanti, bisogna essere "istruiti"....
Sono tesi che l'anarchia ha già formulato tra otto e novecento, pur su altre basi e per altre urgenze. Questo maestro Zen giapponese ce ne offre una riconferma, ma a un tempo anche una esemplificazione vincente, nell'ambito dei campi da lui coltivati; che non si illude di estendere miracolosamente a tutto il "suo" Giappone, perché - e qui è l'aspetto che ce lo rende ancor più vicino - perfettamente cosciente che il governo di quel paese farà di tutto per impedirlo, non ravvisando nel sistema dell'agricoltura del non-fare, o "agricoltura naturale", alcun accrescimento di potenza. Il testo de La rivoluzione del filo di paglia ha l'inconveniente della doppia traduzione: in sé non grave, ma anche il grave inconveniente di una traduzione in inglese, stando alle note esplicative di quel tradotto, poi volte in italiano condotta senza una reale comprensione dell'importanza del ruolo dello Zen nel metodo. Non si diventa agricoltori alla Fukuoka senza comprenderne in primis le ragioni spirituali. Però la forza del pensiero di quest'uomo è tale che la sua scrittura suona ugualmente forte e rivoluzionaria: una frequentazione da non mancare ma con la coscienza che la trascrizione sulla pagina può solo molto lontanamente rendere le ragioni morali ed ideali che la ispirano.
Ecco perché mi riesce difficilissimo parlare dell'autentico protagonista di questo seminario: Paride Allegri, una sorta di Fukuoka nostrano che, in un luogo dell'Appennino emiliano, in proprio, conduce un analogo esperimento, per il recupero alle pratiche agricole di terreni in grave stato di degrado. Dietro questo recupero c'è una ben precisa filosofia che situa l'uomo non al vertice della catena biologica, ma in subordine e in stretta dipendenza dalla natura: Solo rispettando i sei elementi fondamentali: la luce, l'aria, la terra, l'acqua, gli alberi, gli animali, sostiene Paride Allegri, l'uomo potrà ritrovare il rispetto di se stesso. Utopia praticata, il discorso di Paride Allegri è troppo importante per una sommaria esposizione: esso dovrà diventare invece argomento di un dibattito sulle pagine di "A" che, per la prima volta, proprio in questo convegno di "marginali", ho scoperto letta e seguita.
Tra le circa 150-180 persone presenti alle due giornate del seminario ho avuto la piacevole sorpresa di incontrare più anarchici o simpatizzanti di quanti mai mi fosse accaduto. Nell'area dell'ultrasinistra, dove gli istituzionalisti ormai freneticamente manovrano per trovare quadri per i sindacati e i partiti, c'è una autentica urgenza di un pensiero alternativo "forte". Dopo le delusioni marxiste questa necessità di "razionalità" si traduce in un generico riferimento all'anarchia, che però, molto spesso tende a spegnersi per la mancanza di una adeguata area culturale. La nota amara è che molti compagni mi hanno avvicinato non per dibattere argomenti, ma per domandarmi quali testi leggere. Il punto deve far riflettere.