Rivista Anarchica Online
Giorno dopo giorno
di Luciano Lanza
Giorno dopo giorno. Blitz dopo blitz. I giornali come bollettini di guerra riportano i "successi"
dell'armata Dalla Chiesa. I commentatori si domandano con enfasi retorica se per la lotta armata
sia suonato "l'ultimo round", per poi formulare compiaciuti dubbi "molte battaglie vinte, ma la
guerra continua...", che suonano come implicito invito a Dalla Chiesa di continuare la sua "guerra
santa" contro gli "infedeli". Anche se non vinte, le organizzazioni armate hanno subito grosse sconfitte che
rendono incerta o
perlomeno critica la loro azione futura. Certo gli attentati, le azioni clamorose continuano, ma
continua, anche, incessante, l'avanzata dell'armata Dalla Chiesa. Quest'ultimo elemento è
evidentemente quello che deve preoccuparci. Infatti la sconfitta del partito armato (anche se non
totale e tutt'altro che definitiva) ad opera di un organismo di repressione statale segna anche una
grossa sconfitta del movimento rivoluzionario. Sì, sconfitta, perché l'azione militare dello Stato e
non l'iniziativa politica dei rivoluzionari ha messo in crisi la strategia lottarmatista. Un grosso
handicap che, volenti o nolenti, ci porteremo dietro per diversi (speriamo non troppi) anni. La partita si
sta giocando solo ed esclusivamente sul piano militare, un livello che, in questo
contesto sociale, distorce, ostacola, interdice, frena, in definitiva nega l'esplicarsi delle lotte
sociali. Apparentemente questa posizione è simile alle dichiarazioni, sempre più categoriche,
rilasciate dai santoni della nuova sinistra legalitaria. Taluni privilegiano il movimento, altri la
classe operaia, tutti, però, concordano nel ritenere vitale l'azione di un attore sociale diverso da
quello rappresentato da Dalla Chiesa. Il motivo è ovvio. Nella dinamica impressa alla società
dall'elemento lotta armata chi lo eliminerà dal contesto guadagnerà sicure posizioni di forza. Un
gioco perverso, si potrà dire, ma purtroppo queste sembrano essere le regole del gioco. E le "carte
migliori" sembrano essere in mano allo stato. Il dato, in un certo senso comico, è che noi stiamo
giocando (come al solito e non potrebbe
avvenire diversamente) con carte di un altro mazzo e per di più abbiamo in mano solo una coppia
di sette. Tralasciando gli esempi figurati, utili solo se usati in piccola dose, rimane il fatto che
non possiamo non dissentire perentoriamente dalle soluzioni proposte dai neoriformisti perché
queste in ultima analisi, vogliono costruire un quadro sociale regolato da una nuova legalità
che,
allargandosi oltre i tradizionali confini, dovrebbe includere quale componente "ufficiale" della
dialettica del sistema anche il movimento rivoluzionario. La negazione della nostra azione tutta
permeata dalla lotta contro le istituzioni. Il dilemma sembrerebbe irresolubile perché
l'intensità della nostra azione risiede nella volontà
cosciente degli sfruttati di porsi contro la storia. Una storia contrassegnata dal riprodursi di
nuove forme dell'oppressione e dello sfruttamento. Purtroppo quella volontà cosciente è oggi
molto, molto assopita e illudersi che non sia vero è ancora più pericoloso. Gli stessi lottarmatisti
(pur in un'altra ottica e con altri intendimenti) stanno constatando l'illusorietà di una strategia che
"innalzando il livello di scontro" potesse attivare un processo rivoluzionario in tempi brevi. Il
dramma sta tutto qui: nessuno possiede la chiave per aprire le porte della rivoluzione. In determinati momenti
si produce nel corpo sociale una "tensione collettiva" che porta
consistenti strati della popolazione a lottare. Se sussistono anche condizioni oggettivamente
favorevoli questa tensione può sfociare in un evento rivoluzionario, in caso contrario la
tensione
decresce, rifluisce e tutto torna a stagnare. Questo fenomeno, storicamente osservabile, è dato da
cause psico-sociali difficilmente analizzabili e in cui gioca, forse, anche la casualità. Questo non
sta a significare che dobbiamo attendere immobili la nuova ondata di tensione collettiva.
Tutt'altro. Senza i tanti messaggi, stimoli, impulsi, "provocazioni", spinte (solo apparentemente
inutili) che innerviamo nel corpo sociale forse la nuova tensione potrebbe non prodursi più o
prodursi priva di progettualità. Ora molti sono convinti, soprattutto i lottarmatisti ma non solo loro, che
la violenza sia la chiave
che apre le porte della rivoluzione. La violenza viene vista quindi come la grande levatrice che
dal ventre malato della vecchia società trae il mondo nuovo. Tutta la cultura rivoluzionaria è
tributaria di questa visione apocalittica. E se molto probabilmente la violenza sarà un fatto
necessario, bisogna riconoscere che essa è anche elemento strutturalmente legato alla presenza
del potere: la violenza di chi ha il potere e lo difende ad ogni costo. E la violenza di chi reagisce
alla violenza del potere per difesa o per imitazione. Per imitazione... ecco la grande trappola del
potere che si riproduce assimilando a sè le rivolte che genera. Che cosa sono, infatti, i proclami,
le sentenze, i tribunali, le azioni militari e strutture militari del cosiddetto partito armato se non
tragica imitazione dell'esercito, della magistratura, della polizia, dunque imitazione della
violenza di stato? Imitazione tragica perché nasce anche da una giusta reazione alla violenza
della classe dominante e dei suoi apparati, da un giusto rifiuto delle regole truccate del gioco
politico. Nasce dal rifiuto delle superficiali regole del gioco democratico, ma accetta le leggi più
profonde del potere. E il guerrigliero rosso diventa così anch'egli attore di uno spettacolo che
giustifica il potere e la sua violenza. Il termine spettacolo non è improprio. I guerriglieri rossi hanno
compreso molto bene i processi
di formazione dell'immaginario collettivo oggi tutto giocato sui mass-media come
rappresentazione della realtà. L'escalation della violenza sta lì a dimostrare una
rincorsa del fatto
clamoroso che costringa i mass-media a diffondere le azioni del partito armato, a tenere viva
l'attenzione favorendo così la trasmissione di immagini che sortiscono effetti contrapposti: per i
più il rifiuto, ma per alcuni un'irrazionale tensione. Sì, la lotta armata esercita (o meglio, fino a
ieri ha esercitato) un "fascino discreto" sui trentenni delusi e sui giovanissimi maturati in un
ambito politico asfittico, polarizzato, dove lo scontro politico è lo scontro senza più alcuna
aggettivazione. Un ambito dove si sta perdendo il senso dei valori alternativi, dell'etica
rivoluzionaria: una componente che fa assumere dignità al nostro agire. Tutto sembra immergersi sempre
più in una logica dello scontro, dove prevale la legge del più
forte. Chi vince ha ragione perché la sua superiorità fisica gli fa assumere una dimensione
soprannaturale. Se questa è la logica si potrebbe tentare un'analogia tra la confessione dell'eretico
davanti all'Inquisizione e quella del "brigatista pentito" davanti allo stato. Nel primo caso
l'eretico si pente e confessa i suoi peccati perché riconosce all'Inquisizione una forza
infinitamente superiore alla sua, quindi una forza soprannaturale che solo Dio può dare. Nel
secondo caso il brigatista si confessa e vende i suoi ex-compagni perché riconosce che lo "stato
imperialista delle multinazionali" è più forte di lui, quindi è lo stato che ha capito i percorsi
della
storia, quindi è soprannaturale. Ma l'analogia a questo punto tende a dilatarsi. Lo stato moderno
occidentale acquista una dimensione teocratica: "per salvarti devi confessare. Io Stato possiedo la
forza, quindi detengo la verità. Solo se tu riconoscerai i tuoi errori potrò (proprio perché
forte)
essere magnanimo e darti la salvezza". Si sente aleggiare l'acre odore del potere feudale. Anche
la nostra Italietta dei Sindona e dei Caltagirone ha forse smesso gli abiti di Pulcinella per
ammantarsi di quelli del feudalesimo rosso tanto di moda a Mosca? Brutta, bruttissima situazione dalla quale
sembra difficile uscire. Ma è proprio nei momenti
difficili che i veri rivoluzionari devono saper sviluppare al massimo grado la loro capacità
propositiva, non ripiegando su un comodo neoriformismo né su un fanatico lottarmatismo, per
costruire con tenacia, giorno dopo giorno, l'alternativa libertaria. Purtroppo non esistono
scorciatoie per la rivoluzione.
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