Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 9 nr. 75
giugno 1979 - luglio 1979


Rivista Anarchica Online

C.N.T. verso il congresso
di Josep Alemany

Per comprendere l'attuale situazione della C.N.T. bisogna risalire alla sua ricostituzione nel febbraio del '76. Nel processo di ricostituzione della C.N.T. erano presenti componenti tra loro molto eterogenee: coloro che provenivano dalle organizzazioni storiche C.N.T., F.A.I. e Gioventù libertarie (J.J.L.L.), gli elementi (soprattutto giovani) del giovane movimento anti-autoritario (al quale sono giunti nelle più diverse maniere e dai più disparati orizzonti), tutto un insieme di organizzazioni e di mini-organizzazioni marxiste, nonché elementi verticalisti provenienti dalla C.N.S. (il sindacato statale franchista, noto come "verticale", di cui ha parlato esaurientemente David Urbano sul n.53 di "A").

Fin d'allora la C.N.T. ha risentito delle modalità con cui è stata ricostituita, con tanta fretta e con una miscela tanto esplosiva. Al momento di prendere delle decisioni, sempre si è venuta creando una marcata polarizzazione: da una parte i marxisti, i verticalisti e i sindacalisti puri, dall'altra gli anarco-sindacalisti e gli anarchici. A mano a mano che la C.N.T. si è ingrossata questa divaricazione si è fatta più accentuata. Nel 1976 il patto di unità sindacale con la U.G.T., promosso principalmente dai verticalisti, rispondeva ad una manovra di largo respiro portata avanti con il beneplacito del governo. Si trattava di spodestare le Comisiones Obreras e di trasformarsi in un sindacato riformista, portando la C.N.T. ad aderire al patto sociale: questa manovra fortunatamente fallì e fu proprio a partire da allora che si scatenò la repressione contro la C.N.T. e contro i libertari.

In questi tre anni questa situazione si è trascinata alla bell'e meglio e queste diverse tendenze hanno continuato a coesistere all'interno della C.N.T. (anche se non si è certo trattato di una coesistenza pacifica), finché negli ultimi tempi il settore marxista ha rotto gli indugi e ha voluto compiere un nuovo salto qualitativo nella sua conquista del potere nella C.N.T., organizzandosi per tale scopo.

La C.N.T. non è mai stata un'organizzazione monolitica e al suo interno hanno sempre trovato spazio le diverse tendenze dell'anarcosindacalismo, da quelle più sindacaliste a quelle più anarchiche, in un rapporto a volte dialettico a volte antagonistico. Senza dubbio, però, oggi ci si trova davanti ad una nuova tendenza estranea all'anarcosindacalismo: la componente marxista, anzi precisamente, in questo caso, una presenza marxista organizzata per costituirsi in avanguardia dirigente. Non si tratta solo di alcuni individui che trovano un ambiente ostile (come accadde un tempo con Maurin e Nin, che poi fondarono il P.O.U.M.), ma di una presenza consistente in un ambiente tutto sommato debole. Esaminiamolo un po'.

Le libertà democratiche ritornano nello stato spagnolo dopo quarant'anni di dittatura, che ha strozzato quasi completamente il movimento libertario nel Paese con l'assassinio di migliaia e migliaia di compagni e la soppressione di tutta una tradizione organizzativa, culturale ed esistenziale antiautoritaria che, con tutte le contraddizioni ed i difetti possibili, si era radicata in Spagna. Su questo deserto si sono successivamente sviluppate le organizzazioni marxiste e, a mano a mano che il regime si "liberalizzava", ha cominciato a circolare tutta una letteratura marxista (con l'esclusione dei libri che facevano riferimento alla guerra civile e al franchismo). Nel medesimo tempo i marxisti iniziavano una capillare opera di penetrazione in campo editoriale, nelle riviste, nell'apparato scolastico, nelle università, nei mass-media, ecc.. Il marxismo rispondeva agli interessi di potere di tipo tecnoburocratico della nuova intellighenzia progressista e delle nuove burocrazie politico-sindacali che hanno istituzionalizzato definitivamente il loro potere dopo la morte del Caudillo.

Mentre si va stabilendo questa forte egemonia marxista, il movimento libertario si trova decimato, non vi è quasi niente a livello organizzativo. Risulta difficilissimo, se non impossibile, reperire i testi classici e mancano anche testi moderni che attualizzino e reinventino l'anarchismo, che analizzino i nuovi fenomeni sociali e che dedichino particolare attenzione alla società spagnola. Questo vuoto culturale in campo anarchico ha fatto sì che si siano fatti passare per anarchici metodi e idee marxisti modificati in superficie da un'opera di chirurgia estetica. E questo conformismo non proviene solo dai marxisti sedicenti libertari: le carenze nell'elaborazione teorica continuano ad essere ancora oggi una caratteristica del movimento libertario.

Mi sono dilungato su questi aspetti perché è in questo contesto che si sviluppa la tendenza marxista nella C.N.T.. In effetti tutto un insieme di gruppi ed elementi marxisti si sono buttati a falco sulla C.N.T., attratti dalla possibilità di diventare loro la sua avanguardia e di convertirla in una organizzazione "proletaria" pura e dura secondo i canoni dell'operaismo marxista, in grado di agglutinare "la classe", malcontenta dei continui tradimenti delle Comisiones Obreras, dell'U.G.T. e degli altri sindacati i quali - continuando ad usare il loro lessico - avrebbero abbandonato la lotta di classe per collaborare con la borghesia. Ai marxisti non gliene frega un accidente delle componenti antiautoritarie della C.N.T., anzi vorrebbero eliminarle, dal momento che le giudicano un freno allo sviluppo della C.N.T., una remora che le impedisce di essere duttile alle esigenze del sindacalismo contemporaneo. Questi elementi marxisti da circa un anno si sono organizzati in un'organizzazione specifica all'interno della C.N.T.. Nonostante che (colmo dei colmi!) si siano definiti "gruppi di affinità anarcosindacalista" non hanno niente a che vedere con i gruppi di affinità che sempre sono esistiti nel movimento libertario, dal momento che hanno adottato come base strutturale il sindacato: hanno anzi ricalcato la struttura della C.N.T., sovrapponendole un'organizzazione parallela, tanto che sono chiamati "i paralleli" o "la parallela".

Non bisogna dimenticare d'altra parte che in queste loro manovre i marxisti hanno l'appoggio (all'interno o all'esterno della parallela, per ora è difficile stabilirlo) dei verticalisti e dei sindacalisti riformisti. Il fatto che anche fra di loro si siano prodotti grossi contrasti non impedisce loro di far fronte comune contro gli "apaches", parola con la quale designano il settore rivoluzionario. Oltre al loro peso nei comitati sindacali, i paralleli contavano su due membri nel comitato nazionale, su vari delegati nel comitato regionale catalano, e tenevano nelle loro mani gli organi di stampa più conosciuti: Solidaridad Obreras e, a partire dal numero 22, C.N.T.. Ben dotati di mezzi, si sono dedicati a svuotare la C.N.T. del suo contenuto anarchico, opera che avrebbe dovuto culminare nel congresso per dare una sanzione formale alla nascita di una nuova C.N.T., una C.N.T. unicamente sindacalista che, oltre a sbattere fuori le sue componenti antiautoritarie, avrebbe dovuto riunire gli elementi più combattivi della "classe" facendovi così entrare elementi critici verso le altre centrali sindacali (Comisiones Obreras, U.G.T., C.S.U.T., ecc.) con le quali si mantenevano in contatto.

Tanto perché non si pensi ad affermazioni gratuite, ecco alcune citazioni. Negli atti di una riunione tenuta dal gruppo parallelo l'8 aprile dello scorso anno si legge "(...) l'uscita pubblica del gruppo costituisca la spaccatura a sinistra di tutte le organizzazioni". Dopo aver discusso un documento, del quale il lettore potrà assaporare fra poco alcuni stralci, si legge: "il redattore dichiara che nel documento si tratta soprattutto di precisare la necessità della riaggregazione nella C.N.T., da usarsi come base provvisoria, ma non necessariamente come unica possibilità. Per quanto riguarda la costruzione della direzione politica appare chiaro che non ci si riferisce alla costituzione del nucleo partitico che si solidifichi e diriga dall'esterno la C.N.T.: ciò a cui si punta è la direzione della lotta di classe all'interno della C.N.T.".

Nello stesso documento, secondo la più pura tradizione trotskista-leninista, si può leggere: "6.) Un'organizzazione che possa rispondere alle necessità del movimento operaio (scarsa importanza viene data in questa analisi al fatto che si tratti o meno di una delle organizzazioni esistenti) può solo sorgere dalle attuali organizzazioni di massa (che non a caso sono tali). 15.) La C.N.T. permette ancora l'organizzazione del settore più combattivo della classe operaia. 16.) Senza dubbio questa alternativa, l'alternativa alla C.N.T. di un blocco delle sinistre interne alla C.N.T. con altri blocchi di sinistra, non sarà possibile senza l'esistenza di un settore al suo interno capace di dirigere la lotta di classe nella C.N.T., di modificare l'attuale rapporto di forze, di inserire la C.N.T. nel movimento operaio". Si tratta di inglobare nella C.N.T. gli elementi "più combattivi" dissenzienti con gli altri sindacati; e per far questo naturalmente è necessario buttar fuori gli anarchici. Ancora una citazione dal documento: "17.) Combattere l'attuale direzione sclerotizzata, combattere i settori anarco-fascisti, dotare la C.N.T. di una struttura sindacalista-rivoluzionaria, impegnarsi a dar risposte ai problemi attuali del movimento operaio, esser capaci di trasformare la C.N.T. in una avanguardia del movimento operaio". No comment. Ah, mi dimenticavo! Il documento fu approvato. Naturalmente.

A chi non fa parte della C.N.T. - in questo caso il lettore italiano - è sufficiente la lettura di Solidaridad Obrera per rendersi conto di ciò. In Soli non solo era ben percettibile l'influenza formale della letteratura marxista, senza alcun limite né scrupolo nell'utilizzare qualsiasi tipo di arma per stroncare il "nemico" (tant'è vero che in Soli abbondavano le falsificazioni, gli insulti, il tremendismo verbale e le smargiassate di peggior gusto), ma anche la sua influenza a livello di contenuto. Soli inoltre non era l'organo della C.N.T. catalana quanto dell'organizzazione parallela che, cercando di presentarsi come la linea "ufficiale" della C.N.T., si serviva della stampa sotto il suo controllo per difendere settariamente le sue posizioni. Immersa in questo "ufficialismo unidimensionale", Soli si è dedicata, tramite una campagna di intossicazione, ad un lavoro di discredito e di calunnia contro i sindacati ed i militanti che dissentono delle sue posizioni; in mezzo al bombardamento diffamatorio contro l'anarcosindacalismo e l'anarchismo, non manca l'identificazione dell'anarchismo con bombe ed armi (gli anarchici vogliono utilizzare la C.N.T. come copertura per le loro cospirazioni carbonare, ma non fanno né vogliono fare del sindacalismo per cui la C.N.T. potrebbe trasformarsi in una setta di illuminati armati, tanto per citare solo un esempio più indicativo fra i mille, cfr. l'articolo di José Antonio Diaz, sul n.24 di Soli, pag. 3).

Direttamente o indirettamente collegati con la parallela, comunque in pieno accordo con le sue mire, vi è in Soli un insieme di scribacchini marxisti che scrivono su diverse pubblicazioni progressiste "di prestigio" e che si sono rivolti a Soli perché questa offre loro un palcoscenico in più per presentarsi come vedettes dello spettacolo sinistrese. Questi marxisti progressisti si dedicano a ripetere i catechismi sinistresi lanciati dai disegnatori di moda di Parigi: si dissotterrano cadaveri marxisti e si riempiono pagine su pagine di logorroica retorica bordighista, pannekoekiana, fidelcastrista, con tutti i luoghi comuni emme-elle. Tutti i testi "teorici" sul sindacalismo sono di un economicismo talmente marxista da far ridere.

E mentre si ripetono i clichés marxisti, brilla per la sua assenza un'analisi del passato "glorioso" del movimento operaio e della sua situazione attuale ancora più "gloriosa", così come un'analisi dei nuovi fenomeni sociali che presenta la società spagnola; si evitano anche i problemi reali della C.N.T.. Il pensiero libertario è praticamente trascurato quando non coperto da insulti e da diffamazioni. E del pensiero antiautoritario moderno, zero più zero: facendo unicamente riferimento alla letteratura marxista e parallela, su Soli si pubblicano altre cose comunque ridotte al minimo.

Negli ultimi tempi le posizioni si sono polarizzate. Il ritrovamento di alcuni atti di una riunione della parallela, tra i quali il documento prima citato, ha portato a livello pubblico i loro intrighi, la qual cosa ha provocato l'espulsione di una decina di leader della parallela, tra i quali due membri del comitato nazionale e alcuni assidui collaboratori di Soli (uno di loro, il citato José Antonio Diaz - e non era l'unico - arrivava a scrivere fino a tre articoli a numero). I paralleli, a loro volta, volevano espellere dalla C.N.T. il sindacato degli edili di Barcellona, accusandolo di essersi distinto nella critica del riformismo e nella denuncia degli intrighi della parallela. Il pretesto per giustificare l'espulsione era di aver promosso una commissione di studio con i sindacati che si rifiutavano di partecipare ai contratti, considerando che tale convocazione era di competenza del comitato regionale.

Questi fatti aiuteranno il lettore a comprendere il clima che ha preceduto il plenum dei sindacati catalani tenutosi nei giorni 28 e 29 aprile e 5 e 6 maggio. In questo plenum non fu espulso il sindacato edile; si rifiutò l'organizzazione parallela, ai cui membri vanno applicate le norme relative alla doppia militanza (cioè, non possono avere cariche); si prese posizione contro il direttore, il comitato di redazione e il contenuto di Solidaridad Obrera, e si considerò dimissionario il comitato catalano della C.N.T.. Per i giorni 26 e 27 maggio è stato fissato un nuovo plenum per eleggere le cariche vacanti ed il nuovo direttore di Solidaridad Obrera.

Nei prossimi mesi si potrà verificare se questo plenum ha significato un cambiamento importante oppure se riappariranno sotto altre forme gli stessi ostacoli. Così come si potrà verificare se si cominciano ad affrontare i problemi di fondo (che ci sono fin dai primi mesi della ricostruzione) anche grazie ad un dibattito chiarificatore che possa contare sull'appoggio di una nuova Soli libertaria o pluralista, oppure se tutto continuerà più o meno come è stato fin'ora.

I paralleli costituiscono la versione estrema e organizzata del settore "riformista", sostenitore di un sindacalismo economicista. Ossessionati dall'esigenza di crescere e di moltiplicarsi, lasciata da parte la coerenza fini-mezzi, propongono di inserirsi nel sindacalismo che oggi va per la maggiore, quello corporativista, "indurendolo", partecipando alle trattative per i contratti, al fine di trasformarsi nella "buona burocrazia", nel "buon sindacato" che raggruppi i senza tessera e quelli che, disillusi, hanno strappato le tessere degli altri sindacati (fra l'altro i paralleli dimostrano così di non aver capito le motivazioni di questa disillusione). A livello più generale propongono la creazione di una federazione nazionale delle industrie, il che supporrebbe la creazione di un apparato burocratico pachidermico e il rigetto dell'attuale struttura, basata sulle federazioni locali, della C.N.T., che finirebbe per trasformarsi in un sindacato integrato nel sistema economico tecnoburocratico. Anche rispetto agli altri problemi i paralleli sostengono le medesime posizioni riformiste e conservatrici. Tra l'altro non sono nemmeno intransigentemente astensionisti.

Nel caso Scala, per fare un altro esempio, i paralleli hanno sostenuto la necessità di non prendere posizione, il che ha provocato la passività della C.N.T. davanti a questa provocazione del potere, dal momento che a quell'epoca erano loro a controllare le alte sfere. Come se non bastasse, sul quotidiano El Pais è apparsa una serie di articoli sulla C.N.T., nei quali veniva dato spazio alle opinioni dei riformisti. Proprio riferendosi all'attentato alla Scala, l'autore degli articoli così scriveva: dopo varie ore di conversazione, importanti dirigenti 'riformisti' hanno dichiarato esplicitamente e dettagliatamente di ritenere implicati come mandanti dell'attentato alcuni membri della F.A.I. del interior, che sono in relazione molto stretta con settori dell'esilio (El Pais,, 28 aprile '79). Questa è pura delazione poliziesca e collaborazione con la repressione.

Per il settore anarcosindacalista invece, dato che nelle società moderne sono i vertici delle grandi organizzazioni (comprese quelle che dicono di rappresentare i lavoratori) quelli che determinano con i loro giochi politici il destino di una società di massa, e data la morte del movimento operaio, ormai ridotto a burocrazie ed apparati, quello che si tratta di costruire non è il "buon" apparato né la "buona" burocrazia, quanto l'inserimento nella dinamica conflittuale di base ed il suo potenziamento. Bisogna infatti constatare che, terminato il periodo di effervescenza subito dopo la morte di Franco, le lotte autonome selvagge sono andate calando a misura che si è andato consolidando ed estendendo il controllo delle burocrazie politico-sindacali. Con l'istituzionalizzazione dei partiti e dei sindacati nella loro funzione di regolatori e controllori della conflittualità sociale, la C.N.T. ha visto restringersi il suo campo d'azione. Il suo ostacolo principale sono i contratti collettivi, negazione dell'azione diretta proprio perché regolati dallo stato: questi contratti sono la base di sviluppo di un sindacalismo produttivista e rivendicativo tutto sommato funzionale alla pianificazione economica del sistema. La partecipazione ai contratti da una parte aumenta la distanza tra i risultati "quotidiani" della C.N.T. e i suoi obiettivi rivoluzionari, cioè tra i mezzi e i fini, e, dall'altra, quando la C.N.T. vi ha partecipato malgrado la combattività dei suoi militanti si è scontrata contro un muro invalicabile.

Perciò il settore anarcosindacalista è favorevole alla rottura della prassi dei contratti, dal momento che le trattative contrattuali vengono portate a termine separatamente in ciascun settore, mantenendo intatte le gerarchie e le disuguaglianze sociali, il tutto in un ambito stabilito dallo stato: punta invece a presentare piattaforme globali egualitarie per tutti i settori che raggruppino le rivendicazioni comuni a tutti i lavoratori. Questo settore considera inoltre che, date le attuali difficoltà, non sarà possibile un aumento dell'influenza anarcosindacalista della C.N.T. fino a che non si produrrà un cambiamento di fondo del movimento operaio: ciò significa che nel momento attuale, nel quale prevale una mentalità "politica", è necessario che la C.N.T. affronti con questa coscienza una serie di aspetti vitali per la crescita del movimento operaio.

Un'accusa che viene spesso mossa contro i settori rivoluzionari (gli "apaches") è quella che sarebbero composti da "pasotas" (elementi instabili), il che è falso. La verità è che la tendenza "pasota" (che comprende un variegato mosaico di elementi controculturali, drogati, omosessuali, ecc.) ha fatto la sua comparsa solo in alcune manifestazioni pubbliche della C.N.T. (come nelle Giornate Libertarie) e solo in alcuni momenti si è mossa nella sua orbita con una qualche influenza reciproca. Ma dire che per questo forma la base del settore rivoluzionario della C.N.T. è falso.

Non bisogna dimenticare che la discussione fra le diverse tendenze (che tra l'altro non è certo schematica come risulta da queste pagine) è sempre mescolata con le lotte per la conquista degli incarichi nei comitati. Con il tempo si vedrà ciò che nei recenti conflitti risponde veramente al desiderio di presentare scelte differenti e quello che invece è dovuto solo alla volontà di controllare i comitati. Se in effetti è innegabile che vi è un settore anarcosindacalista rivoluzionario che propugna un sindacalismo basato sull'azione diretta, lo scoglio principale col quale si trova a scontrarsi è la difficoltà di costruirlo in società dominate dalla burocrazia e dallo stato. Fino a che punto questo settore rivoluzionario, restando sul terreno sindacale, potrà essere davvero differente? Dal momento che l'azione sindacale si svolge in un ambito le cui regole del gioco tra stato, padronato e sindacati sono ben stabilite dallo stato stesso, è difficile pensare che la C.N.T. possa trasformarlo. In altri termini, è possibile oggi l'anarco-sindacalismo oppure questi due termini sono diventati antitetici? La poniamo come domanda: saranno i fatti a rispondere. D'altra parte, contrariamente agli anni trenta, non vi è oggi quel movimento sociale rivoluzionario, che ha sempre costituito la base rivoluzionaria della C.N.T., bensì l'apatia di ampi settori del proletariato.

Un congresso è, o almeno dovrebbe essere, il momento culminante di un processo di discussione e di un dibattito aperto che coinvolga tutta la base. Il difficile ed irregolare funzionamento della C.N.T. a tutti i livelli, la mancanza finora di una stampa aperta al dibattito di tutte le idee, le lotte interne, ecc. ecc., non lasciano certo presagire un buon congresso. Si sbagliano quelli che sperano che il congresso serva da soluzione a tutti i mali che affliggono la C.N.T., perché i problemi si devono risolvere con la militanza quotidiana e non riponendo le speranze di salvezza in un'istanza esterna. Un'altra cosa che altri sperano è che il congresso, come in qualsiasi altra organizzazione autoritaria, detti la "linea corretta" alla quale sarà tenuta ad obbedire tutta la C.N.T..

Non è ancora stato fissato l'ordine del giorno provvisorio del congresso, per cui non si conoscono ancora con esattezza gli argomenti che verranno discussi; vi sono alcune questioni che comunque non potranno essere eluse. Una delle principali sarà certamente il bilancio di attuazione dell'organizzazione dall'ultimo congresso svoltosi in Spagna, quello di Saragozza del 1936. Si riesaminerà criticamente la pratica della C.N.T. durante la guerra e la rivoluzione, portando l'analisi fino alle estreme conseguenze e ciò evocherà certamente tutta la problematica connessa con l'esilio e la sua prassi durante questi anni, così come la sua relazione "organica" con la nuova C.N.T. rinata in Spagna.

Un altro punto in discussione sarà il rapporto tra la C.N.T. e il resto del movimento libertario, e tra la C.N.T. e gli altri movimenti anti-autoritari: si tratta di decidere se seguire la "classica" impostazione C.N.T.-F.A.I.-JJ.LL. oppure se si adottano nuove soluzioni: la discussione in merito è ancora tutta aperta. Quel che è certo è che per ora vi sono molti anarchici che non fanno parte della F.A.I., non perché critichino la F.A.I. in sé, ma perché non concordano con le modalità della sua ricostruzione.

Si affronteranno anche altre questioni - la questione delle nazionalità, la situazione economica, ecc. - ma il punto centrale sarà in ogni caso l'analisi del sindacalismo nelle società moderne e il dibattito sulle modalità di intervento che adotterà la C.N.T.. È qui che si accenderà la polemica fra coloro che vogliono lasciar perdere la caratterizzazione anarco-sindacalista della C.N.T. e quelli invece che non sono disposti a transigere.

Infine non bisogna dimenticare la sfasatura che vi è sempre tra le dichiarazioni di principio (caratteristiche dei congressi) e la pratica dell'organizzazione dei mesi successivi. Due esempi: le federazioni nazionali dell'industria, approvate nei congressi del '31 e del '36, non furono realizzate che nel '38, per di più in una situazione irregolare in uno stadio avanzato di burocratizzazione galoppante. Fra le personalità che operarono da freno alle collettivizzazioni comuniste libertarie sorte nel luglio del '36 figuravano alcuni dei principali sostenitori della "concezione confederale del comunismo libertario" approvata alcuni mesi prima al congresso di Saragozza (maggio '36) - così come la collaborazione con lo stato, le pratiche autoritarie gerarchiche adottate dalla C.N.T. a partire dal '36 e tante altre cose furono la negazione dei deliberati del congresso di Saragozza e di tutti i principi, la pratica ed i fini proclamati dalla C.N.T. in tutta la sua storia.