Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 8 nr. 66
maggio 1978


Rivista Anarchica Online

Qualifica: obiettore - Ruolo: tappabuchi
di Camillo Levi

Per dimostrare di non essere "un vigliacco" come sostenevano i fascisti ed i militaristi, il primo obiettore di coscienza in Italia all'indomani della seconda guerra mondiale chiese di esser destinato ad un compito particolarmente rischioso ma socialmente utile: quello di andare a cercare le bombe inesplose e di disinnescarle o di farle brillare, in modo da contribuire a limitare i tragici incidenti che numerosi accadevano in quell'epoca, come sempre dopo una guerra combattuta con simili ordigni. A morire erano soprattutto i bambini, incapaci di distinguere una bomba da un possibile strumento di gioco e di divertimento. Ciononostante Pietro Pinna, cristiano non-violento formatosi alla scuola morale e sociale di Aldo Capitini, fu condannato per il suo rifiuto di subire il servizio militare. Era finita da poco la seconda guerra mondiale.

Da allora, per un quarto di secolo, tutti coloro che si sono rifiutati di indossare la divisa e che alla chiamata in armi della patria hanno saputo rispondere "signorno!" sono stati sbattuti in carcere. E vi sono rimasti, in genere, per due o tre anni. Avveniva così: al primo processo subivano una condanna "lieve", quattro-cinque mesi; poi venivano scarcerati e nuovamente chiamati alle armi; al secondo rifiuto si beccavano una condanna maggiore, e così via fino ad oltre due anni di galera, a volte. Dopodiché nella sua magnanimità lo Stato li riconosceva "pazzi" (con il famigerato articolo 28) e con quel marchio bene impresso li rigettava nella vita "civile" - liberi cittadini, finalmente.

Così è andata avanti fino al '72: non si conosce il dato esatto dei giovani che hanno pagato quel prezzo alla loro coerenza, ma certo sono stati tanti - e non pochi fra loro erano anarchici. È una pagina poco conosciuta ma non per questo meno importante di tante altre più eclatanti e strombazzate: nel silenzio dei reclusori militari, spesso in un avvilente isolamento, nella sofferta decisione di riconfermare dopo ogni scarcerazione il rifiuto garantendosi così un altro più lungo periodo di detenzione, i cristiani non violenti e gli anarchici (questi i due nuclei più consistenti - senza contare però i testimoni di Geova, che formano una comunità tutta particolare ed il cui comportamento in galera è stato spesso succube alle autorità) hanno portato avanti in tempi difficili il discorso e la pratica dell'anti-militarismo più coerente - seppure con differenze tutt'altro che secondarie.

Alla fine degli anni '60, in seguito all'ingrossarsi del movimento anti-militarista (nel cui seno si era sviluppata anche la componente radicale) ed al (relativo) diffondersi delle agitazioni nelle caserme ed anche dei casi di obiezione di coscienza, lo Stato incominciò a sensibilizzarsi al problema. Nasceva così, nel '72, la legge sull'obiezione di coscienza, riconosciuta legalmente seppure con tali e tante limitazioni da lasciare insoddisfatti anche i radicali che ne erano stati i più vivaci promotori. Comunque, ormai, la legge c'era ed un po' alla volta iniziarono a svolgere il loro servizio civile alternativo i primi obiettori legalizzati.

A sei anni di distanza si può affermare con certezza che la maggior parte dei giovani non conosce assolutamente le modalità tecniche per farsi riconoscere lo status di "obiettore di coscienza" e ciò contribuisce certamente a mantenere basso il numero degli obiettori in servizio civile. Al di là delle questioni tecnico-giuridiche, comunque, è del significato e dell'eventuale utilità "politica" del servizio civile alternativo che ci preme parlare con due compagni - Paolo e Dario - che attualmente prestano servizio civile presso due differenti enti a Milano. Tutti e due sono ancora nella prima metà del loro servizio civile, che la legge - con evidente scopo punitivo e scoraggiante - ha fissato in 8 mesi in più rispetto alla normale ferma.

Questa dei 20 mesi - spiega Dario - è già una norma che tende a discriminare socialmente gli obiettori: difficilmente chi sente già come una grave interruzione del proprio lavoro il normale servizio militare di un anno, sarà poi disposto a subirne altri otto mesi, anche se di servizio civile. È evidente che molti proletari sono discriminati in partenza proprio da questa norma, che il movimento anti-militarista in genere lotta per abolire. E dal punto di vista geografico, come sono stratificati gli obiettori? Dati precisi in proposito non ne conosco, ma certo è che la grande maggioranza proviene dal Nord e dal Centro Italia.

Dal punto di vista delle distinzioni politiche, la situazione non è delle più semplici da comprendere. Alle "solite" distinzioni di partito e/o di gruppo si sovrappongono quelle religiose e filosofiche. Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, di obiettori ve ne sono di tutti i tipi: non pochi hanno una mentalità politica conservatrice e moderata, soprattutto nella consistente fetta "cattolica" degli obiettori. Ma vi sono anche, relativamente numerosi, i "cristiani per il socialismo", alcuni dei quali approdano dopo non molto ai lidi della sinistra rivoluzionaria.

Un'altra "fetta" consistente di obiettori si riconosce nelle varie formazioni della sinistra più o meno extra-parlamentare; un'altra ancora è su posizioni decisamente rivoluzionarie e libertarie. Per completare il quadro, poi, bisogna ricordare molti casi individuali difficilmente "etichettabili", che coprono le più varie posizioni.

Organizzativamente gli obiettori cattolici e moderati si richiamano spesso alla Charitas Internationalis (quella che nello scorso aprile si è occupata anche del caso Moro), mentre gli obiettori di sinistra hanno generalmente fatto riferimento alla Lega degli Obiettori di Coscienza (L.O.C.), da tempo sempre più contestata dalla sinistra rivoluzionaria. Nata soprattutto per iniziativa di militanti del partito radicale (alla quale è rimasta federata nei suoi primi anni di vita), la L.O.C. si sta trasformando in una mera organizzazione sindacale e quasi anodina degli obiettori: una struttura di servizio tecnico ed assistenziale più che un organismo di lotta, tant'è vero che da un po' di tempo - dice Dario - di attività antimilitarista non ne fa più. Ormai si occupa quasi solo del servizio civile, cioè della mobilitazione a sostegno degli obiettori in lotta contro le autorità che impongono loro lavori non più previsti dalla legge. La legge, infatti, vieta che gli obiettori portino via il lavoro ai lavoratori "civili". Ma le autorità se ne fregano e cercano di utilizzare ad ogni occasione gli obiettori in servizio civile per "coprire" i buchi del personale. Al recente congresso di Bologna (gennaio) il dibattito è stato molto vivace ed a tratti caotico: gli anarchici, i libertari in genere ed altri compagni rivoluzionari hanno sottoscritto un documento di forte critica ed hanno preso le distanze dalle manovre di vertice portate avanti all'interno del congresso. Gli obiettori vicini alle posizioni de Il Manifesto, per esempio, indirizzano la loro attività verso la regionalizzazione e la smilitarizzazione del servizio civile e teorizzano l'impegno degli obiettori negli enti pubblici.

Ma la mia esperienza personale - afferma Paolo - non mi spinge certo all'entusiasmo. Alla fin fine noi obiettori in servizio civile veniamo utilizzati per sostituire il personale mancante oppure "relegati" in luoghi o Enti più o meno "morti" (enti assistenziali, ecc.). Eppure quand'ho fatto la domanda per il servizio civile ci credevo davvero: oggi però non mi posso riconoscere con la mentalità non-violenta che permea in generale il movimento degli obiettori, né mi sento di far parte di un'unica "famiglia" (quella degli obiettori) con gente che ha posizioni così diverse e spesso opposte alle mie. Mi sono anche reso conto che tra gli obiettori vi è spesso una buona dose di corporativismo, nel senso che di problemi di ordine generale difficilmente se ne parla. Dario non è d'accordo: il fatto che tu non faccia il servizio militare, che per 12 mesi ti rincoglionisce e ti spinge continuamente al consenso verso le istituzioni, è comunque un fatto positivo. Il servizio militare è comunque peggio, una volta che si sia convinti dell'assurdità di quelli che teorizzano la naja perché "così possiamo controllare l'esercito dal basso". Secondo me - prosegue Dario - per gli obiettori in ervizio civile c'è ancora possibilità di muoversi efficacemente, anche tenuto conto del disinteresse che il ministero della difesa ha finora dimostrato nei confronti degli obiettori. Né bisogna dimenticare che durante il servizio civile vi può essere la possibilità di sperimentare forme di vita alternativa: certo, per utilizzare questi spazi bisogna darsi da fare.

Dell'obiezione totale, cioè del rifiuto anche di prestare servizio civile, che cosa ne pensate? Teoricamente - risponde Paolo - io sono per l'obiezione di coscienza totale, per la diserzione di massa, ma questo non può certo esser realizzato facilmente. D'altra parte, la scelta più "pratica" del servizio civile ha i limiti ed i difetti che ho appena messo in luce. Anche Dario, che pure vede più positivamente la scelta del servizio civile, non se ne nasconde i limiti. Per quanto riguarda l'obiezione totale - aggiunge - penso che possa essere un'"arma" efficace solo a condizione che sia fatta contemporaneamente da un consistente numero di compagni (una cinquantina, per rendere l'idea).

Forse al termine dei due anni della loro esperienza di servizio civile avranno ulteriori elementi di giudizio: l'impressione, però, è che con il passare del tempo sono di gran lunga più numerosi i fattori negativi che quelli positivi a venire a galla.