Rivista Anarchica Online
Lotta armata e noi
Lotta armata: sì, no o ni? Era ora che anche noi anarchici e libertari affrontassimo
seriamente il problema, poiché, nonostante il Movimento nelle sue diverse componenti
non abbia mai taciuto la propria opinione sui gruppi clandestini e il loro operato,
ancora non è mai stato posto in modo soddisfacente il problema del rapporto anarchici-lotta armata. L'articolo di Papi pubblicato sul nr. di aprile di "A" è stato, pertanto,
sintomo di un'esigenza sempre più sentita da tutti.
È vero, da tempo il compagno Bonanno ha detto chiaramente la sua, ma le sue posizioni,
lasciando perdere il fatto che siano unilaterali o no, non credo abbiano avuto modo di
essere ampiamente discusse, cioè sono state limitate alle pagine di "Anarchismo" e alle
critiche sbrigative dei compagni dei giornali anarchici più diffusi. È mancato, questo è il
punto, una discussione chiarificatrice in seno al Movimento Anarchico, tanto più che
qualcuno, vedi Azione Rivoluzionaria, è già andato oltre il dibattito.
Io qui non voglio riassumere le posizioni di questo o di quello, ma esporre il mio
pensiero, soprattutto rispetto all'articolo di Papi. A mio avviso, oggi non è possibile
un'insurrezione di massa, ma una lotta clandestina di minoranze sì. Mi spiego meglio. La
rivoluzione è insurrezione di massa, volontà sovvertitrice del popolo in armi, ma bisogna
essere ciechi per non vedere che attualmente in Italia non v'è tale volontà né lo stato di
cose che la produce. Se vi fosse un'insurrezione di massa (anche se di una massa esigua -
scusate il termine contraddittorio), questa verrebbe subito repressa tragicamente, poiché
agirebbe svantaggiata, senza essere all'altezza dello scontro, e dovrebbe fare i conti con
le forze repressive dello Stato, che sono in grado di frenare una simile rivolta (non
dobbiamo dimenticare che le FF.AA. da noi servono più in funzione antirivoluzionaria
che di difesa della nazione; senza contare che la borghesia ha al suo servizio, oltre alla
polizia, un vero e proprio esercito che sono le guardie giurate ecc.).
Ma di questo, forse, qualcuno non si rende conto; lo si è visto (a me è stato riferito) al
Convegno di Bologna, quando anche qualche anarchico ha proposto di accettare lo
scontro con le forze dell'ordine, senza accorgersi di essere in una gabbia da cui poteva
uscire solo morto.
Altro discorso vale invece per l'azione clandestina di piccoli gruppi, che lo Stato
combatte, seppur duramente, in modo inefficace. S'è visto chiaramente con le B.R.
recentemente. D'accordo, era ed è uno scontro tra apparati, ma lo Stato non mi pare ne
esca "a testa alta". Poi, sul fatto che le B.R. siano un apparato siamo tutti convinti, ma il
loro efficientismo si può criticare fino ad un certo punto: che volete, che un gruppo
clandestino agisca senza meticolosità?
Ecco, sì, anche noi anarchici potremmo costituire dei gruppi armati e compiere azioni
simili a quelle delle B.R., pur se con diverso fine. Ma quale sarebbe il risultato? No, non
certo un incoraggiamento per gli sfruttati a compiere la rivoluzione, solo un'estenuante
lotta tra noi (potremmo essere 100, 1.000, pure 5.000) e lo Stato, senza peraltro
raggiungere il nostro vero fine. Sarebbe, pertanto, un consumo dell'anarchismo e delle
sue forze, nonché una probabile perdita della sua identità. E non mi si venga a dire che
noi agiremmo in modo differente dalle B.R. e dai N.A.P., cioè come "la nostra tradizione
di 150 anni ci insegna" (Bonanno nel dibattito "Gli anarchici e il nuovo movimento"
CDA), perché se il fine sarebbe comunque l'abolizione dello Stato e la realizzazione del
comunismo libertario, la guerriglia non potrebbe essere condotta in modo libertario, col
"militante che agisce nella realtà del lavoro; posa la zappa e prende il fucile, poi posa il
fucile e prende la zappa" (ancora Bonanno), poiché questo modello è valido nella guerra
partigiana, non nella lotta clandestina come la si può fare oggi da noi.
Allora, quale via? Come ha scritto Papi e ancora prima la redazione di "A" nel
presentare il documento di A.R., puntare sulle altre forme di lotta tutt'altro che prive di
validi frutti: l'anarcosindacalismo, le lotte studentesche ecc., che oggi possono aver
successo proprio perché vi è una spinta antiistituzionale e illegale difficilmente
riassorbibile dai riformisti vecchi e nuovi. Per dirla breve, si tratta di una lotta di massa
che non è certo riformista ma neanche rivoluzionaria, bensì è preparatoria alla
rivoluzione perché questa, se libertaria, deve presupporre una crescita delle coscienze.
Ma ciò che ci dobbiamo porre seriamente (e per questo è utile questo dibattito) è il
problema della rivoluzione. Papi ha avuto il coraggio di parlare senza reticenze né
piagnistei: noi e le masse siamo sempre stati espropriati della rivoluzione da
organizzazioni ben strutturate, decise a tutto. Questo vuol dire che abbiamo commesso
degli errori, che qualcosa non va. Io sono stanco, quando parlo con qualcuno, di dire
che noi anarchici eravamo nei soviet ma poi sono arrivati i bolscevichi cattivi, che
avevamo fatto la rivoluzione in Spagna ma poi sono arrivati Vidali & Co., che noi siamo
buoni e loro, i marx-lenin-stalinisti cattivi, uccidono i veri rivoluzionari.
No, compagni, qui bisogna urgentemente rivedere alcune cosette. Ma, purtroppo, certe
cose non le si vuole dire, perché l'abitudine di certi articolisti anarchici - senza voler
male a nessuno - è non dare indicazioni chiare quando terminano le loro belle analisi.
Neanche Papi, questa volta, l'ha fatto. Io, forse, sono il meno adatto a parlare di simili
cose (perché sono "passato" con voi da poco, dopo essere stato socialista, e sono un
anarchico scollegato, solitario, spesso incoerente che vive nel profondo Sud e che non ha
neanche approfondito lo studio della storia e delle teorie del nostro movimento) ma
ritengo che si debba arrivare alla rivoluzione essendo movimento di massa (e questo si
ottiene con le lotte che già stiamo facendo) ma anche movimento militarmente pronto e
organizzativamente capace. E a questo punto, è logico, bisogna basarsi sulla "prova di
forza, sulla logica del fucile" e non aspettare che il Lenin di turno massacri noi e freni
l'impeto rivoluzionario. In poche parole, e senza peli sulla lingua, la rivoluzione,
sconfitta la reazione, deve fare i conti con gli stalinisti e gli autoritari prima che questi
facciano i conti con la rivoluzione. Fino ad oggi gli anarchici (perché ingannarci?) non
sono stati capaci di farli questi conti, ma, se la storia insegna, il futuro non deve vederci
soccombere ancora.
Sandro C.
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