Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 8 nr. 65
aprile 1978


Rivista Anarchica Online

Hong Kong / Nascita e lotte di un gruppo anarchico
a cura della Redazione

Vecchi militanti ancora attivi, praticamente zero. Giornali o case editrici anarchiche, zero. I compagni più vicini si trovano in Giappone, cioè a quattro ore di volo; e, a parte quelli, bisogna praticamente andare in Europa o in Nord America per trovare un movimento anarchico che abbia una seppur piccola consistenza. Questa è la realtà che abbiamo trovato all'inizio degli anni '70 ad Hong Kong e che tuttora si accompagna condizionandoci non poco. Alla domanda sulle origini del loro gruppo, Mok, Wong e Yuen mettono subito in chiaro l'estrema particolarità storica e geografica della loro realtà.

Hong Kong, infatti, è un'immensa metropoli di oltre quattro milioni di abitanti, schiacciata tra il mare e il confine con la Cina comunista: istituzionalmente è ancora una colonia inglese, seppure con uno status tutto particolare. In pratica è retta da un governatore inglese in pieno accordo con le autorità della Cina comunista. È una realtà abnorme, schiacciata tra i suoi stretti confini politici e geografici, eppure al centro di traffici internazionali di ogni tipo, da quelli commerciali a quelli spionistici. Ufficialmente è rivendicata dal governo cinese, che ha tutto l'interesse, però, a mantenere in vita un canale così importante - seppure contraddittorio - di scambi con il mondo occidentale.

È in questo contesto che nel '70 si sono ritrovati insieme molti giovani accomunati dall'insoddisfazione per la situazione socio-politica di Hong Kong e dalla volontà di "fare qualcosa" per migliorarla. All'inizio - ricorda Mok - ci aggregammo su tematiche estremamente generiche, di carattere democratico ed anche, a volte, patriottico. Fra le nostre prime battaglie ricordo quelle per ottenere il riconoscimento del cinese quale seconda lingua ufficiale di Hong Kong (accanto all'inglese) ed una serie di manifestazioni contro il Giappone che voleva inglobare alcune isole appartenenti alla Cina. Eravamo allora tutti giovani di sinistra, sensibili alle notizie di rivolta che a partire dal maggio '68 giungevano dall'Europa e un po' da tutto il mondo: all'interno di questo movimento ad Hong Kong convivevano parecchie tendenze, dai trotzkysti ai libertari, dai maoisti ai democratici. Fu una convivenza di breve durata, perché presto ogni tendenza prese la sua strada. Ci ritrovammo insieme qualche volta alle manifestazioni, per esempio a quelle contro l'intervento americano nel Vietnam: niente di più, però.

Nel '71 il gruppo - liberatosi della presenza dei maoisti e di molti "generici" - pubblica già un giornale, "The '70's" ("Gli anni 70", si potrebbe tradurre in italiano), scritto in cinese. Ed è tramite questa pubblicazione che cominciano in quei mesi ad avvicinarsi al gruppo vari giovani (tra i quali Wong) fuggiti dalla Cina in seguito alle repressioni governative contro i ribelli che rifiutavano il controllo del partito comunista. Questo contatto con le ex-guardie rosse, i loro racconti, le discussioni con loro, ebbero una grande influenza su di noi e ci spinsero ad occuparci molto più intensamente delle vicende cinesi - ricorda Yuen - Le nostre analisi sulla Cina comunista trovarono sostanzialmente d'accordo quei compagni che la rivoluzione culturale avevano vissuto da protagonisti. Alcuni di loro entrarono nel nostro gruppo ed ancora oggi sono con noi.

Il loro gruppo non si limita all'analisi "accademica" o alla solidarietà generica, ma si impegna direttamente in un'opera rischiosa ma essenziale: aiutare i compagni a sfuggire alla tremenda repressione maoista trovando rifugio ad Hong Kong. Data l'impenetrabilità del confine di terra, l'unica via praticabile era (e resta) il mare. Molte volte - afferma Yuen - ci recammo in vario modo a Canton, per concordare con i compagni di là le modalità della loro fuga via mare. In genere, l'unica possibilità che aveva in sé qualche garanzia di successo era quella di nuotare da Canton ad Hong Kong, il che significa restare in acqua consecutivamente almeno otto ore (ma c'è anche chi ne ha impiegate una ventina!). Per sfuggire alle vedette della polizia costiera bisognava compiere la traversata di notte, meglio se d'inverno, in modo da poter sfruttare le nebbie frequenti che rendono quasi inoffensivi i potenti fari di cui sono dotate quelle vedette. In simili condizioni - ricorda Wong - la maggior parte dei fuggitivi non è mai arrivata in salvo, ma è morta durante la traversata. Il nostro compito era quello di rifornire (clandestinamente) di zucchero e di cioccolato i fuggitivi prima del tentativo (erano questi gli alimenti più comodi da trasportarsi addosso durante la nuotata) e poi di aspettarli sulla spiaggia, nel punto prestabilito. Quante notti abbiamo trascorso trepidanti sulla spiaggia, prolungando poi per ore ed ore l'angosciosa attesa! E quante volte tutto ciò è stato inutile!

Ai compagni cinesi faccio osservare che forse non è molto opportuno parlare e scrivere pubblicamente di una simile attività, tanto importante quanto rischiosa. Mok scuote la testa: la mia preoccupazione è purtroppo inutile. Da vari anni i compagni non possono ormai nemmeno più pensare ad una simile attività di solidarietà. Ormai il loro gruppo è ben conosciuto ad Hong Kong dalle autorità locali inglesi, dai maoisti e dal regime di Pechino. Entrare in Cina, o meglio rientrarvi (tutti e tre sono nati in Cina), è per loro un sogno che solo il crollo del regime maoista potrebbe realizzare.

Eppure - spiega Mok - tutti e tre abbiamo parenti viventi in Cina, per cui formalmente ci spetta il diritto ad un viaggio periodico per andarli a trovare. Altre persone, altri compagni hanno arrischiato di servirsi di questo loro diritto, chiedendo e prontamente ottenendo dalle autorità cinesi il permesso di compiere una visita ai parenti. Giunti a destinazione, però, il loro biglietto di andata/ritorno si è improvvisamente trasformato in un biglietto di sola andata. Di molti di loro non si sa più niente; di altri, invece, si sa che sono stati arrestati o posti agli arresti domiciliari.

Ma torniamo alla storia del loro gruppo. Nello stesso anno durante il quale entrano in contatto con le ex-guardie rosse, molti di loro si recano all'estero (soprattutto in Francia) per ragioni di studio o di lavoro: prendono contatto con altre realtà, con molti compagni, e al rientro arricchiscono la vita del gruppo. L'approfondimento culturale ed ideologico porta nel '73 alla definitiva separazione dei trotzkysti, che hanno fatto di tutto per controllare e strumentalizzare ogni attività: da questo momento il gruppo si caratterizza definitivamente come gruppo libertario e progressivamente come gruppo dichiaratamente anarchico.

Nonostante la scissione, nonostante questa fosse avvenuta anche per questioni di incompatibilità personale, i rapporti con i trotzkysti non vengono interrotti, anzi: saranno sempre loro l'unica forza della sinistra "rivoluzionaria" di Hong Kong con la quale il gruppo "The '70's" manterrà rapporti pratici di collaborazione. Nei mesi successivi alla scissione - ricorda Mok - organizzammo parallelamente due intense campagne di opposizione al governo locale: la nostra parola d'ordine era il rifiuto di pagare l'affitto, i trasporti pubblici, l'acqua ed il telefono. Nella grave crisi economico-sociale di Hong Kong, caratterizzata da ampie sacche di estrema povertà e dalla diffusa disoccupazione, riuscimmo ad inserire la nostra attività di protesta e di rivolta, giungendo ad un clamoroso sciopero della fame (attuato da vari compagni nostri e da alcuni trotzkysti) e a violenti scontri con la polizia. Wong ricorda a questo punto un assedio del distretto di polizia, attuato da centinaia di compagni, rotto alla fine solo dall'intervento in forze della polizia che si lanciò in una caccia all'uomo in tutta la città.

I numerosi fermi ed arresti, con relativi processi e condanne, che seguono a quell'intensa fase di lotta provocano - insieme alla contemporanea emigrazione di alcuni tra gli elementi più attivi del gruppo - il ristagno delle attività. I compagni organizzano un cineforum, che ha vita stentata e soprattutto non produce quasi nessun risultato positivo. Si fa qualche manifestazione (Mok ne ricorda una per Puig Antich, il giovane libertario garrotato a Barcellona, ed altre per il Vietnam) e qualche volantinaggio, e basta.

Una netta ripresa delle attività del gruppo si ha nel '76 in coincidenza con l'inizio di una vasta campagna in favore di alcuni militanti rivoluzionari vittime della repressione statale in Cina. Oltre a "The '70's" (che ha raggiunto nel suo periodo migliore le 7.000 copie di tiratura) il gruppo inizia la pubblicazione di un mensile, questa volta in inglese, il cui titolo è nel '76 "Minus 8", nel '77 "Minus 7" e quest'anno "Minus 6". "Minus" significa infatti "meno" ed il numero che lo segue indica gli anni che separano l'anno in corso dal fatidico 1984, inteso - sulla scorta del noto romanzo di George Orwell - come l'anno del definitivo trionfo dello stato totalitario. Quasi tutte le pagine di "Minus" sono dedicate alla Cina comunista: vi vengono ripubblicati documenti dell'opposizione clandestina rivoluzionaria, vi appaiono interviste e tavole-rotonde con profughi (stralci da una discussione tra ex-guardie rosse pubblicati su "Minus" sono stati da noi tradotti e compaiono nelle pagine seguenti), notizie, informazioni, appelli alla mobilitazione pro-vittime politiche.

Il gruppo non si limita alla difesa delle vittime politiche di cui viene a conoscenza, ma allarga subito il discorso al terreno dell'analisi della società cinese, dei comportamenti e delle dichiarazioni dei leaders comunisti, ecc. Nel complesso "Minus" - molte copie del quale sono inviate a cinesi emigrati in varie parti del mondo - assolve ad un ruolo molto importante di informazione e di collegamento.

Intorno a "Minus" ed a "The '70's" (secondo quanto affermato dai compagni cinesi anche questa pubblicazione pubblica materiale di grande interesse, ma in cinese, per cui...) si è venuta sviluppando una campagna di solidarietà che ha visto manifestazioni pro-sinistra rivoluzionaria cinese ed anti-maoiste con la partecipazione di quasi duemila persone. Il che, per Hong Kong, pare una cifra considerevole. Anche queste ultime manifestazioni sono state organizzate congiuntamente con i trotzkysti, anche se ognuno con i suoi oratori, le sue bandiere, ecc.

Sull'opportunità o meno di organizzare altre iniziative di qualsiasi tipo insieme con i trotzkysti - afferma Mok - si è acceso da tempo un vivace dibattito all'interno del nostro gruppo. Alcuni restano favorevoli a questa pratica, tanto più che sempre abbiamo fatto in modo da far apparire che si tratta di collaborazione contingente, non di alleanza o peggio ancora. Ma tanti altri compagni, me compreso, sono arrivati alla conclusione che se è vero, com'è vero, che fin d'oggi sappiamo che i trotzkysti sono degli autoritari, che una volta al potere si comporteranno esattamente come tutti gli altri, allora non si capisce proprio perché dobbiamo essere proprio noi anarchici a dare loro un avallo o perlomeno della credibilità "libertaria". Non credo che ci saranno in futuro altre manifestazioni comunemente indette da anarchici e trotzkysti. D'ora in poi, ognuno per la sua strada.

A marcare la caratterizzazione anarchica del gruppo contribuiscono le edizioni - in cinese e/o in inglese, a seconda dei testi - di una serie di "classici" dell'anarchismo (Bakunin, Kropotkin, ecc.") curati dai compagni stessi. Si è tentata una seppur piccola penetrazione della pubblicistica e dell'editoria anarchica in cinese oltre il confine? Con che risultati? Wong mi risponde che nulla di preciso si sa in proposito, ma che comunque è molto probabile che almeno qualcosa sia penetrato in Cina.

Oltre alla "questione Cina" e all'edizione di libri e periodici, il gruppo si interessa della produzione di filmati: finora ne sono stati fatti due, molto brevi, quasi sperimentali. In cantiere c'è però già un cartone animato della durata prevista di 30/40 minuti dedicato al tema "Anarchia". Vogliamo riuscire a concentrare - spiega Mok - in quella durata di tempo tutte le informazioni essenziali per comprendere che cosa vogliamo noi; e per farci capire meglio abbiamo scelto la via del cartone animato. Del filmato, se e quando sarà realizzato, i compagni cinesi ci faranno pervenire una copia. L'unica difficoltà riguarderà la traduzione: il sonoro, infatti, è in cinese.

Una parte dei compagni e delle compagne del gruppo ha dato vita da qualche mese ad un collettivo femminista, che si riunisce regolarmente, sempre con una buona partecipazione. La mia domanda se al collettivo partecipino anche "i maschi" lascia i compagni cinesi decisamente sorpresi: del "separatismo femminista" - pare - ad Hong Kong non se n'è ancora sentito parlare.

Come fa il gruppo (composto da una ventina di compagni e da qualche decina di simpatizzanti che si impegnano saltuariamente) a seguire attentamente tutte queste attività? Tanto più se si considera che costante resta l'attenzione per le lotte sociali (degli operai, dei disoccupati, ecc.), con relativa partecipazione a scioperi, manifestazioni, ecc.? Mok risponde chiarendo innanzitutto le modalità organizzative del gruppo. Più che di un gruppo nel senso stretto della parola, si tratta di un insieme di nuclei project oriented, cioè orientati alla realizzazione di singoli progetti. Alcune iniziative raccolgono la partecipazione di più o meno tutti i compagni, ma la maggior parte dei progetti ("Minus", i film, il collettivo femminista, "The '70's", ecc.) raccolgono alcuni compagni specifici che si dedicano essenzialmente a quell'attività.

E nelle vostre riunioni generali, di che cosa parlate in genere, oltre alle consuete "questioni pratiche"? Per farti un esempio concreto - risponde sempre Mok - sappi che nelle ultime riunioni abbiamo ampiamente ed accesamente dibattuto due questioni: quella della collaborazione con i trotzkysti - di cui ti ho parlato prima - e quella dell'atteggiamento che gli anarchici dovrebbero assumere di fronte ai movimenti di liberazione nazionale. Sono due temi importanti, la discussione sui quali deve ancora concludersi.