Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 7 nr. 56
aprile 1977


Rivista Anarchica Online

Anarchiche è bello
a cura della Redazione

A colloquio con le compagne dell'O.D.L.

Da qualche mese si è costituita ed opera in Toscana l'Organizzazione delle Donne Libertarie (O.D.L.), che comprende attualmente compagne di Livorno e di Empoli (Firenze). Si tratta di una "novità" nell'ambito del movimento anarchico in Italia, anche se non di una novità assoluta. Gruppi composti di sole donne, specificamente impegnate per l'emancipazione femminile, esistevano in Italia prima ancora della prima guerra mondiale.
Più che in "esempi" ricavati dalla storia passata del movimento, è nella grande ondata femminista di questi ultimi anni che vanno ricercate le origini del rinnovato interesse dell'anarchismo per la tematica femminile. Un interesse, questo, teoricamente mai venuto meno, ma praticamente trascurato a volte a vantaggio di altre tematiche. L'ondata femminista, pur con tutti i suoi limiti e le sue contraddizioni, ha forzatamente risvegliato questo interesse: la nascita e l'attività dell'O.D.L. ne è un piccolo e pur significativo esempio.
Ciò che ci preme sottolineare, prima di lasciare la parola le compagne dell'O.D.L., è il modo critico con il quale si sono poste nei confronti del femminismo come ideologia. La posizione dell'O.D.L. è, a nostro avviso, quella più coerente con il pensiero e la pratica dell'anarchismo. Il dibattito è come sempre aperto a tutti gli interventi critici che certo la pubblicazione di quest'intervista non mancherà di sollecitare in molte nostre lettrici e lettori.

Con quale impostazione generale voi dell'Organizzazione Donne Libertarie affrontate la "Questione femminile"?

Il posto che la maggior parte delle donne occupa nelle società capitalistiche è senza dubbio - considerato sotto tutti gli aspetti, sociale, economico e politico - meno importante di quello dell'uomo. Oggi, rispetto a certe antiche civiltà occidentali ed orientali, non si ricorre più alle forme eclatanti di sadismo a cui erano sottoposte le donne (ad esempio in India le vedove erano arse sul rogo alla morte del marito; gli ebrei vendevano donne e bambini (soprattutto bambine), e molto spesso li votavano al sacrificio; in Cina le vedove venivano indotte al suicidio; in Grecia venivano considerate né più né meno che oggetti) ma si ricorre ad altre forme più raffinate di assoggettamento, quali ad esempio le legislazioni, il potere politico, l'organizzazione economica, le convenzioni sociali e i pregiudizi religiosi. Questi sono i veri nemici dell'emancipazione femminile e dobbiamo combatterli non solo per ottenere la nostra liberazione ma anche quella di tutto il genere umano.

La donna viene considerata dall'ideologia dominante delle civiltà occidentali, in primo luogo, come un oggetto sessuale di cui è lecito disporre a piacimento per soddisfare il sadismo generato da una società basata sulla violenza e sulla sopraffazione dell'individuo più forte, in senso economico e politico, su quello più debole; in secondo luogo, come oggetto capace, per mezzo della sua procreatività, di generare esseri umani da poter sfruttare come forza-lavoro per i profitti della classe al potere; in terzo luogo, come manodopera di riserva da pagare a basso prezzo. Ma, a ben guardare, l'asservimento femminile non è altro che il simbolo della schiavitù che l'uomo impone al suo simile, uomo o donna che sia.

Anche l'uomo, infatti, subisce la doppia schiavitù materiale e morale di questa società capitalistica e borghese e da questo punto di vista il ruolo di maschio virile, forte e possessore risulta un condizionamento ideologico, e di costume al pari del ruolo di docile, passiva, madre e oggetto sessuale, che viene assegnato alla donna. Quindi l'emancipazione non dovrebbe riguardare solo un sesso. Ma poiché, oggettivamente, nel rapporto uomo-donna è l'uomo ad assumere l'aspetto del prevaricatore, del privilegiato (anche se, ribadiamo, non fa altro che ubbidire a sua volta alle imposizioni culturali) spetta alla donna il compito e il desiderio primo di liberarsi da questo giogo con le sue stesse energie, con la sua stessa volontà. Il rendersi consapevoli di questo stato di subordinazione che subisce direttamente come sesso, non deve essere altro che il primo passo verso la contestazione e la lotta generale contro tutte le basi su cui poggia questo sistema, cioè contro la sua organizzazione economica e contro tutte le istituzioni repressive che gli fanno da corollario come la famiglia patriarcale, il matrimonio, la scuola, la polizia, la magistratura, i manicomi, le carceri ecc.

Nel rivoluzionare la società per costruire quella in cui esista veramente l'uguaglianza sessuale e politica e la libertà di tutti gli individui, le donne non possono essere sole, ma necessariamente devono trovare l'appoggio di quegli uomini a cui interessa la stessa causa e che subiscono più o meno lo stesso sfruttamento.

L'emancipazione della donna dunque non potrà avvenire separandola dal resto di quegli aspetti della vita sociale che opprimono tutta la classe sfruttata. La questione femminile non è una cosa a sé stante, come non lo sono la questione operaia, la questione degli emarginati ecc., per cui la sua risoluzione avverrà solamente combattendo l'organizzazione economica e sociale del sistema capitalistico e i valori che ne reggono e giustificano l'equilibrio. Al di là del sesso esiste infatti il fenomeno dell'assoggettamento di un individuo all'altro.

Come giudicate le posizioni dei diversi gruppi femministi?

La posizione del femminismo moderno non è utile né alla liberazione di tutti gli individui, né tanto meno a quella della donna in particolare, poiché non fa altro che sviare da quelli che dovrebbero essere gli obiettivi della liberazione. I movimenti femministi oggi esistenti non puntano, con le loro lotte e rivendicazioni, ad un totale capovolgimento di questa società fondata sulla discriminazione sessuale, sulla separazione tra lavoro manuale e quello intellettuale, e sulla divisione in classi, ma puntano semplicemente ad un suo mutamento parziale, poiché contestano solo alcuni dei suoi aspetti repressivi. Rientrano quindi nella logica del riformismo. Questo è infatti il senso delle lotte condotte dalle femministe egualitarie come quelle del Movimento di liberazione della donna, che pretendono di ottenere l'uguaglianza con l'uomo (sul piano del suo stesso sfruttamento) integrando la donna a tutti i livelli della vita politica ed economica del sistema capitalistico; senza contare, inoltre, che il volersi sostituire all'uomo è tanto futile quanto lo sforzo del proletario che vuole abbattere il borghese per andare al suo posto. L'emancipazione certamente non si raggiunge facendo dell'oppressa una despota o una guardiana del sistema. La donna poliziotto o la donna ministro o la donna presidente avrà conquistato il potere e forse anche la "libertà", ma solo la "libertà" di opprimere gli altri.

Anche a nostro avviso, dunque, l'uomo non può essere considerato come la "controparte" della donna nella sua lotta per l'emancipazione.

Le femministe separatiste hanno preso un grosso abbaglio nell'individuare nell'uomo la controparte invece di individuarla nello stato, nella chiesa e nel capitalismo; ed in ragione di ciò non hanno prospettive, si rinchiudono nei gruppi di autocoscienza, si fermano ai problemi di natura quasi esclusivamente esistenziali, impediscono l'unità tra tutti gli sfruttati, uomini e donne, e si limitano a manifestazioni plateali e folkloristiche.

Sulla scia del pensiero marxista si illudono che la liberazione della donna avverrà automaticamente con l'abbattimento del capitalismo privato, poiché tralasciano di considerare la realtà del capitalismo di stato e trascurano di individuare altre forme di potere.

La possibilità per le donne proletarie di liberarsi dal doppio giogo materiale e morale a cui le costringe la classe egemone viene altresì allontanata dai continui appelli dell'Udi a favore della solidarietà tra tutte le donne. In sostanza, rinnegando la lotta di classe e dando la massima importanza al fatto di venire elette in parlamento e di mescolarsi nelle sporche lotte per la conquista del potere, crea una confusione ideologica molto negativa per l'emancipazione femminile.

Si tratta, invece, di aiutare la donna oppressa a sollevarsi da una condizione secolare di prostrazioni morali e civili; di spingere da una parte le donne proletarie a prendere coscienza che la propria condizione ha origine dal sistema politico ed economico di stampo capitalistico e dai pregiudizi religiosi del cattolicesimo; di indurre, dall'altra, le donne economicamente ed intellettualmente privilegiate a fare una scelta di classe e ad abbracciare la causa degli sfruttati in modo sincero.

La problematica femminile, che racchiude in sé tutti gli aspetti contraddittori dei rapporti sociali e individuali, è, da quanto detto, solo un aspetto, anche se della massima importanza, della questione sociale tutta.

Storicamente gli anarchici, fin dalla I Internazionale, espressero come necessità vitale per una società libertaria la più assoluta uguaglianza di diritti e di doveri tra uomo e donna. Moltissimi scrittori anarchici tra cui Bakunin, E. Goldman, P. Gori, P. Guerrero, sostennero nelle loro opere l'emancipazione della donna. Una parte di quelli che si definiscono anarchici, tuttavia, non riesce a realizzare nella pratica dei rapporti interpersonali ciò che afferma in teoria e si verifica a volte un atteggiamento contraddittorio con i principi. La risposta meno adeguata a questa contraddizione è quella di agire emarginandoli dai problemi più specificatamente femminili. Il sistema, dove e quando può, è ben felice di creare divisioni all'interno della classe sfruttata, vuoi in nome del sesso, vuoi in nome degli interessi economici o politici.

L'importante è analizzare tali contraddizioni (a cui anche le donne non sono immuni) e cercare di risolverli e superarli sviluppando il senso di solidarietà e il mutuo appoggio tra i sessi della medesima classe oppressa in nome della Rivoluzione Sociale.

La pratica dell'autocoscienza si è rapidamente estesa ad una gran parte dei gruppi femministi. Qual è la vostra opinione in merito?

Per quanto riguarda i nostri gruppi, non abbiamo mai fatto autocoscienza, a differenza della maggior parte dei collettivi femministi, forse perché eravamo già consapevoli (e il fatto stesso di essere anarchiche ne è indice) che la subordinazione all'uomo è un fatto politico e inoltre perché solo fino ad un certo punto crediamo che il personale sia anche politico. Piuttosto è il politico che si riflette sul personale e lo condiziona. Per questo, per noi l'autocoscienza non è mai assurta a pratica rivoluzionaria. Comunque la riteniamo valida solo se dalla discussione delle esigenze e problemi personali si arriverà alla conclusione che solo agendo sul piano politico si potranno risolvere tutte le questioni; la rifiutiamo se si rimane impantanate nelle solite beghe e nel solito piagnisteo comune. Da quanto detto risulta chiaro che non riteniamo opportuno escludere i compagni dalle nostre riunioni perché ciò vuol dire ghettizzare ancora di più i nostri problemi.

In che modo siete organizzate?

Come modello organizzativo abbiamo scelto la libera federazione tra i gruppi perché lo riteniamo il modo migliore di assicurare ad ognuno la possibilità di intervenire autonomamente nelle diverse realtà locali e perché attraverso di esso è possibile sia scambiare le proprie esperienze di lavoro che stabilire una linea d'azione comune.

L'assemblea di tutte le compagne aderenti rappresenta il momento deliberativo e la rotazione degli incarichi esecutivi impegna tutti i gruppi ad assumersi le medesime responsabilità volta per volta. Per quanto riguarda i metodi di lotta, gli unici da noi considerati validi sono quelli anarchici, cioè rifiuto dei metodi legalitari, per sostituire ad essi l'autogestione e l'azione diretta.

Le nostre prospettive di lotta sono:

a) l'intervento nel mondo del lavoro; per far sì che le lavoratrici riescano a prendere coscienza dello sfruttamento brutale a cui il sistema di produzione di tipo capitalistico le sottopone. Inoltre ci preme mettere in evidenza da una parte il ruolo ambiguo che il sindacato gioca nel loro confronto e dall'altra la necessità di gestire in prima persona le proprie rivendicazioni.

b) apertura di consultori autogestiti; intesi non solo come momento di incontro tra le donne ma come strutture dove sia possibile risolvere i problemi più urgenti di carattere socio-sanitario (es. aborto, contraccezione, ecc.).

c) intervento nel mondo della scuola; per mettere in luce quanto l'aspetto repressivo a livello psicologico e fisico sia funzionale al mantenimento di una società che discrimina i sessi.

d) risposte immediate per mezzo di volantinaggio e manifestazioni, ai vari episodi di violenza e sopraffazione che il sistema provoca sempre contro i più deboli (donne, vecchi, handicappati ecc.).

Alcune di queste prospettive sono per il momento ancora da attuarsi (es.; consultorio) perché essendo la nostra organizzazione nata da poco conta un numero limitato di aderenti. Perciò attualmente privilegiamo la propaganda delle nostre idee, per mezzo del bollettino (che stamperemo ogni due mesi) del volantinaggio, manifestazioni e interventi nel mondo del lavoro.