Rivista Anarchica Online
Viva la stangata!
di L. L.
Sindacati
"La manifestazione in Piazza Duomo ha dimostrato ancora una volta, attraverso la presenza di massa
dei lavoratori, l'unità e la compostezza del movimento sindacale milanese che ha rintuzzato, anche in
questa occasione, sporadici e isolati tentativi di disturbo". Così, secondo l'ufficio stampa della CGIL,
si è concluso lo sciopero generale nella provincia di Milano il 20 ottobre; nella realtà le cose sono andate
diversamente e Agostino Marianetti, segretario nazionale della CGIL-CISL-UIL, ha raccolto una
consistente messe di fischi e insulti da parte di larghe fasce di lavoratori, nonostante le intimidazioni e
le violente reazioni dei bonzi del servizio d'ordine sindacale. Il malcontento cresce e si sviluppa con
modalità sempre meno controllabili dall'establishment sindacale. L'azione di recupero lanciata dai
sindacati è fortemente condizionata dalle divisioni interne tra socialisti della CGIL e della UIL e
comunisti in disaccordo tra loro e in aspra polemica con la CISL che sembra risentire in modo sensibile
delle pressioni della DC perché adotti un atteggiamento di non opposizione al governo Andreotti. Una
situazione non certo facile che ha tolto molto vigore ai tentativi della dirigenza sindacale di riprendere
saldamente in mano le redini delle lotte in corso. Non solo nelle grandi fabbriche, ma anche in quelle di
più modeste dimensioni, la risposta operaia alla stangata di Andreotti ha assunto caratteristiche non solo
di condanna verso i sindacati ma, in certi casi, di volontà di superare la logica riformista ormai dilagante.
I provvedimenti del governo, con il loro contenuto così dichiaratamente antipopolare, hanno esasperato
i lavoratori che vedono i loro già magri salari (erosi da un'inflazione veramente selvaggia) falcidiati dagli
aumenti di prezzi decisi dal governo, dal blocco della scala mobile e dal continuo aumento del costo della
vita.
Certo la situazione economica è grave, l'inflazione rischia di portarci a livelli da terzo mondo, le riserve
valutarie sono pressocché esaurite, la bilancia dei pagamenti con l'estero è in cronico disavanzo: stiamo
pagando il costo di una gestione economica impostata sullo spreco, il clientelismo, l'inefficienza e
l'incapacità. Oggi, di fronte alle serie difficoltà, la classe dominante sa rispondere con le misure di
sempre, cioè togliendo a coloro che già hanno poco, senza la benché minima volontà di riequilibrare una
situazione già fortemente sperequata. PCI e sindacati sono ormai così compenetrati nella logica di
governo che non riescono nemmeno a proporre soluzioni alternative che potrebbero riscattarli agli occhi
della loro base. Le controproposte sindacali non affrontano il problema alla radice e pertanto le soluzioni
indicate sono solo dei "ritocchi di sinistra" al programma andreottiano; tutto questo stato di cose
accresce enormemente la rabbia degli sfruttati, ma i segni di una nascente autonomia, oltremodo
apprezzabili, non devono annebbiare la nostra capacità critica. Gli esempi di lotte autonome denotano
una volontà di lotta senza dubbio positiva, ma il nostro intervento deve servire anche a mettere in luce
i pericoli di una parcellizzazione delle lotte che darebbe un avallo alle interessate accuse di
corporativismo da parte dei sindacati.
La linea da seguire è difficile e non priva di pericoli. L'azione congiunta del governo, dei padroni e dei
sindacati, di criminalizzare e screditare le lotte non rientranti nella logica della cogestione e della
conflittualità programmata, è un fattore importante e il non tenerlo in considerazione può portare a
pericolose sconfitte. Senza una chiara visione d'insieme, le lotte attuali possono venire distorte sia nei
contenuti sia di fronte all'opinione pubblica. In questo momento è indispensabile una chiara opera di
controinformazione che spiegando i reali termini delle azioni oggi condotte deve fornire agli altri sfruttati
la possibilità di comprendere nella sua interezza la portata degli avvenimenti.
La repressione-provocazione è già cominciata, denunce, perquisizioni, calunnie contro i militanti più
attivi si susseguono in un crescendo che mostra chiaramente le manovre del potere per colpire chi si
sottrae alla sua logica.
Non ci stancheremo mai di ripetere che il metodo di lotta è l'elemento qualificante, gli obiettivi possono
svolgere una funzione coagulante, di coinvolgimento, ma noi dobbiamo soprattutto puntare sulle
modalità. Queste sono più difficilmente recuperabili e lasciano un segno nella coscienza degli sfruttati
perché abituano alla decisionalità, alla riappropriazione dell'intero sviluppo delle vertenze, eliminando
gli specialisti e i dirigenti.
I sindacati continuano a temporeggiare, le divisioni interne favoriscono un allentamento del controllo
sulla base operaia, gli stessi quadri intermedi sono incapaci di riscuotere l'adesione degli operai, perché
hanno ben poco di concreto da offrire. Il PCI nell'ultimo comitato centrale ha riconfermato il proposito
di non rompere con i responsabili della crisi e ha rilanciato il governo d'emergenza per avviare un
programma di riforme che punti su quattro obiettivi sociali: trasporti, sanità, scuola, abitazioni, operando
su due livelli, nel parlamento e nel paese, per promuovere un movimento capace di superare la sua crisi
politica e la crisi economica generale.
Ma il progettato coinvolgimento delle masse lavoratrici sta subendo molti insuccessi e la partita è ancora
tutta da giocare.
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