Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 6 nr. 51
ottobre 1976


Rivista Anarchica Online

Anno zero dopo Mao
di Emilio Cipriano

La lotta per il potere nella Cina-dopo-Mao si sta definendo in modo abbastanza chiaro. Nonostante le molte perplessità e i molti interrogativi a cui non si riesce a dare una risposta esauriente, l'estromissione dalla scena politica del "gruppo di Sciangai" (formato dalla vedova di Mao, Ciang Cing, da Wang Hung-wen, giovane leader emerso durante la rivoluzione culturale, da Ciang Ciun-ciao e da Yao Wen-yuan, tutti membri del Comitato permanente, il massimo organo dirigente) sta a comprovare che l'esito dello scontro si è ormai risolto a favore del primo ministro Hua Kuo-feng.

Che cosa significa questa vittoria e quali riflessi avrà sulla linea politica della Cina. Per dare un abbozzo di risposta a questi interrogativi, nonostante le difficoltà interpretative, bisogna innanzitutto centrare la nostra attenzione sulle due linee di sviluppo economico che sono sempre state presenti nella vita della Repubblica Popolare: due linee che si sono alternate alla guida del Paese e per le quali i sostenitori dell'una e dell'altra si sono spesso scontrati aspramente. L'una può essere definita come quella della "politica al posto di comando", che appoggiandosi ad una "tecnologia intermedia a portata delle masse e raggiungibile con l'intervento delle masse" configura un modello di sviluppo a tempi lunghi ma in grado di coinvolgere maggiormente la popolazione creando una industrializzazione decentrata che non permetta la creazione di un eccessivo diaframma tra città e campagna. L'altra linea di sviluppo punta invece su una forte industrializzazione, con la creazione di grandi complessi a tecnologia avanzata, con la istituzionalizzazione delle funzioni tecniche, con il conferimento di più ampi poteri alla tecnocrazia aziendale e una maggiore possibilità decisionale alla grande impresa.

Lo scontro tra queste due linee ha caratterizzato la vita della Repubblica Popolare Cinese, superando la pura contrapposizione economica, e ha assunto connotazioni politiche perché, in definitiva, si tratta di due diversi modi di gestire il potere. La rivoluzione culturale aveva portato in auge la prima tendenza tanto che Liu Shao-ci, sostenitore della forte industrializzazione, era stato deposto da ogni carica scomparendo dalla scena politica. Non a caso la rivoluzione culturale aveva portato alla carica di vicepresidente del partito il giovane leader di Sciangai, Wang Hung-wen. Morto Mao, che era riuscito a contemperare le esigenze e le spinte delle due tendenze, si è aperta la lotta per la successione e gli eredi della rivoluzione culturale hanno cercato di assicurarsi l'appoggio dell'esercito per poter prevalere. Ma la manovra non è riuscita, anzi l'esercito si è schierato con l'ala del partito che fa capo a Hua Kuo-feng e per il gruppo di Sciangai è stata la fine. Nonostante questi ultimi controllassero i mezzi d'informazione, il ruolo decisivo è spettato all'esercito, quell'esercito che sotto la guida di Lin Piao è divenuto un elemento determinante della politica cinese. Solo l'abilità di Mao e il suo enorme prestigio erano riusciti nel 1971 a neutralizzare la manovra politica di Lin Piao, ma la sua defenestrazione non aveva influito sulle nuove strutture dell'esercito, sulla "nuova psicologia" dei comandanti, i quali avevano ormai chiaramente compreso quale peso avevano sulla vita politica del Paese.

L'esercito cinese non riesce a gestire direttamente il potere stante la complessità e l'articolazione delle strutture socio-economiche, ma interviene come potentissimo "gruppo di pressione" imitando in ciò gli eserciti delle nazioni industrialmente avanzate. Già durante la rivoluzione culturale l'esercito era divenuto l'arbitro della situazione e in effetti la forza che maggiormente aveva saputo trarre benefici dalla rivoluzione era stato proprio l'esercito. Oggi, con l'appoggio dato a Hua Kuo-feng, i militari confermano il suo potere e vanificano i tentativi dell'opposizione.

Con la sconfitta dei dirigenti radicali la Cina molto probabilmente dovrebbe vedere un accentuarsi delle iniziative economiche miranti a sviluppare in tempi brevi l'industrializzazione del Paese, con il riconoscimento ufficiale, e non solo di fatto, dei privilegi dovuti alla "nuova borghesia burocratica" già duramente attaccata dai giovani di Canton del collettivo Li Yi-che nel 1973. Il testo dei tazebao di questo collettivo è un esempio del dissenso che certamente cova nella società cinese, nonostante non sia ammessa, per principio, nessuna forma di opposizione. Il caso di questo collettivo è estremamente interessante perché attaccava da sinistra anche il "gruppo di Sciangai" denunciando il fatto che nonostante la socializzazione della proprietà non fosse stato socializzato il potere. I "Li Yi-che" mettevano sotto accusa i quadri del partito (definiti "nuovi mandarini"), i tecnici dirigenti, gli intellettuali superiori che ricevono elevati salari e trattamenti speciali. Questi dirigenti operano - secondo i "Li Yi-che" - una redistribuzione di beni e di poteri a tutto loro vantaggio e ne fanno oggetto di baratti di potere. I giovani di Canton mettevano in luce inoltre il riformarsi di un diritto ereditario che si concretizza non solo nella trasmissione ai figli di beni, ma nel trasmettere agli eredi la posizione privilegiata all'interno delle strutture socio-economiche.

Nonostante l'esemplarità dei Li Yi-che, la dissidenza in Cina è un fenomeno isolato. In questi giorni si è espressa a Sciangai strappando i tazebao dei sostenitori di Hua Kuo-feng, ma la possibilità di riuscire ad essere una controforza è, allo stato attuale, impensabile.

Hua Kuo-feng si appresta dunque a dirigere "l'immenso paese" dopo aver eliminato i concorrenti di sinistra e neutralizzato le posizioni troppo scopertamente moderate, collocandosi in una posizione di centralità molto simile a quella ricoperta da Mao Tse-tung.